Tu non mi vuoi più. Sei sempre annoiato, mi stai lontano. Sembra quasi che vivi per i fatti tuoi condividendo la casa con noi, tollerandoci, come facevi coi tuoi coinquilini ai tempi dell'università.
Lui ha detto "Parliamone".
E così ne abbiamo parlato, sussurrando, a letto, nel buio, dopo l'ennesima volta che io l'ho aspettato invano per un orario decente.
Dice che si preoccupa per queste mie lamentele, leggere, lievi, sottili, appena accennate, ma frequenti. DIce che è normale che non possiamo più avere la spensieratezza degli sposini, visto che nella stanza adiacente dorme nostra figlia. Non la figlia di qualcunaltro, quella nostra. E lei ha i suoi orari, i suoi ritmi, e sarebbe bello se domani ci svegliassimo all'alba per preparare le valige e partire verso una meta indefinita, dove arriviamo ci fermiamo. Ma domani ci sveglieremo all'alba perché sarà la bambina a chiamare, a reclamare la sua colazione, la nostra attenzione e i libri di Giulio Coniglio.
Non ha capito, e glielo dico. Non sono le gite fuoriporta che mi mancano. Non è la libertà che mi manca, perché non ne ho per scelta mia, perché ho deciso di crescere in casa nostra figlia almeno fino a tre anni. Perché ha bisogno della mamma, non dei nonni o dell'asilo nido. E' di lui che sento la mancanza. Perché ce ne stiamo ognuno per i fatti suoi, anche quando non c'è la bambina ad assorbire tutta la nostra attenzione e cura. Dopo cena lui se ne va nello studio, al computer o a vedere un film. Io me ne vado a letto, a leggere, o ricamare, o giocare col portatile.
Coinquilini.
Mi guardo allo specchio: faccio schifo. Mi rendo conto di non essere più l'appetibile ragazzina di qualche anno fa, la brillante studentessa universitaria, lettrice accanita, assidua frequentatrice del teatro dell'opera, fotografa ambulante, scrittrice discreta, cuoca delicata, amante disinibita.
Ho i capelli spenti, deboli, decolorati, nei quali si mischia l'oro delle meches scolorite con l'argento delle ricrescite.
Ho gli occhi stanchi, le occhiaie e le borse: posso dire che sono due anni che non dormo per più di tre-quattro ore consecutive, e in un passato recente ho toccato il minimo storico delle due ore. In un passato meno recente stavo sveglia anche due ore consecutive tra allattamento, cambio pannolino e vani tentativi di riaddormentare un mostro che pesava solo 5 chili, ma sulla mia vita erano tonnellate.
Ho le sopracciglia mal curate.
La pelle grassa e secca, qualche brufoletto, molti punti neri.
Il seno è scomparso. Dalla gravidanza alla fine dell'allattamento ha vissuto il suo periodo più florido, ora non c'è più.
La pancia è rimasta un po' flaccida, le smagliature sono ben visibili. L'anno scorso mi ero iscritta in palestra, ma l'unica cosa che ho ottenuto è stato un peggioramento del mio mal di schiena.
Il sederone e la cellulite sono quelli di sempre, quanto meno, ma la pelle delle gambe ha dimenticato il piacere di essere liscia e depilata.
Molto appetibile, non c'è dubbio. Ma che colpa ne ho io?
Sono senza forze, fisiche e mentali, riesco a stento a sopravvivere.
Non è colpa sua, e nemmeno mia. E men che meno della bambina, che alla fine fa solo il suo mestiere di bambina.
Veniamoci incontro. Proviamo a sforzarci.
Per cominciare abbiamo ritrovato il piacere perduto dell'intimità, che è già qualcosa.
Il resto vedremo.
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