31/01/18

Che bel lavoro

"Oh, ma che bei bambini!"
"Grazie, Signora del Quarto piano"
"Sono gemelli?"
"Già"
"Ma sono un maschio e una femmina?"
"Esatto"
"Certo, è faticoso tirarli su insieme"
"Abbastanza, immagino"
"Comunque complimenti, son proprio belli"
"Grazie. Lo riferirò ai loro genitori, visto che io non sono la mamma, io li accudisco soltanto"
"Oh, lei è la tata! Ma che bel lavoro!"
"Si, grazie". Dopo di che sono tornata a casa e mi sono cambiata gli abiti che odoravano della c@cc@ che i figli degli altri fanno strabordare dai loro pannolini, i pantaloni sporchi di biscotto Plasmon spalmato con le sante manine dei figli degli altri e rappreso, e la felpa striata del moccio che i figli degli altri mi strusciano addosso quando li prendo in braccio per consolarli quando piangono. Poi mi sono sdraiata sul divano per alleviare un po' del mal di schiena che mi accompagna negli ultimi tempi. Bel lavoro.

(Non mi sto lamentando. Ho un lavoro che mi permette di vivere anche un millimetro al di sopra della soglia minima della sopravvivenza e non posso che ringraziare tutti gli dei del cielo, della terra e del mare per averlo trovato. Tuttavia, a fine giornata e settimana lavorativa, non riesco proprio a sorridere a chi, senza sapere di cosa parla, mi fa i complimenti per quello che reputa un bel lavoro. Per carità, sempre meglio che in una fabbrica lager o in un magazzino Amazon, ma... No. Non è un *bel* lavoro. È un lavoro. Punto)

30/01/18

Io non ci arriverò mai

Vestito di nero dalla testa ai piedi. Occhiali da sole. Si posiziona eretto al centro di uno spiazzo pavimentato di uno dei parchi di Torino. Si rivolge al sole e se ne resta lì, dritto e concentrato.
Poi solleva una gamba, piega il ginocchio, allarga l'anca, poggia il piede a terra in una postura a gambe leggermente divaricate. Inspira lentamente mentre solleva le mani davanti a sé, e poi braccia e avambracci, assecondando il movimento con le spalle. Espira, ripetendo il movimento all'inverso.

Continua per alcuni minuti e, nonostante io abbia apposta rallentato il mio passo per poterlo guardare più a lungo, devo per forza oltrepassarlo.

Mi allontano, faccio il giro, cerco di osservarlo anche dagli altri viali. Non so cosa sia, forse tai-chi. Ma il punto non è questo. Ciò che mi colpisce è la fluidità dei movimenti, l'elasticità, non la forza, bensì l'energia che sprigiona.
È potente.

Mentre me ne vado gli dedico un ultimo sguardo. Lo invidio per quel suo corpo lì. E a occhio e croce avrà almeno 80 anni.

29/01/18

Ciao

"Ciao!"
"Ciao"

Mi giro. Uno spilungone mi passa accanto superandomi mentre attraversiamo la strada al semaforo verde. Poco dietro di me c'è Matilde.
"Ma quel ragazzo ha salutato te?"
Lei diventa fucsia.
"Sì".
"Ah. E chi è?"
"Mario"
"Mario?"
"Sì, il mio compagno"
"Ah. Non sapevo che avessi un compagno che si chiama Mario"
"Ora lo sai"

Nel vortice di pensieri che ha turbinato nella mia testa per una frazione di secondo, uno su tutti spicca. Non ce la posso fare.

26/01/18

Riflessioni sulla lavatrice

Io ho sempre avuto un rapporto complicato con la lavatrice. Non la capivo con quelle due manopole, una con le lettere, l'altra coi numeri.
Quando mi sono sposata fortunatamente esistevano già le lavatrici che "parlano italiano", erano nuove nuove, costosissime, ma l'abbiamo ricevuta in regalo da alcuni zii, per cui ci è finita bene. Sulla lavatrice del 2004 c'erano pulsanti, e nessuna manopola, i led indicavano il tipo di tessuto, la temperatura, i giri della centrifuga, le opzioni aggiuntive e il display segnava esattamente quanto tempo mancava alla fine.

Posso dire che per almeno 2-3 anni ho saputo utilizzare sempre e soltanto la mia lavatrice, e mai mi sono azzardata a toccarne una diversa.

Poi la vita mi ha portato un po' in giro, talvolta ospite di qua, talvolta a dare una mano di là, e mi sono ritrovata a farmi spiegare anche altri modelli di lavatrice dalle rispettive proprietarie, fino ad arrivare ai modelli vintage, tipo la fantasmagorica Miele che mia nonna comprò nel 1974 e mannaggiallei funziona ancora alla perfezione.

Oggi posso dire di aver fatto finalmente pace con le lavatrici. Ho scovato la chiave di lettura, non mi spaventano più, non le considero più apparecchi diabolici.
E riflettendoci, mi è tornata in mente una frase che mi disse un amico di gioventù, centomila anni fa, quando ero fresca fresca di patente. Quando gli confessai che sapevo guidare soltanto la mia macchina (una fighissima Peaugeot 205 cabrio), lui mi rimproverò: "Bisogna saper guidare tutti i tipi di macchine".
Per anni e anni anche quello è stato un mio scoglio, ma alla fine è stato superato. Non mi spavento più a guidare nessun tipo di macchina sconosciuta, e mi meraviglio sempre, quando mi succede, di scoprirmi la capacità di entrare subito della dimensione della macchina, nel fare manovre e curve.
Allo stesso modo di come riesco, da sola, a interpretare i simboli, i numeri, le lettere e tutte le varie scritte che trovo sulle lavatrici delle case dove mi ritrovo a dare una mano.
E' vero che non si smette mai d'imparare.

25/01/18

Gennaio è un mese strano

Gennaio è un mese strano. Inizia tutto buio e, in una manciata di giorni, si illumina.
A inizio mese esci di casa che è ancora notte: le luci sono ancora accese dentro le case e sulle insegne dei negozi; per strada i lampioni sono ancora illuminati e le macchine vanno coi fari accesi. Esci dal lavoro in un orario che, teoricamente è ancora pomeriggio, e ti ritrovi lo stesso scenario della mattina. Vita diurna in un'ambientazione notturna.
Eppure, dopo solo una decina di giorni, la situazione cambia. Esci sempre alla stessa ora, ma adesso il cielo è rosato e magicamente i lampioni dell'illuminazione pubblica si spengono al tuo passaggio. Ti senti un po' Silente col suo spegnino.
Al pomeriggio esci ugualmente col buio, ma è un buio giovane, lo senti nell'aria. Puoi individuare qualche tardiva sfumatura rossa e violacea in direzione dell'ovest.
Altri 10 giorni ed esci che c'è luce. Non si vede ancora il sole ma sai che non tarderà. Esci ancora col buio, ma sai per certo che solo quindici minuti prima il cielo era ancora luminoso. Lo sai perché quasi sempre trascorri gli ultimi minuti alla finestra, aspettando chi deve tornare perché tu possa andar via.

E durante la mattina gennaio si diverte a burlarsi di te. Ti offre sfacciato un cielo azzurro che sembra finto, e un sole luminoso e forte. Ti illude. Ti invita ad uscire, a respirare l'aria di fuori, a lasciarti inondare di luce giocando con le ombre dei rami spogli degli alberi.
Ma è solo uno scherzo.
Esci pregustando il piacere di una passeggiata nel parco e ti ritrovi con una temperatura di 3°. Cammini, perché camminare ti riscalderà, ma mancoperilca##o. Camminare ti fa andare contro l'aria gelida. E ti si congelano le mani, al punto che hai difficoltà coi movimenti raffinati, come afferrare il cursore della cerniera della giacca o prendere una moneta dal borsellino.

Gennaio è un mese strano.
A Palermo è già quasi primavera. A Torino è appena iniziato l'inverno.

24/01/18

Un ottimo spunto

Ho partecipato a un laboratorio di scrittura.
Non di scrittura creativa, ma di scrittura emozionale. Scrivere nella n guardando al prodotto, ma al processo e, nella prima fase, senza l'obbligo (o l'opportunità) di leggere e condividere gli scritti col gruppo.
Non continuerò il percorso, perché al momento costa il doppio del budget massimo che potrei devolvere alla causa, ma è stato già così utile e proficuo. In tre esercizi svolti ho avuto tre prese di coscienza diverse, correlate, e che adesso mi sono chiare.
La prima è che io sto male.
La seconda è che io non voglio ascoltarmi.
La terza è che io sono arrabbiata.

Sono arrabbiata e non voglio ascoltarmi, dunque sto male. Non fa una piega.

Come primo incontro gratuito non è stato male. Non ho trovato cura né terapia, ma uno spunto di riflessione notevole. Chissà cosa ne tirerò fuori.

23/01/18

Maratona pranzo

Ogni martedì Matilde viene a pranzare con me al lavoro.
Lei bella serena e comoda, mangia con calma e mi racconta la giornata scolastica.
Io trangugio il cibo mentre sto in piedi, o con uno dei due bambini su una gamba, mentre cerco di tenere fuori dalla loro portata i piatti, i coltelli, i tovaglioli, le bucce del mandarino, il mio cellulare. Li separo mentre si picchiano, provo a distrarli con qualche giochino, li tengo a bada dandogli qualche pezzo del mio pane.

"Mamma, ti capisco quando torni a casa e ti arrabbi se io e Angelica litighiamo perché dici che sei stanca di sentire discussioni da bambini."
"Grazie tesoro. Mi dispiace se ogni tanto sono nervosa e poco tollerante con voi, ma adesso capisci in che cosa sto immersa io per 11 ore?"
"Tu non ti riposi molto mentre sei al lavoro"
"Posso farlo solo se dormono entrambi contemporaneamente, e non succede sempre"
"E poi la tua pausa pranzo non assomiglia proprio a una pausa. Piuttosto a una maratona"

Già.

22/01/18

Spazzato via

Il fatto che nessuno mi abbia chiesto nulla a riguardo mi da conferma che è stata una scelta saggia.
Ho eliminato "Buongiorno Luna" da questo blog, ho cancellato la relativa pagina di Facebook e il sito internet. Se riesco a recuperare la password, lo elimino anche dalla vendita online.

Non lo rinnego. È stato una parte importante, grande, impegnativa e istruttiva della mia vita, ma non va più bene, non mi rappresenta più.
Ho bisogno di passare avanti, di passare ad altro.
Ho vissuto quasi 10 anni con il peso morale del dover trovare il tempo, prima o poi, di portare a termine la trilogia. Non sono passati neanche 10 giorni dall'operazione e già mi sento sollevata.

Prima o poi riprenderò a scrivere. Forse.
In ogni caso, questa parentesi è definitamente chiusa. Chi ne possiede una copia cartacea, sappia che possiede un cimelio. Ma tanto su eBay non vale lo stesso niente.

19/01/18

Scempio della perfezione

Erano perfetti.
Due figure esili, posti l'uno di fronte all'altra. Lui la sovrastava in altezza di almeno un palmo. Stavano a distanza, i due corpi eretti allineati con precisione. Parlavano.
Ad un certo punto lui si china su di lei. La bacia.
La bacia sulla bocca, ma senza avvicinarsi, senza toccarla. Avrebbero potuto abbracciarsi, lui avrebbe potuto afferrarle i fianchi per stringerla a sé, far aderire i loro corpi mentre lei gli cingeva il collo con le braccia, ma non lo fa.
Restano così, dritti dritti, ad un passo di distanza, con le labbra appiccicate.
Sono perfetti.
Penso che in quel momento, il gelido mezzogiorno di una limpida giornata invernale, e in quel luogo, il parco che circonda la biblioteca musicale di Torino, loro due con quel bacio raffigurino la poesia di un gesto.
Poi si staccano, ed entrambi prendono un tiro dalla sigaretta che reggono ciascuno nella propria mano.

E a me cadono le palle.

18/01/18

Non è egoismo

Quando ho annunciato di volermi trasferire a Torino, per cercare un lavoro e una vita nuova, qualcuno aveva commentato dicendo che era il peggiore gesto di egoismo che stavo compiendo sulla pelle delle mie figlie.
Ma io stavo male.
Io, a Bagheria, mi sentivo soffocare.
Quindi ho scelto, ho deciso, ho preso e siamo andate. So benissimo che ho chiesto e continuo tutt'ora a chiedere alle mie figlie uno sforzo molto grande, ma se è vero che io sono una donna cazzuta, loro lo sono ancora più di me, e se la stanno cavando alla grande, inciampando talvolta, ma rialzandosi e vincendo sempre.
Ho fatto bene. Ma non per loro: per me. Perché se io sto male, loro non possono stare bene.

E stamattina, in attesa alla ASL di Torino (che vorrei regalare al signorotto che si lamentava della lunga attesa un buono per 10 minuti di altrettanta situazione alla ASL di Bagheria, e poi ne riparliamo) apro il libro di Enrica Tesio e ci trovo questo dono, proprio lì, sulla seconda pagina del capitolo che non avevo ancora letto.


Non è che i figli non siano la priorità. Il problema è che se non si salvano prima le madri, chi potrebbe mai salvare i figli?
Non è egoismo, è necessità, è sopravvivenza, è lungimiranza.

17/01/18

La saracinesca

Angelica sta riscuotendo un certo successo tra la fauna maschile under 10 della sua scuola. Tra gossip, dichiarazioni aperte o riferite tramite terzi, espliciti tentativi di "bacio" durante il pranzo  in mensa, saremo a circa 5 o 6 pretendenti. Non male per avere solo 7 anni. Non male per essere qui da soli 4 mesi.
La cosa la lusinga, ma non raccoglie. Sorride quando lo racconta, ma non si lascia impalmare da nessuno.

Matilde è un'altra cosa. Racconta di approcci goffi e fastidiosi, come è normale che sia a 12 anni, quando per attirare l'attenzione della ragazzina che ti piace le nascondi il quaderno o le riempi il cappuccio della felpa di palline di carta o la prendi in giro. Maschi. Pur di non esporsi sono capaci di accontentarsi di attirare un'attenzione in negativo.
Lei ignora bellamente tutti questi maldestri tentativi, sminuisce le mie parole quando le spiego che è il modo tipico dei dodicenni di approcciarsi alle ragazze, ne è lusingata ma li rifugge. Non se ne compiace. Tuttavia sostiene che Angelica sia fortunata ad avere tutti quegli spasimanti.
Anche lei ne ha, ma non li vede. Non li vuole vedere.

E mi è tornata alla mente una delle lunghe chiacchierate con Gandalf, anni fa, ai primissimi tempi della mia separazione, forse subito dopo l'udienza in tribunale, quando lui mi spronava a resuscitare anche come donna, e non soltanto a sopravvivere come mamma. Ricordo che gli dissi che mi sentivo fuori dal mercato anche delle relazioni amorose, e lui mi sorprese facendo un elenco dettagliato e positivo delle mie doti, fisiche e caratteriali, concludendo che non solo io ero ancora entro i termini di scadenza, ma che, per alcune mie caratteristiche, ero anche più "appetibile" di parecchie trentenni che si vedono in giro.
"Er problema", spiegò, "non è che tu non sei una bella ragazza, o una persona piacevole. Er problema ce l'hai tu, che ci hai un atteggiamento che se quarcuno volesse poco poco provà a fasse avanti, tu SCRANGH! je chiudi la tua saracinesca in faccia"

Non concedersi.
Ignorare o - ancora meglio - denigrare i tentativi di approccio, sminuendoli.
Calare la saracinesca.
E poi lamentarsi che nessuno mi vuole.

Che brutta eredità sto lasciando a Matilde.

16/01/18

Una cosa che mi manca

Ricamare.

Cucire no: lo faccio ancora occasionalmente, anche qui a Torino, per quanto mi manchi tutto l'occorrente per il patchwork, e anche questo è ossigeno in meno, ma la casa è piccola, gli spazi sono pochi e se entra la base da taglio devo far dormire Angelica in balcone e non è il caso.
Ma ricamare. Ricamare come facevo un tempo. Mi manca tantissimo.
Sarà anche che proprio otto anni fa di questi tempi davo il via al più grande e ambizioso progetto mai interrotto (la Stargazer, chi se la ricorda?) che è rimasto un UFO a casa in Sicilia, e stamattina Facebook me l'ha rinfacciato come ricordo, ma proprio oggi mi è venuta una botta di malinconia per il ricamo.
Chissà che ne penserebbe adesso la mia mano acciaccata.

15/01/18

Crudista, anzi freddista

Spesso, alla tavola delle Van Pelt, si sente dire: "Angelica, perché scarti *aggiungere una verdura a piacere*?"
"Perché non mi piace"
"Ma se da crudi ne mangi tonnellate?!"
"Ma questi sono cotti'

Infatti, da quando ha messo i denti ed ha padroneggiato la tecnica della masticazione, Angelica si è sempre cibata di verdure crude. Carote, finocchi, lattuga, piselli, cavolo, broccoli, zucchine, rape di tutti i tipi, ecc. Ma al livello che mi devo nascondere mentre pelo una carota o affetto un cavolo, ché altrimenti arriva lei correndo e pretendendo un assaggio.
Per contro, scarta piselli e carote dalle lasagne o morirebbe di fame piuttosto che ingoiare un cucchiaio di minestrone.
Esasperata per l'ennesimo episodio, le ho chiesto: "Ma me lo spieghi com'è possibile che da crude le verdure ti piacciono e da cotte no?"
"È perché sono calde. A me non piacciono le cose-fredde calde".

Ora le ho sentite proprio tutte.

12/01/18

Che accade di sotto?

Ammetto che la cosa mi diverte, mi incuriosisce, mi stuzzica. La vista dalla finestra della cameretta dei bambini è la fonte di svago che preferisco durante i momenti di pausa. E' davvero una finestra sulle vite degli altri, e mi piace inventarmici le storie, immaginare cosa stanno dicendo due persone che si parlano in salotto, o - semplicemente - ammirare lo spettacolo della quotidianità altrui, che va avanti parallelamente a quella degli altri. Come i condomini a cui appartengono, quelle vite si svolgono normalmente, sempre vicine nello spazio eppur senza mai toccarsi.

Ad esempio: lo ha mai immaginato il tizio che sembra Harry Potter cinquantenne che, mentre lui sta seduto alla scrivania del suo bellissimo studio, la ragazzina del piano di sotto si sbaciucchia col fidanzato nella stanza adiacente la cucina dove sua madre sta cucinando ignara di quel che accade nella stanzetta della figlia lì accanto?

Mi sento un po' una guardona, ma mi diverte da impazzire :-)

11/01/18

Segnali da cogliere

Passare una decina di minuti a parlare con una persona elencando le differenze tra il mocio di microfibra e quello tradizionale, indugiando sui mirabolanti vantaggi del primo rispetto al secondo, ti dimostra che, ancora una volta, la vita ti manda dei segnali da cogliere.
Ti stai drammaticamente trasformando in tua madre.

10/01/18

Carriera mancata

Ti rammarichi di non aver colto, a tempo debito, tutte le opportunità di diventare una famosa e acclamata cantante quando, dopo aver intonato la prima strofa di "Bia e la sfida della magia", la platea formata da due bambini di 15 mesi, scoppia in un fragoroso applauso.
(Questi due mi prendono per i fondelli un po' troppo spesso anzichenó)

09/01/18

La regina dei disadattati

"Guarda mamma, questo gioco me l'ha fatto scaricare lo zio"
"E come funziona?"
"Devi sommare i numeri che ti arrivano formando solo potenze del due, per cui è complicato perché le somme le puoi fare solo con addendi uguali"
***
"Cos'è sto gioco che hai fatto scaricare a Matilde?"
"Andava molto alcuni anni fa. Dovresti ringraziarmi! Quanto meno fa matematica e si toglie dalla testa un po' di unicorni"
"Ma è un gioco per disadattati!"
"Meglio di essere fangirl"

48 ore dopo, lo zio riceve il *mio* screenshot con un record nuovo e la didascalia: "Sono la regina dei disadattati"

08/01/18

Rientro

Tante cose potrei raccontare di queste due settimane di vacanze, nuove e totalmente inedite nel loro simboleggiare il cruciale momento del vero e inequivocabile ingresso nel mondo dei fuori sede. Tuttavia, se mi si chiedesse di definirle con un solo aneddoto, di eleggere un unico evento come summa, compendio, quintessenza degli scorsi giorni, io parlerei di quello strano momento in cui, proprio in procinto di ritornare, con la macchina ferma in fila per imbarcarci sulla nave per Genova, mio fratello ed io abbiamo parlato di educazione dei figli ed emozioni che la riguardano. Ma, ancora, il vero distillato di queste vacanze è stato lo strano e fugace silenzio attonito che ho sentito dentro la mia testa, dopo aver detto "Sai, noi genitori...".
Ecco.
Quel "noi genitori", dove "Noi" eravamo mio fratello ed io, gli stessi che fino a ieri facevano il wrestling sul letto matrimoniale dei nostri genitori, che siamo stati reciprocamente capaci di dirci e darci il meglio e il peggio della nostra giovinezza, che potremmo raccontare cose, l'uno dell'altro, da fare venire i brividi a chi ci ha conosciuto già adulti, ecco.
Fine del tema su cosa mi ha colpito di più delle scorse vacanze.