30/01/18

Io non ci arriverò mai

Vestito di nero dalla testa ai piedi. Occhiali da sole. Si posiziona eretto al centro di uno spiazzo pavimentato di uno dei parchi di Torino. Si rivolge al sole e se ne resta lì, dritto e concentrato.
Poi solleva una gamba, piega il ginocchio, allarga l'anca, poggia il piede a terra in una postura a gambe leggermente divaricate. Inspira lentamente mentre solleva le mani davanti a sé, e poi braccia e avambracci, assecondando il movimento con le spalle. Espira, ripetendo il movimento all'inverso.

Continua per alcuni minuti e, nonostante io abbia apposta rallentato il mio passo per poterlo guardare più a lungo, devo per forza oltrepassarlo.

Mi allontano, faccio il giro, cerco di osservarlo anche dagli altri viali. Non so cosa sia, forse tai-chi. Ma il punto non è questo. Ciò che mi colpisce è la fluidità dei movimenti, l'elasticità, non la forza, bensì l'energia che sprigiona.
È potente.

Mentre me ne vado gli dedico un ultimo sguardo. Lo invidio per quel suo corpo lì. E a occhio e croce avrà almeno 80 anni.

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