Ci sono momenti in cui mi sento in difficoltà, ossia quando mi chiedono di cosa mi occupo.
Ho capito una cosa fondamentale di tutti i miei disagi e fallimenti. Io non so definirmi.
Di cosa mi occupo?
Ho studiato musica, ho fatto la webmaster, ho dato lezioni di latino, musica e matematica, ho curato la regia tecnica in un'emittente radiofonica, ho fatto la mamma, ho fatto la consulente alla pari per l'allattamento, ho fatto la vice presidente in una Onlus, ho condotto gruppi di auto mutuo aiuto, ho fatto la sarta, ho fatto la segretaria in uno studio medico, ho fatto la babysitter. Tra volontariato, lavori retribuiti in nero e lavori con contratto, credo di non aver tralasciato nulla.
Nella sezione delle esperienze nel mio curriculum c'è tutto il caos di cui sono fatta. Ho fatto tante cose, tutte diverse, nessuna per più di due o tre anni consecutivi, alcune per molto meno. E adesso, tanto per semplificare, sto studiando come insegnante di yoga per bambini, ma ho già deciso che tra un anno inizio la scuola per insegnare agli adulti, letteralmente costi quel che costi.
Ho vissuto questi primi (quasi) quarant'anni rappresentandomi come una minestra di verdure e legumi, che a ogni cucchiaiata ti può capitare un pezzo di fungo, o un pezzo di zucchina o peperone, un fagiolo o anche solo acqua.
E se finalmente, in tutta questa brodaglia, che sa di tutto e non sa di niente, ci mettiamo due cucchiai di farina e pangrattato, mettiamo in forno e ne facciamo uno sformato? Questo mi mancava: un addensante.
E credo di averlo trovato nello yoga.
Non solo nella mia pratica individuale, che mi sta salvando la vita in molteplici frangenti, ma nel desiderio di diventare strumento di diffusione di questa filosofia. Nonché una possibilità professionale nella quale non mi sento né fuori dal mercato, né inadeguata, ed è già da sé un miracolo.
Esco dal secondo fine settimana di corso e ne esco ancora più entusiasta e, forse, consapevole di aver trovato una strada da seguire.
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