23/06/20

Riproviamoci

Lo so, lo avevo promesso e, per poco tempo, c'ero riuscita.
Il problema è che non ho la predisposizione d'animo adatta a scrivere. Non è che non mi siano successe "cose", anzi!, il problema è che mi sono così tanto impegnata a interiorizzare, a "restare chiusa" metaforicamente e non, che adesso, aprirmi, diventa molto più difficile.

Vivo nell'attesa di partire, di tornare a Palermo. Nei mesi passati ho avuto l'illusione di poterlo fare, e la ripetuta delusione ogni volta, un volo cancellato dietro l'altro, un decreto dopo l'altro, un "siamo spiacenti di comunicarle" dietro l'altro.
Al momento attuale abbiamo un volo per inizio luglio, un volo che è già stato cambiato d'orario due volte.
Io fino a quando l'aereo non staccherà le ruote da terra, non mi sentirò al sicuro.

Mai come in questi mesi ho sentito bruciante la necessità di tornare a Palermo.
La paura, non tanto per noi, quanto per tutto il resto della famiglia che sta lì, mi ha tenuto stretta per la gola. La consapevolezza che se, malauguratamente, fosse successo qualcosa ai miei genitori loro sarebbero stati da soli a gestirsela ed io qui, a 1500 km, bloccata.
E poi quel senso sconfortante di inutilità, nell'inattività.
Una cosa buona è che sto proseguendo il mio percorso di formazione. Ormai non faccio altro che seguire webinar. Sono anche riuscita a prendere altre due specializzazioni per lo yoga, ma il prezzo da pagare è stata la cronica - ormai - dipendenza di entrambe le mie figlie dai device elettronici.
Per avere io la possibilità di studiare 4-5 ore al giorno, loro hanno iniziato a vivere ciascuna sdraiata sul proprio letto, con lo smartphon in mano ad intrattenerle. C'è ancora molta prudenza in giro, soprattutto per quanto riguarda i bambini e i ragazzi. Matilde avrebbe avuto tutti i permessi che avesse chiesto per uscire con gli amici, ma i genitori dei suoi amici hanno centellinato i permessi ai propri figli. Boh, sarò strana io, ma credo che sia molto più dannoso per la salute starsene inattivi in casa piuttosto che uscire a fare una passeggiata all'aperto. Angelica non la prendiamo nemmeno in considerazione: abbiamo fatto tante cose, passeggiate, pedalate, uscite, ma sempre insieme a me, e torniamo al problema che se io ho voluto avere tempo per me, dovevo toglierlo a lei, e lei ha sempre e soltanto ripiegato sul computer o sullo smartphone.
Pazienza, è andata così. Non ce lo dimenticheremo mai.

Ma parliamo di cose belle.

No. A dire il vero non riesco a coglierne.
Oddio, siamo stati tutti in salute sempre, e questa già è una cosa immensamente importante. In fin dei conti non c'è mai mancato da mangiare, e anche questa cosa non è da sottovalutare.
Il mio problema è il lavoro. Che non ho più, che non ho ancora, che non so se mai lo avrò.

Vabbè, ecco. Ero partita con tutte le buone intenzioni, mi ero detta "Ora scrivo un post vero, che sono settimane che non ne scrivo" e sono finita, ancora una volta, a piangermi addosso.
Il problema è che, al momento, non ho molti appigli per evitarlo. Per certi versi vorrei che quest'estate non finisse mai, perché ho la sensazione che sia l'ultima bolla di serenità che mi sarà data da vivere; per altri aspetti non vedo l'ora che sia settembre, per capire di che morte dovrò morire.

Ho trovato lavoro come baby sitter, a partire da novembre. Ancora. E lo odio. Perché non è il lavoro che voglio fare. E' il lavoro che so fare, che non ho mai avuto difficoltà a trovare e che, seppure mal pagato, mi permetterà sempre di racimolare qualche soldo per campare. Ma io non voglio più fare questo lavoro, non mi ci riconosco, non mi diverto più. E' l'unica prospettiva professionale ed economica che ho al momento: fare la baby sitter a partire da novembre.
Ora ditemi voi come si fa a non deprimersi.

1 commento:

Niki ha detto...

Fa paura sapere che comincio ad avere dei seri dubbi anche io sul mio lavoro dopo 20 anni che lo faccio con estremo piacere. Non capisco cosa succeda.