30/04/25

Disidratata

Piango da 48 ore e mi sono pesata e ho perso un chilo.
E' vero che sono anche a dieta, ma vai a capire perché, la disidratazione per via lacrimale mi è sempre stata la più efficace.

28/04/25

Verso il fondo

Il mio lavoro è bellissimo, ma disgraziato. Nasce sotto una stella minore, di quelle piccolissime delle quali non si accorge nessuno se non andando in luoghi isolati dove ha la possibilità di farsi vedere.
Dello yoga non frega niente a nessuno, è un capriccio, un vezzo per hippies e fricchettoni sbarellati di varia natura. Sì lo suggeriscono anche i medici, ma solo per darsi loro stessi un tono, dimostrare di conoscerlo e conoscerne i benefici, ma diciamocelo chiaro, è una cosa da svampiti, sì, ci sono anche alcuni studi scientifici oltre che una millenaria esperienza empirica, ma non importa, siamo tutti figli di Galileo e di Cartesio, a noi interessano solo le cose oggettivabili, misurabili con precisione e per le quali conosciamo la causa e possiamo prevedere la conseguenza.
Lo yoga non si annovera tra questi.
Lo yoga per bambini - poi! - che bizzarria! Una volta si facevano i giochi in strada, poi abbiamo imparato a fare il truccabimbi e le sculture di palloncini, e ora va di moda lo yoga.

Ecco, questa è la premessa su cui si basa la mia vita professionale, ed io lo so, ne sono consapevole. Poi il mio lavoro mi dà ragione da solo col tempo, in ogni caso è ciò che so fare meglio e con maggiore passione, quindi credo che sia il modo migliore in cui io possa offrire il mio servizio alla comunità; perché il lavoro che facciamo non è solo la contropartita per avere soldi da spendere per vivere: deve essere anche di utilità agli altri. E questo - probabilmente - è il secondo grandissimo errore su cui baso la mia vita professionale.

Comunque, professionalmente sono una specie di Calimero piccolo e nero, anzi forse anche meno: il frammento di guscio d'uovo sulla testa di Calimero.

Ecco, due telefonate che ho fatto oggi (28 aprile) - manco a dirlo - a due segreterie scolastiche per chiedere come mai le fatture non fossero state ancora nemmeno accettate (non dico pagate, ma proprio accettate dai loro sistemi e - senza entrare in dettagli noiosi - se non vengono accettate entro due settimane è un casino) e le risposte sono state:

1) Ma io sono appena rientrata dalle ferie, non ho ancora visto le mail (fattura emessa il 15)
2) Ma noi i soldi per pagarla ancora non li abbiamo perché non li abbiamo ricevuti dal comune. Forse ci arrivano il mese prossimo, ma di solito arrivano entro la fine di giugno, lei ogni tanto ci ritelefona e chiede se i soldi sono arrivati (fattura per un progetto che ho iniziato lo scorso novembre).

Ecco, è un lavoro che amo e che mi gratifica. Non certo economicamente. Per fortuna io dei soldi me ne frego, l'importante è avere il minimo necessario, non mi interessano il lusso, la moda, gli eccessi, ma così è veramente difficile.
Da stamattina mi sento risucchiata verso il fondo di un mulinello, e la tentazione di lasciarmi annegare senza nemmeno più sforzarmi in effetti c'è.

27/04/25

Lucy went to the mountains... again

Nell'estate del 2018 scrivevo questo. Ecco, la mia percezione non è cambiata di molto, ma ciò che è stato completamente diverso è stato il contesto (di vacanza) e la compagnia (il Capitano).

Credo, però, di avere un problema con il senso di accoglienza. E' una riflessione che ho fatto proprio mentre stavo lì, seduta al balconcino della casa in montagna del Capitano dove abbiamo passato insieme il nostro primo fine settimana "di coppia".

Dalla montagna io mi sento non accolta, che è anche un po' diverso dal sentirmi rifiutata, ma è proprio come se fossimo due cose diverse, acqua e olio, che li puoi accostare, agitare, mischiare, emulsionare, ma alla fine non si fonderanno mai. Non a caso, l'unico elemento con il quale mi sono sentita in armonia è stata proprio l'acqua: il fiume che scorreva lì poco fuori dal paese e nel quale sono persino riuscita a immergere le mani.
Però, siccome il saggio ci insegna che quello che noi sentiamo provenire dall'esterno verso di noi in realtà riflette quello che noi sentiamo verso l'esterno, la mia riflessione a riguardo è stata proprio sul fatto che, in realtà, sono proprio IO a non accogliere la montagna dentro di me.

E uso la scusa di essere una creatura di mare, una creatura di altitudine poco più che zero, una creatura di boschi di pini marittimi, querce da sughero, mandorli e ulivi invece che di abeti e noccioli...

Le montagne continuano a mettermi paura, a farmi mancare l'aria, a farmi sentire prigioniera senza via di fuga, ma quando ho bagnato le mani nel fiume ho pensato al mare nel quale, inevitabilmente quel fiume si sarebbe trasformato centinaia o migliaia di chilometri dopo. Ho visto lì la mia via di fuga, ho focalizzato nel percorso dell'acqua la direzione da seguire per respirare.
Ecco perché inconsciamente i fiumi io li ammiro sempre dando le spalle alla sorgente e guardano nella direzione dell'acqua che scorre, perché è al mare che voglio che portino il mio cuore e i miei pensieri.

Con la mano nell'acqua ho proprio pensato "Vai, fiume, porta questa carezza al mare" e mi sono commossa.
Non ne guarirò mai.

23/04/25

Cose imparate e mai dimenticate

A lezione di canto la maestra mi dà uno spartito. La canzone la conosco molto bene, è anche abbastanza nelle mie corde, ma troppo bassa per il mio registro, perché è cantata da un uomo.
Ok, dice la maestra, cambiamo di tonalità. Sbircia lo spartito chiedendo quasi a se stessa "Qual è la tonalità originale...?"
Io guardo lo spartito e rispondo istintivamente: "Sembrerebbe Do maggiore".
Lei mi guarda e conferma. Allora, quasi a me stessa, aggiungo "Non ci sono accidenti in chiave, quindi o è Do maggiore o La minore, ma al basso il primo accordo sono due DO...".


E come se 25 anni fossero passati in 25 minuti mi rivedo all'esame di teoria musicale, quando una delle domande sicure era quella di indicare la tonalità di uno spartito potendo guardare solo la prima battuta e l'ultima. Me lo ricordo ancora: il mio era in Re maggiore. Dissi "Escluderei il Si minore, perché gli accidenti in chiave sono il Do# e il Fa#, ma l'ultima nota dell'ultima battuta è un Re, dunque azzarderei la tonalità di Re maggiore", e il prof, il meraviglioso e fighissimo prof, mi rispose "Il suo azzardo è corretto", poi mi diede 30 e lode.

E' assurdo come certe cose, una volta imparate, non si dimenticano.

20/04/25

Il dolore del ritorno

Non sono sicura di averne mai parlato su questi lidi, ma da diversi anni io ho dolori articolari inspiegabili.
Mi fanno male le mani, i polsi, i gomiti, le ginocchia, le anche, i piedi e la schiena.
Si salvano - al momento - le caviglie e le spalle, poi ce le ho tutte.
Dal 2021, dopo il secondo episodio di forte infiammazione di tutta la mano e il polso destro, ho iniziato a fare esami e indagini varie, nella speranza di venirne a capo.
Mi hanno visitata ortopedici, fisiatri, reumatologi, specializzati in questo e quest'altro; ho fatto radiografie, ecografie e risonanze, esami del sangue come fosse acqua ma senza risultato.
Ho tanti piccoli acciacchi, tante piccole imperfezioni, ma di entità insufficiente a giustificare l'intensità e la cronicità del dolore che sento.
Tralasciando il recentissimo e attuale stato infiammatorio della cuffia dei rotatori del braccio destro (sono mesi che mi massacro fisicamente: me lo merito) i dolori più forti li ho alle ginocchia e alle anche, dove non è un dolore sordo e costante (come la schiena, ad esempio), ma mi arriva a stilettate. E non arriva mai quando faccio un movimento, bensì quando lo rifaccio al contrario. Non mi fa male allargare le anche per sedermi a gambe incrociate - per fare un esempio - mi fa male quando le richiudo per alzarmi.

Qualche giorno fa il Capitano, quasi scherzando, mi ha detto che la mia è "nostalgia", che etimologicamente parlando significa proprio "dolore del ritorno".
Non so se lui pensava di aver solo fatto una battuta per sdrammatizzare, ma a me si è accesa una luce in testa.

Mi sono chiesta: da quanto tempo ho questi dolori, davvero? La schiena e le mani sicuramente da quando stavo ancora in Sicilia, ma il resto?
E se il mio dolore fosse davvero un messaggio che cerco di recapitare a me stessa? Perché certe volte l'unico modo che abbiamo per parlarci è attraverso segnali forti e intensi, preferibilmente paralizzanti, ché altrimenti non ci diamo sufficiente attenzione e ascolto.

Nostalgia. Dolore del ritorno.

Sembra proprio la migliore locuzione per definirmi.

19/04/25

Una volta tanto

Sono chiassose, svogliate, caotiche e pigre, ma convincere/costringere le mie figlie a fare insieme a me la spesa al supermercato è stata una delle esperienze più dispendiosa e divertente degli ultimi tempi.

La verità è che, pur vivendo insieme in uno spazio molto ristretto dove ciascuna di noi ha pochi millimetri di privacy, in realtà io con loro non trascorro davvero del tempo.
Parliamo, ci raccontiamo le cose, ma condividiamo pochissime esperienze, facciamo quasi niente insieme, a parte la normale quotidianità.
Un po' mi dispiace e mi manca, perché finisce che la presenza reciproca nelle vite delle altre diventa quasi solo intrusione o ostacolo alla padronanza dei tempi e degli spazi.
Avremmo tutte e tre meno ansia se avessimo ognuno il suo spazio, la sua cameretta. Ma non è così, e non può esserlo, quindi ci arrangiamo.

Da diversi giorni ho male al braccio e al gomito destro e oggi avrei dovuto comprare la sabbietta per la lettiera della gatta, che da solo è un sacco da 5 kg: non me la sentivo, una volta che sto meglio. Quindi ho chiesto loro di accompagnarmi. Dapprima si sono lamentate, poi si sono messe in modalità bradipo, ma alla fine sono venute e ci siamo anche divertite.
Ognuna con la sua caratteristica peculiare (Matilde che vuole faticare il meno possibile, Angelica che vuole ragionare il meno possibile), hanno portato la spesa fino a casa.

Abbiamo riso e chiacchierato durante tutto il tragitto, sicuramente attirando la curiosità degli altri passanti, perché cos'avranno avuto mai da ridere quelle tre donne? Ridevano perché stavano condividendo un'esperienza, una volta tanto.

18/04/25

La donna da sposare

C'è una strana e antiquata ragione per cui quando un uomo di una certa età (dalla mia in su) vuole fare un complimento a una donna, le dice che è "da sposare".
Chiariamolo: no. Dire a una donna che è "da sposare" non è un complimento, perché il matrimonio NON è un premio, un traguardo, un merito.
Ma ammetto che è una mentalità difficile da scardinare, e probabilmente anche io, se la mia vita non fosse andata com'è andata, ad oggi mi sentirei lusingata se il tizio che viene in ludoteca a fare la manutenzione degli estintori mi dicesse che sono "da sposare", e non gli risponderei/avrei risposto (sad true story) "Bedda matri, per carità!".

Non è la prima volta che qualcuno me lo dice (nemmeno per il tizio degli estintori, purtroppo) e da qualche anno (è facile capire a partire da quando), io rispondo più o meno sllo stesso modo: "Qualcuno lo aveva fatto, ma ci ha ripensato dopo 9 anni, quindi forse non è esattamente così". Così ho fatto quando me l'ha detto quello str*nzo del papà dei Bambini che accudivo negli anni dal 2017 al 2020... e gli avrei spaccato la sedia in testa.

Non sono una donna da sposare solo perché so cucinare, o sono brava coi bambini, o so prendermi cura delle cose e delle persone.
A questo punto preferisco di gran lunga il complimento che mi fa più spesso il mio commercialista: "Sei una persona molto precisa".

17/04/25

La voce della metro

Mi esercito nella dizione e nell'impostazione della voce, imparando a memoria una piccola parte che reciterò al saggio del corso di teatro.
La voce non è tanto complicato... sono abituata per lavoro a parlare bene, chiaro, scandito, con espressione.
La dizione è un disastro, naturalmente, anche se il professore mi dice che sono quella che gli dà maggiori soddisfazioni perché - appunto - parto da una base molto svantaggiata e invece quando mi metto d'impegno riesco ad avere una dizione più che accettabile. 

Matilde mi sente, dall'altra stanza:
"Mamma, ma sembri proprio un'altra persona quando parli così, tutta con le s dolci e le vocali chiuse!"
"Lo so, infatti è per questo che non parlerò mai così nella vita di tutti i giorni"
"Dai, fai la voce della metro!"
"Ma che dici...?!"
"Daaaaai! Fai la voce della metro!"

Non sopporto questo tentativo di svuotare di significato la mia fatica, il mio lavoro, il mio impegno, il modo innaturale con cui mi sto sforzando di essere quella che non sono, la discesa nell'abisso del non sentirmi più me stessa, nel non riconoscermi; la trovo proprio una richiesta inopportuna e irrispettosa.

Sospiro.

"Bernini. Prossima fermata, Bernini"

E lei ride. Ed io con lei. Perché non sarò mai un'attrice di teatro, ma non perché non so la dizione corretta, bensì perché di fondo sono una pagliaccia e non perderei mai l'occasione di far ridere le mie figlie.

16/04/25

La lezione di canto

Ho sempre amato la musica; ho sempre amato cantare.
Da bambina cantavo nel coro della chiesa dove facevo il catechismo, o meglio, avrei voluto farlo; avevo partecipato alla selezione, avevo fatto il primo o secondo incontro, poi era diventato un ulteriore impegno aggiuntivo per i miei genitori quindi non mi hanno più mandata.

Faccio una piccola parentesi: la mia infanzia e la mia giovinezza sono costellate di rinunce a cui sono stata costretta perché troppo distanti da casa, eppure erano proprio i miei genitori a scegliere per me la scuole, la palestra, la chiesa dove fare il catechismo... e noi abitavamo in città, in un quartiere dove c'erano comunque scuola, palestre e chiese, ma chissà per quale ragione i miei mi iscrivevano in strutture sempre dall'altro capo della città, dove avrei dovuto - ovviamente - essere accompagnata in macchina da mio padre e quindi soggetta alla sua disponibilità. Mi sono spesso chiesta se questa per loro non fosse un'inconscia maniera di mantenere il controllo sulle mie attività, sui compagni di scuola che frequentavo ecc. Chiudo la parentesi.

Da ragazzina, intorno ai 14-15 anni, avevo anche chiesto ai miei genitori di mandarmi a lezioni di canto (visto che non ero riuscita a convincerli per quelle di pianoforte) e mi ricordo un discorso terribile che mi fecero. Per loro non aveva nessun senso perché non sarei mai stata una cantante, perché il mondo dello spettacolo è un mondo "sporco", che non si addice ad una brava ragazza quale io ero e avrei dovuto continuare ad essere per il resto dei miei giorni.
Me lo ricordo come fosse ieri.
Mio padre che mi dice che le donne nello spettacolo fanno strada non solo per la loro bravura, ma soprattutto per certi "favori" che potevano offrire ai manager. E alla mia obiezione "E io magari sarò una di quelle che ci riuscirà solo per bravura", lui mi ha guardato come se non avesse nemmeno ascoltato: testuali parole "Non credi che quella sia solo una forma più accettata di prostituzione?".

Non ce l'ho con lui. Dal suo punto di vista mi stava solo proteggendo.
Dal mio punto di vista, lui non credeva che io avrei mai potuto essere brava davvero in qualcosa nella mia vita.

Forse quell'episodio, così scolpito nella mia memoria, a distanza di più di trent'anni, è stato tra quelle piccole gocce che hanno formato l'oceano di fallimento in cui mi sono sentita destinata a naufragare.
Da figlia, li odio. Da madre, li guardo con tenerezza: hanno rovinato la mia vita ma volevano solo proteggermi. Pazienza, è andata così.

Ma andiamo a noi.
Oggi ho fatto la mia prima lezione di canto.
Perché è da 35 anni che ho questo conto in sospeso e ho deciso di investire una manciata di euro che sono riuscita a risparmiare da un lavoro in casa in qualcosa che sia solo ed esclusivamente per il mio piacere. Lezioni di canto.
La maestra ha quasi 25 anni, in pratica potrebbe essermi figlia, ma è simpatica e molto brava, tra l'altro sua madre ha proprio la mia età e quindi credo che il cerchio si chiuda anche abbastanza bene.
Mi ha detto che sono brava, che ho - ovviamente - una buona padronanza ed elasticità del diaframma, nonché dei muscoli addominali (anni e anni di yoga - caspita! - a qualcosa serviranno!) e che ho un bel registro da contralto, ma non è escluso che non riesca ad estendere la mia voce anche verso le note acute.
Al momento non ci sono riuscita, ma ho riconosciuto che è un blocco mentale, come se mi fossi convinta di non riuscirci e allora quando ci provo vado in allarme. 
Mi sono divertita moltissimo, è stata proprio una "coccola" che mi sono fatta e ho tanto bisogno di concedermi "coccole" dopo mesi e mesi di "doveri".

Farò altre 4 o 5 lezioni, poi per l'autunno si vedrà. 

15/04/25

Rallentare

Oggi pomeriggio ho finito le lezioni di yoga a scuola per questo anno scolastico.
E' stato un massacro, da novembre ad adesso. Ho fatto il conto: 150 lezioni esatte, in 20 settimane. E lo yoga coi bambini è totalmente diverso da quello con gli adulti, richiede una sollecitazione continua al limite dell'insostenibile per mantenere sempre viva la loro attenzione.
E la voce, la voce sempre a tono medio, a scandire bene, a superare le loro voci quando, inevitabilmente, partono per la tangente. E poi la lettura "drammatizzata", e il kiirtan, ossia il mantra cantato.
Quest'anno, però, è stato il primo in cui non mi è mai mancata la voce. Gli anni scorsi mi succedeva sempre, a novembre, quando iniziavo, e verso marzo-aprile, quando stavo per finire e non ne potevo già più. Quest'anno no, quest'anno la voce ha tenuto botta. E' il corpo che ha avuto la peggio, a ben pensarci.

Ma per il momento è finita.
Da domani avrò le mattine libere e potrò iniziare un processo di decompressione lenta e graduale (anche perché continuo a fare lezioni al pomeriggio coi bambini fino a fine maggio), ma almeno rallento.

Vorrei sfruttare le mattine per fare le cose che mi piacciono: vorrei visitare qualche museo dove non sono mai stata, o anche rivederne qualcuno dove sono già stata; vorrei riprendere in mano quella trilogia di racconti che ancora non sono riuscita a finire; vorrei prendere la bicicletta e andarmene a fare passeggiate al parco; vorrei esercitarmi di più con la chitarra; vorrei cucirmi un abito estivo, ho già il modello, la stoffa e tutto quanto.

Vorrei fare cose belle. Rallentare e sognare, tornare a vivere e ad amare, soprattutto me.

13/04/25

Il riposo

Ho un dolore continuo, sordo, all'attaccatura dell'omero destro alla spalla, che si acutizza con alcuni movimenti di estensione e rotazione, e soprattutto quando devo sostenere il mio peso (ossia in più della metà delle posizioni yoga che esistono).
Ho esagerato. Ho tirato davvero troppo la corda.

Oggi mi sono fermata ed ho deciso di fermarmi. Ho persino dormito tipo 3 ore dopo pranzo.

Faccio una vita troppo irregolare, alternando periodi di massacro e periodi di inattività quasi totale, ma non posso farci molto.
Devo solo riuscire a trovare il giusto bilanciamento, ma non è sempre facile perché spesso le esigenze da tenere in conto non sono soltanto le mie.

Per questa settimana ho deciso di stare ferma e a riposo (escludendo le lezioni da insegnante - 2 lunedì, 2 martedì, 1 mercoledì, 1 giovedì e 3 venerdì - che devo necessariamente condurre).

Ho uno strano concetto di "riposo", perché non riguarda mai il lavoro, ma solo quello che faccio per me.
C'è un errore di fondo nel mio modo di vivere, ma ho la sensazione di essere ormai troppo oltre il punto di non ritorno per provare a tornare indietro.

12/04/25

Il videomapping

Una nuova forma di arte che mi piace



11/04/25

Il bagno di sangue

Il venerdì è una giornata molto impegnativa per me, specialmente dal dopo pranzo in poi.

A novembre e dicembre avevo 3 lezioni alla scuola dell'infanzia al mattino, poi lezione alla scuola primaria subito dopo pranzo, lezione con gli adulti nel tardo pomeriggio, infine il corso di teatro (l'unica attività che mi concedo esclusivamente per il mio piacere). Tornavo a casa alle 23 praticamente distrutta.

Da febbraio ho la mattina libera, ma continuo ad avere lezione alla primaria, poi lezione coi bambini alle 17, lezione con gli adolescenti alle 18, lezione con gli adulti alle 19 e alle 21 il corso di teatro.
Torno a casa alle 23 praticamente distrutta.

Il venerdì è generalmente un bagno di sangue, il mio.
Oggi il sangue non era il mio, ma quello che usciva dal naso di una bambina di 10 anni e il bagno era quello della scuola.

Che cosa non ho ancora fatto nella mia carriera?

10/04/25

E' finita

Uno dei più importanti principi del buddismo è l'impermanenza degli oggetti, delle persone, delle situazioni. Anche nella filosofia tantrica che seguo io, uno dei principi fondamentali da seguire è quello del non-attaccamento. Accettare che niente e nessuno dura per sempre, tutto cambia, si trasforma, evolve; ogni cosa, persona, situazione arriva, si manifesta e poi finisce. E' una legge fondamentale dell'universo e va accettata. Stacci e basta.
Ammetto che sia difficile, ma non impossibile. Per quanto mi riguarda credo sia uno dei principi che riesco a seguire con più facilità... Poi non so se il mio non-attaccamento sia più il frutto di un dis-amore di fondo nei riguardi della vita in generale, ma affronto con poca tragicità le perdite o la fine delle cose.

In questi giorni ho preso coscienza della fine della mia amicizia con la mia Amica Palermitana, che andava avanti da 15 anni.

Mentirei se dicessi che non ho pianto, ma lo sto accettando.
E' stata un'amicizia molto piena, che è persino riuscita a sopravvivere alla distanza fisica, ma da un anno e mezzo circa aveva preso già una piega diversa.
Incomprensioni, equivoci e - forse - un po' di invecchiamento di entrambe ci ha portato a non capirci più. Nonostante per me lei sia sempre stata la "me al di fuori di me", la persona a cui raccontavo tutto, ma proprio tutto tutto tutto, perché anche solo parlandone con lei ad alta voce facevo chiarezza nel mio sentire e nel mio pensare. Sa di me le cose peggiori. Conosce tutti i miei segreti più orribili, tutte le sfaccettature dei miei lati oscuri, le mie incoerenze, le mie insicurezze, le mie doti e le mie capacità, ma non ci capiamo più.

Insieme a Gandalf, è stata una delle persone che mi hanno salvato la vita letteralmente quando mi sono separata da Schroeder... non mi sono buttata da un ponte solo perché lei mi ha trattenuta.

Nei lunghi anni di crisi con l'Ingegnere io cercavo scuse per uscire e fare lunghissime passeggiate parlandone con lei al telefono, ché magari a casa non ero mai sola e libera di esprimermi e parlare al telefono, e quanto mi faceva stare meglio.

Riflettendoci, però, secondo il principio del non-attaccamento io sono disposta ad accettare la fine di questo rapporto, appartiene al ciclo delle cose e delle situazioni, ciò che mi distrugge, però, è il simbolismo che c'è dietro.
Rosanna, per me, era casa mia ancora di più di quanto lo siano i miei genitori. Rosanna, per me, era il colore e il profumo del mare che ho lasciato, il calore del sole che ho lasciato, il cielo azzurro che ho lasciato.
L'idea di non avere più la sua presenza nella mia vita è un po' come se me ne stessi andando ancora una volta e questa volta definitivamente, da casa mia.
Credo sia questo il vero lutto che devo elaborare. Rosanna era la Sicilia, era la mia vera casa.

Oggi a Torino splende il sole, il cielo è azzurro e luminoso, il sole splende e probabilmente potrei anche accontentarmi di andare a osservare lo scorrere di un corso d'acqua come surrogato del mare, ma non è casa mia. Rosanna lo era, e ormai non vuole esserlo più.
Stacci.
Ok, ci sto, ma posso piangere almeno un poco?

08/04/25

Il Fa maggiore

Comprai la mia prima chitarra nel 1992, quando andavo in prima superiore, e avevo iniziato a prendere lezioni in gruppo con un maestro che nemmeno mi ricordo come l'ho recuperato: eravamo la mia amica ed io (insieme ad altri sconosciuti). Un pomeriggio sua madre ci aveva portate a Palermo da Ricordi (e per me era come se mi avesse portato a New York) e comprammo queste due chitarre classiche da 50 mila lire.
Quella chitarra esiste ancora a casa dei miei genitori, credo che abbia cambiato 3 set di corde in questi 30 e passa anni, però è ancora integra e lotta insieme a noi.
Le mie lezioni con quel maestro durarono decisamente meno. Era noioso.
Ha fatto in tempo ad insegnarmi il Do, il Sol, il Re e il Mi minore. Poi voleva insegnarci il Fa e da lì il barrè (prerogativa imprescindibile dell'accordo di Fa e - purtroppo - di moltissimi altri accordi). Io non ce la facevo, non lo capivo, mi facevo male all'indice e insomma ho mollato. 
Però gli altri accordi mi riuscivano abbastanza bene e con quelli io ho continuato a suonare solo ed esclusivamente "Piccola Katy" per 30 anni.
Nel 2018 ho iniziato a insegnare yoga ai bambini, e una delle sezioni in cui sono suddivise le lezioni standard è l'ascolto del kiirtan. Il Kiirtan è il mantra cantato, qualsiasi mantra. Quando viene intonato si chiama "mantra", quando viene cantato è "kiirtan". La differenza tra intonare e cantare ve la spiego in un altro post.
Comunque, c'è un kiirtan standard nella mia scuola di formazione, e a me è piaciuto sempre tanto. Il primo anno lo facevo solo ascoltare, poi ho convinto mio fratello a prestarmi la sua chitarra inutilizzata, e ho chiesto all'altro di tirarmi fuori gli accordi dal file mp3. Ovviamente dovevano essere solo quei 4 accordi perché non mi credevo capace di andare oltre.
Da allora sono andata avanti facendo lezione di yoga ai bambini e conquistandoli con la chitarra e il kiirtan cantato e suonato dal vivo.
Un paio di anni fa, mentre suonavo a casa dai miei, mio fratello si è complimentato per come fossi diventata più sciolta e veloce nel cambio degli accordi. Eh, certo, mi ero esercitata sempre e solo su quelli per almeno 4 anni...! E ci ha provato a farmi ampliare il mio repertorio, ed è stato così che ho imparato il La minore e il Mi. Se avessi imparato anche il Fa potevo cominciare a suonare qualcosa per davvero, qualche canzone di quelle belle, che la sera prendi la chitarra per accompagnarti e con gli amici cantate mezzi ubriachi ma felici.
Ecco, no.
Gli ho detto che il Fa era il mio trauma irrisolto e lui ha replicato che era giusto il momento di risolverlo, invece no. Io il barrè non lo sapevo e non lo volevo fare.

Sono passati altri anni durante i quali io ho imparato a suonare altri kiirtan ma sempre e solo con gli accordi che conoscevo. Mio fratello continuava ad apprezzare i miei miglioramenti e a rimpiangere di non riuscire a convincermi ad imparare il barrè.

Poi è arrivato il Capitano.
Con lui è iniziato tutto proprio con le lezioni di chitarra. Anche a lui ho detto chiaramente che il barrè è il mio tabù inviolabile e anche lui ha replicato "Vedremo...".
Mi ha insegnato molte cose, altri accordi, come il La e il Re minore, mi ha insegnato a usare il plettro, mi ha insegnato a variare il ritmo. Poi anche lui, a metà novembre, è arrivato al famigerato barrè. La prima volta che ci siamo baciati è stata proprio dopo che aveva provato ad insegnarmi il Fa# minore, posizionandomi lui stesso le dita sulle corde (qualche giorno dopo avrebbe commentato che già in quel momento si sentiva agitato per questo insolito contatto fisico tra di noi...). Ecco, ci siamo baciati, la storia è andata avanti, ma il barrè continuava ad essere il mio tabù.

Poi mi sono intestardita.
Poi ho deciso che dovevo ampliare il mio repertorio musicale, perché uno dei pochi momenti di autentica gioia e serenità era proprio quando suonavo con lui e ormai quelle poche canzoni alla mia portata le avevamo suonate tutte.
E così, da qualche settimana, ho deciso che mi sarei esercitata negli accordi con il barrè e ho iniziato l'assedio della fortezza del Fa.

Tutto questo per dire che ce l'ho fatta. So prendere quasi velocemente l'accordo di Fa, ma non ancora bene, non suona praticamente nulla, ma il primo passo, ossia il movimento e l'individuazione di quali dita devono posizionarsi dove, l'ho fatto. Come dire: il collegamento neuronale è stato lanciato: va rafforzato.

E' bello pensare che a volte basta solo l'esercizio e un po' di cocciutaggine per riuscire in qualcosa.

07/04/25

Dire di no

Ho bisogno di un favore, l'ho chiesto a Matilde e mi ha detto di no.
E' una cosa per me mediamente importante, non che non possa farlo da sola, ma avevo bisogno di una collaborazione e avevo ingenuamente dato per scontato che mia figlia acconsentisse. Invece ha detto di no. Ha detto di no persino quando le ho detto che l'avrei pagata.
E' una cosa che non ha voglia di fare, nemmeno per soldi, (soprattutto perché sono pochi - suppongo) e allora non lo farà.

All'inizio ci sono rimasta male. Poi però ci ho pensato: non è più rassicurante sapere che mia figlia è capace di dire di no quando le si propone qualcosa che non le piace, che trova sgradevole e/o sottopagato?
In fin dei conti sì. 

Resta il fatto che io avevo bisogno di aiuto e me la dovrò cavare da sola, però voglio vedere il lato buono della cosa e spero che la stessa assertività garbata con cui ha detto di no a me, spiegandomi serenamente i motivi del suo rifiuto, possa usarli un giorno anche in altri ambiti lavorativi e non.

Però resta il fatto che io avevo bisogno di aiuto...

06/04/25

Burnout

Stamattina mi sono svegliata ed ho capito di essere in burnout. Tranne per l'aggressività (che in effetti covo ma non esterno) ne ho tutti i sintomi.

A parte la psicoterapia e altri consigli pratici, uno dei suggerimenti che ho trovato in giro è quello di fare attività rilassanti tipo yoga o mindfulness.
Ho riso. Queste cose io le insegno e inizialmente mi veniva da commentare con la solita citazione di "Scary movie" ("Bisogna avvisare il presidente" - "E' lei il presidente!" - "Allora so già tutto") ma poi ho riflettuto.

Mi trovo in un vortice. Lo yoga e la meditazione li vivo come lavoro, e anche se mi sforzo di praticare da allieva 2 volte la settimana, non sempre ci riesco e comunque l'insegnante che è in me emerge sempre, volente o nolente. A volte è la mia insegnante stessa che mi chiede supporto negli aggiustamenti agli altri allievi ecc.
Non me lo godo più, non lo vivo più con la sola intenzione di riceverne benefici.
E' il mio lavoro e lo vivo come lavoro, anche se pratico da sola. Non sto solo negli asana: mentre mi creo le mie sequenze penso che potrei proporle agli allievi ecc.
E' un disastro, un vero disastro.