07/11/24

Il cuore (titolo provvisorio)

 Una volta ero brava a scrivere titoli. Addirittura quando scrissi il mio primo romanzetto, ero così fertile di titolismo da mettere un titolo ad ogni capitolo.

Gli altri romanzi - è storia - hanno visto i titoli assegnati da altri, nella fattispecie da Matilde, quando aveva circa un anno e mezzo.

Ho scritto un racconto, l'ho già revisionato abbastanza volte da non volerlo più leggere, perché ogni rilettura è lo spostamento dell'ordine di un soggetto e un verbo, oppure l'uso di un sinonimo, oppure l'aggiunta o la rimozione di una virgola. Insomma, ormai io non posso più farci molto per questo testo. Sono diventate 8 pagine, ma non hanno un titolo. Hanno un titolo provvisorio, che non mi piace nemmeno tanto.

E questa è una riflessione importante che mi viene da fare, perché il titolo è una sorta di "etichetta", e quel racconto così fortemente autobiografico un titolo non ce l'ha. Quasi come se io stessa non riuscissi ancora a definire me stessa.

Forse non sarà un grande prodotto editoriale, ma una bella spalmata di pomata terapeutica questo racconto me la sta dando.

04/11/24

Mariti moderni

 Per strada:
"Guarda quella, com'è conciata"
"Si vede che suo marito non la controlla prima di uscire di casa"

Ci sono momenti nella giornata, e nella vita in generale, in cui mi sento catapultata fuori dalla mia dimensione spazio-temporale. Ad esempio quando ascolto, casualmente, un simile scambio di battute da parte di due uomini che non potrei definire giovani, ma nemmeno dell'età di mio padre.

Ecco, questa cosa mi spaventa. Questa cosa dell'ignoranza becera e ottusa ben nascosta dentro gli insospettabili. 

Il cinquantenne che potrebbe essere il cassiere al supermercato o l'agente immobiliare o il professore di latino.

Il mondo fa schifo, certe volte non riesco a convincermi del contrario.

02/11/24

Scrivere. Di nuovo.

 Ho ricominciato a scrivere. Così, de botto e senza senso.

Questa cosa dello smalto sulle unghie ha fatto l'incantesimo. La solita magia di quando, poi, ho scritto qualcosa: la prima e l'ultima frase che si formano nella mia testa.
Poi tutto quello che ci sta in mezzo è solo da lasciar scorrere e assemblare.

Ieri sera ho iniziato intorno alle 21 e ho finito all'una di notte. Ho scritto 6 pagine fitte.
Oggi pomeriggio ho fatto la prima revisione e le pagine sono diventate 7.

Non so cosa diventerà, al momento lo possiamo considerare un racconto. Di ispirazione autobiografica, ma c'è anche molta fantasia... forse qualche desiderio inconfessato.

Sta di fatto che da ieri sera questa storia mi gira per la testa, come ai bei vecchi tempi, quando mi affacciavo alla finestra e pensavo e creavo e scrivevo con la mente prima di precipitarmi al pc e scrivere per davvero.
Dicevo che mi sento in un momento di trasformazione. Aggiungo: mi sento in un momento di ritorno alla vita e alla vitalità.

31/10/24

Lo smalto sulle unghie

 Mi sento in una momento di grande trasformazione, questo si sarà capito.

Sono passata dal desiderare di essere invisibile, eccetto che nel mio lavoro, al ricominciare ad avere attenzione sul mio aspetto fisico. Non parlo di "cura", perché la cura di me non l'ho mancata mai. Parlo di attenzione all'aspetto fisico.

Da qualche mese avevo saltuariamente ripreso a truccarmi. Niente di che, un po' di mascara. L'estate torrida ha spazzato via tutto, perché facendo mille docce al giorno era impensabile anche truccarsi e struccarsi. Da qualche settimana ho ricominciato. Magari non mi trucco sempre, non tutti i giorni, ma ho ripreso a farlo soprattutto quando lavoro coi bambini (con gli adulti un po' meno).

E oggi ho rimesso lo smalto sulle unghie.

Non saprei menneo dire da quanto tempo avevo smesso, né il perché. Ho persino il dubbio di aver smesso quando mi sono trasferita a Torino... boh? Forse non lo ritenevo consono al mio lavoro di tata? Dovrei andare a recuperare qualche fotografia per vedere, perché davvero non mi ricordo.

In ogni caso, sta di fatto che ho ricominciato. In questo mi sono venute in aiuto le mie figlie... perché io di smalti non ne ho davvero proprio più.

Adesso sembrerà una cosa sciocca, ma con le unghie rosse mi sento incredibilmente femminile. E mi chiedo perché mai io un giorno abbia deciso di smettere.

Non lo so. Ci sono state tante cose che, un giorno, ho inspiegabilmente smesso di fare. Però adesso, poco a poco, sto riprendendo a farle. Credo sia un buon segno.

29/10/24

La piccola passeggera innocente

 "Io mi chiamo Lucy", ho detto stamattina alla ragazzina seduta sul sedile passeggero della macchina che ostruiva il passaggio per la mia macchina.

Mi è sembrata l'unica cosa sensata da dire, mentre - dopo averle chiesto il permesso - sono entrata nella sua macchina, mi sono seduta al sedile del guidatore, ho messo in moto e fatto un metro in retromarcia per liberare lo spazio per poter passare io con la mia macchina.
Che altro avrei potuto fare? Era stata lasciata lì da sola, dentro una macchina in doppia fila, insieme al telefono del guidatore che lei aveva provato a chiamare per almeno 3 minuti cronometrati con l'orologio, il mio.
Avrà avuto 15 o 16 anni.
"Io mi chiamo Alessia" mi ha risposto, e poi si è profusa in mille scuse. "Io non so ancora guidare", ha aggiunto.
"Non ti preoccupare, abbiamo risolto", le ho detto sorridendo.
Poi ho sperato che chi l'aveva lasciata in macchina mi desse il tempo di andarmene prima di ritornare, perché la piccola Alessia di 15 o 16 anni non aveva nessuna colpa, ma chi guidava la macchina e l'aveva lasciata lì me lo sarei mangiato così, crudo e scondito, che da vegetariana mi trasformavo in cannibale senza che nemmeno se ne accorgesse.

27/10/24

Una gioia

 Lo chiameremo Il Capitano, e ci metto pure l'articolo.

L'ho conosciuto online diversi mesi fa. E' uno scrittore, è un musicista, è un nerd. E' anche un ingegnere, ma non si può avere tutto nella vita, ed evidentemente io ho un samskara ancora in sospeso con gli ingegneri.

E' un mio amico.

E lo sta diventando per davvero, in una relazione così anomala che soltanto io potevo averla. Ci scriviamo quotidianamente, ci raccontiamo le nostre cose, ci teniamo compagnia a distanza. Ogni tanto ci incontriamo, all'incirca due-tre volte al mese perché gli ho chiesto di aiutarmi a migliorare nel suonare la chitarra. Poi, ovviamente, è anche un pretesto per vedersi e scambiare due chiacchiere di persona.

Non è amore, anche se forse ad oggi è il sentimento che più di tutti gli si avvicina. Non c'è nemmeno troppa attrazione fisica. Io lo trovo un bel ragazzo, ma non ci faccio i "sogni". Lui mi trova attraente, ma non riesce a scindere il corpo dal cuore, ed è ancora fortemente innamorato della sua ex.

Sì, in realtà un "approccio" c'è stato qualche settimana fa, ma non ha portato a niente, quindi è evidente che non è quello il nostro destino. 

Però insieme stiamo bene. Il tempo che trascorriamo insieme scorre velocemente, parliamo tanto, ridiamo, ci arrabbiamo, ci confidiamo.

Lui mi insegna a suonare la chitarra, ed io lo sto davvero facendo. Ho scoperto che posso sul serio imparare a suonare la chitarra, al di là dei 4 accordi che mi servono per il kiirtan. E cantiamo anche.

Alla lezione di oggi c'è stato un momento in cui mi sono sentita felice, dopo tantissimo tempo che non mi capitava, ed è stato proprio durante un "duetto" con lui. Stavamo suonando e cantando "La canzone del sole", ed eravamo ben accordati e sincronizzati.

Non è amore, anche se forse ad oggi è il sentimento che più di tutti gli si avvicina. E oggi, con lui, mi sono sentita ancora capace di essere felice.

25/10/24

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #4

 Io, parlando con la mamma di un mio piccolo allievo: "Bene, mi dai il tuo numero di telefono?"
Lei: "Certo... #######"

Lui: "...e ai papà non lo chiedi il numeri di telefono?"

Io l'ho sempre detto che la parte più difficile del lavorare coi bambini e dover avere a che fare con gli adulti.

24/10/24

Le cose che mi mancano di te

 In effetti ridevamo spesso. Anche se ero io, per lo più, che ti facevo ridere per le mie mille idee strampalate e le duemila pazzie che ne derivavano.

Mi manca la certezza di tornare a casa con qualche aneddoto irritante da raccontare, su genitori, insegnanti, personale di segreteria scolastica ecc, ed essere certa che tu mi avresti ascoltato.

Mi manca la sensazione di farti sentire utile, importante e indispensabile quando, arrivati alla pompa di benzina automatica, fermavo la macchina e ti dicevo "Il pieno, grazie" e tu sorridevi, scendevi e facevi il pieno, tutte le volte.

Mi manca la tranquillità che alla cena delle ragazze pensavi sempre tu, e talvolta anche al pranzo quando lavoravi da casa, ed io ti dicevo che eri ossessionato, che loro potevano anche cavarsela da sole, ma adesso che spesso devono cavarsela da sole, mangiano solo piadine con la filadelfia e uova a occhio di bue.

Mi manca che quando tornavi a casa dopo una giornata pesante mi chiedevi un abbraccio.

Mi manca la certezza che quando avevo un problema tu avevi spesso la soluzione.

Mi manca il tuo gatto, che doveva essere mio, che lo avevo voluto io, l'ho cercato e adottato io ed ha pure il mio nome e numero di telefono impressi nel microchip, ma ha scelto te dopo 24 ore che era in casa con noi.

In effetti ci volevamo bene. Ma a quanto pare non era sufficiente per dare un senso ad una vita insieme, ad una convivenza.

23/10/24

La telefonata

 E comunque, quando usate il telefono di lavoro per chiamare l'insegnante di yoga e avere informazioni sui corsi per bambini, ricordatevi che, per quanto una possa avere la coscienza pulita specchiata e immacolata, a vedere arrivare una telefonata da certi intestatari un accenno di batticuore e sudorazione fredda la può avere facilmente chiunque.



22/10/24

Che nostalgia! Che tempi!

 Una cosa buona di un trasloco fatto in fretta è che quando cerchi qualcosa di non fondamentale importanza, non hai idea di dove l'hai infilata nella fretta e nella furia di sgomberare la casa nuova dagli scatoloni. Ti ritrovi, dunque, a frugare lì dove hai messo le cose-che-poi-glielo-troviamo-un-posto e scovi certi reperti archeologici che non ricordavi nemmeno di avere ancora con te, e invece scopri che hanno letteralmente attraversato gli oceani del tempo e dello spazio.

E così ritrovi la targa di premiazione del concorso letterario del liceo, quando hai vinto. E appena guardi la scatola riemerge dai meandri della memoria l'immagine di te, piena di orgoglio, che inserisci dentro la confezione una copia della poesia che è stata premiata. Apri la scatola, sollevi il supporto della targa ed eccolo lì, un foglio di carta ripiegato. Lo apri e riconosci facilmente i tipi della macchina da scrivere Olivetti di tuo padre, elettrica quindi modernissima, con la quale hai dattiloscritto quella poesia per presentarla al concorso. Era l'anno scolastico 1995/1996.
Che nostalgia! Che tempi!
Quindi decidi di approcciarti al testo e rileggere la poesia.
Mentre la leggi le parole ti vengono automaticamente richiamate in mente: dopo 29 anni potresti ancora recitarla a memoria.
Che nostalgia! Che tempi!
La rileggi.
Ti soffermi un attimo a riflettere.
Ti ricordi esattamente tutti i turbamenti interiori ed esteriori che te l'hanno ispirata, tutti gli sconvolgimenti emotivi di te diciassettenne, adolescente sfigata e disadattata della provincia palermitana, piena di brufoli, paranoie di tutti i tipi, disagi assortiti e altre amenità simili.
E poi ti dici: ma quanto fa schifo sta poesia?!
Eppure te l'hanno premiata.
Forse eri raccomandata, oppure eri l'unica a partecipare.


21/10/24

Forse sono rotta

 Certe volte non riesco a capire se sono io che non riesco a notare la mia "stranezza", semplicemente perché la vivo da dentro, oppure se in realtà è tutto normale così, e le mie caratteristiche appartengono alle normali peculiarità individuali di ciascuno di noi.

La mia "stranezza" è che sono dissociata tra il corpo e il cuore. Mi affeziono senza desiderare; desidero senza amare.

Inutile mentire: da qualche mese ho avuto un po' di "storielle". Giusto per ingannare il tempo, giusto per riprendere l'attività, giusto per non dimenticarsi di come si fa, dato che la mia ultima crisi sentimentale mi ha ingabbiato per più di un anno e mezzo di assenza totale di quel genere di roba.

Mi ero persino convinta di riuscire a rinunciarvi del tutto, tanta era la non voglia di chiudere quella relazione. E no, non sono mai stata capace di fargli le corna.

Da quando ho lasciato quella relazione e quella casa ho avuto alcuni incontri. Due sono andati "fino in fondo", ma si sono fermati lì. Uno l'ho bloccato io prima che potesse incamminarsi ancora su quel sentiero. Un altro è ancora lì in sospeso. Lui mi corteggia come un pazzo, come non sono stata corteggiata mai in vita mia, ma non so. Non capisco se è semplicemente un collezionista o se è un pazzo. Di sicuro io non voglio essere una collezionista, e siccome non sono per niente coinvolta sentimentalmente, a parte quella comprensibile affezione che può nascere quando ci si comincia a frequentare, a parlare, a raccontarsi... no, non credo che concluderò. Però, dannazione, il mio corpo reagisce. Reagisce eccome. Chattare con lui è come vivere una sessione costante di preliminari. Va a sollecitare la mia vanità, il mio ego. Il mio volermi sentire desiderata, cosa che raramente mi è capitata in vita mia, e forse le uniche due volte è stato con un uomo che per giunta era ancora sposato, quindi non se n'è fatto ovviamente nulla.

Ma com'è possibile che la mia mente dice "Che idiota!" e il mio corpo commenta "Oh, sì!"

Si guarisce da questa forma di dissociazione? Perché sento proprio una rottura dentro, come se fossi composta da due metà distinte e separate che stanno insieme solo per la sottile guaina di pelle che le contiene.

Il cuore, poi. Quello ormai è fermo da anni.

18/10/24

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #3

"Sono di recente ingrassata: oltre a rilassare, lo yoga fa anche dimagrire? E a 77 anni si può cominciare?"

Quello che ho risposto: "Lo yoga è per tutti. Non c'è problema per l'età, per il peso, per lo stato generale di salute. È la pratica che si adatta al praticante e non viceversa come può succedere con altre attività. Poi le dico che secondo me dipende moltissimo dall'insegnante, se sa prendersi cura o meno del singolo allievo. Per rispondere alla sua domanda, però: no. Lo yoga aiuta a riprendere contatto con il proprio corpo e le proprie emozioni, sul piano fisico preserva e migliora la flessibilità delle articolazioni, ma per quanto possa essere anche, a volte, faticoso non fa certamente dimagrire"

Quello che avrei voluto rispondere: "Per rilassarti e dimagrire bevi solo camomilla per un mese e otterrai il risultato" (Ma non sarebbe stato yogico)

17/10/24

Le barzellette

 Che fine hanno fatto le barzellette? Come mai non se ne raccontano più?

Questa riflessione la facevo qualche giorno fa, pensando alla metafora "cose da Pierino" con cui avevo definito il comportamento di una persona. I ragazzi di oggi sanno chi è Pierino? Capirebbero il significato di fare una cosa "come Pierino"?

Oggi si ride per i meme e per i reel che ci inviamo costantemente. E' cambiato l'umorismo, è cambiato il modo di ridere e di far ridere gli altri. Boh, non so se questa cosa mi piace.

16/10/24

Il piacere dell'inutilità

 Oggi ho fatto una riflessione. Siamo abituati a vedere e valutare ogni ogni cosa in base alla sua utilità. E anche quando non sembra, in realtà stiamo ugualmente cercando uno scopo, un obiettivo, un motivo valido. Anche delle attività che consideriamo futili e rilassanti. Fosse anche solo "per rilassarci", quello è già un fine, un obiettivo da perseguire.

Non di certo tutta la vita, ma io penso che sia importante che ognuno di noi si conceda ogni tanto il lusso dell'inutilità. E tanto più all'interno di un contesto finalizzato e finalizzante, ancora di più è importante concedersi l'inutilità.

Siamo abituati ad essere efficienti, a ottimizzare, a creare profitto, a fare cose utili. Ma la vita è una sola, e bisogna anche essere capaci di godere del momento presente e inutile.

14/10/24

Cose da non dire ad un'insegnante di yoga #2

"Ma poi qualche volta ce la porti qui a lezione la tua gattina?"

(A scanso di equivoci, la domanda non mi è stata posta da un bambino)

13/10/24

Urge una soluzione felina

 La scorsa settimana la mia gatta si è arrampicata sul mobile dove tengo l'agenda e la penna blu e si è messa a giocare con quest'ultima. L'ha fatta cadere per terra e rotolare, ci ha giocato a catturarla, nasconderla, riprenderla e alla fine la penna è sparita.

Ed era la mia penna preferita.
Da quel giorno, vicino all'agenda ho messo una penna rossa, ed ho usato quella per scrivere tutti i vari nuovi impegni.
Stasera la gatta si è di nuovo arrampicata sul mobile, è andata verso la penna rossa ed ha iniziato a giocarci. "Ottimo!" ho pensato "Così ci giocherà come con la penna blu e almeno posso scoprire dov'è andata a finire".
La gatta ha fatto cadere la penna rossa per terra, l'ha fatta rotolare, ci ha giocato a catturarla, nasconderla, riprenderla e alla fine anche la penna rossa è sparita, inghiottita dalla stessa voragine della penna blu.
Da domani passo alla penna verde, ma giuro che la incateno al mobile.

11/10/24

Quarantasei e diciassette

 Questi sono gli anni che compiamo, oggi, questo blog ed io.

Certe volte ci penso. In pratica questo posto è la mia autobiografia, ma non solo. Il mio diario, ma non solo. Il mio romanzo di formazione, ma non solo.

E' proprio il supporto psichiatrico per chi mi conosce. Qui dentro ci sono tutta io, con tutti i cambiamenti, le evoluzioni e involuzioni che ho avuto in 17 anni. Non lo faccio, ma scommetto che se tornassi a leggere i post del 2008 o del 2010 o del 2014 che ne so, probabilmente non mi troverei più d'accordo con me stessa.

Chissà quanto durerà ancora.

Nel frattempo, auguri a noi.

09/10/24

Scene di ordinaria follia

 Sono sull'autobus. Deve aver saltato una corsa in precedenza, perché è stracolmo. Dopo 4 fermate non riparte. Ricevo una telefonata, mi distraggo, solo quando chiudo la conversazione mi rendo conto che siamo ancora fermi e chiedo alla ragazza accanto a me cosa stia succedendo.

"L'autista se n'è andato" risponde. Come se fosse la cosa più normale che possa succedere quando si decide di usare i mezzi pubblici.

Vedo arrivare un altro autobus dietro, della stessa linea. Scendo e mi preparo a salire sull'altro, dato che, visto che si muove, quello l'autista ce l'ha. Subito dietro c'è ancora un altro autobus, ma è di un'altra linea.

La fermata è strapiena di gente, non sono l'unica ad aver avuto quell'idea. Avvicinandosi, però, notiamo che l'autobus è vuoto, e accanto al numero della linea c'è la scritta "Fuori servizio", dunque la scena madre.

Una signora scende dal marciapiede e va sulla strada, brandendo una stampella e inveendo contro l'autista "Eh no, eh! Non si fa così" e mentre l'autobus devia sull'altra corsia per evitare di metterla sotto, lei continua a stillare "Ma dove ca##o vaaaaaaaaaaaaaai!".

Parte la risata collettiva degli astanti, un po' per la scena, un po' per esorcizzare la situazione.

L'autobus dietro è di una linea che può parzialmente portarmi a destinazione. Salgo anch'io, ancora ridendo.

08/10/24

Il corteggiatore

 Ho un corteggiatore.

Ma un corteggiatore di quelli veri, di quelli classici, che ti dicono apertamente che gli piaci, che ti invitano a uscire, che ti telefonano per chiacchierare, che ti fanno i complimenti.

Io un corteggiatore non lo avuto mai, questo è uno dei più grandi problemi della mia vita fino ad adesso. Non sono mai stata corteggiata in maniera classica, e sono sempre stata io a condurre le relazioni nel bene e nel male. Questa cosa mi destabilizza, non so come comportarmi. Ho sempre avuto di me l'idea di una persona che non sarebbe mai stata corteggiata, perché non abbastanza bella, non abbastanza interessante, non abbastanza desiderabile. Ho sempre pensato che gli uomini che stavano con me lo facevano soltanto perché non avevano di meglio da fare, non avevano donne migliori a portata di mano o anche famiglie migliori. La mia prima vera storia, secondo me, era basata esclusivamente sul fatto che la mia famiglia piacesse al mio fidanzato (che non stava bene nella sua) piuttosto che piacergli io, e non a caso per anni e anni dopo la fine della nostra relazione ha continuato a sentirsi con qualcuno dei miei familiari. 

Nemmeno mio marito mi ha mai davvero corteggiato. Io ero pazza di lui, non ne aveva nessun bisogno. D'altro canto appena è arrivata un'altra a corteggiarlo lui non si è fatto troppi problemi a darle corda.

L'Ingegnere non mi ha corteggiato. Forse una delle volte intermedie in cui ci siamo lasciati mi aveva regalato dei fiori nell'anniversario di quando ci eravamo conosciuti, ma poi basta. Era uno che dimostrava i suoi sentimenti in modo molto misurato e senza gesti eclatanti.

Da quando ci siamo definitivamente lasciati, ho rifuggito come la peste i coinvolgimenti sentimentali. Ammetto di aver accettato un paio di coinvolgimenti di altra natura, ma proprio per la loro natura effimera e basata solo sul momento presente, non c'era alcuna base su cui presupporre un futuro, e sono finiti lì.

Io un corteggiatore non l'ho avuto mai prima di adesso, e questa cosa mi mette paura, perché non so come comportarmi.

05/10/24

Il MIO corso

Ieri sera è iniziato il MIO corso di Hatha Yoga. Nell'ultimo anno avevo già fatto lezione di yoga agli adulti, ma solo per prova, per "tirocinio" e per sostituire la mia insegnante. Stasera, invece, gli allievi (pochissimi ma preziosi) erano lì per me e sotto la mia assoluta responsabilità. Il progetto del corso, il focus della lezione, l'asana apicale, l'obiettivo e il filo conduttore sono stati quelli MIEI.

Ci ho pensato per tutta l'estate a questo corso, me lo sono immaginato, provato, ripetuto e ripetuto raccontandomi in mente le parole per guidare gli allievi, gli spunti di riflessione da proporre. Ho sperimentato le transizioni, gli esercizi preparatori e tutti i pranayama (e finalmente ho imparato a guidare Nadi Shodana, che avevo invece miseramente cannato proprio durante l'esame alla fine della formazione, mannaggia a me!).

Questo corso l'ho pensato io, in questo corso ci sono io.

E sono tornata alle origini, le mie.
Dopo tanti anni, tanti insegnanti, tanti stili, ho concluso la lezione con il canto di un mantra, come faceva spesso la mia prima insegnante, quella che mi ha dato l'imprinting dell'Hatha Yoga. E non a caso, ho scelto il mantra "Baba Nam Kevalam", che è il mantra per eccellenza dell'Ananda Marga, la tradizione spirituale che seguo, in quella versione "a cappella" dolce e semplice che cantavamo al centro yoga. Gli allievi si sono lasciati guidare anche in questo, e alla terza ripetizione si sono uniti a me nel canto.

Mi è sembrato *non* di chiudere un cerchio, perché non vedo la vita come cerchi che si chiudono, bensì come una nuova spira nella spirale evolutiva dell'esistenza.

Stasera è iniziato il MIO corso di Hatha Yoga. Si è creato un nuovo giro di spirale. E nonostante fosse tutto diverso da com'era, mi è sembrato di tornare a casa.

04/10/24

Ottimismo inspiegabile

 E' un periodo calante.

Ho ricominciato a lavorare, ma non ancora appieno. L'incertezza l'indefinitezza della mia condizione lavorativa è sempre la mia più grande fonte di apprensione. Da qualche parte, però, c'è sempre quel piccolo barlume di ottimismo: in qualche maniera si farà. Magari non mi è sempre chiaro quale sia la "maniera", però non riesco a non crederci.

Non so se la mia "fortuna" sia quella di avere fortuna oppure quella di avere questa piccola lucina di ottimismo sempre vivo.

01/10/24

La rabbia inespressa

 E' tornata nei miei sogni la rabbia inespressa.

L'evento scatenante e traumatico a quale non riesco a reagire né a controbattere. La paralisi del corpo e della voce.

Non mi capitava da anni. Ci voglio riflettere per capire cosa è cambiato o cosa si sta riproponendo al punto che sono tornata a fare questi sogni angoscianti.

Casomai mi fossi illusa di poter riposare sugli allori.

29/09/24

Peggio dei pregiudizi, ci sono i giudizi fuorviati

Talvolta mi capita di incontrare persone con giudizi negativi sullo yoga per bambini, perché una loro precedente esperienza è stata deludente, noiosa, poco interessante per il bambino e quindi basta, viene relegato nella categoria delle esperienze da non ripetere.

Mi è capitato ieri, durante la lezione aperta di yoga per famiglie dove la bambina di 6 anni, alla domanda della mamma "Vogliamo fare lo yoga?" ha tassativamente risposto "NO!".
E la mamma, un po' mortificata, ha giustificato la risposta secca della figlia raccontandomi di un'esperienza precedente che, appunto, non è piaciuta a nessuno.
Io rispondo sempre che esistono tanti modi di portare lo yoga agli altri quanti sono gli insegnanti che lo fanno.

La mamma si è convinta a riprovare, la bambina invece mi ha guardato in cagnesco per i primi 30 minuti, sforzandosi di non divertirsi, di non sorridere, di non partecipare, di non dare soddisfazione alla mamma che l'aveva costretta, né a me che la stavo facendo divertire nonostante lei avesse detto che non voleva farlo.
Tra le situazioni che preferisco in assoluto c'è proprio vedere l'enorme sforzo che alcuni bambini fanno per non sorridermi durante le mie lezioni.

Tra colleghe spesso ci incoraggiamo dicendo che la differenza tra chi ha avuto una formazione valida e consolidate esperienze si vede, e alla fine poi è l'allievo che sceglie l'insegnante con cui si trova più a suo agio, però a volte, oltre alle normali difficoltà della vita, ci ritroviamo a scontrarci con l'incompetenza di chi c'è stato prima di noi creando pregiudizi anche nei nostri confronti.

(E tralascio gli ottusi e bigotti pregiudizi negativi a priori, della serie "Noi siamo *nome di una certa religione che non dirò*, nostro figlio non ha bisogno di fare yoga")

26/09/24

La voce interna

 Io ho una voce, cavernosa e intima, che ogni tanto ci tiene a manifestarsi e sussurrarmi al cuore. Alla bocca dello stomaco. Secondo me a volte parla anche con le mie ginocchia, altrimenti non piangerebbero così come, invece, fanno.

Credo che sia sempre lì, in realtà. Semplicemente se ne sta in silenzio, o a fischiettare con finta allegria e noncuranza. Sta in ascolto e aspetta. Aspetta il momento giusto, e quando arriva prende fiato e comincia a sussurrare.

Ma che stai facendo? Ma quanto sei scema. Ma che ti credevi di fare? Pensavi di poterci riuscire? Che scema, come hai potuto pensare di riuscirci, ma non ti vedi? Guardati. La più scema tra le sceme. Hai solo inopportuni grilli per la testa. Vuoi fare quella grande, quella brava, quella autodeterminata, quella autonoma e indipendente. Tzè. Non ne sei capace, e lo sai, lo sai da una vita. Sei solo scema e collezioni scemenze una dietro l'altra. Ma che ti credevi? Di poter davvero fare quello che sognavi di fare? Che scema. Hai solo deciso deliberatamente di rovinarti la vita. Che motivo avevi di mandare via di casa tuo marito? Dovevi tenertelo, altroché, dovevi startene lì al sicuro e sopportare, sopportare tutto, il non amore, l'anaffettività, l'infedeltà, tutto, ma almeno eri tranquilla, eri al sicuro. Adesso stai lì a disperarti, ma se restavi lì, zitta a sopportare, a quest'ora era tranquilla e serena con una vecchiaia magari mediocre ma sicura. La pensione ce l'avevi assicurata. Quella di tuo marito, ovvio, ma era sicura. Dovevi solo stare zitta e sopportare, invece no, ha voluto fare l'emancipata. Toh, eccoti l'emancipazione, che stai a contare i centesimi quando vai al supermercato.
Non ti piaceva più tuo marito? Va bene. Eri anche ancora giovane e piacente, e tutto sommato ci poteva anche stare un altro sbuffo audace, un'alzata d'ingegno interessante. E in fin dei conti sei stata fortunata. Eri stata fortunata. Ma scema come sei non lo hai capito, non hai saputa capire che grande fortuna avevi avuto a trovare l'altro, l'Ingegnere. Hai avuto una seconda possibilità, potevi stare con una gamba accavallata all'altra e dormire tra due cuscini di piume, e invece no, la scema. Non dovevi fare altro, ancora una volta, di stare zitta e sopportare, ma niente, sei così scema che non ci riesci proprio. E ora fai la disperata con l'ansia. Potevi vivere in una prigione dorata per il resto della vita, che ci voleva? Bisognava solo pazientare. Avevi trovato un uomo buono che si era accollato non solo te, ma persino le tue figlie, ma dove diamine lo trovavi un altro così? Ma tu no, scema come sei hai di nuovo mandato tutto all'aria. Stavi morendo, dicevi. Perché adesso sei forse viva? Ma ti vedi? Non dovevi fare altro che restare lì, ferma e immobile, e sopportare. E invece no, la solita scema di sempre ha voluto rovinare tutto, ribadire la sua capacità di farcela. Ma farcela a fare cosa? Scema che sei, a morire di fame? Ora ti fai venire l'angoscia quando il commercialista ti guarda con occhi di pietà e tu stai a dirti che non è colpa tua. Sì che lo è, invece! Avevi avuto un'altra occasione per passare una mediocre vecchiaia da benestante, lo sai che l'Ingegnere stravedeva per te, non ti ha mai fatto mancare niente e mai avrebbe smesso di farlo. Ma tu no, scema come sei, hai preferito lasciarlo. La libertà! Ha! La libertà! La libertà di che? Di non avere una prospettiva futura? La libertà di doverti adesso ammazzare di lavoro per arrivare a fine mese? E quando sarai vecchia, di cosa sarai libera? Di morire da barbona sotto un ponte? Scema che non sei altro. Sì, adesso respira, respira con le tue tecniche stupide per mantenere la calma e la consapevolezza.
Tanto questa sei: una scema. E lo resterai per sempre.

Io ho una voce, cavernosa e intima, che ogni tanto ci tiene a manifestarsi e sussurrarmi al cuore, alla bocca dello stomaco, alle ginocchia. Sceglie il momento in cui sono più vulnerabile, prende fiato e comincia a sussurrare. L'unico modo efficace che ho trovato per non sentirla è cantare a squarciagola. A volte funziona, qualche volta no. E' da un po' di giorni che è no.


22/09/24

La spirapolvere

 Io: "Angelica, per favore, dai una passata di aspirapolvere?"

Lei: "Di che cosa?"
"Di aspirapolvere"
"No, come hai detto prima?"
"Una passata di aspirapolvere"
Mi guarda con lo sguardo tipico di quando non sa se scoppiare a ridere o disperarsi. Fa entrambe le cose contemporaneamente.
"Sentiamo...", le dico pronta a ricevere una risposta che mi farà venire la tentazione di sbattermi la testa sullo spigolo della libreria.
Quanti anni avevate quando avete scoperto che l'aspirapolvere si chiama così? E si chiama così perché *aspira* la polvere?
Quanti anni avevate quando avete scoperto che non si chiama "spirapolvere", come fosse una delle invenzioni di Archimede Pitagorico con cui Paperinik cattura i nemici avvolgendoli con una spira di polvere, come certi "diavoli di sabbia" che si formano nel deserto? La spirapolvere.
Ecco. Angelica 14. E mezzo.
Che poi pure sua sorella credeva che l'insalata si chiamasse "alattuga", ma avrà avuto 3-4 anni e, sebbene sapesse già scrivere, non aveva motivo di scrivere l'alattuga da qualche parte.
E anche io, da piccola, credevo che il famoso uccellino canterino si chiamasse lusignolo, ed io sì che ho imparato quando la maestra mi ha corretto "del lusignolo" sul dettato. Ma avrò avuto 6 anni.
Ogni giorno che passa la vita mi insegna che non devo mai sorprendermi di niente. Soprattutto riguardo le mie figlie.

21/09/24

La regola del sorriso

 C'è una persona con cui scambio messaggi ogni tanto. In verità "ogni spesso". Da un paio di mesi, soprattutto, ci scriviamo quotidianamente. E' una persona brillante e intelligente, ha molti interessi e alcuni di questi sono simili ai miei.

Quando mi scrive, prima ancora di leggere un suo messaggio, io ho già un sorriso incontenibile stampato in viso.

Questa cosa mi fa sentire viva. Questa cosa mi terrorizza.

20/09/24

Le luci alle finestre degli altri

 Da qualche anno mi sveglio molto presto. In questo momento la mia sveglia è puntata alle 5.15, ma la settimana prossima la arretrerò di altri 10 minuti, ché al mattino mi serviranno.
Da qualche anno ho l'opportunità di notare le variazioni di luminosità al mattino con una maggiore sensibilità degli altri. Già a metà agosto il sole sorge sensibilmente più tardi che a metà giugno, dunque se a luglio alle 5.15 c'è già luminosità nel cielo, nella seconda metà di agosto no. A settembre è ancora buio pesto e ci vuole almeno un'ora e mezza prima che la notte inizi ad illuminarsi.

Questo mi offre un'altra opportunità ancora, ossia quella di individuare facilmente intorno a me chi altri si sveglia presto. 

Mi è sempre piaciuto "spiare" nelle altre case, cercare di capire quali camere sono illuminate, immaginare gli abitanti mentre si svegliano, si alzano, vanno in bagno, vanno in cucina, tornano in camera e poi escono. A volte qualcuno l'ho davvero seguito in questo percorso semplicemente seguendo il filo delle luci che si accendevano e spegnevano nell'appartamento di fronte casa mia.

Ecco, questa cosa l'ho potuta fare solo da quando sto a Torino, perché mentre stavo ancora a Bagheria l'unica che potevo osservare dalla terrazza era la mia dirimpettaia, e in genere da quelle parti le cose di tutti erano così urlate che non c'era nessun gusto a provare a immaginare. Qui a Torino, invece, ho sempre vissuto in palazzine piccole, in quartieri piccoli con grandi spazi intermedi occupati dai cortili interni di servizio, che sono proprio quelli su cui affacciano le stanze più vissute e interessanti: le cucine.

Per me è come dare il buongiorno ad amici sconosciuti. Mi affaccio e controllo chi è già sveglio. Ovviamente si tratta di persone che non riconoscerei nemmeno incontrandole per strada, ma mi affeziono a loro al punto che, se una mattina una determinata luce non è accesa, mi chiedo il perché, mi preoccupo, chissà, starà male o forse è partito? O magari oggi va al lavoro più tardi.

Questo è uno dei motivi per cui non potrei mai rinunciare a vivere in una città. Lo trovo un poetico antidoto alla solitudine.

19/09/24

A caccia dell'orso

 "A caccia dell'orso" è uno degli albi illustrati più diffusi e famosi degli ultimi anni. È una storia adatta a una lettura drammatizzata e movimentata, fatta di suoni, onomatopee e gesti.

Ricordo che tre o quattro anni fa la proposi al corso di yoga baby e ingaggiai mio fratello a fare la parte dell'orso nell'inseguimento conclusivo. Gli dissi: "Mi raccomando, però! Non esagerare perché non deve piangere nessuno!", e lui "Peccato".

La storia è paradossale: c'è una famigliola che una mattina si sveglia, si accorge che è una bella giornata e decide di andare a caccia dell'orso, attraversando prati, paludi, boschi, tempeste ecc, finché non arriva fin dentro una grotta dove effettivamente c'è un orso. Ovviamente terrorizzati, corrono indietro riattraversando a ritroso tutti gli ambienti e le situazioni, arrivano a casa, sbattono la porta sul muso dell'orso che, nel frattempo, li insegue e si infilano tutti sotto le coperte e decidono di non muoversi da lì.

L'ultima pagina illustra l'orso che se ne torna alla sua grotta.

La prima considerazione che ho sempre fatto su questo albo è proprio l'ultima immagine. L'orso, da solo e con il capo leggermente chino. Sembra triste, deluso. E ogni volta che lo leggo c'è almeno un bambino che lo fa notare. Dopo il sollievo della penultima pagina, quando tutti quei mattacchioni si sono infilati sotto il piumone rosa, segue un "Poverino..." alla vista dell'orso che se ne va mesto verso la grotta.

In effetti, l'espressione dell'orso nella grotta è selvaggia, ma non esplicitamente aggressiva. Insegue la famigliola, ma non ha espressioni e posture eccessivamente feroci.

"Forse voleva solo giocare", mi ha detto una volta una bambina di 4 anni.

Non lo sappiamo.


La seconda considerazione che ho fatto su questo albo, in realtà non è tutta farina del mio sacco perché l'ho letta in un articolo di pedagogia che lo portava ad esempio, ma l'ho condivisa da subito.


La necessità di "attraversare" gli ostacoli, le situazioni, gli eventi della vita.

C'è un fiume e noi dobbiamo andare sull'altra sponda; non possiamo aggirarlo, non possiamo passare sopra, non possiamo passare sotto: dobbiamo attraversarlo.


Ecco, ogni volta che mi trovo in un momento critico o mi capita un evento spiacevole che mi lascia addosso emozioni che mi fanno stare male, me lo rileggo.

E mi dico che non ci posso passare sopra e non ci posso passare sotto: devo attraversarlo.


Da quando ho iniziato ad accettare questa verità, ossia che non serve fingere che qualcosa non sia accaduto o che non esista o "passarci sopra" seppellendolo con indifferenza, bensì ho cominciato a decidere di "attraversare" la mia vita (con tutto quel che ne consegue, i fili d'erba tra i capelli, il fango sotto le suole delle scarpe o i rumori sinistri del bosco) alla fine ho potuto guardare alla realtà con occhi diversi, con una visione più lucida e più consapevole.

E forse adesso prima di fuggire ottusamente dall'orso, mi soffermo un istante a osservarlo, per capire se davvero vuole sbranarmi o se, invece, vorrebbe solo giocare.


La vera verità, però, è che non si smette mai di crescere, di evolvere, di cambiare. Bisogna solo concedersi la possibilità di farlo.


E anche oggi vi ho elargito la mia perla di saggezza quotidiana. Ho fatto il mio dovere. 

Ciao.


18/09/24

Colpo di scena

 Spiderman ci nasconde qualcosa...



16/09/24

Autorecensione

 Aver ritrovato (e ricordato) che un tempo scrivevo romanzi fantasy mi ha spinto a fare una follia: rileggerli.

Ho riletto per intero il primo volume di "Buongiorno Luna" ieri pomeriggio. Ho iniziato all'incirca alle 14, ho finito a mezzanotte passata, con le necessarie pause per cena e preparazione della cena, una piccola merenda e una lunga telefonata. Al netto delle pause ci avrò messo 6-7 ore. 

Mentre lo rileggevo per l'ennesima volta, ho vissuto parecchie esperienze mistiche. 

Prima fra tutte, ho notato pure troppo la separazione, che a me è parsa netta, tra le parti di testo storiche, quelle che venivano salvate e preservate da tutte le revisioni che si sono succedute negli anni dal 1998 (anno della prima stesura) al 2008 (anno del completamento definitivo della trama) e le parti nuove, quelle scritte di sana pianta tra il 2009 e il 2013 per rendere il  romanzo quello che è adesso.
Le parole della prima fase le potrei davvero recitare a memoria, per tutte le volte che le ho lette e rilette, le altre mi sono sembrate posticce, mi sono meravigliata persino di averle scritte, ma non perché non mi piacciano - tutt'altro! - perché sono troppo nuove e calzanti, troppo lucide, troppo poco acerbe. Ovviamente non potrò mai sapere se questa separazione viene colta anche da chi lo legge tutto di seguito per la prima volta, prendendolo come pacchetto completo.

Seconda cosa: non è un'autobiografia, ma più una sorta di "testamento spirituale", tutto, dall'inizio alla fine. Ci sono io per intero. Roba che se glielo avessi consegnato alla mia psicologa mi avrebbe potuto fare la psicanalisi completa in molto meno dei 4 anni che ci sono voluti.

C'è tutto: il mio rapporto col maschile e col femminile, con l'amore, con il sesso, con la maternità. Ci sono tutta io, dalla prima all'ultima parola, nel bene e nel male, nell'indefinitezza del genere letterario, nella variabilità dello stile narrativo, nell'avversione ai conflitti di ogni tipo e la ricerca di mediazione e compromessi a ogni costo.

Ogni volta che lo rileggo, poi, mi viene voglia di riprendere a scrivere e portare a compimento il secondo volume, ancora inedito sebbene manchi davvero poco, giusto un'ultima revisione e via. Ma poi non lo faccio mai.

Anche in questo, ci sono io per intero. Vorrei fare, ma non mi sento capace di farlo.

Ho aggiornato su amazon la scheda dell'ebook, l'ho messo in vendita al prezzo simbolico di 0,99, nel caso in cui qualcuno volesse togliersi questo sfizio e perdere 7 ore del suo tempo.

15/09/24

Considerazioni della domenica mattina

Buono: ti stai preparando per la tua prima classe di yoga fly 

Meno buono: l'unico libro che hai reperito sull'argomento è in formato elettronico ma soprattutto in INGLESE

Ottimo: lo stai capendo abbastanza bene, segno che 5 anni di corso d'inglese non sono serviti solo perché il prof è un bonazzo, ma hai davvero imparato qualcosa

Pessimo: essendo il libro in formato elettronico, hai deciso di riprodurre con disegni stilizzati le varie posizioni, ma a guardarlo meglio il tuo quaderno degli appunti comincia a sembrare un manuale per la versione BDSM del vecchio gioco dell'impiccato



14/09/24

Internet non dimentica...

 ...io sì.

Tutto comincia con una domanda innocua di Matilde: hai mai pensato a come sarebbe oggi la tua vita se tu fossi diventata una scrittrice?

Ogni tanto Matilde mi fa queste domande esistenziali curiose; non ho mai capito se lo fa per vedere come reagisco a queste domande oppure se è davvero curiosa della risposta. 
Ad ogni modo, ho risposto che sì, ci ho pensato spesso (come spesso ho pensato a come sarebbe la mia vita se avessi continuato a studiare musica, o se avessi sposato quel tizio di Roma, o se invece di iscrivermi a lettere mi fossi iscritta in agraria ecc).

Ebbene, da lì siamo passate a ricordare quando scrivevo, quando le raccontavo sommariamente cosa scrivevo... e mi fa strano scoprire che lei si ricordi certe cose del passato.

Quindi è andata a cercare il vecchio sito, scoprendo che non esiste più (il dominio che avevo acquistato sarà scaduto da decenni), ma sorprendentemente ha ritrovato le pagine di e-shop, e - ancora più sorprendentemente - abbiamo scoperto che c'è qualcuno che ha scritto recensioni anche in tempi meno remoti.

Purtroppo, però, non sono riuscita a recuperare le credenziali di accesso.

Fa venire i brividi rendersi conto che certe cose puoi dimenticarle e vivere come se non ci fossero mai state, ma sul web ne rimane traccia indelebile che sfugge al tuo controllo.

12/09/24

La confidente di tutti

 Io non lo so il perché, ma mi ritrovo spesso, mio malgrado, ad essere la confidente di tutti, anche di gente con cui non ho molta confidenza.

Mi telefonano apposta per raccontarmi problemi di lavoro e di cuore. Sanno perfettamente che io non ci posso fare niente e infatti è sempre chiaro a tutti fin dall'inizio che non mi telefonano per avere una soluzione, e nemmeno un consiglio, anche perché non ne so dare.
Mi chiamano per sfogarsi. E chiudono la chiamata ringraziandomi e scusandosi per lo sfogo.

Boh.

Forse dovrei cominciare a farmi pagare...

11/09/24

Stranezze

 Già mi sembra strano che terrò un corso di yoga aereo a partire dal prossimo mese, ma ancora più strano è il fatto che sto studiando la teoria su testi in inglese.

Me lo avessero detto 5 anni fa non ci avrei mai creduto.

09/09/24

Il samskara di Lucy Van Pelt

 Ti capita mai di pensare che non sarai mai più capace di innamorarti?

A me sì. Sempre. 
E ogni volta che mi soffermo a pensarci, trovo sempre mille motivi per cui mai nessuno sarà, nella mia vita, ciò che è stato Schroeder, mio marito.
D'altro canto, siamo separati da più di 10 anni e divorziati da più di 2, ci siamo rifatti vite su vite entrambi, eppure io continuo a chiamarlo "mio marito".
Se penso a un film che non conosco, mi chiedo se avrebbe potuto far parte del programma di "acculturamento cinematografico" che mi aveva preparato quando eravamo fidanzati. Se penso a un luogo, mi ricordo di quando ci siamo stati insieme o mi domando come sarebbe stato andarci con lui. 
Non lo vedo quasi mai, a malapena due volte l'anno e per una mezz'oretta al massimo, ma ogni volta il senso di "completezza" è sempre lo stesso di vent'anni fa. Già. Vent'anni. Tra un mese avremmo fatto vent'anni di matrimonio, invece siamo durati a malapena 9.

Ci tornerei? No. Nemmeno per sogno. Non provo più per lui nessun tipo di sentimento e men che meno attrazione fisica.
Eppure la sensazione è sempre la stessa, sempre quella, sempre la solita.
C'è scritto il suo nome sullo spazio del mio cuore dedicato all'innamoramento. L'innamoramento quello unico, quello che non c'è bisogno di parlare perché basta uno sguardo per capirsi.

Lo so che detta così è crudele nei confronti di chi c'è stato dopo. Ma l'Ingegnere io l'ho amato con il cuore, il corpo e l'anima, ma non ne sono mai stata innamorata. Non nel modo in cui intendo io l'innamoramento.

Banalmente, ancora oggi sorrido quando racconto aneddoti su Schroeder. Con l'Ingegnere non credo mi sia capitato mai. E nemmeno con chi c'era stato prima di Schroeder.

Nella filosofia meditativa che seguo e pratico (ma anche nel Buddismo, però io non sono di religione buddista) c'è il concetto di samskara, che è un po' complesso da spiegare qui con poche parole su un blog di sproloqui personali, ma che è la spiegazione che ho trovato per tutto ciò che sento e che mi accade.

Il samskara è la traccia che viene lasciata sulla nostra mente dalle azioni che compiamo. La legge del karma regola la formazione dei nuovi samskara e la loro risoluzione nel susseguirsi dei cicli di morte e rinascita. Ecco, i samskara possono molto spesso essere legati alle nostre relazioni interpersonali e possono influenzare la nostra vita sentimentale in ciascuna delle reincarnazioni. Per risolvere un samskara con una persona possono essere necessarie anche diverse reincarnazioni durante le quali la relazione tra i due può essere di varia natura e grado di parentela.

Ecco, io sono convinta che con Schroeder condivido un samskara che non siamo riusciti a risolvere in questa vita. Ne serviranno ancora parecchie prima di riuscirci, e probabilmente la mia sensazione di "destino" legata a lui è dovuta a questo.

Ed io non riuscirò mai più a innamorarmi, in questa vita, come ho già fatto per lui. E paradossalmente, lo trovo rassicurante.

Ma d'altro canto, poi... è forse un caso che mi sono immaginata come Lucy Van Pelt... eterna innamorata di uno scostante Schroeder?
Ma secondo te, Lucy da adulta si sarà mai innamorata di qualcun altro con la stessa intensità con cui si è innamorata di Schroeder?

E' un samskara anche il suo.

07/09/24

Il nuovo fruttivendolo

Quando abitavo in Sicilia avevo un piccolo fruttivendolo proprio accanto al portoncino di casa, e la frutta e la verdura la compravo sempre lì. Compravo al supermercato solo le cose "strane" come l'avocado, la verza, le carote viola, i pompelmi... Roba che un normalissimo fruttivendolo di una minuscola stradina nel centro storico di una piccola cittadina di provincia non sapeva nemmeno che esistesse.

Da quando sto a Torino ho scoperto la meraviglia del mercato. Negli ultimi 6 anni e mezzo ho abitato vicino ad uno dei più grandi ed economici mercati della città, tanto che quando ho cambiato casa (e quartiere) la terza domanda che ho fatto all'agente immobiliare è stata se ci fosse un mercato quotidiano in zona.

Al vecchio mercato avevo un fruttivendolo marocchino, che quando superavo i 10 euro di spesa mi regalava il prezzemolo. Che non uso molto. Avevo tonnellate di prezzemolo in congelatore.

Adesso qui, nel nuovo quartiere, ci abito da esattamente due mesi e il primo mese è servito a fare il giro di tutte le bancarelle di ortofrutta per trovare quello più adatto a me (e alle mie tasche).

Credo di averlo trovato.

La prima volta tutto nella norma. La seconda e la terza volta mi ha arrotondato il conto ai 10 cent inferiori.

Oggi, prima mi ha regalato un limone, poi mi ha chiesto se mi piace il piccante e mi ha regalato anche un mazzolino di peperoncini freschi. Ok, ha vinto: è il mio nuovo fruttivendolo di riferimento.

C'è solo un piccolo problema: il limone lo uso molto, però non amo il piccante.

Ad ogni modo, appesi lì stanno carini.



06/09/24

Paura di dire

Ieri ho scoperto che Angelica mi aveva tenuto nascosto un fatto perché aveva paura di dirmelo, aveva paura di come io avrei reagito.
E poco importava se, parlandone insieme ieri, ha ammesso di aver immaginato una mia reazione che lei stessa riteneva poco verosimile e probabile. Aveva paura di dirmelo, aveva paura che io mi arrabbiassi, aveva paura che io la punissi.

Chi mi conosce sa che è una cosa che non ho fatto mai e mai farei, eppure Angelica ne aveva paura.

Questo dialogo con mia figlia mi ha portato a fare una duplice riflessione.

Qualche anno fa anch'io ho taciuto un fatto a mia madre, perché avevo paura di come avrebbe reagito. L'unica differenza sta nel fatto che l'ipotetica reazione di mia madre a riguardo sarebbe stata probabilissima e verosimile (e negli anni successivi ne ho avuto conferma), ma la "paura" era identica.

La riflessione, dunque, è questa: i modelli si trasmettono di genitore in figlio in maniera automatica, inconsapevole e inesorabile.
Non importa la differenza di personalità, di storia personale di ciascuno, gli eventuali precedenti analoghi ecc. Nonostante Angelica sapesse che io non la punisco, ne aveva comunque paura.
Il modello si trasmette così com'è, possono cambiare la materia, la sostanza, i dettagli, ma la forma è quella, dobbiamo rassegnarci.

Esserne consapevoli, però, ci aiuta nel riconoscerlo il meccanismo e, se non si riesce a scardinarlo, quanto meno si può affrontarlo e "digerirlo", come ho fatto io ieri con Angelica.

Seconda parte della riflessione: la paura è un'emozione fondamentale per la nostra sopravvivenza, ci tiene in salvo da tutti i pericoli reali e potenziali. Ci salva la vita costantemente. Se non avessimo paura potremmo attraversare fischiettando un'autostrada, o affacciarci sul limite di un burrone, o lasciarci avvicinare da un serpente velenoso.
E' un'emozione primaria cui dobbiamo essere costantemente grati.
Eppure, quando entra in gioco nelle relazioni con gli altri, fa più danno che beneficio.
Ci fa immaginare scenari anche inverosimili e soprattutto ci blocca. Lo stesso "freezing" che avviene in certi casi davanti a un pericolo reale (che può essere una belva feroce, o un rapinatore che ci punta una pistola contro) si manifesta nella relazione con l'altro, impedendoci di esprimerci, parlare e scoprire se ciò che abbiamo immaginato è reale o no.
Mentre nel caso della belva o del rapinatore, il freezing ci salva la vita, perché una reazione troppo irruenta potrebbe scatenare una controreazione e mettere a rischio la nostra sopravvivenza, nel caso della relazione con l'altro è solo dannosa, crea aree di vuoto, di buio, di disagio.

Bene, la mia perla di saggezza quotidiana l'ho rilasciata nel mondo dell'internet. Per oggi sono a posto.

Ciao.

05/09/24

Piove

Buono: non fa più il caldo asfissiante delle ultime settimane
Molto buono: piove
Meno buono: piove incessantemente
Per niente buono: l'ultima volta che hai preso l'ombrello, lo hai dimenticato al lavoro
Pessimo: devi andare al lavoro
Insperabilmente bellissimo: un ragazzo ti vede per strada senza ombrello e ti offre riparo sotto il suo per attraversare la strada

Odio gli esseri umani, ma amo l'umanità

03/09/24

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #1

 Durante un momento di intimità: "Ooooh, ma come ti pieghi! Oooooh, ma come apri bene le gambe! Ooooooooh, ma come ti metti! Si vede che sei abituata, col tuo lavoro"

(Sad true story)

01/09/24

Non capisco

 "Acieddu 'nta aggia canta pi' mmìria o pi' raggia"

Ieri pomeriggio qualcuno nel palazzo qui di fronte ha preso un uccellino in gabbia e lo tiene sul balcone. Da ieri pomeriggio si sente questo uccellino cinguettare.
Bello.
I primi 5 minuti.
Ma è mai possibile che nel 2024 ci sia ancora gente che trova normale tenere un uccellino in una gabbia?!
I pesci nell'acquario... forse... con un acquario sufficientemente grande e poco popolato, riesco ancora a comprenderli. Ma gli uccellini in gabbia proprio no, non ce la faccio a capirne la bellezza, il divertimento, il senso, proprio.
(Trad. della frase di apertura "L'uccellino in gabbia canta o per invidia o per rabbia". Qui la uso in senso letterale, ma in realtà viene spesso usata in senso metaforico per indicare una persona che parla troppo, si lamenta o accusa indiscriminatamente gli altri, appunto, per invidia, rabbia, frustrazione e non per motivazioni realmente valide)

30/08/24

Il male della terra

 Chi crede che il male della terra siano le "mamme pancine", si sbaglia.

Il male della terra sono i "papà simpaticoni".

Li riconosci subito, anche perché è impossibile non notarli:
- non parlano coi loro figli; impartiscono insegnamenti con stile ironico e divertente
- intavolano discussioni con gli altri bambini presenti, assurgendo al ruolo di mentore
- sono parte attiva dei giochi, spingono tutti sull'altalena e guidano l'assalto dei pirati

Si sentono fighissimi. Percepiscono nell'aria il segreto desiderio delle mamme astanti, che si mangiano le mani per non aver scelto loro per procreare, invece di quegli idioti che in questo momento sono alla riunione del fantacalcio con gli amici, o con l'amante, chissà. E loro lì, ad aiutare tutti a salire e scendere dallo scivolo, a interpretare la parte del cliente del ristorante di fango, a spiegare quali principi della fisica stanno alla base dell'oscillazione dell'altalena, a supervisionare i lavori al cantiere degli scavi nella buca della sabbia.
Tronfi e orgogliosi.
Loro sì che sanno come prendersi cura dei bambini.

Si sentono fighissimi, ma poi si stancano.
E mica possono pensare solo loro a tutti questi marmocchi, che non sono nemmeno figli loro. Ma i marmocchi ormai attratti, attivati, fomentati li cercano continuamente, vogliono ancora coinvolgerli, richiedono la loro partecipazione. E allora li vedi che non sanno come fare, come liberarsi, come scrollarseli di dosso, ché loro avevano promesso alla figlioletta una mezz'oretta ai giardini e invece si sono ritrovati a capo della ciurma all'arrembaggio, ma tra 10 minuti inizia la riunione con gli amici per il fantacalcio, e allora annaspano, cercano con lo sguardo le legittime mamme che chiacchierano noncuranti sulle panchine. Quindi battono in ritirata agguantando la figlioletta e strappandola via dall'altalena, indifferenti delle proteste sue e di tutti gli altri marmocchi che ormai li avevano acclamati Re e si ritroveranno senza sovrani.

Le maestre dei centri estivi, invece, si godono la scena e ridacchiano.

29/08/24

Cosa mi è piaciuto di più

 Ultima attività della giornata al centro estivo: cerchio di chiusura nel quale suoniamo la campana tibetana e ripensiamo a tutte le cose che abbiamo fatto insieme durante la giornata e diciamo quella che ci è piaciuta di più.

Gioele: "A me la cosa che mi piace è stare con voi"

Alice: "A me è piaciuto di più andare al parco"

Maria: "A me la cosa che è piaciuta tantissimo è stata colorare"

Diego: "A me la cosa che mi piace più di tutti è la maglietta della maestra"



Diego ha buon gusto.

28/08/24

Cose che non vorresti mai vedere #47

 Un signore anzianotto che, mezzo zoppicante, entra in un bar a chiedere del titolare e insieme si mettono a parlare e organizzare la loro prossima battuta di caccia.

(Ho, infatti, scoperto la caccia riapre domenica. Ma nel 2024? Ancora la caccia?)

27/08/24

Ellie

Oggi vi offro una lacrima strappastorie.

Una cosa che non ho detto esplicitamente qui, è che ho lasciato il mio gatto Elliot alla casa vecchia, insieme a chi ancora ci abita e che si prenderà cura di lui anche meglio di come avrei potuto fare io.

In realtà, nonostante il gatto fosse mio, lo avevo voluto io, il documento di adozione e il microchip fossero a nome mio, non ero io l'umana preferita da lui, e quando ci si trova a fare scelte difficili e dolorose, bisogna mettere tutto dentro il calderone dei pro e dei contro. Li ho lasciati entrambi, gatto e umano, e sono sicura che sia stata la scelta migliore per tutti.
Ma non è questa la lacrima strappastorie che volevo offrirvi, serviva solo a contestualizzare.
A metà luglio ho traslocato nella nuova casa ed ho trascorso tutta l'estate a Torino. Da sola, perché le ragazze sono state a Palermo per un mese.

Disperata e con la sindrome della crocerossina sempre in tasca, nonostante un trasloco in corso, mi sono offerta come stallo per l'associazione che si occupa di randagi dalla quale avevamo preso Elliot. Mettevano continuamente annunci di richiesta di stalli, ed io non solo ho patito la solitudine, ma non mi sentivo nemmeno più a mio agio a indossare abiti senza peli di gatto addosso.
Mi sono offerta, mi hanno dato una gattina giovane, avrà a malapena un anno, che era stata recuperata due mesi prima; era incinta, aveva partorito due cuccioli, dei quali uno è morto, ed era stata stallata da una persona che però non riusciva a garantire la sua sicurezza, tanto che la gattina scorrazzava allegramente tra macchine e camion di uno dei corsi più trafficati di Torino.
Ri-recuperata è stata affidata a me.

Io l'ho chiamata Ellie, perché ovviamente mi veniva spontaneo chiamarla Elliot, ma è anche detta La Miciuzza, proprio con l'articolo nel nome, in stile Pennac.
Non la adotterò, però. 
Non me la sento ancora di prendermi la responsabilità di un altro essere vivente, devo prima scoprire se riuscirò a prendermi cura di me stessa e delle mie figlie, ma continuo ad ospitarla in stallo in casa mia.



26/08/24

Si ricomincia

Oggi ricomincio a lavorare al centro estivo.
Ieri sera ho riattivato la sveglia delle 5.24, ma non sono riuscita ad addormentarmi abbastanza presto.
Forse avrei anche potuto essere meno estrema, regolare la sveglia alle 6. Ce la farei lo stesso ad arrivare in tempo, ma ormai è quella la mia abitudine: le 5.24.
Anche perché in realtà non pesa, anzi! Mi piace molto sentirmi accompagnata dalla luce che arriva pian piano. Quando mi alzo è buio pesto, quando finisco la meditazione del mattino il cielo è più chiaro, mentre mi preparo la colazione e inizio ad essere operativa e più reattiva anche la luce si attiva con me.
Mi sembra un modo dolce e propiziatorio per iniziare la giornata.

25/08/24

24/08/24

Effetti del trasloco

 In tutte le case c'è almeno un cassetto delle cose che non hanno altri posti dove essere riposte.

A casa nuova ne ho 3 e il problema è che quando cerco una cosa che non ha un suo posto ufficiale finisco per rovistare in almeno due cassetti prima di trovarla.

23/08/24

Ho ripreso a sognare

 Da quando mi sono trasferita in questa nuova casa non mi era ancora capitato di ricordare i sogni al risveglio.

Stanotte ho sognato due o tre cose. La prima che mi ricordo, la più sconvolgente, è stato un incontro saffico con una mia cugina che non frequento più da anni.

Poi ho sognato di guidare una macchina e perdermi in stradine di campagna, con questa macchina strampalata, mezza cabriolet, mezza carro armato.

Infine ho sognato il mare. Un mare scuro, cupo, agitato ma non pauroso, con onde alte e sottili, quasi come la cresta di un dimetrodonte.

Non mi sono molto soffermata sugli ipotetici significati degli episodi in sé, quanto sul fatto di aver ripreso a sognare, o meglio, a ricordare i sogni al risveglio. In genere, la prima cosa che mi succede quando sto male, è proprio smettere di ricordarli. Voglio prenderlo, dunque, come un buon segno, vuol dire che mi sto adattando alla nuova vita.

22/08/24

Siamo alle solite

Quando pensi di averle viste tutte... no, c'è sempre una nuova richiesta assurda.

Già erano assurde le richieste (e negli anni non sono state poche, credetemi) di fare "inserimento". Cioè: tu devi far frequentare tuo figlio per una settimana o magari due... e vuoi fare l'inserimento?!
Adesso mi chiama una mamma per sapere se il figlio può fare una prova al centro estivo.
Una prova?! Ma di che cosa?
Voi ormai mi conoscete, io cerco sempre di entrare nella testa dei genitori con cui interagisco, cerco di immedesimarmi per comprendere meglio le necessità, le paure, le aspettative...
In pratica, nei sogni di questa mamma, lei portava suo figlio da noi due o tre ore, non so, poi tornava e, se gli piaceva lo lasciava e pagava la retta, altrimenti se lo riportava a casa e amici come prima.
Ma io non capisco una cosa: quando andate al cinema chiedete di sedervi una decina di minuti e, se il film vi piace, restate e pagate il biglietto, altrimenti ve ne andate e amici come prima?
Quando andate al ristorante vi sedete e chiedete di fare un assaggio di tutte le portate e, se il cibo vi piace, restate e completate il pasto pagando, altrimenti ve ne andate e amici come prima?
Quando prendete un treno o un aereo vi accomodate e osservate il paesaggio per qualche minuto e, se vi piace restate e pagate il biglietto, altrimenti ve ne andate lanciandovi col paracadute e amici come prima?
Quando andate a farvi i capelli vi fate lavare, tagliare e acconciare solo metà testa e, se vi piace restate e vi fate fare pure il resto e pagate, altrimenti ve ne andate e amici come prima?
Ecco. Siamo alle solite.
Se avete bisogno di "piazzare" vostro figlio per poche ore, ci sono i baby parking, che servono proprio a questo. E comunque li DOVETE PAGARE, perché voi avete un problema e loro vi offrono la soluzione.
Smettetela di pretendere volontariato da chi lavora.
Oh.
E questo è il "buongiorno".

20/08/24

Per strada

 Una ragazza spiega ad un anziano signore che dopo aver inserito tre volte il pin nel telefono, deve inserire il puk.

Una signora ben vestita si ferma a frugare dentro i cassonetti della carta esposti fuori dai palazzi.

Un tassista si distrae a guardarmi passare in bici, solo perché indosso gli shorts (l'ho visto bene) e non si accorge che un po' dietro di me c'era Matilde e per poco non la investe. 

19/08/24

Non mi mancava

 Le ragazze sono tornate a casa dopo un mese trascorso dal padre, a Palermo.

Mi sono mancate. Mi sono mancate le loro interminabili chiacchiere, il loro disordine, i loro abbracci.
Ciò che non mi è mancato affatto sono le domande che mi hanno fatto da dietro la porta mentre sono in bagno.

18/08/24

4m0r3 e 5e55o

 Piccolo prologo fuori argomento: ho trovato divertente cercare le varie combinazioni di lettere e numeri con cui avrei potuto scrivere il titolo di questo post senza scrivere le parole per intero. Vai a capire perché, poi.

Nella mia vita, tranne che in un solo caso o forse in due, ho predicato bene e razzolato malissimo riguardo una eventuale separazione tra sentimenti e attrazione fisica. Sono stata cresciuta con il mito dell'amore romantico, della monogamia assoluta ed estrema, ossia un uomo solo per tutta la vita.

Ovviamente questa legge mi ha precluso mille esperienze, ha compromesso irrimediabilmente la percezione di me, degli altri, dei maschi e delle femmine, ha fatto di me una ragazza bacchettona ed estremista, giudicante, superba e dannatamente infelice.

Ma se il ragazzo che avrei baciato sarebbe necessariamente dovuto essere l'uomo con cui avrei trascorso il resto dei miei giorni, non era certo un'esperienza da poter prendere alla leggera, no?

Non ce l'ho con chi mi ha inculcato quest'idea. I peggiori errori li facciamo tutti in buona fede. C'era un intendo etico di fondo, e probabilmente un'incapacità a gestire argomenti come sessualità, contraccezione, malattie ecc, e allora meglio incutere terrore e seguire la linea del proibizionismo ferreo, tantopiù che con me evidentemente funzionava. 
Quanto male siamo stati capaci di farci pur di compiacere i nostri genitori?

Ma veniamo al sodo.

Dopo la fine del mio matrimonio, ho capito che avendo vissuto i precedenti 35 anni con la netta distinzione tra le due cose, ma in favore dell'amore, era giunto il momento di scoprire se potevo farlo anche in favore del sesso. Ed ho scoperto di sì.

Dopo mio marito e prima dell'Ingegnere ho "avuto" due uomini. Di nessuno dei due ero neanche lontanamente innamorata, con nessuno dei due avrei mai potuto vivere una quotidianità più lunga e duratura di quella che era stata strettamente necessaria in quel momento. Con uno dei due è finita malissimo, lui era molto preso, troppo: nei suoi sogni aveva trovato una "brava mogliettina" che gli portava in dote pure due figlie già belle cresciute che lo deresponsabilizzavano su eventuali futuri intenti riproduttivi: un affare d'oro.
Ma io non lo amavo. Nemmeno un po'. Sì, magari gli volevo bene, ovvio. Ci si affeziona, poi. Ma amore no, manco per niente. 
Non ho più sue notizie dal 2015.

L'altro no, lo sento ancora ogni tanto. Siamo amici. Lui è tornato dalla moglie ed è stato un bene per tutti. Gli ho voluto e gli voglio un gran bene, ma nemmeno quello è mai stato amore. 

Poi c'è stato l'Ingegnere. Per 9 anni quasi ininterrotti: 2 vissuti a distanza, 3 nella stessa città ma ognuno a casa sua, 4 in convivenza.
Ci eravamo lasciati altre due volte in questi 9 anni, e la seconda, che è durata anche un paio di mesi, ha visto un'altra meteora attraversare il mio cielo, ma io gli sono sempre stata fedele. Così come avevo fatto con mio marito.

E allora la mia riflessione di oggi è questa: io sono capacissima di vivere esperienze di sesso che non siano sostenute da sentimenti romantici, ma nel momento in cui ci sono di mezzo i sentimenti romantici divento integerrima e fedele.

Posso stare con un uomo anche solo un pomeriggio senza problemi, difficoltà o sensi di colpa (ovviamente se la situazione è chiara e pacifica per entrambi) ma nel momento in cui sono sentimentalmente legata a un uomo, tutti gli altri scompaiono.
Ok, li vedo, li noto, li apprezzo, ma mai e poi mai riuscirei a farci qualcosa.

E adesso?

Adesso sono tornata single da più di 4 mesi. Ho incontrato qualcuno, ma non mi sento più le forze.
Non mi sento più le forze per amare. Già dopo la fine del mio matrimonio avevo sentito il mio cuore fermarsi, e infatti l'evento che mi ha incoraggiato con l'ingegnere è stato proprio un fortissimo batticuore dopo un abbraccio che ci siamo scambiati. L'illusione di una resurrezione. Boh, forse lo è stata, almeno per i primi tempi.

Adesso il mio cuore è proprio morto, fermo. Ormai non batte più nemmeno nei momenti emozionanti, dopo un complimento o un approccio fisico.

Mi sento un involucro pieno di energia vitale, ma senza sentimenti, ed ho paura di far del male a qualcuno in questo modo. 

17/08/24

Ricordi antichi

 Oggi è il compleanno di mio fratello. Avevo quasi 5 anni quando è nato, e mi ricordo benissimo tutto quanto. Uno dei ricordi più antichi che ho è proprio quando mia madre ha fatto il test.
Mi ricordo che mio padre mi portò in bagno, in quello che chiamavamo "secondo servizio", e mi fece vedere qualcosa. L'immagine che ricordo è un pallino blu circondato da un alone giallastro, ma può anche darsi che sia una ricostruzione fuorviata. Eppure ogni volta che ci ripenso la vedo così. Mio padre mi aveva detto che se spuntava il pallino significava che dopo qualche mese sarebbe arrivato un fratellino o una sorellina. 
Poi non ho effettivamente ricordi di mia madre incinta, né della sua pancia. Mi ricordo bene, però, che a un certo punto io andai a dormire a casa di alcuni zii di mia madre, dove i cugini giocavano con me e mi viziavano, fino a che, una sera, mi hanno portato in clinica a vedere mia madre e il fratellino che era nato.

C'è una fotografia che mi ritrae mentre mi affaccio sulla culletta. Ecco, di quel momento non ho ricordi miei. Ricordo soltanto che avevo fatto amicizia con un'altra bambina, e anche a lei era nato un fratellino, e sua madre era in una camera vicina a quella dove stava mia madre.
Noi correvamo in corridoio nonostante i rimproveri e le raccomandazioni, e a un certo punto era arrivato suo padre. Vedendolo quella bambina si mise davanti a me, in un gesto che adesso interpreto come farmi scudo con il suo corpo.

Chissà perché.

E comunque uno dei ricordi più antichi che ho è quello di sentirmi schiacciata tra il muro di un corridoio e il corpicino di una bambina che, forse, voleva proteggermi.

16/08/24

Gli effetti della solitudine

 In questi giorni sono stata da sola. Sul finire di luglio ho portato le ragazze in Sicilia ed io sono tornata a Torino. Ho fatto praticamente 3 intere settimane da sola. Mai successo prima d'ora.

Ovvio, non sono stata completamente sola per tutto il tempo: mi sono vista con alcuni amici, ho conosciuto qualche persona nuova ed ho smesso di frequentarne qualcun altra. Ma in casa, nella quotidianità, sono stata sola.
Devo ancora una volta correggermi: nemmeno in casa sono stata del tutto sola. Da esattamente 13 giorni ospito in stallo una gattina salvata da un'associazione da probabile morte violenta. Resterà con me ancora fino a metà della settimana prossima, circa, poi andrà in clinica per essere sterilizzata e quindi adottata. Non da me, voglio precisare.

Quindi non sono mai stata davvero sola, eppure mi sento sola e riconosco gli effetti collaterali di questa condizione:
1) parlo da sola, commento e descrivo ciò che faccio, e no, non parlo alla gattina.
2) mi sono comprata la settimana enigmistica e ho impiegato il tempo risolvendone tutti i giochi, tutti, anche quelli che non capisco o che non mi sono riusciti
3) da una settimana ho la fibra a casa e mi sono sparata più film e serie su netflix in questi 7 giorni di quanto non abbia fatto nei precedenti 5 anni
4) mi annoio ad andare fuori, in giro, per negozi, al supermercato, sull'autobus, per strada: tollero di più stare sola a casa che non fuori casa

Le ragazze torneranno domenica e, davvero, non vedo l'ora.

Non vedo l'ora di avere nuovamente desiderio di solitudine.

Perché il fulcro della questione è questo: trascorro l'intero anno a desiderare di stare da sola, per essere libera e padrona del mio tempo, ma poi quando ciò accade non riesco a goderne appieno.

15/08/24

La maledizione dei bambini

 Da un po' di anni mi sono convinta che il mio dharma sia occuparmi dei bambini. Il "dharma" è un concetto che può essere semplificato con "essenza", "ragion d'essere", "scopo nella vita", "missione", e via così.

Da un po' di anni sembra che io non riesca a stare lontana dai bambini, e non intendo in maniera attiva, perché, dipendesse da me, una bella pausa me la prenderei volentieri.
No, il fatto è che l'Universo non riesce a trattenersi dal mettere bambini sulla mia strada.

Ok, ci lavoro coi bambini, ormai since 2016. Ma il problema è che anche quando non lavoro, al di là dei vari bambini della mia famiglia, comunque non passa un giorno in cui io non ci abbia a che fare in maniera prevalentemente passiva. Poi viene solleticato il mio dharma, quindi agisco attivamente.

Se sono al supermercato e c'è vicino a me una persona con un bambino nel passeggino, io potrò ignorarli quanto voglio, ma andrà a finire che per qualche strana ragione mi troverò comunque costretta ad interagirci, ad esempio il bimbo si toglie una scarpa e chi è con lui non se ne accorge: che fai? Non gliela raccoglie e gliela dai? 
Sono stata circondata da scolaresche sui mezzi pubblici, da famiglie al ristorante, nei negozi, per strada.

E a casa.

Dove abitavo prima, circa un anno fa si era trasferita una famigliola con un neonato di pochissime settimane. Si capiva che era neonatissimo da come piangeva. Tutta la notte.
E quante volte sono stata tentata dallo scendere a bussare al piano di sotto per offrire il mio aiuto, tanto non potevo dormire comunque!, e magari far riposare le braccia stanche di madre e padre.

Anche qui, a casa nuova, al piano rialzato abita una famiglia con 3 figli. Ecco, nessun neonato, ma i due più piccoli (di due e quattro anni, credo, o giù di lì) non fanno altro che piangere, strillare, litigare, urlare e giocare nei modi più chiassosi che esistano.

Che fai? Non vai a suonargli indossando la maschera da It?
No, non lo fai. Ma vorresti tanto.

Le maledizioni sono così: bisogna subirle e accettarle e basta.

14/08/24

Ritorno

 Ritorno qui oggi, in un afoso pomeriggio d'agosto. Scrivo seduta al tavolo della cucina della MIA nuova casa di Torino.

Ne sono successe di cose negli ultimi anni, ma considerando che almeno fino al 2020 cercavo di mantenere una certa costanza, riassumerò brevemente ciò che è stato dopo. Magari non proprio tutto-tutto, ma quanto meno gli avvenimenti salienti.

Io, di mestiere, faccio l'insegnante di yoga. Insegno soprattutto ai bambini, nelle scuole, ma anche alle famiglie, nei centri privati. E poi ho iniziato ad insegnare anche agli adulti.

Matilde è stata bocciata in seconda liceo. Lo scientifico non era la sua strada: ha perso un anno ed ha cambiato con il liceo linguistico. Ha compiuto 18 anno lo scorso dicembre e a settembre inizierà il quinto anno. Non ha ancora preso la patente, ma in compenso ha una fidanzata. Sì, avete letto bene, non è un refuso. Mentirei se dicessi che per me è stato facile da capire/accettare, ma ormai l'ho capito/accettato, discorso chiuso.

Angelica ha finito la terza media, ha compiuto 14 anni lo scorso giugno e inizierà a frequentare il liceo delle scienze umane. E' stata la ragazzina più popolare/corteggiata/conosciuta della scuola e del quartiere, ma lei sempre picche a tutti. E' cresciuta, ma non è cambiata.

Io ho posto fine alla mia relazione stabile con Raffaele. Ho provato a cercare negli ultimi post il soprannome con cui lo chiamavo (forse era l'Ingegnere?) ma non l'ho trovato. E mannaggia alla pupazza, col senno di poi quanto è illuminante questa constatazione? In questo blog, che è stata la MIA VITA per anni e anni, non trovarne facilmente menzione era una curiosità che, se avessi notato anche solo due anni fa, mi avrebbe risparmiato almeno 2 anni di infelicità. Ma va bene, è andata così.

Ho lasciato l'ingegnere, quindi. Sì, vivevamo tutte con lui, motivo per cui, come dicevo all'inizio, adesso sono seduta al tavolo della cucina della MIA nuova casa di Torino.

Non ho molta voglia di raccontare e ripercorrere ancora una volta tutta la genesi del cambiamento. Poco fa no visto i post che riguardavano il trasloco precedente, quello in cui ci siamo trasferite da lui. Molto carino quello in cui dichiaro che sarebbe stato l'ultimo trasloco della mia vita.

No. La vita mi ha insegnato che io posso pensare, desiderare, impegnarmi in tutto quello che voglio, ma poi come deve andare lo decide lei, senza nemmeno chiedere la mia opinione. L'unica mia possibilità è quella di accettarlo, e seguire il flusso, e cercare di starci a galla in questo flusso che scorre, senza annegare.

Da qualche mese avevo pensato di voler tornare a scrivere. Ho aperto word diverse volte, ma ho scritto qualche riga, mezza pagina, e poi basta. Mi sono convinta che non sono più capace.

Oggi pomeriggio, però, mi è venuto il dubbio se questo blog esistesse ancora, se fosse ancora online, e adesso che l'ho trovato ancora qui, ad aspettarmi con pazienza, mi è venuta voglia di riprenderlo in mano. Ma stavolta non farò il solito errore degli anni passati. Non mi prendo nessun impegno. Se mi andrà, tornerò a scriverci qui le cose strane che mi succedono (e sono parecchie), quelle che penso (e sono ancora di più) e le mirabolanti avventure di mia figlia e Woodstock, Matilde e Angelica, ché ormai le categorie a loro dedicate si chiamano così e così continueremo a chiamarle.

Magari si aggiungerà qualche nuova categoria di argomenti, chissà.

Per il momento chiudo e mi godo la soddisfazione di aver scritto molte più parole in questo post di quante ne abbia mai potute scrivere negli ultimi anni.

Sono tornata, forse.