In effetti ridevamo spesso. Anche se ero io, per lo più, che ti facevo ridere per le mie mille idee strampalate e le duemila pazzie che ne derivavano.
Mi manca la certezza di tornare a casa con qualche aneddoto irritante da raccontare, su genitori, insegnanti, personale di segreteria scolastica ecc, ed essere certa che tu mi avresti ascoltato.
Mi manca la sensazione di farti sentire utile, importante e indispensabile quando, arrivati alla pompa di benzina automatica, fermavo la macchina e ti dicevo "Il pieno, grazie" e tu sorridevi, scendevi e facevi il pieno, tutte le volte.
Mi manca la tranquillità che alla cena delle ragazze pensavi sempre tu, e talvolta anche al pranzo quando lavoravi da casa, ed io ti dicevo che eri ossessionato, che loro potevano anche cavarsela da sole, ma adesso che spesso devono cavarsela da sole, mangiano solo piadine con la filadelfia e uova a occhio di bue.
Mi manca che quando tornavi a casa dopo una giornata pesante mi chiedevi un abbraccio.
Mi manca la certezza che quando avevo un problema tu avevi spesso la soluzione.
Mi manca il tuo gatto, che doveva essere mio, che lo avevo voluto io, l'ho cercato e adottato io ed ha pure il mio nome e numero di telefono impressi nel microchip, ma ha scelto te dopo 24 ore che era in casa con noi.
In effetti ci volevamo bene. Ma a quanto pare non era sufficiente per dare un senso ad una vita insieme, ad una convivenza.
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