27/02/18

Una cosa seria

"Cosa pensi di fare coi tuoi capelli?"
"Quali?"
"Quelli tuoi"
"Dove sono?"
"Sulla tua testa"
"Ah. Dal modo in cui l'hai detto sembrava che ne avessi trovati da qualche parte, come se io li raccogliessi e li nascondessi"
"Non hai risposto"
"Non ho capito la domanda"
"L'hai capita"
"Uffa. Si, lo so, sono disordinati, senza forma e bianchi. Ma che ci posso fare se non ho avuto il tempo di andare dalla parrucchiera..."
"Lucy, tu non hai avuto il tempo di andare dalla parrucchiera di Bagheria. Anche qui a Torino ci sono i parrucchieri"
"Sì, ma non mi piacciono"
"Non ne hai mai provati"
"Eh, ma lo volete capire che non è come per un uomo, che purché non faccia troppe domande e abbia il calendario di playboy appeso nel salone, qualunque parrucchiere va bene?! Il parrucchiere è una cosa seria, ti deve capire anche quando non sai spiegare, deve guardarti e immaginarti, deve sapere cosa ti piace, conoscere il tuo stile di vita e il rapporto che hai con l'estetica, con il sole, il vento, il mare..."
"A Torino non c'è il mare, e siamo a febbraio, non andresti al mare nemmeno se fossi a Bagheria"
"Non ha importanza"

Ma dico io. Uno dei più veritieri luoghi comuni sulle donne terrone emigrate è quello dove i capelli se li fanno fare sempre e solo dal parrucchiere di giù! Chi sono io per rovinare questa tradizione?

(SMS di stamattina: "Avevo un tuo capello sul maglione. L'ho riconosciuto perché iniziava bianco e, dopo parecchi centimetri, diventava castano e poi quel biondo da decolorazione dopo che la tinta è stata totalmente lavata via")

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