Soprattutto, ma non soltanto, quando sono al lavoro ed ho un momento di pausa, se provo a chiudere gli occhi mi appaiono le immagini di casa mia, ma quella vera. Dietro le palpebre chiuse vedo il panorama da Monte Catalfano, quando ci si affaccia verso ovest e si domina tutto il golfo di Palermo, da Aspra a Monte Pellegrino. Vedo i colori delle piastrelle della mia cucina in muratura, che sono state tutte fatte a mano da una cara amica. Vedo il campanile della chiesa vicina. Vedo gli occhi azzurri del fruttivendolo che sta di fronte quella che era scuola di Matilde e poi di Angelica. I rami fioriti dei mandorli lungo l'autostrada Palermo-Catania. Lo strapiombo di Capo Gallo dalla parte di Sferracavallo, sulla strada verso l'aeroporto.
Vedo tutto questo. E piango. Piango, piango fino a svuotarmi, che per fortuna i rari momenti di pausa che ho al lavoro coincidono col sonno dei due bambini. Piango, piango fino a ridurmi senza forze.
Non lo sopporto.
Perché in realtà me ne servirebbero in più, di forze, mentre invece mi ritrovo a consumarle con queste cazzate da emigrata.
E' il corpo che emigra, non l'anima. Quella resta dove avevamo progettato di essere.
RispondiEliminaPoi la vita ha creato una serie di intoppi e ci ritroviamo dove non avremmo mai pensato di essere.
Il cuore no, quello è rimasto a casa.