21/05/20

E' difficile

E' difficile ripartire. Ci provo, ci sto provando, ma come si vede anche dallo stato di abbandono di questo blog, non ci sto riuscendo.

E' il lavoro il mio incubo peggiore.

Mi ritrovavo in procinto di spiccare un salto dall'altra parte del burrone, vedevo l'altro lato lontano ma raggiungibile, sentivo che avrei potuto farcela, le gambe erano forti, tese, pronte a dare al massimo la loro potenza, e proprio un istante prima di farlo, di volare, mi hanno afferrato per la giacca e mi hanno detto di fermarmi e aspettare.
Tutta quell'energia compressa prima del rilascio è implosa. Mi sono afflosciata, come un pupazzo al quale tolgono l'imbottitura.

E il vero problema è che l'argomento "bambini" e collaterali, ossia il mio ambito di auspicato lavoro, naviga ancora in un marasma di caos e incertezza.
Il 21 febbraio scorso ero sicura che al prossimo settembre avrei potuto fare di lavoro soltanto l'insegnante di yoga per bambini.
Oggi mi ritrovo, ancora una volta, a spulciare gli annunci per babysitter, con una nausea che mi fa male, non solo professionalmente.

RIpartire, sì. Ma quando? E soprattutto, in che modo?

Vabbè, questo per dire, umore a parte, stiamo ancora tutti bene.

05/05/20

La ripartenza

Ci ho pensato ogni giorno, ma ho considerato sciocco sforzarmi di scrivere se non sentivo di avere nienre da dire. A dire il vero, non sentivo proprio niente.
Ho avuto un picco discendente. Non lo definirei propriamente "crollo", perché quelle come me non possono permettersi di crollare, o meglio, hanno troppo buon senso per costringersi a non farlo, perché sanno che insieme a loco andrebbe giù tutta la baracca.

Non dormo bene. Faccio fatica ad addormentarmi. Sono esausta, ma sto le ore a girarmi e rigirarmi nel letto, e quando mi addormento faccio sogni agitati, angoscianti, come minimo siamo malati, oppure stiamo fuggendo, o, più spesso, ci inseguono per controllarci l'autocertificazione che non abbiamo, roba che quando glieli racconto le mie figlia si rotolano dal ridere per l'assurdità di certi contesti. Le giornate sono faticose e difficili. Mi trascino di stanza in stanza, resistendo alla voglia di dormire nella speranza che la sera possa addormentarmi, e invece no, appena mi metto a letto sono sveglia come un grillo.

Di cosa ha paura?
mi ha chiesto proprio ieri la psicologa. Ecco: di cosa ho paura? Di ripartire.
Il blocco totale è stato soffocante, ma dopo i primi tempi di destabilità, si è rivelato uno stato dai contorni ben chiari e definiti: devi stare a casa, rassegnati, non c'è alternativa.
Adesso, però, si avvicina l'apertura, la ripresa, ed io non ho le forze per ripartire. Il "là fuori" mi preoccupa e mi spaventa.
Mi spaventa l'eventualità di ammalarmi, io o qualcuno dei miei cari. Mi spaventa l'incertezza lavorativa che ancora mi tiene in pugno: si potrà ricominciare, prima o poi, a fare attività ludico motoria in gruppo? E se anche si potesse, quante famiglie sarebbero disposte a rischiare - comunque - di far entrare potenzialmente in contatto i propri bambini con il coronavirus? Lo yoga vale questo rischio?
E quindi ecco la paura, di nuovo quella, sempre quella, ancora una volta: che ne sarà di me?

Ma su consiglio di chi mi assiste, sono ripartita.
Ho ripreso a svegliari tutte le mattine mezz'ora prima degli altri per riprendermi il mio spazio di solitudine, che in questi mesi mi è mancato come l'aria. Magari basta così, magari ce la faccio.
Nel dubbio, ho anche comprato una confezione di integratori di melatonina.