17/05/25

L'amore da adulti

L'amore da adulti è una cosa complicata. Si hanno segni e cicatrici ovunque: ferite risanate che lasciano ombre perlacee sulla pelle, fratture ricomposte alla bell'e meglio che mandano quella lieve fitta di dolore quando si fa proprio quel movimento lì, tipo quello di lasciarsi abbracciare. E' tutto un trattenersi, un andarci piano, uno stato di vigile abbandono: mi fido ma non troppo. 
E' come camminare sulla superficie di un lago gelato immerso in paesaggio di montagna, con il candido splendore della neve che incorona le foreste tutto intorno, il cielo azzurro e limpido che ti ricopre, la luce brillante del sole che ti si appoggia addosso, dandoti quel tiepido conforto; ma tu sei proprio lì, su una superficie fragile e infida, passo dopo passo ti godi l'esperienza con i tuoi sensi fisici, ma dentro di te sai, sospetti, temi che quell'incanto possa d'improvviso trasformarsi in un incubo, che il ghiaccio possa rompersi senza preavviso solo perché hai fatto un passo più disinvolto degli altri, o perché hai beccato il punto debole, fragile, traditore.

L'amore da adulti è una cosa buffa. Si affievolisce l'ansia del piacere a tutti i costi, l'ansia dell'essere perfetti, impeccabili, immacolati. Invece che percorrere sui corpi i sentieri lineari dei pieni e dei vuoti, vi disegnate addosso la mappa dei dolori, giocate a "celo manca" con le terapie e i farmaci che prendete abitualmente e vivete la relazione di nascosto dai rispettivi figli, invece che dai genitori.
E' come quella scena di quel film di quarant'anni fa, che ogni volta che la rivedi ti fa emozionare come la prima volta, ma ha cambiato il suo sapore, e noti dei dettagli che non avevi notato prima, e ti meravigli che abbia potuto davvero funzionare sul piano narrativo e cinematografico, ma ne prendi atto perché tu sei ancora lì, quarant'anni dopo, ancora a riderne, piangerne, trasalire, trattenere il fiato o chiudere gli occhi per la paura.

L'amore da adulti è una cosa spaventosa. Ci si fanno mille paranoie, si hanno mille timori, mille remore. Si ha paura di farsi male e fare del male. Ancora una volta. Si ha paura di perdere la propria individualità, la propria indipendenza, quella routine fatta di doveri e capricci ormai consolidata e che intride la quotidianità come ne fosse l'armatura interna che la regge, la supporta, le da ragione di essere e di stare ancora in piedi, e quindi se la perdi che ne sarà di te?
E' come nuotare in un mare in tempesta, agitato da venti di tormenta e sovrastato da un cielo plumbeo squarciato da lampi e fulmini; con le onde che ti sommergono, con il frastuono della bufera che ti distoglie da qualsiasi pensiero, e il suo urlo furioso che ti attanaglia, ma al quale non riesci a sfuggire.
E allora capisci che stai lottando contro qualcosa alla quale non potrai mai opporti: puoi solo affidarti, lasciarti andare, abbandonarti al fluire degli eventi.
Prendi fiato e ti immergi.
La tempesta sulla superficie è lontana, e tu scendi giù, giù, giù e speri solo di avere fiato a sufficienza, e quando ti fermi riapri gli occhi.
Il fondo del mare è ovattato, silenzioso, avvolgente.
Abitato, colorato, bello.

L'amore da adulti è una cosa meravigliosa.

16/05/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #9

"Per il prossimo anno scolastico avevamo pensato allo yoga, perché secondo noi i bambini hanno proprio bisogno di qualcosa che li tenga tranquilli".

(Io mi sono davvero stancata di questo falso mito dello yoga per bambini che è un'attività tranquilla/che li rende tranquilli)

15/05/25

Dall'osteopata

"Lo sai che le donne sopportano il dolore di più degli uomini?"
"Queste sono minc##iate, ma va bene, faccio finta di crederci"
"Non sei d'accordo?"
"Il dolore è dolore. Questa cosa sulle donne l'ha sicuramente inventata un uomo"

Gli scambi di battute tra me e il mio osteopata, mentre lui mi smonta letteralmente la spalla infilando un dito nel mio cavo ascellare fino a toccare l'attacco della testa dell'omero e trattare, così, il mio sottoscapolare, sono indubbiamente di alto livello.

13/05/25

Mansplaining legittimo

Mi chiama il commercialista chiedendomi di mandargli il pdf di una qualsiasi delle fatture che ho emesso quest'anno (in cui ho cambiato regime fiscale, ho aperto la mia partita iva e sono passata alla fatturazione elettronica).
Gliela mando.
Mi telefona e mi spiega che da gennaio ha aperto 12 nuove partite iva a 7 uomini e 5 donne. A tutti ha detto di contattarlo prima di emettere la prima fattura per essere sicuri di non fare errori. Nessuna delle 5 donne lo ha contattato e tutte e 5 hanno fatto lo stesso errore.

Io lo so che lui si diverte quando mi telefona, perché sa che gliela butto sempre sul comico e finisce che ridiamo insieme delle nostre rispettive tragedie.
Infatti ha commentato: "Le donne sono proprio testarde. Si ostinano a non chiedere aiuto e voler fare da sole, anche quando non sono capaci."
"Che vuoi che ti dica" gli rispondo "evidentemente tutte e 5 abbiamo pensato che è sempre la stessa storia, che quando una donna vuole diventare imprenditrice si scontra con il becero sessismo e che pure tu volevi fare il solito maschio che spiega le cose alle femmine".

Ha riso di cuore, ed io con lui. Ma tanto lo sconto sull'onorario non me lo fa mica.

11/05/25

La brava mamma

Riflessione veloce. Tutte le mamme sono brave mamme. Facciamo tutte il meglio che possiamo.
La differenza è che, a volte, il meglio che possiamo non è sufficiente, o non è quello giusto o quello davvero utile.

Quando mi dicono che sono proprio una brava mamma, penso che ho entrambe le figlie in psicoterapia.
Non ho indovinato tutte le decisioni che ho preso nella mia vita, e molte di queste hanno lasciato dei solchi molto profondi nelle loro menti e nelle loro anime. Sono stata molto egoista, a volte, in nome di un ipotetico "buon esempio" da dare di autodeterminazione, di libertà e autonomia.
Le ho lasciate da sole a gestirsi la vita fin da quando erano piccole, perché io non c'ero, ero ad accudire figli di altri, invece di pensare alle mie, o comunque a "portare la pagnotta a casa". Non è stato e non è del tutto innocuo per loro, e i risultati si vedono.
Però, forse, una cosa me la devo riconoscere: essere una brava mamma, per me, è significato ammettere di aver fatto errori e aver avuto l'umiltà di non considerarmi una "brava mamma" in termini assoluti, ma di ricorrere all'aiuto di altri.

Ecco, la mia riflessione è questa: decidere di mandare le mie figlie in psicoterapia per farle aiutare a sciogliere i nodi che io ho creato nelle loro anime, questa à stata la mia migliore azione da mamma.

08/05/25

Dopo più di 11 anni

A volte mi domando come sia possibile che certe cose mi siano state davanti agli occhi senza che io me ne rendessi conto.
Forse è la classica immagine del trovarsi immerso in qualcosa e non farci caso. Mica ci rendiamo conto di essere circondati dall'aria. Ecco, forse è proprio così.

Dopo più di 11 anni letteralmente "l'ultimo arrivato" mi fa notare certe evidenti contraddizioni del mio comportamento nei riguardi di Schroeder, ed io dapprima scatto sulla difensiva, penso che nessuno può davvero capire certe situazioni così intime perché le vede solo dall'esterno, ma poi ci rifletto, mi soffermo a pensare e - ammetto - anche grazie a quel tono duro e secco che mi arriva quasi giudicante e aggressivo, mi fermo veramente per un istante.
Ok, la persona in questione ha uno sguardo molto esterno; io - paradossalmente - oriento lo sguardo all'interno, ma proprio fin nei meandri più profondi e oscuri della mia persona, del mio sentire, dei miei pensieri. Ed è lì che arriva la sorpresa. Nonostante sia l'ultimo arrivato, ha ragione.

E allora non vado in crisi, non mi colpevolizzo, non recrimino e niente di tutto questo, ma mi esplode una domanda in testa: in questi 11 anni in quanti hanno pensato queste cose di me? Probabilmente in molti. Ma nessuno me l'aveva mai detto in maniera così secca.

Io continuo a vivere il rapporto con Schroeder come facevo quando ero sua moglie, tranne che per tutti gli aspetti amorosi del caso.
Il sudditismo servile, la reverenza adorante, il facilitargli tutto il possibile. Non è cambiato niente.

"Lui con te si è comportato in modo orribile e disgustoso e tu ancora ti comporti con lui come se fossi la sua casalinga".

Ecco, questa è stata la frase-bomba.

Allora ho cominciato col riconoscere che quello che io chiamo "affetto", o "stima reciproca", o "affinità intellettiva", in realtà non è altro che una dipendenza. La mia.
La prima risposta che mi sono data è che io pago ancora lo scotto di essere economicamente dipendente da lui, ma poi mi sono chiesta: ma davvero io economicamente dipendo da lui? Ma ne sono proprio sicura? 
E allora ho deciso che da oggi si cambia registro. 
Voglio liberarmi di lui davvero.

07/05/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #8

"Sei insegnante di yoga?! Ma allora non dovresti aver bisogno di venire da me!".

Caro osteopata dalle mani sante, gli insegnanti di yoga sono esseri umani fatti di carne, ossa, cartilagine, acqua, ormoni, colesterolo e urea, e funzionano ad elettricità, come tutti gli altri.
Vogliamo forse dire che i medici non si ammalano mai?
Vogliamo forse dire che gli chef non cenano mai con un pezzo di pane e quel che avanza in frigo?
Vogliamo forse dire che gli insegnanti sanno tutte le risposte?
Vogliamo forse dire che agli informatici non si impalla mai il pc?
Vogliamo forse dire che i parrucchieri hanno sempre tutti i capelli perfetti?
Vogliamo forse dire che gli psicologi sono tutti equilibrati nella relazione con sé e con gli altri?
Vogliamo forse dire che i sarti vestono sempre eleganti e alla moda?
Vogliamo forse dire che gli osteopati non hanno mai una contrattura muscolare, un'infiammazione, un doloretto qualsiasi? Ecco. Ti sei risposto da solo.

06/05/25

Il genitore 11 settembre

 Qualche tempo fa avevo commentato con le mie figlie la figura del "genitore elicottero", approfittandone dell'esempio concreto che ci dava un aneddoto riguardante un'amica di Angelica, ma provando a spostare il discorso su piani più generali e in realtà anche personali.

Dissi che secondo me tutto si poteva dire di me, tranne che fossi un genitore-elicottero. E Matilde, con la sua proverbiale ironia e crudezza, rispose che al massimo ero un "genitore-11-settembre".

Ben mi sta, e ci sto anche. So perfettamente di aver fatto in passato anche più recente determinate scelte che hanno condizionato la loro vita, anche in maniera drammatica. Ero sicura che un giorno ne avrei pagato il conto - anche in termini letterali sotto forma di psicoterapia a gò-gò per entrambe - ma che lo accettavo in nome del mio diritto a vivere, oltre che a sopravvivere.

Mai avrei immaginato che così tanto potente sarebbe stata la forza devastante, lo sconquasso delle loro anime. Mi sono sempre fatta in quattro e anche in otto per offrire loro tutte le opportunità che meritavano e che chiedevano, mi sono fatta in 16 per garantire loro un tenore di vita decente ed assicurarmi che "da grandi" non dovessero avere il problema di una madre dipendente dal sostegno economico di qualcun altro. Le mie parole in testa sono sempre state queste: non voglio essere un problema per nessuno.

E probabilmente non lo sarò un problema, ma ne ho creati, ne ho seminati, coltivati, cresciuti e pasciuti parecchi. E adesso i nodi vengono al pettine, ma i denti di questo pettine sono strettissimi e il dolore è lancinante.

La definizione di "genitore-11-settembre", a questo punto della storia, mi sembra persino riduttivo.

05/05/25

Ineccepibile

Ogni volta che io riprendo la bicicletta dopo averla lasciata letteralmente in cantina per i mesi autunnali, invernali e anche primaverili, e ricomincio a usarla come mezzo di trasporto, poi riprende a piovere.
Ogni volta che monto in sella e vado e mi sento libera e felice e penso che è bellissimo andare in bicicletta, poi riprende a piovere.
Ogni volta che penso che al lavoro da adesso in poi ci vado in bici, evito la macchina e risparmio i tempi di attesa dei mezzi pubblici, poi riprende a piovere.

La regola per cui - meglio ancora che lavare l'auto - riprendere la bici faccia piovere, e una delle leggi ineccepibili del mio universo.

03/05/25

Non è un vagabondo, ma sono io

La musica sta tornando con prepotenza nella mia vita. 
Potrei dire che non se n'era quasi mai andata, solo ogni tanto ci siamo prese una breve pausa di riflessione, ma come diceva quello "certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano", e per noi due è stato così.
Ogni volta che ne ho avuto uno a disposizione, ho sempre ripassato sul pianoforte i brani che conosco a memoria, anche se ormai la memoria si affievolisce. Nei 2 anni in cui abbiamo avuto un pianoforte in casa, qui a Torino, avevo persino recuperato i vecchi libri di tecnica e mi esercitavo di nascosto quando ero da sola. Negli ultimi tempi sto migliorando con la chitarra e sicuramente non ho mai smesso con l'unico strumento che ho sempre con me: la mia voce.

La combo tra le lezioni di chitarra con il Capitano e le nuove lezioni di canto ha dato un'ulteriore spinta a questa passione che credo davvero di avere fin da quando sono nata, e il fatto di sentirmi un po' più brava mi incoraggia ad esercitarmi ancora di più.
Ecco, quindi, che ogni volta che ne ho la possibilità, suono la chitarra e canto. Non riesco proprio a farne a meno. 
Ormai mi esercito su accordi un po' più complessi che solo 4 mesi fa consideravo irraggiungibili.
Suono, suono, suono, e canto. 
Suono anche quando sono stanca, quando mi fanno male le dita, quando mi arrabbio perché non riesco a schiacciare bene le corde, ma non smetto, non mi arrendo, provo e riprovo, ancora e ancora.
E adesso che ho iniziato con qualche esercizietto di tecnica vocale, provo anche a mettere in pratica ciò che ho imparato, e oltre a faticare per suonare, mi concentro anche sulla voce, per impostarla meglio, per cantare con più padronanza. 
E canto, canto, canto senza stancarmi, senza scoraggiarmi, e se sbaglio riprovo.
Sfrutto ogni momento libero di solitudine per esercitarmi.

Ok. 
Ieri ho scoperto che mi sentono tutti, sia nel palazzo dove abito (ma quello lo immaginavo facilmente, è il motivo per cui ci vado piano quando sono a casa), ma soprattutto quando sono in ludoteca, e quello non me l'aspettavo.
Ho scoperto che mi sentono quelli del palazzo, quelli dell'altro palazzo dal lato del cortile, e mi si sente pure dalla strada dove ci sono le vetrine, nonostante le finestre siano tutte chiuse.

Se passate per Vanchiglia e sentite qualcuno che suona mediocremente la chitarra e canta "Iooooo, vagabondo che son ioooooooo", ecco non è davvero un vagabondo, ma una strampalata insegnante di yoga che si fa chiamare Lucy Van Pelt.