La cosa più difficile non è stata arrivare a scuola e trovare Angelica in lacrime, con il blocchetto di ghiaccio sulla schiena.
La cosa più difficile non è stata mantenere la calma mentre la ragazza del post scuola era nel panico a metà tra lo spavento per la caduta pazzesca di Angelica e il terrore per il modo in cui avrei potuto reagire io.
La cosa più difficile non è stata ascoltare la dinamica della caduta, raccontata con enfasi da una compagna che ha deciso di riassumere la scena in "L'ho vista volare da lassù, ed è arrivata a terra come una palla, nel senso che ha proprio fatto due o tre rimbalzi"
La cosa più difficile non è stata portare Angelica a casa, continuare a porre altro ghiaccio sulla gamba e sulla schiena, mentre lei ancora piangeva disperata.
La cosa più difficile non è stata decidere di portarla in ospedale.
La cosa più difficile non è stata la trafila a triage, l'attesa in pediatria, la decisione del ricovero in osservazione per la notte, le radiografie.
La cosa più difficile non è stata dormire accanto a lei su un letto del reparto di pediatria, sentendola respirare serena.
La cosa più difficile non è stato passare la notte sveglia per le urla di dolore e i pianti di un bambino qualche stanza più in là.
La cosa più difficile non è stata rifare le visite col pediatra, col radiologo, con l'ortopedico l'indomani mattina.
La cosa più difficile non è stata nemmeno riportare a Angelica a casa con una diagnosi di nessuna frattura, ma solo qualche contusione e la prescrizione di un gel antidolorifico e una settimana senza giochi movimentati né acrobazie.
La cosa più difficile è stata convincerla a togliersi il braccialetto identificativo del triage prima di andare a scuola, ché non è davvero una medaglia al valore da ostentare. Il compromesso raggiunto è che lo userà come segnalibro sul diario.
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