13/02/18

Come si cambia per non morire (di fame)

Sono stata una bambina schizzinosa nel mangiare. Fondamentalmente erano pochi i cibi che rifiutavo del tutto, però in modo molto integralista. Non mangiavo le cipolle, i piselli, le carote, il grasso della carne, del prosciutto e persino del salame, i canditi, l'uvetta, i formaggi duri e l'aceto.
Fino all'infanzia vera a propria, li rifiutavo categoricamente, li scartavo, il bordo del mio piatto era sempre costellato da pezzettini che non volevo. Spesso i miei genitori si impuntavano, mi costringevano a mangiare e allora, crescendo, ho escogitato mille e uno modi per sputare nel tovagliolo senza che nessuno se ne accorgesse.

Poi ho iniziato l'università, dove pranzavo alla mensa.
Non saprei dire quando è successo la prima volta e per quale ragione mi sia lanciata, ma ho iniziato a mangiare e apprezzare i piselli. Erano semplicemente bolliti, poi io li condivo con un filo d'olio, niente di che, ma da allora ho iniziato a mangiarli. Anche le carote, a un certo punto, sono diventate commestibili, e persino i formaggi duri.
Il problema del grasso l'ho eliminato alla radice, decidendo di non cibarmi più di animali.

Poco a poco, però (e devo ammettere che il cambiamento e coinciso con il vegetarianesimo) ho usato sempre di più le cipolle, e ad oggi, sulla soglia dei 40 anni, mi ritrovo a prepararmi dei pasti interamente a base di cipolle. Le adoro. Mi preparo la pizza solo pomodoro e cipolle. Me le faccio al forno gratinate. Ne metto a tonnellate nella farifrittata.

Ho scoperto di saper fare molto bene la caponata. Ho scoperto che quando pensavo di non farla granché bene era solo perché mettevo pochissimo aceto. Adesso ci metto quello che ci vuole, che è circa il triplo di quanto io ritenevo di saper tollerare, e mi sono accorta che la mia è la caponata migliore della mia famiglia (esclusa quella di mia nonna).

In ordine cronologico, l'ultima scoperta è l'uvetta. Nei dolci non l'ho mai tollerata, ma ho sempre riconosciuto la sua ragione d'essere nelle ricette salate della mia tradizione, accoppiata ai pinoli.
Dopo aver fatto la testa tanta a tutto il mondo, lamentandomi del fatto che a Torino vendono solo la sultanina (mentre nelle pietanze salate siciliane ci vuole la passolina, detta anche "uvetta di Corinto") e dopo aver convinto mia madre a mandarmene una scorta col primo "pacco da giù" in preparazione, ho scoperto che mi piace la sultanina. Ma nei dolci. Ma mi piace proprio. Al punto che mi faccio intere infornate di panbrioche con l'uvetta. E ne vado pazza.

Non si arriva mai, è vero. C'è sempre la possibilità di operare un cambiamento, anche in quegli ambiti e per quei soggetti che si credono categorici.

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