25/11/25
Proprio oggi
23/11/25
Domenica
21/11/25
L'affare Makropulos
La settimana scorsa il professore di teatro ci aveva lasciato da leggere e interpretare il monologo più famoso dell'opera teatrale "L'affare Makropulos" di Karel Capek.
Una pagina intera che non andava - obbligatoriamente - imparata a memoria, piena di riflessioni sul senso "finito" della vita umana, di come l'esagerazione svuota di significato ogni cosa, anche la più bella e auspicabile. Nel caso della protagonista: la vita.
Emilia ha 342 anni perché ha avuto accesso ad una formula magica che le ha permesso di cristallizzare il suo corpo e vivere per altri 300 anni. Allo scadere del tempo, pur essendo ormai annoiata di tutto, del bene e del male, cerca di rinnovare l'incantesimo perché ammette di avere comunque paura di morire.
Io l'ho letto e riletto centinaia di volte fino a impararlo (quasi bene) a memoria. Poi il professori si è assentato ed ha mandato a sostituirlo la sua collega che si occupa del corso avanzato.
Non volevo mettermi in mostra, ma il mio ego è stato più forse del mio senso etico nei confronti degli altri compagni. L'ho detto.
Alla domanda "Ma quindi nessuno di voi è riuscito a prepararne un'interpretazione anche solo leggendolo dal copione?" ho risposto che in effetti io lo avevo fatto. Anche sforzandomi di mandarlo a memoria.
Ho sudato e tremavo, ma l'ho recitato sbirciando solo occasionalmente dal foglio.
Per me è stato un trionfo.
Come in ogni aspetto della mia esistenza, io vivo spaccata a metà.
Una delle grandi dicotomie della mia personalità è proprio la convivenza tra la mia essenza yogica, spirituale, fatta di ascolto e rispetto del Sé, senza fronzoli, senza attaccamento alle cose materiali, praticando la contentezza, l'amore per l'essenziale, il servizio verso gli altri, vivendo il silenzio come un dono prezioso; dall'altro lato c'è il mio spirito istrionico e teatrale, la passione per lo spettacolo, per la musica, l'esibizione, il desiderio di mostrare agli altri quanto sono brava e capace.
Esattamente come Emilia, che dice di non sentire più nessuna emozione che possa farle amare la vita, eppure ammette di avere una terribile paura di morire.
20/11/25
La vita è ingiusta
Sono pronta per la terza e ultima lezione della mattinata alla scuola dell'infanzia. Sento le voci dei bambini in corridoio, mentre si avvicinano alla sala che utilizziamo.
Entrano, li saluto, li invito a sedersi sui tappetini, e la maestra mi chiede se può parlarmi in disparte un secondo.
Non è una cosa che succede spesso, solo in casi gravi.
Mi dice che pochi giorni prima è morta la mamma di una dei bambini. Un tumore fulminante, diagnosticato appena un mese prima. La bambina lo sa, ma ha solo 3 anni, e la morte è un concetto troppo astratto. Nei prossimi mesi diventerà maledettamente concreto.
Come io abbia fatto a portare avanti la lezione, con il solito tono, la solita leggerezza, la solita gioia io ancora me lo chiedo.
Avevo la bambina davanti, una bambina di 3 anni appena, con gli occhioni sereni e allegri, che ha seguito tutta la lezione contenta e sorridente, incapace di capire la reale entità di quello che le è successo. Io avevo un macigno sul cuore.
A pranzo mi sono vista con il Capitano ed ho sfogato con lui tutte le lacrime che avevo trattenuto per un paio d'ore.
La vita a volte è davvero ingiusta.
