30/01/25

La stanchezza

Capisci di essere tanto stanca quando chiudi un attimo gli occhi sull'autobus e li riapri alla fermata appena successiva alla tua. Per fortuna.

27/01/25

Vuoti

Certi vuoti sono incolmabili. Voragini che si aprono senza preavviso. Ti illudi di averli riparati, riempiti, colmati, guariti, ma quando te ne sei quasi dimenticata ti si spalancano sotto i piedi e ti ingoiano per intero.

Certe volte penso che non ne uscirò mai.

25/01/25

Ai tuoi tempi...

"Per la prossima volta portate un quadernone. Ci servirà come supporto per colorare i mandala"
"Un quadernone?"
"Sì, il quaderno quello grande, avete presente? Cosa usate voi per fare i compiti?"
"Noi usiamo i raccoglitori"
"Ah... ai miei tempi c'erano soprattutto i quaderni, poi sono arrivati anche i quadernoni..."
"Sì, maestra, ma non lo abbiamo un quadernone, lo usiamo per scrivere le regole"
"Ok, allora portate quello"
"Maestra..."
"Dimmi..."
"Ma quindi ai tuoi tempi c'erano i quadernoni?"
"..."
"..."
"Sì, tesoro mio. In effetti quando andavo alla scuola dell'infanzia usavamo le tavolette di argilla, ma poi alla primaria avevamo i quadernoni"

Come farmi scoppiare a ridere e farmi sentire matusalemme in un colpo solo.

24/01/25

Sfida ardua

Il Capitano non sta bene. Una sciocchezza, in realtà, ma di quelle che se mal curate possono diventare gravi - come stava per succedere.

Stamattina era di pessimo umore ed io sono andata a trovarlo, gli ho portato delle medicine ed ho pranzato con lui. Quando mi ha scritto che si sentiva di pessimo umore mi son detta che - conoscendolo - sarebbe stato facile farlo sorridere. Invece no, ma proprio per niente.

Ammetto che è un mio enorme difetto quello di pensare che se io sono capace di lasciare andare le cose, accettarle e passare oltre, lo siano anche gli altri. Non è così. Ci sono persone che si barricano dentro i loro malumori autoalimentadoli. Stanno male, si incupiscono, stanno peggio, si incupiscono ancora di più.

Alla fine ci sono riuscita a farlo sorridere, l'ho ascoltato a lungo (ha un gran bisogno di essere ascoltato) e quando me ne sono andata era di nuovo il Capitano che conosco io, quello che scherza volentieri e sorride, ma è stato davvero difficile.

22/01/25

I voti di yoga

Lo so, lo dico sempre che non mi sorprendo più di nulla riguardo l'essere umano, ma davvero, ogni volta che penso che ormai le ho viste e sentite tutte, ZAC!, eccone una nuova.
Urge una premessa: la programmazione delle attività alla scuola dell'infanzia è infinitamente più flessibile, quindi le lezioni di yoga si tengono quando si vuole, al mattino, al pomeriggio, nel post scuola ecc.
Alla scuola primaria è molto diverso: la lezione di yoga si svolge quasi sempre durante le ore di educazione motoria, ma problema non riguarda l'orario, bensì la terribile situazione per cui lo yoga viene fatto *al posto* dell'educazione motoria. Questo, il più delle volte, passa quasi inosservato e senza troppe conseguenze, tranne...
A fine della lezione in una scuola primaria, la maestra mi ferma e mi chiede se posso aiutarla a fare la valutazione dei bambini.
Sinceramente non mi era (ancora) mai capitato e non capivo cosa intendesse, quindi lei mi spiega:
"Devo fare la valutazione per il voto di educazione motoria e devo considerare anche questo progetto visto che si svolge durante queste ore. Siccome ti vedo molto attenta e competente volevo sapere se potevamo farlo insieme".
Io raccolgo la mandibola che mi è crollata ai piedi, faccio un respiro profondo, poi le rispondo con un sorriso e le spiego che lo yoga non si valuta, per definizione.
Sto tutto il tempo a parlare di non giudizio, dell'importanza di rispettare i propri limiti, che non bisogna esagerare, dobbiamo ascoltare il nostro corpo, dobbiamo soprattutto sentirci bene ecc e adesso dobbiamo mettere "i voti" in yoga?!
Lei replica: "Ma magari valutare solo l'attenzione, l'impegno, la concentrazione..."
Figghiamia! (mi veniva da dirle anche se magari non mi potrebbe ancora venire figlia, ma sorellina senza dubbio) Ma se un bambino ha difficoltà a concentrarsi mentre fa yoga, va aiutato! Non gli dobbiamo mettere 4 in "concentrazione durante lo yoga"!
Alla fine della discussione, mentre il mio sorriso forzatissimo si trasformava in paresi, mi ero illusa che avesse capito quando mi ha stroncato con: "Siccome ho paura di lasciarmi condizionare da altre cose*, magari quando scrivo le valutazioni poi te le faccio leggere..."
Non ha capito una ceppa, ma va bene anche così. Pazienza.
*Credo intendesse il rendimento scolastico in altre materie e discipline

21/01/25

Il mio record

Mattina: due lezioni alla scuola dell'infanzia
Pomeriggio: due lezioni alla scuola primaria
Sera: due lezioni con gli adulti

Fino a fine febbraio questa è la mia agenda del martedì. A questo sono sopravvissuta, ai prossimi chissà.

20/01/25

Solo stress

Io: "Dalla prossima lezione mi piacerebbe introdurre qualche esercizio propedeutico alla meditazione. Che ne pensate?"

Qualcuno dice di aver già fatto meditazione con altre scuole di pensiero, qualcuno ha fatto un po' di mindfulness. Uno dei ragazzi più giovani resta in silenzio.

"E tu, Francesco, non hai mai provato?"
"No, mai. Finora solo stress"

Ci abbiamo riso, ma quanto bisogno c'è nel mondo di avere dei momenti per fermarsi un attimo a respirare e guardarsi dentro...

18/01/25

Mi ricorda qualcosa

Io: "Domani vado a vedere al cinema il film nuovo si Ficarra e Picone con Toni Servillo"
Angelica: "E di che parla?"
Io: "Della spedizione dei mille..."
Amica di Angelica: "Aspetta... spedizione dei mille... eppure l'ho già sentito questo nome... mi ricorda qualcosa..."

Non sapevo se piangere, se ridere o se buttarmi dal balcone maledicendo la scuola italiana.

16/01/25

Dare un nome alle cose

Stamattina mi sono svegliata con la morsa dell'ansia alla bocca dello stomaco, e non mi capitava da diverso tempo.

Inizialmente non sono riuscita a capire che cosa l'avesse scatenata. Mi sentivo preoccupata per qualcosa. Preoccupazioni economiche? Quelle ci sono sempre. Preoccupazioni sulla salute? quelle ci sono sempre. Per non parlare della preoccupazione costante nei confronti delle mie figlie. 
Qualcosa era imploso, qualcosa di non ben definito, e mi stava corrodendo da dentro.

Allora ho preso in mano il mio diario cartaceo, ed ho iniziato a scrivere lasciando che la penna scorresse per tradurre in segni colorati i miei pensieri.
Ho sempre fatto una netta distinzione tra ciò che scrivo al pc e ciò che scrivo a mano. Al pc vengo colta dal narcisismo letterario e, complice il dispositivo che lo permette, leggo e rileggo e correggo ciò che scrivo. Quello che scrivo a mano, invece, no. Non lo rileggo nemmeno.

Da questo punto di vista, il diario che scrivo a mano ha un valore molto terapeutico, molto di più di questo blog, ad esempio.

Ho lasciato fluire i pensieri, quindi, e alla fine è venuto fuori, gli ho dato un nome.

Dare i nomi alle cose è importante. Ci permette di riconoscerle e soprattutto da loro la giusta dignità di esistere. Perché io credo che ogni cosa, anche lo schifo più schifoso, ha la sua dignità di esistere. Anche il male, anche la crudeltà, anche la cattiveria hanno dignità di esistere, perché solo riconoscendo la loro esistenza, e quindi dando loro la "dignità di esistere", possiamo agire per modularli, trasformarli, metabolizzarli, combatterli o quel che crediamo sia necessario fare.
Dunque è fondamentale che tutto, anche un disagio, anche un "mostro" che causi un attacco di ansia, abbia un nome e una sua dignità di esistere.

Il mio mostro si chiama "senso di colpa".

Da qualche giorno mi ritrovo, consciamente e inconsciamente, ad evitare il Capitano, a rimandare l'occasione di restare a dormire da lui, a rifiutare di incontrarlo adducendo scuse che non reggono molto.
La verità è che mi sento in colpa.
Mi sento in colpa perché sono felice e innamorata, innamorata e amata. Felice.

Mi sento in colpa nei confronti delle mie figlie, a lasciarle da sole in casa mentre io "vado a spassarmela" col mio fidanzato; ma forse mi sento in colpa nei confronti dell'Ingegnere più di tutto.

Mi sono resa conto di avere paura che lo scopra, che venga a sapere che ho un fidanzato. E non perché mi senta legata a lui, ma solo perché mi sento di avergli fatto tanto male in questi anni, tanto male nell'accanirmi a stare con lui, ma soprattutto a lasciarlo da solo. L'ho rivisto sabato scorso e mi ha fatto tanta pena. E' un uomo solo.
Lo so che non sono responsabile per lui, ma ci sto male.

Ecco, adesso gli abbiamo dato un nome e quasi un volto.
L'ansia poi è sfumata, e sono fiduciosa nel fatto che probabilmente non tornerà, non per questo stesso motivo, per lo meno. Ma sono altrettanto convinta che finché non scioglierò questo nodo del senso di colpa non riuscirò a godermi appieno questo nuovo amore e questa nuova vita.
Ma come si fa?

15/01/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #6

 "Ma fate yoga con la chitarra? E che pezzi suonate?"

(Sì, io suono la chitarra durante le lezioni di yoga coi bambini, perché trovo che renda bellissimo il momento del canto del mantra. No, io non "suono pezzi" come fossi una cantante)

12/01/25

Questa benedizione

La cosa più bella non è stata, semplicemente, fare l'amore.
La cosa più bella non è stata, semplicemente, restare per altre due ore abbracciati.
La cosa più bella non è stata, semplicemente, cantare insieme le "nostre" canzoni.
La cosa più bella non è stata, semplicemente, il suo "Grazie" dopo una condivisione.

La cosa più bella sono state le sue lacrime, dopo che ho risposto che io mi sento grata all'Universo per questa benedizione.

Tra tutto ciò che amo del Capitano, una delle cose più belle è la sua capacità di emozionarsi in maniera trasparente e libera dalla paura del giudizio.

10/01/25

Reperti archeologici di scrittura

 Io ho sempre scritto.

Nella mia vita ho scritto diari, racconti, romanzi, canzoni, poesie, blog, articoli giornalistici e lettere d'amore.
Alcune di quelle cose le scrivo ancora, altre ho ricominciato a scriverle in tempi recenti, altre ancora non le scrivo più.
Dentro l'ultimo scatolone che ho portato pochi giorni fa a casa, e che ha sancito la definitiva conclusione del trasferimento da Bagheria a Torino iniziato nella primavera del 2017, ho ritrovato un vecchio quaderno scritto a mano dove avevo ricopiato 7 racconti scritti dal 1999 al 2002.
Tralascio la qualità letteraria dei racconti, tralascio persino l'ordine e la pulizia della grafia di allora. Ciò che mi ha colpito, riaprendolo a distanza di più di vent'anni, è stata proprio la consapevolezza che quelle parole sono state scritte in un tempo così lontano da sembrare addirittura che possa essere appartenuto solo ad altri.
Ho riletto il primo racconto, datato 26 marzo 1999, e ripenso a quanti avvenimenti individuali e universali non erano ancora accaduti mentre io - IO! - scrivevo quelle parole.
Non so, mi colpisce. Perché un conto è quando vai a visitare un museo e trovi reperti antichi... ben diverso è quando i reperti che rinvieni li hai creati tu.
Quelle parole le ho scritte io in un tempo in cui non ero ancora io, la "io" di oggi.
Ecco, questa cosa mi ha dato un senso di vertigine. Probabilmente c'è qualcosa che posso imparare da tutto ciò, ma non l'ho ancora capito.
(Il racconto in questione è ingenuo ma delicato, autobiografico non nella trama, ma senz'altro nelle riflessioni dei personaggi. Per dovere di completezza, si intitola "Stanotte non puoi morire", che è la frase che pronuncia il protagonista chiudendo il libro "Madame Bovary" e interrompendo la lettura sulla scena di Emma con la mano dentro il barattolo di arsenico. È proprio da me)

09/01/25

Quando vai dal parrucchiere

Quando vai dal parrucchiere è sempre una scommessa. Entri con una certa idea, parlando col parrucchiere ti fai un'altra idea e ne esci con qualcosa che non assomiglia né alla prima né alla seconda.
(Li tagliamo molto o poco? - Poco - Dite sempre così)

Quando vai dal parrucchiere è come una specie di mix tra una seduta di psicoterapia, una partita a scacchi e il ballo della Bella e la Bestia.
(Hai un carattere forte, una personalità originale, e poi hai un riccio naturale bellissimo, e così tante sfumature di colore che sembrano fatte apposta e invece sono tue: meriti un taglio che ti rappresenti nella tua non banalità - Sì, va bene, ma vorrei che restassero così e cosà - D'accordo ma ti propongo anche questa piccola variazione - Ma sì, va bene, mi fido)

Quando vai dal parrucchiere, il vero giudizio lo puoi avere l'indomani mattina, quando sul nuovo taglio ci dormi su.
(Ma chi c'è qui in bagno con me, nel riflesso dello specchio? Ah, già, sono io col mio nuovo taglio di capelli)

07/01/25

Diario di coppia

 Dalla Sicilia ho portato su l'ultima scatola di libri, cd e altre cose che erano ancora nella vecchia casa di Bagheria e che non avevo ancora portato a Torino. In pratica è appena finito ufficialmente il trasferimento iniziato nel 2017.

In questa scatola ho trovato molti libri a cui tengo, alcuni a cui tengo un po' meno, un quaderno di racconti da me scritti a mano dal 1999 al 2002, i miei diari scritti a penna stilografica con inchiostro colorato negli anni 2002-2003 e un diario di coppia che scrivevamo Schroeder ed io nel 2002-2003.

E' stato molto strano rileggerlo. Non mi ha fatto quell'effetto-nostalgia che temevo, ma è stata un'esperienza curiosa.

E' stato curioso immaginare il mio ex marito che mi scriveva quella cose, leggerle col senno del poi. E mi sono proprio chiesta a quale punto del nostro matrimonio, della nostra unione, è finito l'incantesimo. Quando si è rotta la nostra unione.

Boh, dopo tanti anni mi sembra strano stare ancora qui a parlarne o a ripensarci, ma non riesco a non farlo.

06/01/25

L'aspetto positivo

 L'unico aspetto positivo dell'essere tornata in una città fredda e grigia come Torino, è stato rivedere il Capitano.

Durante i giorni trascorsi giù ci siamo sentiti quotidianamente, ci siamo mancati vicendevolmente ed abbiamo desiderato entrambi di rivederci.
Ho di nuovo trascorso la notte da lui e più sto con lui, più ho la sensazione che è ciò che ho aspettato per 46 anni.

Mi fa ridere, rasserenare, emozionare, commuovere nel modo esatto in cui l'ho sempre sognato. 

Sono grata all'Universo, per aver permesso che le nostre strade si incontrassero.

04/01/25

Tornate

 E' stato difficile, forse più delle altre volte. E' stato difficile andare, è stato difficile stare, è stato difficile tornare.

Non lo so perché, ma quest'anno ho sentito di più la fatica. Ovviamente non una fatica fisica, bensì emotiva.

E' stato emotivamente difficile partire trascinandomi dietro le ragazze che non avevano (più) nessuna voglia di andare in Sicilia. Nemmeno per rivedere il papà, nemmeno per rivedere la famiglia, nemmeno per l'idea di vacanza.
Eravamo sulla porta di casa quando Matilde ha detto che non voleva partire. Ho usato la mia autorità genitoriale per spiegarle che ormai era troppo tardi per discuterne. Gli altri non lo sanno, ma è probabile che quello appena trascorso sia stato l'ultimo natale che hanno trascorso insieme. E pazienza.

E' stato emotivamente difficile stare. Non sono più abituata a queste lunghe convivenze coi miei genitori, per quanto siamo una famiglia allegra e giocherellona, che annovera anche parecchi elementi scassaca##i. Bello, sì, ma 5 minuti.

E' stato emotivamente difficile andarsene. Non mi capitava da anni di piangere nei giorni precedenti la partenza. Ho pianto anche poco fa, appena arrivate, quando ho parcheggiato la macchina in garage.
Mi mancherà il mare, più di ogni cosa. Forse mi manca anche il senso di sicurezza che provo, comunque, quando sono giù dai miei genitori. Lì torno ad essere figlia, torno a pensare che andrà tutto bene perché se qualcosa va male ci sono i miei genitori ad aiutarmi.

Questa volta è stato proprio pesante.