11/07/25

Il samurai

Il percorso ciclabile che mi porta da casa alla ludoteca, di svolge maggiormente sulla riva del fiume Dora Riparia, uno dei 4 fiumi di Torino.
La Dora è rappresentata come donna nelle due famose statue di Piazza CLN, e in effetti è molto "femmina"; le si addice anche il nome. In città ha un letto variegato, inizialmente attraversa selvaggiamente un parco, creando anche una micro spiaggia dove qualche secolo fa io mi sono persino immersa i piedi, poi viene regolata e instradata in modo molto urbano e controllato, con argini in muratura, ponti futuristici, piccoli dislivelli che creano movimento, fino a darle la gloria lasciandola tornare selvaggia, all'interno di un altro parco, detto "della confluenza", dove si trova il punto esatto in cui si immette nel Po.

Sul tratto che percorro io, a un certo punto il letto si allarga tantissimo e il flusso d'acqua è così placido da sembrare quasi fermo. A me ha sempre ricordato il mare.
Certo, il colore è molto diverso, ma la sua calma è rassicurante, nonché nascostamente infida, perché è comunque un fiume e la sua corrente è forte. E' proprio una donna.

Stamattina, proprio su quel tratto di fiume pacato, stava un uomo di etnia orientale, anziano. 
L'ho visto da lontano, tutto vestito di nero e bianco al punto che mi sembrava in smoking, invece poi da vicino ho visto che indossava una vestaglia, o forse il kimono.
Se ne stava in piedi, dritto e fermo, si sosteneva con una stampella e guardava il fiume.
Io stavo pedalando, l'ho visto bene solo per pochi secondi, ma mi ha colpito molto la sua compostezza e soprattutto quello sguardo. Era proprio assorto, quasi perso.
Mi sono commossa.
Ho immaginato che guardasse il fiume magari rievocando il fiume della terra che ha dovuto lasciare; o forse anche lui in quel tratto di fiume ci vede un'imitazione del mare, ed era al mare che pensava.

Quella visione mi ha colpito molto, sembrava proprio un samurai a riposo.

10/07/25

La vecchia in bicicletta

Buono: ho miracolosamente evitato un ragazzo che attraversava la strada mentre io percorrevo la pista ciclabile.
Meno buono: mi ha urlato che avrei dovuto andare più piano ed io gli ho replicato: "Ma mi vedi? Sono una vecchia in bicicletta! Come potrei andare più piano di così?! Sei tu che sei passato senza nemmeno guardare!"
Simpatico: mi ha dato della str*nza.
Ottimo: in realtà sono una vecchia in bicicletta che va veloce e che ha degli eccellenti riflessi.

09/07/25

Il ciclista umiliato

Non succede con tutti i maschi, ma quando succede è con un maschio.

Da maggio a settembre io mi muovo prevalentemente in bici. In questo periodo in cui lavoro con il centro estivo, esco di casa in bici poco prima delle 7 e ne faccio la mia attività di cardiofitness che dà l'avvio alla giornata.
Non corro davvero, non ne ho il fisico, ma vado spedita. 
Il tragitto è per lo più pianeggiante, tranne un paio di salite toste delle quali una breve ma intensa, l'altra meno in pendenza ma molto più lunga. Entrambe le affronto con grande impegno, prendendomi anche una buona rincorsa e preferisco sentire i quadricipiti urlare piuttosto che scalare la marcia (quello lo faccio solo durante la prima settimana in cui riprendo la bici, poi vado sempre e solo con la sesta marcia, ché altrimenti che ci stiamo a fare?).

Incontro spesso altri ciclisti, anche perché io preferisco sempre fare un giro un po' più lungo - se serve - ma viaggiare il più possibile sulla pista ciclabile.

Ecco, se pedalando al massimo della mia velocità (che potrà essere... boh? 20 km/h? Non saprei nemmeno come misurarla) supero una donna, fosse anche una donna più giovane e più atletica di me, non succede nulla.
Se supero un maschio, di qualsivoglia età, prestanza fisica, etnia e convinzione mentale, niente da fare, dobbiamo gareggiare a tutti i costi.
Stamattina ce n'era uno, che probabilmente si è sentito eccessivamente umiliato, che mi ha tallonato al limite dell'infarto, e lo so perché lo sentivo dietro di me, che passava sopra le foglie secche dopo di me, e ne sentivo il rumore della catena in discesa e che ha avuto la faccia tosta di salire sul marciapiede per superarmi perché la pista ciclabile era impegnata dal furgoncino degli spazzini ed io ho dovuto rallentare quasi a frenare e "dribblarlo" tra le macchine parcheggiate accanto.

L'ho recuperato al semaforo. Sono scattata prima di lui al verde, umiliandolo per la seconda volta, e lui di nuovo mi ha superato passando dalle strisce pedonali invece che dalla pista ciclabile.
E peccato non avergli potuto fare un video mentre, davanti a me, pedalava come un forsennato, come a voler fuggire da questa femmina attempata che, con una city bike scrausissima, aveva avuto l'ardire di superarlo.

Non succede con tutti i maschi, ma quando succede è con un maschio.

08/07/25

Meglio di un horror

"Maestra mio nonno è andato al pronto soccorso!"
"Oh, mannaggia, e come mai, cosa gli è successo?"
"Gli è uscito un verme dalla bocca!"
"..."
"Sì, un verme lungo lungo gli è uscito dalla bocca!"

Ok, non è che dovete proprio raccontarci tutto tutto tutto delle vostre vite familiari...

(No, non ho indagato con i genitori, e non lo farò)

06/07/25

Al sicuro

Solitamente dormo male.
Non solo durante il sonno, ma la posizione da distesa, anche da sveglia se mantenuta a lungo, mi fa risvegliare tutti i dolori, a volte a uno a uno, ma anche tutti insieme. Il mio sonno è sempre disturbato dalla schiena che fa male, dalla spalla che fa male, dal braccio che fa male, dal piede che fa male, dal collo che fa male, dalla mano che fa male. A volte pure dall'anima che - per non essere da meno - fa malissimo e mi fa svegliare in preda a sogni che mi turbano e che mi fanno stentare a riaddormentarmi.

Fatte salve le prime 2 o 3 volte, che ero agitatissima per un miliardo di motivi seri e meno seri, tutto questo non mi succede quando dormo con il Capitano.

I dolori ci sono lo stesso, la spalla, il piede, la schiena ecc ecc. Anche i sogni allucinati e allucinanti ci sono sempre - non tutte le volte - ma ci sono. Però mi riaddormento subito.
Mi giro e rigiro, come sempre, anche avendo paura di disturbare il suo sonno, ma mi basta ascoltare il suo respiro o intuire nella penombra la sagoma del suo corpo disteso accanto a me per chiudere gli occhi e riaddormentarmi.

E tutte le mie paranoie esistono ancora - oh! se esistono! - e anche tutti i miei dolori e per di più c'è anche di sottofondo l'ansia mista a senso di colpa perché se io sto dormendo in quel letto, in quella camera, in quella casa, significa che le mie figlie dormono da sole nei loro letti della loro camera in casa mia, ma non mi intaccano. Ci sono, esistono, si manifestano, mi svegliano, ma basta così. Sento che lui è accanto a me e mi riaddormento.

E' come se, per la prima volta, mi sentissi al sicuro.

05/07/25

Le mie possibilità

Uno dei motivi più comuni che mi mettono in difficoltà rispetto alle relazioni che ho, è scoprire che ciò che generalmente io sono disposta a fare per gli altri non è un'abitudine universale.

Non riesco davvero a capire se il problema è "mio", proveniente dalla mia educazione, dalla mia tradizione familiare, dal mio condizionamento culturale, oppure se è più generale: io sono disposta a fare per gli altri cose che gli altri non farebbero per me.

Ripenso, ad esempio, ai motivi per cui da 4 mesi non sento più su nessun mezzo di comunicazione la mia Amica Palermitana. 
Mi manca? Sì, appena un pelino meno di quanto potrebbe mancarmi l'aria. 
Sono disposta a riprendere il contatto con lei? No.

L'amicizia con lei è nata nella primavera del 2010, io avevo Angelica nella pancia e avevo iniziato la formazione come consulente per l'allattamento al seno; lei era una delle formatrici, nonché la vicepresidente dell'associazione che gestiva un po' tutto quell'ambaradan. Sono 15 anni, mica poco. In questi 15 anni la sua vita è stata turbata da varie vicissitudini personali e professionali, ma la mia ha potuto annoverare eventi ben più tragici e difficili.

Non vuole - non ha mai voluto - essere una gara a chi se la passava peggio, ma io me la sono sempre passata relativamente peggio di lei, eppure sono sempre stata presente oltre i limiti delle mie possibilità. Solo quando stavo effettivamente lavorando, ossia facendo lezione oppure badando ai bambini, oppure al centro estivo ecc, mi sono negata a lei rimandando la telefonata, la videochiamata, la lettura di chilometri di messaggi o l'ascolto di ore di vocali a dopo, utilizzando i momenti di riposo. E lo facevo. Invece di riposarmi io le rispondevo, la ascoltavo, le offrivo il mio punto di vista esterno.

Centinaia di volte mi ha svegliato, mi ha distolto da una lettura, ha impegnato il mio raro momento di pace e silenzio. Eppure l'ho fatto, l'ho ascoltata sempre, l'ho accolta e contenuta sempre.

Anche io ho avuto spesso bisogno di lei, del suo punto di vista esterno o semplicemente del suo orecchio per sfogare la rabbia e la frustrazione delle mie vicissitudini personali, ma lei ha sempre centellinato il suo tempo a mia disposizione, offrendomi slot di disponibilità in base alla sua vita familiare, al clima, alla sua necessità di riposo ecc.

Non gliel'ho mai rinfacciato, né mai lo farò. Non sono pentita di essere stata sempre e comunque presente per lei, ma non posso fingere di non esserci rimasta male quando mi sono sentita dire che lei adesso è cambiata e non è più disponibile ad ascoltarmi sempre e su tutti gli argomenti.

Ecco, questa riflessione l'ho fatta proprio perché mi è capitato un altro episodio, con un'altra persona, alla quale io ho chiesto un favore e mi è stato rifiutato. Non entro nel merito del favore in sé, non è questo il punto. Si chiama assertività la grande capacità di saper dire di no a qualcosa che non ci si sente di fare. E' indice di maturità emotiva.
Però quello che ho pensato è: io, al contrario, lo avrei fatto e non ci avrei trovato nulla di male, così come non ci trovavo nulla di male nel rinunciare al mio tempo di riposo per ascoltare l'Amica Palermitana.

Il terzo giuramento che ho fatto durante la mia iniziazione nell'Ananda Marga è: io giuro di aiutare gli altri nei limiti delle mie possibilità. Il che significa che non posso/debbo mettere a rischio la mia sopravvivenza o la mia salute per aiutare gli altri (non è un genere di sacrificio che viene contemplato nella mia filosofia spirituale: la nostra vita e il nostro corpo sono preziosi e vanno preservati, perché è tramite essi che possiamo continuare ad agire e proseguire nel cammino di crescita spirituale), e allora mi chiedo se sono io che ho una percezione alterata di quali siano le mie possibilità, oppure se queste sono effettivamente superiori alla media degli altri esseri umani.

Io non penso di avere uno spirito particolarmente votato al sacrificio, o al martirio. Non sono una che si autocommisera. Magari a volte mi lamento, ma faccio quel che devo e quel che posso, riesco sempre a trovare le forze per farlo, e quando non le trovo mi fermo. L'ho fatto diverse volte.

Ok, questo post ci ho messo quasi una settimana intera a scriverlo. E' nato da una riflessione velocissima, ma le giornate complicate mi hanno impedito di scriverlo subito. 
E' rimasto in bozza per diverso tempo e ogni volta che lo ampliavo perdevo sempre di più il filo della riflessione iniziale, quindi ormai lo pubblico così, senza nemmeno ricordarmi che diamine avessi voluto dire.

Questa cosa mi ha fatto molto riflettere. Mi sono chiesta se è il mio grado di "gentilezza" nei riguardi degli altri che è superiore alla media o se, invece, non è

04/07/25

Amico/a del mio risveglio

Mi sveglio ogni mattina alle 5 per fare la meditazione paincajanya. 

A volte è facile, altre volte meno, raramente non ce la faccio, perché magari ho fatto particolarmente tardi la sera prima oppure perché - da grezza essere umana quale sono - ho voglia di dormire ancora un'altra oretta.

Il punto fermo dei miei risvegli antelucani, però, è lui/lei: il pianeta Venere, la stella del mattino.
Quando apro gli occhi alle 5, lui/lei è lì a guardarmi e dirmi che sì, quella è la mia strada.

Non a caso quando ho finito, intorno alle 5.40, non si vede più.



03/07/25

Cose che non vorresti mai vedere #48

La tavoletta del wc con delle allarmanti strisciate marroni e un pezzetto di carta igienica per terra che sembra coprire qualcosa di corposo e scuro di forma vagamente cilindrica, dopo che un bambino di 4 anni che frequenta il tuo centro estivo esce dal bagno sorridendo e dicendo: "Maestra ho fatto tanta cacca e mi sono pulito da solo!".

02/07/25

Ma come si fa?

"Maestra, non ci crederai! Mentre venivamo qui abbiamo visto un ragazzo sul motorino senza casco!"
"No, ma non mi dire!"
"Sì, nemmeno io ci potevo credere! E gliel'ho pure detto alla mamma!"
"Che assurdità! Ma come si fa ad andare in motorino senza casco?!"
"Eh, infatti... io gliel'ho detto alla mamma... ma come fa quel ragazzo ad andare in motorino senza casco!"

Piccolo bambino che frequenti il mio centro estivo... come potrei, io, raccontarti di quando a 15 o 16 anni sono stata la quarta passeggera portata da uno scooter molto in voga all'epoca, si chiamava Amico e non per niente, ma proprio perché ci si portavano su gli amici, e se il proprietario ne aveva tanti di amici, ecco, semplicemente ci si faceva secchi secchi e ci si andava tutti insieme.
Davanti, accucciata dietro il manubrio, la proprietaria che guidava praticamente coi denti, le due più rotondette si dividevano il sedile, tirandosi in dentro la pancia, ed io, la magrolina del gruppo, sedevo su quel vago accenno di portapacchi posteriore. La ragazza davanti a me mi teneva dalle ginocchia.
I caschi non si usavano. Forse non li avevano ancora inventati, o forse non erano cool perché rovinavano le acconciature. Vuoi mettere potersi fregiare del titolo "Ragazza più pettinata dell'obitorio"?

"Ma infatti, tesoro, ma come si fa?!"

01/07/25

L'uomo col cane

Un uomo vestito con pantaloni lunghi neri, camicia bianca a maniche lunghe, tutta abbottonata, e cravatta grigio scuro allacciata. Porta a spasso un cane, tenendolo al guinzaglio.
Ma non è tanto il suo abbigliamento, nonostante ci siano 37°. Non è nemmeno quello sguardo stralunato che gli caratterizza il volto (vestito in quel modo con questa temperatura...).
L'aspetto più strano e vagamente inquietante sono i guanti che indossa: rossi, da giardiniere, con il palmo gommato di nero.

30/06/25

Son soddisfazioni

Ho un'allieva che fa con me lezioni individuali di yoga. E' una ragazzina di 72 anni in fortissimo sovrappeso; ha iniziato con me a fine settembre perché la sorella (mia collega di teatro) le ha regalato 8 lezioni private per il compleanno. Finite le lezioni in regalo, ha voluto proseguire pagandomi di tasca propria e da allora non ha più smesso. E' stata costante e proattiva, si è impegnata, ma ha sempre seguito e ascoltato, e nel corso dei mesi ha notato i suoi miglioramenti.
Primo su tutti: dopo 6 mesi ha potuto sedersi sul tappetino a gambe incrociate per qualche minuto; dopo 8 mesi ci riesce a stare per il doppio del tempo.
Poi ha iniziato a fare caso alla postura che assume durante il giorno e a tenere i piedi paralleli invece che "a papera" mentre sta ferma.
Ultimo, ma non meno importante: è passata da 3 a 7 movimenti avanzati per gli addominali.

La scorsa lezione, visto che sugli addominali si è sempre bonariamente lamentata accusandomi di essere sadica, quando le ho proposto di arrivare a 7, mi ha voluto irridere facendone 8.
Sembra una sciocchezza, ma a me le soddisfazioni professionali più grandi le danno i bambini e gli anziani.

27/06/25

Matura

La mattina della prova di italiano le avevo chiesto se volesse un mio braccialetto come portafortuna, e lo ha preso e indossato. Poi, dopo il secondo scritto, me l'ha restituito.
Stamattina, mentre ci preparavamo, è venuta a chiedermelo esplicitamente, e lo ha ripreso.

Uscendo da casa era in quello stato di autoprotezione per cui sei così terrorizzata che sorridi serenamente alla vita. Durante il tragitto in macchina abbiamo chiacchierato, abbiamo scherzato, abbiamo riso. La difficile ricerca di un parcheggio non l'ha spaventata. Siamo arrivate a scuola e abbiamo trovato già parte della clac che era stata invitata all'evento. Ha iniziato ad avere un colorito un po' più spento una volta che è arrivata dietro la porta dell'aula ed ha visto entrare la ragazza prima di lei. Sono arrivati tutti gli amici, chiamati all'adunata per farle coraggio, e l'attesa è stata più lieve.

Quando è toccato a lei, mi sono scelta il posto più panoramico della platea, in modo da poterla vedere in viso, ma non troppo.

Ho pianto.
Ho pianto dall'inizio alla fine.
Ho pensato che è figlia mia, che l'ho fatta io, l'ho cresciuta io, ed è bellissima. Ha saputo sostenere il colloquio con una sicurezza e una capacità di improvvisare che le invidio ancora oggi. Ha avuto solo un momento di difficoltà emotiva, proprio a metà, ma ha bevuto un po' d'acqua, si è asciugata le lacrime ed ha risposto correttamente alla domanda che le era stata fatta.

Mentre concludeva il colloquio esponendo la sua relazione sul PCTO, io mi son detta che il mondo non ha idea di quale gioiello prezioso io gli abbia donato.

Sono stata fiera di lei, orgogliosa di essere sua madre.

Oggi Matilde ha finito gli esami di maturità. 
Oggi Matilde comincia un nuovo capitolo della sua vita.

26/06/25

Sempre lui

E' chiassoso, invasivo, sarcastico e schietto, ma ha un cuore immenso ed è una delle persone che ho di più care al mondo.
Gandalf ha fatto una deviazione di 500 km dal suo viaggio solo per passare a trovarci e cenare con noi, la sera prima dell'orale di maturità di Matilde. Ci ha fatto trascorrere una serata serena, facendo da diversivo e antidoto all'ansia che inevitabilmente avrebbe aleggiato in casa, dimostrando di fatto di essere proprio il grande mago del quale porta il nome, quello che arriva esattamente nel momento in cui è necessario che arrivi.

25/06/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #11

"...e quindi il mio medico mi ha rimproverato, mi ha detto che devo muovermi un po', magari fare ginnastica dolce, yoga, qualcosa per allungare un po', fare stretching..."
"Mi sembra una buona idea"
"...però poi mio marito mi ha detto che forse lo yoga non è adatto, perché magari ci sono certe posizioni che non sono adatte..."
"Tuo marito insegna yoga?"
"No"
"Io sì, fidati di me. Lo yoga è perfetto per quello di cui hai bisogno"

Tutti tuttologi del web, cantava quello, e secondo me solo la nazionale di calcio supera lo yoga come quantità di gente che crede di esserne esperta mentre è solo in balia dei propri pregiudizi, credenze e condizionamenti culturali e pensa di poter dare un'opinione competente quando, in realtà, è solo un altro dei milioni di malati di sindrome Dunning-Kruger.

24/06/25

L'orda di barbari

Buono: è una bella giornata e decidi di fare un giro in bici.
Ottimo: decidi di andare al parco che conosci bene, cercarti un angolino tranquillo e fare una bella e serena meditazione tra gli alberi, invece che sul pavimento della cucina, come fai ogni giorno.
Eccellente: trovi un angolino riparato, all'ombra e ventilato. Ti piazzi sul plaid e inizi con un po' di Vipassana per concentrarti.
Cattivo: dopo 30 secondi di respirazione quadrata, senti un gran vociare giocoso e allegro, apri gli occhi e vedi centinaia di bambini dell'estate ragazzi che si avvicinano da tutte le direzioni, ognuno portando in processione il suo gonfalone.
Pessimo: dopo essersi chiassosamente sistemati e reciprocamente accolti, iniziano a fare balli di gruppo con musica sparata a un volume da villaggio turistico degli anni '90
Devastante: quando alle tue orecchie arriva "Sotto il sole, sotto il sole, di Riccione, di Riccione..." raccogli tutto e te ne vai.

23/06/25

Insieme

Esattamente un anno fa andavo per la prima volta a casa del Capitano, subito dopo aver finito di dare la prima mano di pittura alle pareti della mia nuova casa.
Faceva freddissimo, aveva piovuto, ricordo che mi aveva invitato a prendere qualcosa di caldo da lui prima di tornare alla vecchia casa. Ed io avevo accettato.

Stamattina mi sono svegliata accanto a lui e mi ha condiviso la riflessione di quanto fosse impensabile, un anno fa, immaginare che esattamente un anno dopo ci saremmo svegliati al mattino l'uno accanto all'altra.

Quando sono andata via da casa sua, un anno fa, mi sono guardata allo specchio dell'ascensore e mi sono detta: "No, non ci pensare nemmeno".

Quando sono andata via da casa sua, stamattina, gli ho detto: "Chissà tra un anno..."
Lui ha risposto: "Tra un anno saremo su Marte"
"Sì, però insieme".

22/06/25

Ti sembro il tipo?

La signora che fa(ceva) le pulizie in casa dall'Ingegnere, mi ha mandato un messaggio che recita così: "Cercano nuovi cantanti per il coro della parrocchia vicino casa tua, visto che ti piace cantare perché non ci vai?"

La signora in questione ha trascorso più o meno del tempo con me per 4 anni, ci siamo anche scambiate l'amicizia su facebook, quindi mi conosce bene e sa perfettamente tutto quello che io voglio che si sappia di me.
Quindi mi chiedo: ma in che momento dei nostri dialoghi, o in quale riga di post si è fatta l'idea che io sia il tipo di persona che se ne va a cantare al coro della parrocchia?

21/06/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #10

"Ma sei bravissima!", applaudendo.

Lo yoga non è bravura, non è performance, non è estetico. Lo dico sempre, ma non lo capiscono mai.

19/06/25

Il dente avvelenato

Lo ammetto: ho il dente avvelenato neri confronti del personale delle segreterie scolastiche.
Li trovo incompetenti e lavativi: non rispondono alle mail se non dietro sollecito telefonico, talvolta dimenticandosi di protocollarle, dunque rendendole irrecuperabili nel marasma di mail che riceve una scuola quotidianamente. Avrei una tale quantità di aneddoti da scriverci tre libri.

Ho il dente avvelenato, lo ammetto, ma ciò che mi fa rabbia è che LORO lo stipendio lo ricevono sempre e comunque, sia che le mail le leggano, che non le leggano, sia che rispondano, che non rispondano, mentre io devo farmi un mazzo così per essere pagata con un pugno di noccioline, solo se e quando LORO decidono di pagarmi.

Ecco, questo è forse l'aspetto peggiore del mio lavoro.

18/06/25

Io mi ricordo...

...no, non è vero. Non ricordo nulla del giorno prima degli esami di maturità. Non ricordo gli eventuali incoraggiamenti o interrogatori ansiogeni dei miei genitori, non ricordo rituali né riti propiziatori, né ipotetici gesti di celebrazione dopo.
Ricordo, però, che molti miei compagni avevano i genitori fuori da scuola, che li aspettavano all'uscita, invece io non ho trovato nessuno dei miei, e ammetto che questa cosa l'ho sempre rinfacciata a mia madre, un po' scherzandoci su e un po' no.

Matilde è appena uscita per andare a sostenere la prima prova scritta degli esami di maturità e l'ho abbracciata forte e lei si è lasciata abbracciare.
Ieri sera ci siamo esibite nella nostra versione, ovviamente strampalata e tragicomica, di "Notte prima degli esami" di Venditti, con me che la suonavo malissimo alla chitarra e lei che la cantava improvvisando anche una coreografia a metà tra la trasposizione in LIS e l'espressione della propria angoscia.

Sembra ieri che la tenevo con una mano sola, e adesso se ne va a fare gli esami di maturità. A prescindere da tutto, dall'effettiva importanza del diploma che otterrà, questa è una pietra miliare nella sua vita ed io sono molto felice di aver creato con lei questo ricordo.
Io passerò la mattinata pensando a lei, chiedendomi quale traccia sceglierà, e cucinandole il pasticcio di lasagne che le piace tanto.

17/06/25

Sette mesi

Oggi sono esattamente sette mesi che il Capitano ed io ci baciamo.

Sembra ieri. Sembra una vita.

16/06/25

La manipolazione

Per esperienza personale, se un osteopata vi chiede se può manipolarvi e voi acconsentite, sappiate che NON si tratterà di un piacevole massaggio per impastare i muscoli incriccati e sciogliere le tensioni accumulate, no. Si insinuerà, anche attraverso i vestiti, cercando di inserire le dita dentro le vostre articolazioni, ma solo per consolidare la presa sul vostro ignaro corpo, e poi con rapidità, forza e precisione farà scrocchiare tutto lo scrocchiabile di quell'articolazione.
La sensazione sarà soprattutto di sgomento, forse un po' di dolore, forse un po' di disagio, auspicabilmente di sollievo.

L'effetto sorpresa è comunque la chiave fondamentale dell'obiettivo terapeutico.

13/06/25

Woodstock15

Quindici anni da quando ho incrociato i tuoi occhi per la prima volta, mentre tutta umida e appiccicosa stavi poggiata sulla mia pancia e hai sollevato la testa per guardarmi.
Quindici anni in cui ci siamo scambiate amore e odio sotto ogni forma e con imprescindibilità.

Sei diventata una piccola grande donna portando all'estremo ciò che già mostravi con estremismo fin dal primo giorno: un'immensa dolcezza, un'irremovibile forza di volontà, un'invidiabile consapevolezza del tuo potenziale, una tenera fragilità. Sei il Tutto e il Niente, il bianco e il nero, il miele e il fiele.

La tua bellezza esteriore è il perfetto riflesso di quello che sei dentro, e basta stare in tua compagnia per pochi minuti per capirlo. Sei grande. Sei sempre stata grande, ed io ho sempre guardato a te con orgoglio e meraviglia.

Tanti auguri Angelica, piccolo uccellino giallo e spettinato che tra pochi anni spiccherà il volo. Chissà se riuscirò mai, in questa vita, ad esprimere quanto io mi senta fiera di essere stata il tuo nido.

12/06/25

La soddisfazione dell'ego

Il regista del corso di teatro mi ha detto che sono stata ammessa direttamente al quarto anno senza dover passare per il terzo.
Ci ho riflettuto molto, poi ho deciso che mi iscriverò da ripetente al secondo per continuare a condividere l'esperienza con i miei attuali compagni. Siamo un gruppo molto variegato, tutti pezzi unici anche diversissimi tra loro, ma messi insieme siamo una potenza.
Non ho ambizioni di carriera nel teatro, non ho aspettative "terze" da onorare: lo faccio solo ed esclusivamente per il mio piacere, per avere una cosa che sia solo ed esclusivamente mia senza secondi fini professionali (come mi succede nella maggior parte delle attività ricreative che mi concedo, tipo il corso d'inglese, gli albi illustrati, i ritiri e i corsi di formazione yoga ecc).

E poi sono stata ammessa al quarto anno senza nemmeno chiederlo, per meriti sul palcoscenico: la regista del quarto anno mi ha notata e mi ha approvata.
Tanto mi basta a soddisfare il mio ego.

11/06/25

La buona azione

Sento il rumore del motore già appena svoltato l'angolo della strada, ma non vedo la macchina. E' molto distante dal marciapiede e viene coperta dalla macchina parcheggiata davanti. 
Cammino con passi pesanti, portando due buste della spesa. Nel tempo che impiego ad arrivare alla sua altezza ha già fatto avanti e indietro altre tre volte: cerca di stringersi ma ha poco spazio di manovra; probabilmente è proprio entrato male fin dall'inizio.
Mi fermo e, mentre sta andando indietro per la quarta volta fermandosi dopo pochi centimetri, gli dico "Puoi andare ancora, hai almeno mezzo metro".
Mi guarda, si fida.
"Vai ancora, vai ancora... ancora un po'... ecco basta"
Finalmente si è avvicinato al marciapiede con le ruote posteriori: può raddrizzarsi.
Mi ringrazia, io gli sorrido. 
Penso che potrebbe essere mio figlio. Penso che mi piace pensare che un giorno uno sconosciuto possa aiutare anche le mie figlie a fare un parcheggio stretto.
Penso a quanto è stato bravo il mio istruttore di scuola guida, che poche cose mi ha davvero insegnato bene e una di queste è stata fare i parcheggi in condizioni estreme.

E anche oggi ho fatto la mia buona azione quotidiana.

10/06/25

Gli intermezzi

"Mamma, ma tu chi hai avuto prima dell'Ingegnere?"
"Papà"
"E dopo papà?"
"L'ingegnere"
"E tra papà e l'Ingegnere?"

Non ho risposto.
Ogni tanto alle mie figlie prende un attacco di inaspettata curiosità sui retroscena della mia vita. 
Non sempre ho voglia di condividerli; quasi mai penso che sia proficuo condividerli.

09/06/25

Cosa hai imparato?

Ieri sera ho avuto il saggio del corso di teatro. Questo è stato il secondo anno che ho frequentato e devo ammettere che è stato un po' più faticoso del primo, ma non per il programma in sé, quanto per tutto quello che c'era intorno, a cominciare dall'orario delle lezioni.
Però è bello. E' l'unico vero capriccio che mi concedo per provare a vedere cosa avrei potuto essere se le cose della mia vita fossero andate diversamente.
Fin da bambina ho avuto lo spettacolo nel sangue, la musica, la danza, la recitazione... ma non sono stata incoraggiata a sostenuta e quindi è andata com'è andata.

Nella vecchiaia - come dico sempre - ho deciso di concedermi il lusso di frequentare un corso di teatro, e sono anche piuttosto brava! Il professore, lo scorso anno, mi aveva detto che sono ad un livello nettamente superiore agli altri, e anche quest'anno non ha fatto altro che farmi i complimenti ogni volta che ha potuto. Mi aveva accennato di una compagnia teatrale seria che la scuola stava cercando di mettere in piedi, ma poi non mi ha più detto niente, né io ho chiesto.
Sembrerà un paradosso, ma io non ho ambizioni in tal senso. So che sono brava e mi va bene quel che già faccio per dimostrarlo agli altri.

Tornando a casa dopo lo spettacolo, Matilde mi ha chiesto che cosa avevo imparato in più quest'anno rispetto allo scorso.
Devo ammettere che ho migliorato la mia consapevolezza sulla dizione, ma il grosso del lavoro l'ho fatto l'anno scorso. Forse mi sono sbloccata ancora un po' sul corpo, ma secondo me anche lì partivo già da un livello alto, perché io ci lavoro col mio corpo, lo muovo, lo so muovere e non mi vergogno di muoverlo.

Forse quello che ho imparato di più è stato impegnarmi a fare bene una cosa che non sentivo mia. Mi è stato assegnato un pezzo difficilissimo che non ho mai sentito davvero mio, ma l'ho interpretato in modi eccellente seguendo le direttive del regista; è vero che il personaggio l'ho costruito io per buona parte, soprattutto sul corpo e sul tono della voce, ma la sua personalità è stata molto diversa da quella che avevo immaginato io. Eppure l'ho fatto. Eppure è andata benissimo.

Altra cosa importantissima: ho imparato ad accettare la fallibilità degli altri. Su quella mia ci ho lavorato per anni, so di poter fare errori ed ho imparato ad accettare di rimediare, se possibile, e soprattutto a perdonarmi. Ma con gli altri è più difficile. Mi sono sempre arrabbiata di fronte alla mancanza d'impegno degli altri, alla loro distrazione, ai loro errori. E' assurdo ma è così.
Ecco, ho imparato ad accettare che anche gli altri fanno errori.

Non vedo l'ora di ricominciare a ottobre.

06/06/25

Il tempo della scrittura

Una cosa che mi sta capitando sempre più spesso è quella di leggere i post del passato remoto di questo blog. 
A volte apro la pagina, magari con l'idea di scrivere qualcosa, e invece mi perdo tra i post del 2012, oppure mi rileggo tutta la categoria dei "sassolini nelle scarpe" ecc.
Avevo una capacità veramente notevole di scrivere su cose insignificanti, roba quotidiana che, oggi, passerebbe inosservata; ci ricamavo sopra una narrazione accattivante che faceva venir voglia di sapere come andava a finire.

Non so se la chiave fosse la creatività della giovinezza, oppure se in realtà nell'età matura faccio sempre meno caso alle cose.
Sta di fatto che mi sento prosciugata, confusa e distratta. O forse tartassata da più cose da fare e pensare di quante realmente riesca a gestire. 
Poi ci sono i dolori. Dieci anni fa ero capacissima di stare anche due o tre ore davanti al pc; lo facevo. Quando scrivevo romanzi ero capacissima di stare tutta una mattina a scrivere e riscrivere senza nemmeno alzarmi a fare pipì. Oggi, dopo mezz'ora mi formicola la mano, mi fa male il gomito, mi viene il mal di schiena, mi si incricca il collo, mi si stancano gli occhi, e devo interrompermi, alzarmi, muovermi, e perdo il filo.

Forse la verità è che c'è un tempo per ogni cosa, e il tempo della scrittura, per me, è passato.

04/06/25

Il cinghiale indemoniato dentro la mia spalla

Da qualche mese ho un problema alla spalla destra, che - aggravandosi - si è esteso al braccio fino al gomito.
Ho ignorato le prime avvisaglie a gennaio-febbraio, e mi sono dovuta fermare ad aprile. Sono quasi del tutto ferma da due mesi.
Ho iniziato con un approccio farmacologico che non ha sortito risultati, sono passata alle infiltrazioni, mi sono rivolta ad un osteopata e adesso sto tornando ai farmaci perché - come sempre - il mio quadro clinico non è chiaro.
Il mio quadro clinico non è mai stato chiaro a nessuno, ma non era di questo che volevo parlare, bensì del capo dei cinghiali del film "La principessa Mononoke".

Quando l'osteopata mi ha fatto il primo trattamento, ha toccato il muscolo incriminato e in me è esploso un dolore rabbioso, da animale ferito e abusato. Man mano che le settimane sono passate e i trattamenti si sono susseguiti, il mio muscolo incriminato si è rassicurato sempre di più.
Ecco, l'immagine che mi è venuta in mente è proprio quella del cinghiale ferito e "indemoniato", che quando viene curato - quando qualcuno si prende cura di lui e della sua ferita, del suo trauma - lentamente ma inesorabilmente si purifica, guarisce.

Il mio braccio non è ancora del tutto guarito, ma ho capito che lo amo anche così, ferito, dolorante e invalidante, perché fa parte di me. Sono io che ho la responsabilità di prendermene cura per evitare che diventi preda dei demoni della foresta.

01/06/25

Il silenzio

Io sono stata cresciuta ed educata con il silenzio punitivo.
Ho ricevuto poche botte dai miei genitori (perlopiù da mia madre che comunque ci andava giù pesante e poi lo negava, asserendo che quelle fossero carezze), ma quando facevo qualcosa di sbagliato venivo punita sempre con il silenzio imposto. 
Non il mio, ovviamente, ma quello di mia madre. Che - a sua volta - lo aveva imparato dal padre, mio nonno materno, che era capace di ignorare in modo totale qualcuno che si era comportato in modo diverso da come lui avrebbe voluto: stava mesi e mesi senza parlare anche ai figli che vivevano ancora in casa con lui. C'è stato un momento della mia vita in cui persino io ho rischiato il suo silenzio, e lì mi ha difeso mio padre.
Dunque ho sempre avuto un pessimo rapporto con il silenzio, soprattutto nelle relazioni. L'ho sempre desiderato e cercato, ma poi ne sono stata spaventata. Forse è per questo che parlo tanto, che mi sono cercata un lavoro dove devo parlare tanto, e lo faccio - oh, se lo faccio!

Da un po' di tempo, però, sto cambiando. Mi sembra di aver iniziato un processo di pacificazione anche nei confronti del silenzio, ho iniziato a non vederlo solo come qualcosa di allarmante, negativo e negante. Sto imparando che il silenzio può anche essere presenza.

30/05/25

Demotivata o distratta?

Ci sono cose che ho fatto per anni e che adesso mi sembra di non saper più fare.
In questo momento mi trovo nel bel mezzo di un momento promozionale del centro ludico-educativo che gestisco insieme a una socia, ho appena salutato una famiglia che è venuta a conoscerci, visitare la struttura, scoprire i nostri progetti ecc, e mi sono accorta che è stato faticoso recuperare dalla memoria quel che proponiamo in estate. Fortunatamente la mia socia è una venditrice con esperienza, ha iniziato lei a parlare e raccontare, e solo ascoltandola io sono riuscita a riavviarmi e far partire il "discorsetto" classico che faccio ogni anno.
Non so se si tratti solo del fatto che sono stanca e demotivata riguardo questa struttura, che vorrei fare altro, ché prevalentemente ormai faccio altro ma qualcosa per l'estate devo pur inventarmela, oppure se sono semplicemente distratta e presa da altro, ad esempio dalla musica.
Mi rendo conto che soprattutto negli ultimi 3-4 mesi ho incrementato di molto la mia pratica con la chitarra, ormai imparo gli accordi nuovi da sola, mi autocorreggo, mi incoraggio a osare. 
Mi sento come se volessi passare le giornate intere solo a suonare la chitarra.

Boh.

29/05/25

Torino NON è la mia città, ma...

Torino è una città molto bella e, a modo suo, accogliente.
L'ho sempre trovata elegante e signorile, educata e garbata, anche nelle zone malfamate. E' ricca di sorprese, di easter egg nascosti ovunque, nei grandi palazzi e nelle stradine; Cammini serenamente lungo una strada grande e trafficata e ti accorgi che sulla destra comincia un vicoletto lastricato in pietra, con l'erbetta che cresce sulla carreggiata, e ti sembra di trovarti all'improvviso dentro un piccolo borgo di collina, e ti aspetteresti di veder uscire un carretto dal cortile che si affaccia sulla stradina, invece ne esce un suv ibrido.
Ci sono balconcini sorretti da cariatidi, sormontati da gargoyle, adornati di intrichi vegetali non ben definiti e scolpiti nel marmo. Ci sono villette in piena città protette da muri alti e spessi, o palazzoni gargantueschi che raccontano di un'era di esplosione demografica. Le sue chiese sono raffinate e sobrie, luoghi di autentica introspezione, ché tanto non c'è granché con cui distrarsi.

A Torino si vede il cielo, a volte. Più spesso di giorno, ma non sempre, e talvolta anche di notte. Con un po' di fortuna, in una giornata di vento, si vedono persino le stelle.

Torino è una città magica, innaffiata da 4 fiumi che ne delimitano i confini. Nessuno di loro è di colore blu, nessun fiume è in realtà di colore blu, quella è una menzogna che ci hanno fatto credere alle scuole elementari. 
Ogni tanto, però, di blu, a Torino, c'é il cielo.
Perché la magia di questa città è racchiusa tutta nel suo inaspettato trasformismo, oggi il cielo è così grigio che devi accendere la luce in casa anche se è ora di pranzo, e l'indomani il sole brilla e il cielo è così azzurro che non riesci a guardarlo senza commuoverti.

Ecco, uno dei trend dei torinesi è #torinoèlamiacittà
No, Torino non è affatto la mia città. Ci vivo, le sono grata, ma non la sento mia. 
Però mi somiglia.
Abbiamo entrambe la stessa poliedrica capacità di assumere aspetti e posture diversi di giorno in giorno, di ora in ora.
Anche io sono capace di essere tempesta oggi e sole splendente domani, celare e mostrare le stelle a mio piacimento, essere chiassosa o silenziosa a seconda del contesto.

Torino NON è la mia città, ma mi somiglia.
Per questo motivo ci vivo bene.

28/05/25

L'edera

Amo le piante.
Quando stavo ancora in Sicilia avevo un terrazzo immenso e soleggiato dove coltivavo pure i pomodori e le melanzane, in estate, e cavoli e broccoli in inverno. Avevo la lavanda, i ciclamini, l'edera, la citronella, la stevia, il gelsomino cinese, i gerani. Ho avuto anche qualche orchidea, ma quelle non sono mai riuscita a farle sopravvivere.
Quando sono partita per Torino mi sono portata soltanto l'edera, perché era stata fatta da una talea dalla mia amica palermitana e per me ha sempre simboleggiato lei, la mia amica. Glielo dicevo spesso, quando ci sentivamo, "Tu sei qui con me a fiorire sul mio balcone". 
Quell'edera ha superato 4 cambi di casa, ed è ancora viva, e continua a fiorire.

Lei non lo sa, perché è una pianta, ma quanto coraggio e quanta speranza mi infondono i suoi fiori gialli lei nemmeno se lo immagina.

26/05/25

Quella che avrei potuto essere

Ventisei anni fa avevo un fidanzato più vecchio di me di ventun'anni.
Ovviamente è iniziata lì la mia carriera di "femmina maledetta" della famiglia, che vergogna, che scalpore, un uomo più vecchio, un uomo divorziato, sarei finita all'inferno ecc.
Il discorso più sensato, all'epoca, me lo fece mio padre facendomi notare che stavo scegliendo una strada dove avrei finito entro altri 20-30 anni a fare da badante e basta. Mi ricordo le parole esatte "Quando tu avrai 40, 45 anni sarai ancora una donna matura ma giovane, lui invece sarà già un anziano da accudire".
La cosa in quel momento non mi preoccupava: avevo vent'anni ed ero una sognatrice ingenua e svampita. Poi quella storia finì, ma per altre ragioni.
Quell'uomo è morto alcuni anni fa. L'ho saputo perché avevamo ancora conoscenze comuni. Aveva fatto in tempo ad andare in pensione e dopo un paio d'anni ha avuto un infarto destante e ciao.
Nella filosofia spirituale che seguo si dice che il momento in cui si muore è stabilito dal bagaglio di roba da scontare che ci portiamo dalle vite precedenti, quindi non credo che conducendo una vita diversa, accanto a me, sarebbe morto prima o dopo. Dunque posso dire che, se lo avessi sposato, a quest'ora sai una giovane vedova benestante, probabilmente con una simpatica pensione di reversibilità che mi terrebbe al sicuro dal dovermi massacrare di lavoro per campare, però non era scritto che andasse così, né a me, né a lui, e per ora la sua pensione di reversibilità se la becca un'altra (sì, si era anche sposato).

E' alla me di quegli anni che penso quando faccio lezione con la mia allieva privata, una donna di 72 anni che ha un marito di 91 anni, e del quale non fa che lamentarsi.
Ogni tanto mi fa tanta tenerezza: pur coi suoi problemi di mobilità compatibili con la sua età, è una donna lucidissima, intelligente, curiosa e attiva. Il vecchio marito è per lei solo una zavorra.
Stamattina mi ha detto "Dovevo liberarmene prima, ormai non posso più farlo" e mi ha fatto pensare a tutte le "liberazioni" che ho vissuto prima che fosse troppo tardi.

Conduco una vita faticosa, è vero, ma non rimpiango niente. E poi, se avessi fatto scelte diverse in passato più o meno recente, non avrei le figlie che ho, e loro due, da sole, valgono la pena di queste e altre mille fatiche.

Ogni tanto col Capitano ci diciamo che è un gran peccato non essersi incontrati a vent'anni... ma - appunto - nessuno dei due sarebbe oggi quel che è. Ed io oggi mi piaccio tantissimo, con tutti i miei punti di forza e le cazzate che ho fatto, le gioie e i dolori.
No, non vorrei proprio essere diversa da quel che sono oggi.

25/05/25

20/05/25

Devo dirlo

Queste locandine fatte fare ottusamente all'intelligenza artificiale hanno proprio rotto il ca##o.

18/05/25

Rivedersi

Siccome la vita ci sorprende sempre, ho rivisto al Salone del libro la mia adorata Picci-pucci, Anna di The rooms of my life (blog che - noto solo adesso - non esiste più).
Anna è stata più che un'amica, una collega di cucito e punto croce, una compagna di infiniti pomeriggi passati a chiacchierare... Anna ha dipinto la copertina per Buongiorno Luna, nonché il disegno del primo dei miei tatuaggi. Abbiamo condiviso così tanta vita insieme... Le ho regalato le fedi quando si è sposata ed ho scritto e letto un testo durante il suo matrimonio.
Eravamo così legate, Anna ed io... Poi me ne sono andata, e la vita ha preso un'altra strada. Abbiamo continuato a seguirci sui social, qualche messaggio goni tanto, uno scambio di commenti, ma mai più riviste dopo il settembre 2017.
Fino a oggi.
Fino a oggi che lei - quant'è buffa la vita! - lavora nell'editoria.

E' stato bellissimo rivedersi e ritrovarsi, con le zampe di gallina nuove nuove, fresche fresche ("Per i tanti sorrisi" ha chiosato lei), ma lo stesso affetto di sempre, nonostante i quasi 8 anni dall'ultima volta.

Certe volte mi domando perché non sono stata capace di mantenere vive le mie amicizie del passato. Forse non sono fatta per frequentazioni costanti, ma la gioia, la stima e l'affetto che ho provato e che provo per le mie amiche "di giù" non sono cambiate.

17/05/25

L'amore da adulti

L'amore da adulti è una cosa complicata. Si hanno segni e cicatrici ovunque: ferite risanate che lasciano ombre perlacee sulla pelle, fratture ricomposte alla bell'e meglio che mandano quella lieve fitta di dolore quando si fa proprio quel movimento lì, tipo quello di lasciarsi abbracciare. E' tutto un trattenersi, un andarci piano, uno stato di vigile abbandono: mi fido ma non troppo. 
E' come camminare sulla superficie di un lago gelato immerso in paesaggio di montagna, con il candido splendore della neve che incorona le foreste tutto intorno, il cielo azzurro e limpido che ti ricopre, la luce brillante del sole che ti si appoggia addosso, dandoti quel tiepido conforto; ma tu sei proprio lì, su una superficie fragile e infida, passo dopo passo ti godi l'esperienza con i tuoi sensi fisici, ma dentro di te sai, sospetti, temi che quell'incanto possa d'improvviso trasformarsi in un incubo, che il ghiaccio possa rompersi senza preavviso solo perché hai fatto un passo più disinvolto degli altri, o perché hai beccato il punto debole, fragile, traditore.

L'amore da adulti è una cosa buffa. Si affievolisce l'ansia del piacere a tutti i costi, l'ansia dell'essere perfetti, impeccabili, immacolati. Invece che percorrere sui corpi i sentieri lineari dei pieni e dei vuoti, vi disegnate addosso la mappa dei dolori, giocate a "celo manca" con le terapie e i farmaci che prendete abitualmente e vivete la relazione di nascosto dai rispettivi figli, invece che dai genitori.
E' come quella scena di quel film di quarant'anni fa, che ogni volta che la rivedi ti fa emozionare come la prima volta, ma ha cambiato il suo sapore, e noti dei dettagli che non avevi notato prima, e ti meravigli che abbia potuto davvero funzionare sul piano narrativo e cinematografico, ma ne prendi atto perché tu sei ancora lì, quarant'anni dopo, ancora a riderne, piangerne, trasalire, trattenere il fiato o chiudere gli occhi per la paura.

L'amore da adulti è una cosa spaventosa. Ci si fanno mille paranoie, si hanno mille timori, mille remore. Si ha paura di farsi male e fare del male. Ancora una volta. Si ha paura di perdere la propria individualità, la propria indipendenza, quella routine fatta di doveri e capricci ormai consolidata e che intride la quotidianità come ne fosse l'armatura interna che la regge, la supporta, le da ragione di essere e di stare ancora in piedi, e quindi se la perdi che ne sarà di te?
E' come nuotare in un mare in tempesta, agitato da venti di tormenta e sovrastato da un cielo plumbeo squarciato da lampi e fulmini; con le onde che ti sommergono, con il frastuono della bufera che ti distoglie da qualsiasi pensiero, e il suo urlo furioso che ti attanaglia, ma al quale non riesci a sfuggire.
E allora capisci che stai lottando contro qualcosa alla quale non potrai mai opporti: puoi solo affidarti, lasciarti andare, abbandonarti al fluire degli eventi.
Prendi fiato e ti immergi.
La tempesta sulla superficie è lontana, e tu scendi giù, giù, giù e speri solo di avere fiato a sufficienza, e quando ti fermi riapri gli occhi.
Il fondo del mare è ovattato, silenzioso, avvolgente.
Abitato, colorato, bello.

L'amore da adulti è una cosa meravigliosa.

16/05/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #9

"Per il prossimo anno scolastico avevamo pensato allo yoga, perché secondo noi i bambini hanno proprio bisogno di qualcosa che li tenga tranquilli".

(Io mi sono davvero stancata di questo falso mito dello yoga per bambini che è un'attività tranquilla/che li rende tranquilli)

15/05/25

Dall'osteopata

"Lo sai che le donne sopportano il dolore di più degli uomini?"
"Queste sono minc##iate, ma va bene, faccio finta di crederci"
"Non sei d'accordo?"
"Il dolore è dolore. Questa cosa sulle donne l'ha sicuramente inventata un uomo"

Gli scambi di battute tra me e il mio osteopata, mentre lui mi smonta letteralmente la spalla infilando un dito nel mio cavo ascellare fino a toccare l'attacco della testa dell'omero e trattare, così, il mio sottoscapolare, sono indubbiamente di alto livello.

13/05/25

Mansplaining legittimo

Mi chiama il commercialista chiedendomi di mandargli il pdf di una qualsiasi delle fatture che ho emesso quest'anno (in cui ho cambiato regime fiscale, ho aperto la mia partita iva e sono passata alla fatturazione elettronica).
Gliela mando.
Mi telefona e mi spiega che da gennaio ha aperto 12 nuove partite iva a 7 uomini e 5 donne. A tutti ha detto di contattarlo prima di emettere la prima fattura per essere sicuri di non fare errori. Nessuna delle 5 donne lo ha contattato e tutte e 5 hanno fatto lo stesso errore.

Io lo so che lui si diverte quando mi telefona, perché sa che gliela butto sempre sul comico e finisce che ridiamo insieme delle nostre rispettive tragedie.
Infatti ha commentato: "Le donne sono proprio testarde. Si ostinano a non chiedere aiuto e voler fare da sole, anche quando non sono capaci."
"Che vuoi che ti dica" gli rispondo "evidentemente tutte e 5 abbiamo pensato che è sempre la stessa storia, che quando una donna vuole diventare imprenditrice si scontra con il becero sessismo e che pure tu volevi fare il solito maschio che spiega le cose alle femmine".

Ha riso di cuore, ed io con lui. Ma tanto lo sconto sull'onorario non me lo fa mica.

11/05/25

La brava mamma

Riflessione veloce. Tutte le mamme sono brave mamme. Facciamo tutte il meglio che possiamo.
La differenza è che, a volte, il meglio che possiamo non è sufficiente, o non è quello giusto o quello davvero utile.

Quando mi dicono che sono proprio una brava mamma, penso che ho entrambe le figlie in psicoterapia.
Non ho indovinato tutte le decisioni che ho preso nella mia vita, e molte di queste hanno lasciato dei solchi molto profondi nelle loro menti e nelle loro anime. Sono stata molto egoista, a volte, in nome di un ipotetico "buon esempio" da dare di autodeterminazione, di libertà e autonomia.
Le ho lasciate da sole a gestirsi la vita fin da quando erano piccole, perché io non c'ero, ero ad accudire figli di altri, invece di pensare alle mie, o comunque a "portare la pagnotta a casa". Non è stato e non è del tutto innocuo per loro, e i risultati si vedono.
Però, forse, una cosa me la devo riconoscere: essere una brava mamma, per me, è significato ammettere di aver fatto errori e aver avuto l'umiltà di non considerarmi una "brava mamma" in termini assoluti, ma di ricorrere all'aiuto di altri.

Ecco, la mia riflessione è questa: decidere di mandare le mie figlie in psicoterapia per farle aiutare a sciogliere i nodi che io ho creato nelle loro anime, questa à stata la mia migliore azione da mamma.

08/05/25

Dopo più di 11 anni

A volte mi domando come sia possibile che certe cose mi siano state davanti agli occhi senza che io me ne rendessi conto.
Forse è la classica immagine del trovarsi immerso in qualcosa e non farci caso. Mica ci rendiamo conto di essere circondati dall'aria. Ecco, forse è proprio così.

Dopo più di 11 anni letteralmente "l'ultimo arrivato" mi fa notare certe evidenti contraddizioni del mio comportamento nei riguardi di Schroeder, ed io dapprima scatto sulla difensiva, penso che nessuno può davvero capire certe situazioni così intime perché le vede solo dall'esterno, ma poi ci rifletto, mi soffermo a pensare e - ammetto - anche grazie a quel tono duro e secco che mi arriva quasi giudicante e aggressivo, mi fermo veramente per un istante.
Ok, la persona in questione ha uno sguardo molto esterno; io - paradossalmente - oriento lo sguardo all'interno, ma proprio fin nei meandri più profondi e oscuri della mia persona, del mio sentire, dei miei pensieri. Ed è lì che arriva la sorpresa. Nonostante sia l'ultimo arrivato, ha ragione.

E allora non vado in crisi, non mi colpevolizzo, non recrimino e niente di tutto questo, ma mi esplode una domanda in testa: in questi 11 anni in quanti hanno pensato queste cose di me? Probabilmente in molti. Ma nessuno me l'aveva mai detto in maniera così secca.

Io continuo a vivere il rapporto con Schroeder come facevo quando ero sua moglie, tranne che per tutti gli aspetti amorosi del caso.
Il sudditismo servile, la reverenza adorante, il facilitargli tutto il possibile. Non è cambiato niente.

"Lui con te si è comportato in modo orribile e disgustoso e tu ancora ti comporti con lui come se fossi la sua casalinga".

Ecco, questa è stata la frase-bomba.

Allora ho cominciato col riconoscere che quello che io chiamo "affetto", o "stima reciproca", o "affinità intellettiva", in realtà non è altro che una dipendenza. La mia.
La prima risposta che mi sono data è che io pago ancora lo scotto di essere economicamente dipendente da lui, ma poi mi sono chiesta: ma davvero io economicamente dipendo da lui? Ma ne sono proprio sicura? 
E allora ho deciso che da oggi si cambia registro. 
Voglio liberarmi di lui davvero.

07/05/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #8

"Sei insegnante di yoga?! Ma allora non dovresti aver bisogno di venire da me!".

Caro osteopata dalle mani sante, gli insegnanti di yoga sono esseri umani fatti di carne, ossa, cartilagine, acqua, ormoni, colesterolo e urea, e funzionano ad elettricità, come tutti gli altri.
Vogliamo forse dire che i medici non si ammalano mai?
Vogliamo forse dire che gli chef non cenano mai con un pezzo di pane e quel che avanza in frigo?
Vogliamo forse dire che gli insegnanti sanno tutte le risposte?
Vogliamo forse dire che agli informatici non si impalla mai il pc?
Vogliamo forse dire che i parrucchieri hanno sempre tutti i capelli perfetti?
Vogliamo forse dire che gli psicologi sono tutti equilibrati nella relazione con sé e con gli altri?
Vogliamo forse dire che i sarti vestono sempre eleganti e alla moda?
Vogliamo forse dire che gli osteopati non hanno mai una contrattura muscolare, un'infiammazione, un doloretto qualsiasi? Ecco. Ti sei risposto da solo.

06/05/25

Il genitore 11 settembre

 Qualche tempo fa avevo commentato con le mie figlie la figura del "genitore elicottero", approfittandone dell'esempio concreto che ci dava un aneddoto riguardante un'amica di Angelica, ma provando a spostare il discorso su piani più generali e in realtà anche personali.

Dissi che secondo me tutto si poteva dire di me, tranne che fossi un genitore-elicottero. E Matilde, con la sua proverbiale ironia e crudezza, rispose che al massimo ero un "genitore-11-settembre".

Ben mi sta, e ci sto anche. So perfettamente di aver fatto in passato anche più recente determinate scelte che hanno condizionato la loro vita, anche in maniera drammatica. Ero sicura che un giorno ne avrei pagato il conto - anche in termini letterali sotto forma di psicoterapia a gò-gò per entrambe - ma che lo accettavo in nome del mio diritto a vivere, oltre che a sopravvivere.

Mai avrei immaginato che così tanto potente sarebbe stata la forza devastante, lo sconquasso delle loro anime. Mi sono sempre fatta in quattro e anche in otto per offrire loro tutte le opportunità che meritavano e che chiedevano, mi sono fatta in 16 per garantire loro un tenore di vita decente ed assicurarmi che "da grandi" non dovessero avere il problema di una madre dipendente dal sostegno economico di qualcun altro. Le mie parole in testa sono sempre state queste: non voglio essere un problema per nessuno.

E probabilmente non lo sarò un problema, ma ne ho creati, ne ho seminati, coltivati, cresciuti e pasciuti parecchi. E adesso i nodi vengono al pettine, ma i denti di questo pettine sono strettissimi e il dolore è lancinante.

La definizione di "genitore-11-settembre", a questo punto della storia, mi sembra persino riduttivo.

05/05/25

Ineccepibile

Ogni volta che io riprendo la bicicletta dopo averla lasciata letteralmente in cantina per i mesi autunnali, invernali e anche primaverili, e ricomincio a usarla come mezzo di trasporto, poi riprende a piovere.
Ogni volta che monto in sella e vado e mi sento libera e felice e penso che è bellissimo andare in bicicletta, poi riprende a piovere.
Ogni volta che penso che al lavoro da adesso in poi ci vado in bici, evito la macchina e risparmio i tempi di attesa dei mezzi pubblici, poi riprende a piovere.

La regola per cui - meglio ancora che lavare l'auto - riprendere la bici faccia piovere, e una delle leggi ineccepibili del mio universo.

03/05/25

Non è un vagabondo, ma sono io

La musica sta tornando con prepotenza nella mia vita. 
Potrei dire che non se n'era quasi mai andata, solo ogni tanto ci siamo prese una breve pausa di riflessione, ma come diceva quello "certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano", e per noi due è stato così.
Ogni volta che ne ho avuto uno a disposizione, ho sempre ripassato sul pianoforte i brani che conosco a memoria, anche se ormai la memoria si affievolisce. Nei 2 anni in cui abbiamo avuto un pianoforte in casa, qui a Torino, avevo persino recuperato i vecchi libri di tecnica e mi esercitavo di nascosto quando ero da sola. Negli ultimi tempi sto migliorando con la chitarra e sicuramente non ho mai smesso con l'unico strumento che ho sempre con me: la mia voce.

La combo tra le lezioni di chitarra con il Capitano e le nuove lezioni di canto ha dato un'ulteriore spinta a questa passione che credo davvero di avere fin da quando sono nata, e il fatto di sentirmi un po' più brava mi incoraggia ad esercitarmi ancora di più.
Ecco, quindi, che ogni volta che ne ho la possibilità, suono la chitarra e canto. Non riesco proprio a farne a meno. 
Ormai mi esercito su accordi un po' più complessi che solo 4 mesi fa consideravo irraggiungibili.
Suono, suono, suono, e canto. 
Suono anche quando sono stanca, quando mi fanno male le dita, quando mi arrabbio perché non riesco a schiacciare bene le corde, ma non smetto, non mi arrendo, provo e riprovo, ancora e ancora.
E adesso che ho iniziato con qualche esercizietto di tecnica vocale, provo anche a mettere in pratica ciò che ho imparato, e oltre a faticare per suonare, mi concentro anche sulla voce, per impostarla meglio, per cantare con più padronanza. 
E canto, canto, canto senza stancarmi, senza scoraggiarmi, e se sbaglio riprovo.
Sfrutto ogni momento libero di solitudine per esercitarmi.

Ok. 
Ieri ho scoperto che mi sentono tutti, sia nel palazzo dove abito (ma quello lo immaginavo facilmente, è il motivo per cui ci vado piano quando sono a casa), ma soprattutto quando sono in ludoteca, e quello non me l'aspettavo.
Ho scoperto che mi sentono quelli del palazzo, quelli dell'altro palazzo dal lato del cortile, e mi si sente pure dalla strada dove ci sono le vetrine, nonostante le finestre siano tutte chiuse.

Se passate per Vanchiglia e sentite qualcuno che suona mediocremente la chitarra e canta "Iooooo, vagabondo che son ioooooooo", ecco non è davvero un vagabondo, ma una strampalata insegnante di yoga che si fa chiamare Lucy Van Pelt.

02/05/25

Il pensiero-rifugio

Stamattina mi sono svegliata e mi sono aggrappata alla sensazione che ho provato alcuni anni quando ho guidato in autostrada per la prima volta.

Nei giorni scorsi ho toccato veramente il fondo e solo ieri ho iniziato lentamente a risalirne, quindi ho fatto mille riflessioni e considerazioni sulla mia educazione, sul modo in cui sono stata cresciuta, le credenze e i retaggi culturali che inevitabilmente compongono la mia personalità ecc.
Il tema del lavoro è un tema dolorosissimo.
E allora, tra una tribolazione e l'altra, un attacco di ansia e una scusa per giustificare gli occhi arrossati con gli allievi con cui ho fatto lezioni in questi ultimi giorni, stamattina mi sono ricordata l'episodio.
Mi sono rivista alla guida di Julie, la Panda che era di Schroeder, con Angelica di pochi mesi sul seggiolino, con la consapevolezza che non avrei fatto in tempo a prendere Matilde a scuola se non avessi imboccato l'autostrada per tornare da Palermo a Bagheria.
E quando mi ci sono vista, poi, in autostrada. Scoprirmi capace di farlo, capace di guidare in autostrada. La paura è passata di colpo, e quando sono arrivata a casa avevo solo voglia di rifarlo.

Io sono capace di superare le mie paure, questa è una delle poche doti che ho davvero e che mi appartengono, però spesso me ne dimentico e mi lascio prendere dallo sconforto.
Forse dovrei iniziare a considerare quel ricordo, quella sensazione, come una sorta di rifugio per i momenti difficili.

01/05/25

Nespole experience

"Allora, le nespole... il gusto è ok, la consistenza anche, ma l'esperienza... l'esperienza è un po' complicata, con quella buccia sottile e quei semi giganti, e la pellicina interna... boh, gli dò 5"

Angelica ha scoperto le nespole.

30/04/25

Disidratata

Piango da 48 ore e mi sono pesata e ho perso un chilo.
E' vero che sono anche a dieta, ma vai a capire perché, la disidratazione per via lacrimale mi è sempre stata la più efficace.

28/04/25

Verso il fondo

Il mio lavoro è bellissimo, ma disgraziato. Nasce sotto una stella minore, di quelle piccolissime delle quali non si accorge nessuno se non andando in luoghi isolati dove ha la possibilità di farsi vedere.
Dello yoga non frega niente a nessuno, è un capriccio, un vezzo per hippies e fricchettoni sbarellati di varia natura. Sì lo suggeriscono anche i medici, ma solo per darsi loro stessi un tono, dimostrare di conoscerlo e conoscerne i benefici, ma diciamocelo chiaro, è una cosa da svampiti, sì, ci sono anche alcuni studi scientifici oltre che una millenaria esperienza empirica, ma non importa, siamo tutti figli di Galileo e di Cartesio, a noi interessano solo le cose oggettivabili, misurabili con precisione e per le quali conosciamo la causa e possiamo prevedere la conseguenza.
Lo yoga non si annovera tra questi.
Lo yoga per bambini - poi! - che bizzarria! Una volta si facevano i giochi in strada, poi abbiamo imparato a fare il truccabimbi e le sculture di palloncini, e ora va di moda lo yoga.

Ecco, questa è la premessa su cui si basa la mia vita professionale, ed io lo so, ne sono consapevole. Poi il mio lavoro mi dà ragione da solo col tempo, in ogni caso è ciò che so fare meglio e con maggiore passione, quindi credo che sia il modo migliore in cui io possa offrire il mio servizio alla comunità; perché il lavoro che facciamo non è solo la contropartita per avere soldi da spendere per vivere: deve essere anche di utilità agli altri. E questo - probabilmente - è il secondo grandissimo errore su cui baso la mia vita professionale.

Comunque, professionalmente sono una specie di Calimero piccolo e nero, anzi forse anche meno: il frammento di guscio d'uovo sulla testa di Calimero.

Ecco, due telefonate che ho fatto oggi (28 aprile) - manco a dirlo - a due segreterie scolastiche per chiedere come mai le fatture non fossero state ancora nemmeno accettate (non dico pagate, ma proprio accettate dai loro sistemi e - senza entrare in dettagli noiosi - se non vengono accettate entro due settimane è un casino) e le risposte sono state:

1) Ma io sono appena rientrata dalle ferie, non ho ancora visto le mail (fattura emessa il 15)
2) Ma noi i soldi per pagarla ancora non li abbiamo perché non li abbiamo ricevuti dal comune. Forse ci arrivano il mese prossimo, ma di solito arrivano entro la fine di giugno, lei ogni tanto ci ritelefona e chiede se i soldi sono arrivati (fattura per un progetto che ho iniziato lo scorso novembre).

Ecco, è un lavoro che amo e che mi gratifica. Non certo economicamente. Per fortuna io dei soldi me ne frego, l'importante è avere il minimo necessario, non mi interessano il lusso, la moda, gli eccessi, ma così è veramente difficile.
Da stamattina mi sento risucchiata verso il fondo di un mulinello, e la tentazione di lasciarmi annegare senza nemmeno più sforzarmi in effetti c'è.

27/04/25

Lucy went to the mountains... again

Nell'estate del 2018 scrivevo questo. Ecco, la mia percezione non è cambiata di molto, ma ciò che è stato completamente diverso è stato il contesto (di vacanza) e la compagnia (il Capitano).

Credo, però, di avere un problema con il senso di accoglienza. E' una riflessione che ho fatto proprio mentre stavo lì, seduta al balconcino della casa in montagna del Capitano dove abbiamo passato insieme il nostro primo fine settimana "di coppia".

Dalla montagna io mi sento non accolta, che è anche un po' diverso dal sentirmi rifiutata, ma è proprio come se fossimo due cose diverse, acqua e olio, che li puoi accostare, agitare, mischiare, emulsionare, ma alla fine non si fonderanno mai. Non a caso, l'unico elemento con il quale mi sono sentita in armonia è stata proprio l'acqua: il fiume che scorreva lì poco fuori dal paese e nel quale sono persino riuscita a immergere le mani.
Però, siccome il saggio ci insegna che quello che noi sentiamo provenire dall'esterno verso di noi in realtà riflette quello che noi sentiamo verso l'esterno, la mia riflessione a riguardo è stata proprio sul fatto che, in realtà, sono proprio IO a non accogliere la montagna dentro di me.

E uso la scusa di essere una creatura di mare, una creatura di altitudine poco più che zero, una creatura di boschi di pini marittimi, querce da sughero, mandorli e ulivi invece che di abeti e noccioli...

Le montagne continuano a mettermi paura, a farmi mancare l'aria, a farmi sentire prigioniera senza via di fuga, ma quando ho bagnato le mani nel fiume ho pensato al mare nel quale, inevitabilmente quel fiume si sarebbe trasformato centinaia o migliaia di chilometri dopo. Ho visto lì la mia via di fuga, ho focalizzato nel percorso dell'acqua la direzione da seguire per respirare.
Ecco perché inconsciamente i fiumi io li ammiro sempre dando le spalle alla sorgente e guardano nella direzione dell'acqua che scorre, perché è al mare che voglio che portino il mio cuore e i miei pensieri.

Con la mano nell'acqua ho proprio pensato "Vai, fiume, porta questa carezza al mare" e mi sono commossa.
Non ne guarirò mai.

23/04/25

Cose imparate e mai dimenticate

A lezione di canto la maestra mi dà uno spartito. La canzone la conosco molto bene, è anche abbastanza nelle mie corde, ma troppo bassa per il mio registro, perché è cantata da un uomo.
Ok, dice la maestra, cambiamo di tonalità. Sbircia lo spartito chiedendo quasi a se stessa "Qual è la tonalità originale...?"
Io guardo lo spartito e rispondo istintivamente: "Sembrerebbe Do maggiore".
Lei mi guarda e conferma. Allora, quasi a me stessa, aggiungo "Non ci sono accidenti in chiave, quindi o è Do maggiore o La minore, ma al basso il primo accordo sono due DO...".


E come se 25 anni fossero passati in 25 minuti mi rivedo all'esame di teoria musicale, quando una delle domande sicure era quella di indicare la tonalità di uno spartito potendo guardare solo la prima battuta e l'ultima. Me lo ricordo ancora: il mio era in Re maggiore. Dissi "Escluderei il Si minore, perché gli accidenti in chiave sono il Do# e il Fa#, ma l'ultima nota dell'ultima battuta è un Re, dunque azzarderei la tonalità di Re maggiore", e il prof, il meraviglioso e fighissimo prof, mi rispose "Il suo azzardo è corretto", poi mi diede 30 e lode.

E' assurdo come certe cose, una volta imparate, non si dimenticano.

20/04/25

Il dolore del ritorno

Non sono sicura di averne mai parlato su questi lidi, ma da diversi anni io ho dolori articolari inspiegabili.
Mi fanno male le mani, i polsi, i gomiti, le ginocchia, le anche, i piedi e la schiena.
Si salvano - al momento - le caviglie e le spalle, poi ce le ho tutte.
Dal 2021, dopo il secondo episodio di forte infiammazione di tutta la mano e il polso destro, ho iniziato a fare esami e indagini varie, nella speranza di venirne a capo.
Mi hanno visitata ortopedici, fisiatri, reumatologi, specializzati in questo e quest'altro; ho fatto radiografie, ecografie e risonanze, esami del sangue come fosse acqua ma senza risultato.
Ho tanti piccoli acciacchi, tante piccole imperfezioni, ma di entità insufficiente a giustificare l'intensità e la cronicità del dolore che sento.
Tralasciando il recentissimo e attuale stato infiammatorio della cuffia dei rotatori del braccio destro (sono mesi che mi massacro fisicamente: me lo merito) i dolori più forti li ho alle ginocchia e alle anche, dove non è un dolore sordo e costante (come la schiena, ad esempio), ma mi arriva a stilettate. E non arriva mai quando faccio un movimento, bensì quando lo rifaccio al contrario. Non mi fa male allargare le anche per sedermi a gambe incrociate - per fare un esempio - mi fa male quando le richiudo per alzarmi.

Qualche giorno fa il Capitano, quasi scherzando, mi ha detto che la mia è "nostalgia", che etimologicamente parlando significa proprio "dolore del ritorno".
Non so se lui pensava di aver solo fatto una battuta per sdrammatizzare, ma a me si è accesa una luce in testa.

Mi sono chiesta: da quanto tempo ho questi dolori, davvero? La schiena e le mani sicuramente da quando stavo ancora in Sicilia, ma il resto?
E se il mio dolore fosse davvero un messaggio che cerco di recapitare a me stessa? Perché certe volte l'unico modo che abbiamo per parlarci è attraverso segnali forti e intensi, preferibilmente paralizzanti, ché altrimenti non ci diamo sufficiente attenzione e ascolto.

Nostalgia. Dolore del ritorno.

Sembra proprio la migliore locuzione per definirmi.

19/04/25

Una volta tanto

Sono chiassose, svogliate, caotiche e pigre, ma convincere/costringere le mie figlie a fare insieme a me la spesa al supermercato è stata una delle esperienze più dispendiosa e divertente degli ultimi tempi.

La verità è che, pur vivendo insieme in uno spazio molto ristretto dove ciascuna di noi ha pochi millimetri di privacy, in realtà io con loro non trascorro davvero del tempo.
Parliamo, ci raccontiamo le cose, ma condividiamo pochissime esperienze, facciamo quasi niente insieme, a parte la normale quotidianità.
Un po' mi dispiace e mi manca, perché finisce che la presenza reciproca nelle vite delle altre diventa quasi solo intrusione o ostacolo alla padronanza dei tempi e degli spazi.
Avremmo tutte e tre meno ansia se avessimo ognuno il suo spazio, la sua cameretta. Ma non è così, e non può esserlo, quindi ci arrangiamo.

Da diversi giorni ho male al braccio e al gomito destro e oggi avrei dovuto comprare la sabbietta per la lettiera della gatta, che da solo è un sacco da 5 kg: non me la sentivo, una volta che sto meglio. Quindi ho chiesto loro di accompagnarmi. Dapprima si sono lamentate, poi si sono messe in modalità bradipo, ma alla fine sono venute e ci siamo anche divertite.
Ognuna con la sua caratteristica peculiare (Matilde che vuole faticare il meno possibile, Angelica che vuole ragionare il meno possibile), hanno portato la spesa fino a casa.

Abbiamo riso e chiacchierato durante tutto il tragitto, sicuramente attirando la curiosità degli altri passanti, perché cos'avranno avuto mai da ridere quelle tre donne? Ridevano perché stavano condividendo un'esperienza, una volta tanto.

18/04/25

La donna da sposare

C'è una strana e antiquata ragione per cui quando un uomo di una certa età (dalla mia in su) vuole fare un complimento a una donna, le dice che è "da sposare".
Chiariamolo: no. Dire a una donna che è "da sposare" non è un complimento, perché il matrimonio NON è un premio, un traguardo, un merito.
Ma ammetto che è una mentalità difficile da scardinare, e probabilmente anche io, se la mia vita non fosse andata com'è andata, ad oggi mi sentirei lusingata se il tizio che viene in ludoteca a fare la manutenzione degli estintori mi dicesse che sono "da sposare", e non gli risponderei/avrei risposto (sad true story) "Bedda matri, per carità!".

Non è la prima volta che qualcuno me lo dice (nemmeno per il tizio degli estintori, purtroppo) e da qualche anno (è facile capire a partire da quando), io rispondo più o meno sllo stesso modo: "Qualcuno lo aveva fatto, ma ci ha ripensato dopo 9 anni, quindi forse non è esattamente così". Così ho fatto quando me l'ha detto quello str*nzo del papà dei Bambini che accudivo negli anni dal 2017 al 2020... e gli avrei spaccato la sedia in testa.

Non sono una donna da sposare solo perché so cucinare, o sono brava coi bambini, o so prendermi cura delle cose e delle persone.
A questo punto preferisco di gran lunga il complimento che mi fa più spesso il mio commercialista: "Sei una persona molto precisa".

17/04/25

La voce della metro

Mi esercito nella dizione e nell'impostazione della voce, imparando a memoria una piccola parte che reciterò al saggio del corso di teatro.
La voce non è tanto complicato... sono abituata per lavoro a parlare bene, chiaro, scandito, con espressione.
La dizione è un disastro, naturalmente, anche se il professore mi dice che sono quella che gli dà maggiori soddisfazioni perché - appunto - parto da una base molto svantaggiata e invece quando mi metto d'impegno riesco ad avere una dizione più che accettabile. 

Matilde mi sente, dall'altra stanza:
"Mamma, ma sembri proprio un'altra persona quando parli così, tutta con le s dolci e le vocali chiuse!"
"Lo so, infatti è per questo che non parlerò mai così nella vita di tutti i giorni"
"Dai, fai la voce della metro!"
"Ma che dici...?!"
"Daaaaai! Fai la voce della metro!"

Non sopporto questo tentativo di svuotare di significato la mia fatica, il mio lavoro, il mio impegno, il modo innaturale con cui mi sto sforzando di essere quella che non sono, la discesa nell'abisso del non sentirmi più me stessa, nel non riconoscermi; la trovo proprio una richiesta inopportuna e irrispettosa.

Sospiro.

"Bernini. Prossima fermata, Bernini"

E lei ride. Ed io con lei. Perché non sarò mai un'attrice di teatro, ma non perché non so la dizione corretta, bensì perché di fondo sono una pagliaccia e non perderei mai l'occasione di far ridere le mie figlie.

16/04/25

La lezione di canto

Ho sempre amato la musica; ho sempre amato cantare.
Da bambina cantavo nel coro della chiesa dove facevo il catechismo, o meglio, avrei voluto farlo; avevo partecipato alla selezione, avevo fatto il primo o secondo incontro, poi era diventato un ulteriore impegno aggiuntivo per i miei genitori quindi non mi hanno più mandata.

Faccio una piccola parentesi: la mia infanzia e la mia giovinezza sono costellate di rinunce a cui sono stata costretta perché troppo distanti da casa, eppure erano proprio i miei genitori a scegliere per me la scuole, la palestra, la chiesa dove fare il catechismo... e noi abitavamo in città, in un quartiere dove c'erano comunque scuola, palestre e chiese, ma chissà per quale ragione i miei mi iscrivevano in strutture sempre dall'altro capo della città, dove avrei dovuto - ovviamente - essere accompagnata in macchina da mio padre e quindi soggetta alla sua disponibilità. Mi sono spesso chiesta se questa per loro non fosse un'inconscia maniera di mantenere il controllo sulle mie attività, sui compagni di scuola che frequentavo ecc. Chiudo la parentesi.

Da ragazzina, intorno ai 14-15 anni, avevo anche chiesto ai miei genitori di mandarmi a lezioni di canto (visto che non ero riuscita a convincerli per quelle di pianoforte) e mi ricordo un discorso terribile che mi fecero. Per loro non aveva nessun senso perché non sarei mai stata una cantante, perché il mondo dello spettacolo è un mondo "sporco", che non si addice ad una brava ragazza quale io ero e avrei dovuto continuare ad essere per il resto dei miei giorni.
Me lo ricordo come fosse ieri.
Mio padre che mi dice che le donne nello spettacolo fanno strada non solo per la loro bravura, ma soprattutto per certi "favori" che potevano offrire ai manager. E alla mia obiezione "E io magari sarò una di quelle che ci riuscirà solo per bravura", lui mi ha guardato come se non avesse nemmeno ascoltato: testuali parole "Non credi che quella sia solo una forma più accettata di prostituzione?".

Non ce l'ho con lui. Dal suo punto di vista mi stava solo proteggendo.
Dal mio punto di vista, lui non credeva che io avrei mai potuto essere brava davvero in qualcosa nella mia vita.

Forse quell'episodio, così scolpito nella mia memoria, a distanza di più di trent'anni, è stato tra quelle piccole gocce che hanno formato l'oceano di fallimento in cui mi sono sentita destinata a naufragare.
Da figlia, li odio. Da madre, li guardo con tenerezza: hanno rovinato la mia vita ma volevano solo proteggermi. Pazienza, è andata così.

Ma andiamo a noi.
Oggi ho fatto la mia prima lezione di canto.
Perché è da 35 anni che ho questo conto in sospeso e ho deciso di investire una manciata di euro che sono riuscita a risparmiare da un lavoro in casa in qualcosa che sia solo ed esclusivamente per il mio piacere. Lezioni di canto.
La maestra ha quasi 25 anni, in pratica potrebbe essermi figlia, ma è simpatica e molto brava, tra l'altro sua madre ha proprio la mia età e quindi credo che il cerchio si chiuda anche abbastanza bene.
Mi ha detto che sono brava, che ho - ovviamente - una buona padronanza ed elasticità del diaframma, nonché dei muscoli addominali (anni e anni di yoga - caspita! - a qualcosa serviranno!) e che ho un bel registro da contralto, ma non è escluso che non riesca ad estendere la mia voce anche verso le note acute.
Al momento non ci sono riuscita, ma ho riconosciuto che è un blocco mentale, come se mi fossi convinta di non riuscirci e allora quando ci provo vado in allarme. 
Mi sono divertita moltissimo, è stata proprio una "coccola" che mi sono fatta e ho tanto bisogno di concedermi "coccole" dopo mesi e mesi di "doveri".

Farò altre 4 o 5 lezioni, poi per l'autunno si vedrà. 

15/04/25

Rallentare

Oggi pomeriggio ho finito le lezioni di yoga a scuola per questo anno scolastico.
E' stato un massacro, da novembre ad adesso. Ho fatto il conto: 150 lezioni esatte, in 20 settimane. E lo yoga coi bambini è totalmente diverso da quello con gli adulti, richiede una sollecitazione continua al limite dell'insostenibile per mantenere sempre viva la loro attenzione.
E la voce, la voce sempre a tono medio, a scandire bene, a superare le loro voci quando, inevitabilmente, partono per la tangente. E poi la lettura "drammatizzata", e il kiirtan, ossia il mantra cantato.
Quest'anno, però, è stato il primo in cui non mi è mai mancata la voce. Gli anni scorsi mi succedeva sempre, a novembre, quando iniziavo, e verso marzo-aprile, quando stavo per finire e non ne potevo già più. Quest'anno no, quest'anno la voce ha tenuto botta. E' il corpo che ha avuto la peggio, a ben pensarci.

Ma per il momento è finita.
Da domani avrò le mattine libere e potrò iniziare un processo di decompressione lenta e graduale (anche perché continuo a fare lezioni al pomeriggio coi bambini fino a fine maggio), ma almeno rallento.

Vorrei sfruttare le mattine per fare le cose che mi piacciono: vorrei visitare qualche museo dove non sono mai stata, o anche rivederne qualcuno dove sono già stata; vorrei riprendere in mano quella trilogia di racconti che ancora non sono riuscita a finire; vorrei prendere la bicicletta e andarmene a fare passeggiate al parco; vorrei esercitarmi di più con la chitarra; vorrei cucirmi un abito estivo, ho già il modello, la stoffa e tutto quanto.

Vorrei fare cose belle. Rallentare e sognare, tornare a vivere e ad amare, soprattutto me.

13/04/25

Il riposo

Ho un dolore continuo, sordo, all'attaccatura dell'omero destro alla spalla, che si acutizza con alcuni movimenti di estensione e rotazione, e soprattutto quando devo sostenere il mio peso (ossia in più della metà delle posizioni yoga che esistono).
Ho esagerato. Ho tirato davvero troppo la corda.

Oggi mi sono fermata ed ho deciso di fermarmi. Ho persino dormito tipo 3 ore dopo pranzo.

Faccio una vita troppo irregolare, alternando periodi di massacro e periodi di inattività quasi totale, ma non posso farci molto.
Devo solo riuscire a trovare il giusto bilanciamento, ma non è sempre facile perché spesso le esigenze da tenere in conto non sono soltanto le mie.

Per questa settimana ho deciso di stare ferma e a riposo (escludendo le lezioni da insegnante - 2 lunedì, 2 martedì, 1 mercoledì, 1 giovedì e 3 venerdì - che devo necessariamente condurre).

Ho uno strano concetto di "riposo", perché non riguarda mai il lavoro, ma solo quello che faccio per me.
C'è un errore di fondo nel mio modo di vivere, ma ho la sensazione di essere ormai troppo oltre il punto di non ritorno per provare a tornare indietro.

12/04/25

Il videomapping

Una nuova forma di arte che mi piace



11/04/25

Il bagno di sangue

Il venerdì è una giornata molto impegnativa per me, specialmente dal dopo pranzo in poi.

A novembre e dicembre avevo 3 lezioni alla scuola dell'infanzia al mattino, poi lezione alla scuola primaria subito dopo pranzo, lezione con gli adulti nel tardo pomeriggio, infine il corso di teatro (l'unica attività che mi concedo esclusivamente per il mio piacere). Tornavo a casa alle 23 praticamente distrutta.

Da febbraio ho la mattina libera, ma continuo ad avere lezione alla primaria, poi lezione coi bambini alle 17, lezione con gli adolescenti alle 18, lezione con gli adulti alle 19 e alle 21 il corso di teatro.
Torno a casa alle 23 praticamente distrutta.

Il venerdì è generalmente un bagno di sangue, il mio.
Oggi il sangue non era il mio, ma quello che usciva dal naso di una bambina di 10 anni e il bagno era quello della scuola.

Che cosa non ho ancora fatto nella mia carriera?

10/04/25

E' finita

Uno dei più importanti principi del buddismo è l'impermanenza degli oggetti, delle persone, delle situazioni. Anche nella filosofia tantrica che seguo io, uno dei principi fondamentali da seguire è quello del non-attaccamento. Accettare che niente e nessuno dura per sempre, tutto cambia, si trasforma, evolve; ogni cosa, persona, situazione arriva, si manifesta e poi finisce. E' una legge fondamentale dell'universo e va accettata. Stacci e basta.
Ammetto che sia difficile, ma non impossibile. Per quanto mi riguarda credo sia uno dei principi che riesco a seguire con più facilità... Poi non so se il mio non-attaccamento sia più il frutto di un dis-amore di fondo nei riguardi della vita in generale, ma affronto con poca tragicità le perdite o la fine delle cose.

In questi giorni ho preso coscienza della fine della mia amicizia con la mia Amica Palermitana, che andava avanti da 15 anni.

Mentirei se dicessi che non ho pianto, ma lo sto accettando.
E' stata un'amicizia molto piena, che è persino riuscita a sopravvivere alla distanza fisica, ma da un anno e mezzo circa aveva preso già una piega diversa.
Incomprensioni, equivoci e - forse - un po' di invecchiamento di entrambe ci ha portato a non capirci più. Nonostante per me lei sia sempre stata la "me al di fuori di me", la persona a cui raccontavo tutto, ma proprio tutto tutto tutto, perché anche solo parlandone con lei ad alta voce facevo chiarezza nel mio sentire e nel mio pensare. Sa di me le cose peggiori. Conosce tutti i miei segreti più orribili, tutte le sfaccettature dei miei lati oscuri, le mie incoerenze, le mie insicurezze, le mie doti e le mie capacità, ma non ci capiamo più.

Insieme a Gandalf, è stata una delle persone che mi hanno salvato la vita letteralmente quando mi sono separata da Schroeder... non mi sono buttata da un ponte solo perché lei mi ha trattenuta.

Nei lunghi anni di crisi con l'Ingegnere io cercavo scuse per uscire e fare lunghissime passeggiate parlandone con lei al telefono, ché magari a casa non ero mai sola e libera di esprimermi e parlare al telefono, e quanto mi faceva stare meglio.

Riflettendoci, però, secondo il principio del non-attaccamento io sono disposta ad accettare la fine di questo rapporto, appartiene al ciclo delle cose e delle situazioni, ciò che mi distrugge, però, è il simbolismo che c'è dietro.
Rosanna, per me, era casa mia ancora di più di quanto lo siano i miei genitori. Rosanna, per me, era il colore e il profumo del mare che ho lasciato, il calore del sole che ho lasciato, il cielo azzurro che ho lasciato.
L'idea di non avere più la sua presenza nella mia vita è un po' come se me ne stessi andando ancora una volta e questa volta definitivamente, da casa mia.
Credo sia questo il vero lutto che devo elaborare. Rosanna era la Sicilia, era la mia vera casa.

Oggi a Torino splende il sole, il cielo è azzurro e luminoso, il sole splende e probabilmente potrei anche accontentarmi di andare a osservare lo scorrere di un corso d'acqua come surrogato del mare, ma non è casa mia. Rosanna lo era, e ormai non vuole esserlo più.
Stacci.
Ok, ci sto, ma posso piangere almeno un poco?

08/04/25

Il Fa maggiore

Comprai la mia prima chitarra nel 1992, quando andavo in prima superiore, e avevo iniziato a prendere lezioni in gruppo con un maestro che nemmeno mi ricordo come l'ho recuperato: eravamo la mia amica ed io (insieme ad altri sconosciuti). Un pomeriggio sua madre ci aveva portate a Palermo da Ricordi (e per me era come se mi avesse portato a New York) e comprammo queste due chitarre classiche da 50 mila lire.
Quella chitarra esiste ancora a casa dei miei genitori, credo che abbia cambiato 3 set di corde in questi 30 e passa anni, però è ancora integra e lotta insieme a noi.
Le mie lezioni con quel maestro durarono decisamente meno. Era noioso.
Ha fatto in tempo ad insegnarmi il Do, il Sol, il Re e il Mi minore. Poi voleva insegnarci il Fa e da lì il barrè (prerogativa imprescindibile dell'accordo di Fa e - purtroppo - di moltissimi altri accordi). Io non ce la facevo, non lo capivo, mi facevo male all'indice e insomma ho mollato. 
Però gli altri accordi mi riuscivano abbastanza bene e con quelli io ho continuato a suonare solo ed esclusivamente "Piccola Katy" per 30 anni.
Nel 2018 ho iniziato a insegnare yoga ai bambini, e una delle sezioni in cui sono suddivise le lezioni standard è l'ascolto del kiirtan. Il Kiirtan è il mantra cantato, qualsiasi mantra. Quando viene intonato si chiama "mantra", quando viene cantato è "kiirtan". La differenza tra intonare e cantare ve la spiego in un altro post.
Comunque, c'è un kiirtan standard nella mia scuola di formazione, e a me è piaciuto sempre tanto. Il primo anno lo facevo solo ascoltare, poi ho convinto mio fratello a prestarmi la sua chitarra inutilizzata, e ho chiesto all'altro di tirarmi fuori gli accordi dal file mp3. Ovviamente dovevano essere solo quei 4 accordi perché non mi credevo capace di andare oltre.
Da allora sono andata avanti facendo lezione di yoga ai bambini e conquistandoli con la chitarra e il kiirtan cantato e suonato dal vivo.
Un paio di anni fa, mentre suonavo a casa dai miei, mio fratello si è complimentato per come fossi diventata più sciolta e veloce nel cambio degli accordi. Eh, certo, mi ero esercitata sempre e solo su quelli per almeno 4 anni...! E ci ha provato a farmi ampliare il mio repertorio, ed è stato così che ho imparato il La minore e il Mi. Se avessi imparato anche il Fa potevo cominciare a suonare qualcosa per davvero, qualche canzone di quelle belle, che la sera prendi la chitarra per accompagnarti e con gli amici cantate mezzi ubriachi ma felici.
Ecco, no.
Gli ho detto che il Fa era il mio trauma irrisolto e lui ha replicato che era giusto il momento di risolverlo, invece no. Io il barrè non lo sapevo e non lo volevo fare.

Sono passati altri anni durante i quali io ho imparato a suonare altri kiirtan ma sempre e solo con gli accordi che conoscevo. Mio fratello continuava ad apprezzare i miei miglioramenti e a rimpiangere di non riuscire a convincermi ad imparare il barrè.

Poi è arrivato il Capitano.
Con lui è iniziato tutto proprio con le lezioni di chitarra. Anche a lui ho detto chiaramente che il barrè è il mio tabù inviolabile e anche lui ha replicato "Vedremo...".
Mi ha insegnato molte cose, altri accordi, come il La e il Re minore, mi ha insegnato a usare il plettro, mi ha insegnato a variare il ritmo. Poi anche lui, a metà novembre, è arrivato al famigerato barrè. La prima volta che ci siamo baciati è stata proprio dopo che aveva provato ad insegnarmi il Fa# minore, posizionandomi lui stesso le dita sulle corde (qualche giorno dopo avrebbe commentato che già in quel momento si sentiva agitato per questo insolito contatto fisico tra di noi...). Ecco, ci siamo baciati, la storia è andata avanti, ma il barrè continuava ad essere il mio tabù.

Poi mi sono intestardita.
Poi ho deciso che dovevo ampliare il mio repertorio musicale, perché uno dei pochi momenti di autentica gioia e serenità era proprio quando suonavo con lui e ormai quelle poche canzoni alla mia portata le avevamo suonate tutte.
E così, da qualche settimana, ho deciso che mi sarei esercitata negli accordi con il barrè e ho iniziato l'assedio della fortezza del Fa.

Tutto questo per dire che ce l'ho fatta. So prendere quasi velocemente l'accordo di Fa, ma non ancora bene, non suona praticamente nulla, ma il primo passo, ossia il movimento e l'individuazione di quali dita devono posizionarsi dove, l'ho fatto. Come dire: il collegamento neuronale è stato lanciato: va rafforzato.

E' bello pensare che a volte basta solo l'esercizio e un po' di cocciutaggine per riuscire in qualcosa.