20/09/24

Le luci alle finestre degli altri

 Da qualche anno mi sveglio molto presto. In questo momento la mia sveglia è puntata alle 5.15, ma la settimana prossima la arretrerò di altri 10 minuti, ché al mattino mi serviranno.
Da qualche anno ho l'opportunità di notare le variazioni di luminosità al mattino con una maggiore sensibilità degli altri. Già a metà agosto il sole sorge sensibilmente più tardi che a metà giugno, dunque se a luglio alle 5.15 c'è già luminosità nel cielo, nella seconda metà di agosto no. A settembre è ancora buio pesto e ci vuole almeno un'ora e mezza prima che la notte inizi ad illuminarsi.

Questo mi offre un'altra opportunità ancora, ossia quella di individuare facilmente intorno a me chi altri si sveglia presto. 

Mi è sempre piaciuto "spiare" nelle altre case, cercare di capire quali camere sono illuminate, immaginare gli abitanti mentre si svegliano, si alzano, vanno in bagno, vanno in cucina, tornano in camera e poi escono. A volte qualcuno l'ho davvero seguito in questo percorso semplicemente seguendo il filo delle luci che si accendevano e spegnevano nell'appartamento di fronte casa mia.

Ecco, questa cosa l'ho potuta fare solo da quando sto a Torino, perché mentre stavo ancora a Bagheria l'unica che potevo osservare dalla terrazza era la mia dirimpettaia, e in genere da quelle parti le cose di tutti erano così urlate che non c'era nessun gusto a provare a immaginare. Qui a Torino, invece, ho sempre vissuto in palazzine piccole, in quartieri piccoli con grandi spazi intermedi occupati dai cortili interni di servizio, che sono proprio quelli su cui affacciano le stanze più vissute e interessanti: le cucine.

Per me è come dare il buongiorno ad amici sconosciuti. Mi affaccio e controllo chi è già sveglio. Ovviamente si tratta di persone che non riconoscerei nemmeno incontrandole per strada, ma mi affeziono a loro al punto che, se una mattina una determinata luce non è accesa, mi chiedo il perché, mi preoccupo, chissà, starà male o forse è partito? O magari oggi va al lavoro più tardi.

Questo è uno dei motivi per cui non potrei mai rinunciare a vivere in una città. Lo trovo un poetico antidoto alla solitudine.

19/09/24

A caccia dell'orso

 "A caccia dell'orso" è uno degli albi illustrati più diffusi e famosi degli ultimi anni. È una storia adatta a una lettura drammatizzata e movimentata, fatta di suoni, onomatopee e gesti.

Ricordo che tre o quattro anni fa la proposi al corso di yoga baby e ingaggiai mio fratello a fare la parte dell'orso nell'inseguimento conclusivo. Gli dissi: "Mi raccomando, però! Non esagerare perché non deve piangere nessuno!", e lui "Peccato".

La storia è paradossale: c'è una famigliola che una mattina si sveglia, si accorge che è una bella giornata e decide di andare a caccia dell'orso, attraversando prati, paludi, boschi, tempeste ecc, finché non arriva fin dentro una grotta dove effettivamente c'è un orso. Ovviamente terrorizzati, corrono indietro riattraversando a ritroso tutti gli ambienti e le situazioni, arrivano a casa, sbattono la porta sul muso dell'orso che, nel frattempo, li insegue e si infilano tutti sotto le coperte e decidono di non muoversi da lì.

L'ultima pagina illustra l'orso che se ne torna alla sua grotta.

La prima considerazione che ho sempre fatto su questo albo è proprio l'ultima immagine. L'orso, da solo e con il capo leggermente chino. Sembra triste, deluso. E ogni volta che lo leggo c'è almeno un bambino che lo fa notare. Dopo il sollievo della penultima pagina, quando tutti quei mattacchioni si sono infilati sotto il piumone rosa, segue un "Poverino..." alla vista dell'orso che se ne va mesto verso la grotta.

In effetti, l'espressione dell'orso nella grotta è selvaggia, ma non esplicitamente aggressiva. Insegue la famigliola, ma non ha espressioni e posture eccessivamente feroci.

"Forse voleva solo giocare", mi ha detto una volta una bambina di 4 anni.

Non lo sappiamo.


La seconda considerazione che ho fatto su questo albo, in realtà non è tutta farina del mio sacco perché l'ho letta in un articolo di pedagogia che lo portava ad esempio, ma l'ho condivisa da subito.


La necessità di "attraversare" gli ostacoli, le situazioni, gli eventi della vita.

C'è un fiume e noi dobbiamo andare sull'altra sponda; non possiamo aggirarlo, non possiamo passare sopra, non possiamo passare sotto: dobbiamo attraversarlo.


Ecco, ogni volta che mi trovo in un momento critico o mi capita un evento spiacevole che mi lascia addosso emozioni che mi fanno stare male, me lo rileggo.

E mi dico che non ci posso passare sopra e non ci posso passare sotto: devo attraversarlo.


Da quando ho iniziato ad accettare questa verità, ossia che non serve fingere che qualcosa non sia accaduto o che non esista o "passarci sopra" seppellendolo con indifferenza, bensì ho cominciato a decidere di "attraversare" la mia vita (con tutto quel che ne consegue, i fili d'erba tra i capelli, il fango sotto le suole delle scarpe o i rumori sinistri del bosco) alla fine ho potuto guardare alla realtà con occhi diversi, con una visione più lucida e più consapevole.

E forse adesso prima di fuggire ottusamente dall'orso, mi soffermo un istante a osservarlo, per capire se davvero vuole sbranarmi o se, invece, vorrebbe solo giocare.


La vera verità, però, è che non si smette mai di crescere, di evolvere, di cambiare. Bisogna solo concedersi la possibilità di farlo.


E anche oggi vi ho elargito la mia perla di saggezza quotidiana. Ho fatto il mio dovere. 

Ciao.


18/09/24

Colpo di scena

 Spiderman ci nasconde qualcosa...



16/09/24

Autorecensione

 Aver ritrovato (e ricordato) che un tempo scrivevo romanzi fantasy mi ha spinto a fare una follia: rileggerli.

Ho riletto per intero il primo volume di "Buongiorno Luna" ieri pomeriggio. Ho iniziato all'incirca alle 14, ho finito a mezzanotte passata, con le necessarie pause per cena e preparazione della cena, una piccola merenda e una lunga telefonata. Al netto delle pause ci avrò messo 6-7 ore. 

Mentre lo rileggevo per l'ennesima volta, ho vissuto parecchie esperienze mistiche. 

Prima fra tutte, ho notato pure troppo la separazione, che a me è parsa netta, tra le parti di testo storiche, quelle che venivano salvate e preservate da tutte le revisioni che si sono succedute negli anni dal 1998 (anno della prima stesura) al 2008 (anno del completamento definitivo della trama) e le parti nuove, quelle scritte di sana pianta tra il 2009 e il 2013 per rendere il  romanzo quello che è adesso.
Le parole della prima fase le potrei davvero recitare a memoria, per tutte le volte che le ho lette e rilette, le altre mi sono sembrate posticce, mi sono meravigliata persino di averle scritte, ma non perché non mi piacciano - tutt'altro! - perché sono troppo nuove e calzanti, troppo lucide, troppo poco acerbe. Ovviamente non potrò mai sapere se questa separazione viene colta anche da chi lo legge tutto di seguito per la prima volta, prendendolo come pacchetto completo.

Seconda cosa: non è un'autobiografia, ma più una sorta di "testamento spirituale", tutto, dall'inizio alla fine. Ci sono io per intero. Roba che se glielo avessi consegnato alla mia psicologa mi avrebbe potuto fare la psicanalisi completa in molto meno dei 4 anni che ci sono voluti.

C'è tutto: il mio rapporto col maschile e col femminile, con l'amore, con il sesso, con la maternità. Ci sono tutta io, dalla prima all'ultima parola, nel bene e nel male, nell'indefinitezza del genere letterario, nella variabilità dello stile narrativo, nell'avversione ai conflitti di ogni tipo e la ricerca di mediazione e compromessi a ogni costo.

Ogni volta che lo rileggo, poi, mi viene voglia di riprendere a scrivere e portare a compimento il secondo volume, ancora inedito sebbene manchi davvero poco, giusto un'ultima revisione e via. Ma poi non lo faccio mai.

Anche in questo, ci sono io per intero. Vorrei fare, ma non mi sento capace di farlo.

Ho aggiornato su amazon la scheda dell'ebook, l'ho messo in vendita al prezzo simbolico di 0,99, nel caso in cui qualcuno volesse togliersi questo sfizio e perdere 7 ore del suo tempo.

15/09/24

Considerazioni della domenica mattina

Buono: ti stai preparando per la tua prima classe di yoga fly 

Meno buono: l'unico libro che hai reperito sull'argomento è in formato elettronico ma soprattutto in INGLESE

Ottimo: lo stai capendo abbastanza bene, segno che 5 anni di corso d'inglese non sono serviti solo perché il prof è un bonazzo, ma hai davvero imparato qualcosa

Pessimo: essendo il libro in formato elettronico, hai deciso di riprodurre con disegni stilizzati le varie posizioni, ma a guardarlo meglio il tuo quaderno degli appunti comincia a sembrare un manuale per la versione BDSM del vecchio gioco dell'impiccato



14/09/24

Internet non dimentica...

 ...io sì.

Tutto comincia con una domanda innocua di Matilde: hai mai pensato a come sarebbe oggi la tua vita se tu fossi diventata una scrittrice?

Ogni tanto Matilde mi fa queste domande esistenziali curiose; non ho mai capito se lo fa per vedere come reagisco a queste domande oppure se è davvero curiosa della risposta. 
Ad ogni modo, ho risposto che sì, ci ho pensato spesso (come spesso ho pensato a come sarebbe la mia vita se avessi continuato a studiare musica, o se avessi sposato quel tizio di Roma, o se invece di iscrivermi a lettere mi fossi iscritta in agraria ecc).

Ebbene, da lì siamo passate a ricordare quando scrivevo, quando le raccontavo sommariamente cosa scrivevo... e mi fa strano scoprire che lei si ricordi certe cose del passato.

Quindi è andata a cercare il vecchio sito, scoprendo che non esiste più (il dominio che avevo acquistato sarà scaduto da decenni), ma sorprendentemente ha ritrovato le pagine di e-shop, e - ancora più sorprendentemente - abbiamo scoperto che c'è qualcuno che ha scritto recensioni anche in tempi meno remoti.

Purtroppo, però, non sono riuscita a recuperare le credenziali di accesso.

Fa venire i brividi rendersi conto che certe cose puoi dimenticarle e vivere come se non ci fossero mai state, ma sul web ne rimane traccia indelebile che sfugge al tuo controllo.

12/09/24

La confidente di tutti

 Io non lo so il perché, ma mi ritrovo spesso, mio malgrado, ad essere la confidente di tutti, anche di gente con cui non ho molta confidenza.

Mi telefonano apposta per raccontarmi problemi di lavoro e di cuore. Sanno perfettamente che io non ci posso fare niente e infatti è sempre chiaro a tutti fin dall'inizio che non mi telefonano per avere una soluzione, e nemmeno un consiglio, anche perché non ne so dare.
Mi chiamano per sfogarsi. E chiudono la chiamata ringraziandomi e scusandosi per lo sfogo.

Boh.

Forse dovrei cominciare a farmi pagare...

11/09/24

Stranezze

 Già mi sembra strano che terrò un corso di yoga aereo a partire dal prossimo mese, ma ancora più strano è il fatto che sto studiando la teoria su testi in inglese.

Me lo avessero detto 5 anni fa non ci avrei mai creduto.

09/09/24

Il samskara di Lucy Van Pelt

 Ti capita mai di pensare che non sarai mai più capace di innamorarti?

A me sì. Sempre. 
E ogni volta che mi soffermo a pensarci, trovo sempre mille motivi per cui mai nessuno sarà, nella mia vita, ciò che è stato Schroeder, mio marito.
D'altro canto, siamo separati da più di 10 anni e divorziati da più di 2, ci siamo rifatti vite su vite entrambi, eppure io continuo a chiamarlo "mio marito".
Se penso a un film che non conosco, mi chiedo se avrebbe potuto far parte del programma di "acculturamento cinematografico" che mi aveva preparato quando eravamo fidanzati. Se penso a un luogo, mi ricordo di quando ci siamo stati insieme o mi domando come sarebbe stato andarci con lui. 
Non lo vedo quasi mai, a malapena due volte l'anno e per una mezz'oretta al massimo, ma ogni volta il senso di "completezza" è sempre lo stesso di vent'anni fa. Già. Vent'anni. Tra un mese avremmo fatto vent'anni di matrimonio, invece siamo durati a malapena 9.

Ci tornerei? No. Nemmeno per sogno. Non provo più per lui nessun tipo di sentimento e men che meno attrazione fisica.
Eppure la sensazione è sempre la stessa, sempre quella, sempre la solita.
C'è scritto il suo nome sullo spazio del mio cuore dedicato all'innamoramento. L'innamoramento quello unico, quello che non c'è bisogno di parlare perché basta uno sguardo per capirsi.

Lo so che detta così è crudele nei confronti di chi c'è stato dopo. Ma l'Ingegnere io l'ho amato con il cuore, il corpo e l'anima, ma non ne sono mai stata innamorata. Non nel modo in cui intendo io l'innamoramento.

Banalmente, ancora oggi sorrido quando racconto aneddoti su Schroeder. Con l'Ingegnere non credo mi sia capitato mai. E nemmeno con chi c'era stato prima di Schroeder.

Nella filosofia meditativa che seguo e pratico (ma anche nel Buddismo, però io non sono di religione buddista) c'è il concetto di samskara, che è un po' complesso da spiegare qui con poche parole su un blog di sproloqui personali, ma che è la spiegazione che ho trovato per tutto ciò che sento e che mi accade.

Il samskara è la traccia che viene lasciata sulla nostra mente dalle azioni che compiamo. La legge del karma regola la formazione dei nuovi samskara e la loro risoluzione nel susseguirsi dei cicli di morte e rinascita. Ecco, i samskara possono molto spesso essere legati alle nostre relazioni interpersonali e possono influenzare la nostra vita sentimentale in ciascuna delle reincarnazioni. Per risolvere un samskara con una persona possono essere necessarie anche diverse reincarnazioni durante le quali la relazione tra i due può essere di varia natura e grado di parentela.

Ecco, io sono convinta che con Schroeder condivido un samskara che non siamo riusciti a risolvere in questa vita. Ne serviranno ancora parecchie prima di riuscirci, e probabilmente la mia sensazione di "destino" legata a lui è dovuta a questo.

Ed io non riuscirò mai più a innamorarmi, in questa vita, come ho già fatto per lui. E paradossalmente, lo trovo rassicurante.

Ma d'altro canto, poi... è forse un caso che mi sono immaginata come Lucy Van Pelt... eterna innamorata di uno scostante Schroeder?
Ma secondo te, Lucy da adulta si sarà mai innamorata di qualcun altro con la stessa intensità con cui si è innamorata di Schroeder?

E' un samskara anche il suo.

07/09/24

Il nuovo fruttivendolo

Quando abitavo in Sicilia avevo un piccolo fruttivendolo proprio accanto al portoncino di casa, e la frutta e la verdura la compravo sempre lì. Compravo al supermercato solo le cose "strane" come l'avocado, la verza, le carote viola, i pompelmi... Roba che un normalissimo fruttivendolo di una minuscola stradina nel centro storico di una piccola cittadina di provincia non sapeva nemmeno che esistesse.

Da quando sto a Torino ho scoperto la meraviglia del mercato. Negli ultimi 6 anni e mezzo ho abitato vicino ad uno dei più grandi ed economici mercati della città, tanto che quando ho cambiato casa (e quartiere) la terza domanda che ho fatto all'agente immobiliare è stata se ci fosse un mercato quotidiano in zona.

Al vecchio mercato avevo un fruttivendolo marocchino, che quando superavo i 10 euro di spesa mi regalava il prezzemolo. Che non uso molto. Avevo tonnellate di prezzemolo in congelatore.

Adesso qui, nel nuovo quartiere, ci abito da esattamente due mesi e il primo mese è servito a fare il giro di tutte le bancarelle di ortofrutta per trovare quello più adatto a me (e alle mie tasche).

Credo di averlo trovato.

La prima volta tutto nella norma. La seconda e la terza volta mi ha arrotondato il conto ai 10 cent inferiori.

Oggi, prima mi ha regalato un limone, poi mi ha chiesto se mi piace il piccante e mi ha regalato anche un mazzolino di peperoncini freschi. Ok, ha vinto: è il mio nuovo fruttivendolo di riferimento.

C'è solo un piccolo problema: il limone lo uso molto, però non amo il piccante.

Ad ogni modo, appesi lì stanno carini.



06/09/24

Paura di dire

Ieri ho scoperto che Angelica mi aveva tenuto nascosto un fatto perché aveva paura di dirmelo, aveva paura di come io avrei reagito.
E poco importava se, parlandone insieme ieri, ha ammesso di aver immaginato una mia reazione che lei stessa riteneva poco verosimile e probabile. Aveva paura di dirmelo, aveva paura che io mi arrabbiassi, aveva paura che io la punissi.

Chi mi conosce sa che è una cosa che non ho fatto mai e mai farei, eppure Angelica ne aveva paura.

Questo dialogo con mia figlia mi ha portato a fare una duplice riflessione.

Qualche anno fa anch'io ho taciuto un fatto a mia madre, perché avevo paura di come avrebbe reagito. L'unica differenza sta nel fatto che l'ipotetica reazione di mia madre a riguardo sarebbe stata probabilissima e verosimile (e negli anni successivi ne ho avuto conferma), ma la "paura" era identica.

La riflessione, dunque, è questa: i modelli si trasmettono di genitore in figlio in maniera automatica, inconsapevole e inesorabile.
Non importa la differenza di personalità, di storia personale di ciascuno, gli eventuali precedenti analoghi ecc. Nonostante Angelica sapesse che io non la punisco, ne aveva comunque paura.
Il modello si trasmette così com'è, possono cambiare la materia, la sostanza, i dettagli, ma la forma è quella, dobbiamo rassegnarci.

Esserne consapevoli, però, ci aiuta nel riconoscerlo il meccanismo e, se non si riesce a scardinarlo, quanto meno si può affrontarlo e "digerirlo", come ho fatto io ieri con Angelica.

Seconda parte della riflessione: la paura è un'emozione fondamentale per la nostra sopravvivenza, ci tiene in salvo da tutti i pericoli reali e potenziali. Ci salva la vita costantemente. Se non avessimo paura potremmo attraversare fischiettando un'autostrada, o affacciarci sul limite di un burrone, o lasciarci avvicinare da un serpente velenoso.
E' un'emozione primaria cui dobbiamo essere costantemente grati.
Eppure, quando entra in gioco nelle relazioni con gli altri, fa più danno che beneficio.
Ci fa immaginare scenari anche inverosimili e soprattutto ci blocca. Lo stesso "freezing" che avviene in certi casi davanti a un pericolo reale (che può essere una belva feroce, o un rapinatore che ci punta una pistola contro) si manifesta nella relazione con l'altro, impedendoci di esprimerci, parlare e scoprire se ciò che abbiamo immaginato è reale o no.
Mentre nel caso della belva o del rapinatore, il freezing ci salva la vita, perché una reazione troppo irruenta potrebbe scatenare una controreazione e mettere a rischio la nostra sopravvivenza, nel caso della relazione con l'altro è solo dannosa, crea aree di vuoto, di buio, di disagio.

Bene, la mia perla di saggezza quotidiana l'ho rilasciata nel mondo dell'internet. Per oggi sono a posto.

Ciao.

05/09/24

Piove

Buono: non fa più il caldo asfissiante delle ultime settimane
Molto buono: piove
Meno buono: piove incessantemente
Per niente buono: l'ultima volta che hai preso l'ombrello, lo hai dimenticato al lavoro
Pessimo: devi andare al lavoro
Insperabilmente bellissimo: un ragazzo ti vede per strada senza ombrello e ti offre riparo sotto il suo per attraversare la strada

Odio gli esseri umani, ma amo l'umanità

03/09/24

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #1

 Durante un momento di intimità: "Ooooh, ma come ti pieghi! Oooooh, ma come apri bene le gambe! Ooooooooh, ma come ti metti! Si vede che sei abituata, col tuo lavoro"

(Sad true story)

01/09/24

Non capisco

 "Acieddu 'nta aggia canta pi' mmìria o pi' raggia"

Ieri pomeriggio qualcuno nel palazzo qui di fronte ha preso un uccellino in gabbia e lo tiene sul balcone. Da ieri pomeriggio si sente questo uccellino cinguettare.
Bello.
I primi 5 minuti.
Ma è mai possibile che nel 2024 ci sia ancora gente che trova normale tenere un uccellino in una gabbia?!
I pesci nell'acquario... forse... con un acquario sufficientemente grande e poco popolato, riesco ancora a comprenderli. Ma gli uccellini in gabbia proprio no, non ce la faccio a capirne la bellezza, il divertimento, il senso, proprio.
(Trad. della frase di apertura "L'uccellino in gabbia canta o per invidia o per rabbia". Qui la uso in senso letterale, ma in realtà viene spesso usata in senso metaforico per indicare una persona che parla troppo, si lamenta o accusa indiscriminatamente gli altri, appunto, per invidia, rabbia, frustrazione e non per motivazioni realmente valide)