30/09/19

Incontrarsi al discount

E fingere di non conoscersi. Ma perché? Che c'è di male?

Io non mi vergogno di fare la spesa al discount. Se dovessi fare la spesa al supermercato acquistando prodotti di marche note e pubblicizzate, faremmo letteralmente la fame. Dovessimo campare di pasta Barilla, biscotti Mulino Bianco, mozzarella Santa Lucia, pisellini Findus e passata di pomodoro Cirio, seriamente potremmo mangiare 1/3 a parità di spesa.
Però ho alcuni prodotti su cui non transigo. Il caffè, ad esempio: deve essere di marca; ne ho provati diversi da discount e non me n'è mai piaciuto nessuno. Stesso discorso per la nutella; e non mi riferisco alle creme di nocciole e cacao di marche "concorrenti" o prodotte artigianalmente (tra l'altro qui in piemonte ogni bancarellaro al mercato ha i suoi bei vasetti di crema spalmabile alle nocciole e cacao prodotti da suocuggino che ha l'azienda agricola sulle langhe, ma chevvelodicoaffare) ma proprio della marche da discount: ecco quelle no, quelle sono oscene. Oscene anche le marche "del supermercato". E, se ne comprassi, avrei lo stesso rigore nei riguardi della coca cola: tutte quelle sottomarca sono orribili.
Ma, a parte il caffè, che compro quasi mensilmente, nutella e cocacola mi può capitare di comprarle una volta ogni 3 anni, al massimo ogni 2, ecco, dunque non le terrei propriamente in considerazione per il mio bilancio domestico.

Quindi, facendo la spesa al discount, ho incrociato il papà di un compagno di Angelica. Che già è uno che mi sta antipatico di suo, figuriamoci quando ho notato che stava fingendo di non avermi visto.
"Oh, ciao! Anche tu qui!" l'ho calorosamente salutato.
VaffancuBo.

27/09/19

La piccola manifestante

Come altri 150.000 ragazzi piemontesi, stamattina Matilde era al corteo del FridayForFuture.

È stata la sua prima manifestazione, tra l'altro in una città che nell'ultimo anno ha avuto spiacevoli epiloghi per i cortei e le manifestazioni, ma il mio ottimismo di fondo, sommato al fatto che si trattava fondamentalmente di ragazzini, mi ha fatto stare tendenzialmente tranquilla, salvo dare qualche indicazione precisa e mirata sul come ci si comporta in caso di manifestazioni che degenerano. Le reti dei cellulari chiaramente erano intasate, dunque abbiamo anche avuto qualche ritardo nelle comunicazioni.


Questo il nostro scambio di SMS in differita di almeno 20 minuti per messaggio. 
Quando è tornata a casa ha avuto anche il coraggio di dirmi: "Certo che però tu sapevi che il telefono non prendeva bene e ti sei messa a chiedermi cosa significa IDK"
Ho fatto un respiro profondo per non spaccarle la sedia in testa ed ho replicato: "Certo che però tu eri in una manifestazione dove i telefoni non prendono bene ed hai anche la mancanza di buon senso da metterti a scrivermi per acronimi da adolescenti nerd di merda quali siete tu e i tuoi amici. Proprio perché le comunicazioni sono difficili, in queste situazioni bisogna mandare messaggi chiari e inequivocabili".

Per fortuna mi ha dato ragione, altrimenti a manganellate la prendevo io.

26/09/19

Giornate doppie

Grazie al fatto che mi occupo della Neonata fino alle 14 circa e vado a prendere a scuola i Bambini alle 16, ho quelle due ore libere di pausa pranzo che trovo, sì, utilissime e importanti, ma che mi spezzano la giornata lavorativa in due mezze giornate che, in realtà, vivo come due intere, dunque se penso a stamattina mi sembra che sia stato come minimo ieri, dunque questa cosa dell'orario spezzato è, sì, positivo, ma temo che mi stia facendo invecchiare al doppio della velocità del tempo come il paradosso dei gemelli che anche solo a leggere la deriva delirante di questo post su queste ultime righe uno dice che è vero che non mi sta facendo proprio bene bene questa cosa o che magari come tutto le cose devo solo abituarmici. Fine.

25/09/19

E chi sugnu, so matri?

In realtà la frase che dico più spesso è "Non sono figli miei", ma ribaltata e tradotta rende meglio l'idea.
Uno dei miei obiettivi per il futuro immediato è quello di imparare a vivere con più leggerezza il peso dell'educazione e della crescita dei bambini di cui mi occupo e che, spontaneamente, sento gravare su di me.
Anche a costo di adottare metodi che non approvo, quando questi mi vengano indicati dai genitori. Chiaramente non parlo di violenza o punizioni fisiche, ma della semplice, banale, drammaticamente diffusa e deprecabilissima necessità (=scorciatoia) di mettere su i cartoni animati per fare mangiare i bambini.
Io che non ho mai avuto la TV in casa eppure ho allevato due bambine riuscendo a nutrirle lo stesso, mi ritrovo davanti a boccucce tassativamente chiuse di cedere all'abitudine coltivata dai genitori.
Non sono figli miei. Non lo sono stati Bambina e Bambino, nonostante abbia trascorso con loro più di 10 ore al giorno, figuriamoci se lo è Neonata.

E con questa scusa ho scoperto che esiste una versione a cartoni animati di "Mamma Maria" dei Ricchi e poveri.

24/09/19

L'invidia dell'orchidea

Da sempre, le orchidee, mi si sono suicidate. Ho un discreto pollice verdognolo in genere, tranne che per le orchidee. Me ne hanno regalato decine, negli anni, e ciascuna di loro dopo un paio di mesi ha voluto raggiungere le sue predecessoresse* nel paradiso delle orchidee. Mi sono convinta che la mia casa di Bagheria, per qualche strana ragione, non fosse adatta. Eppure era luminosa, mai direttamente assolata, fresca in estate.
Qui a Torino, però, è tutto un fuoco d'artificio di orchidee negli appartamenti che frequento. In quasi tutte le case dove sono stata ci sono phalenopsys floride, bellissime, vegetanti, fiorite, colorate. Mi è presa proprio l'invidia.
Mi sa che è giunto il momento di riprovarci.


* Questo plurale femminile me lo sono inventato. Ditemi come si dice.

23/09/19

L'esame della nonna

Ho iniziato ad accudire, al mattino, una nuova bambina che chiameremo Neonata. Poiché non ci sono stati i tempi tecnici per fare un affiancamento in compresenza con la mamma, oggi, primo giorno, c'è stata con me la nonna materna per spiegarmi dove si trovano le cose, come e quanta pappa si deve preparare, dove si trovano i vestiti, le salviettine ecc.

Ero sicura che, oltre al supporto pratico e istruttivo, la nonna mi avrebbe fatto esami del sangue, radiografie, risonanza magnetica e visita ginecologica. Le nonne lo fanno sempre con le tate dei loro nipoti.
Infatti, con auspicabile delicatezza, è andata così, ma al momento di salutarci sono convinta di aver superato tutti gli esami.
Finalmente posso riprendere a drogarmi. :-D

20/09/19

Si è fatto male

Sto mettendo in ordine ciò che ho usato in cucina mentre sento inequivocabili rumori di colluttazione provenire dalla cameretta dei Bambini. Ormai ho l'orecchio allenato ed entro una certa soglia non intervengo nemmeno. Li ascolto dalla cucina, lui frigna, lei sghignazza, rumori di botte sulla pelle nuda, lui continua a frignare sempre più rabbioso mentre lei ride beffarda. Lei è una vipera, non so se si è capito. A un tratto un colpo più forte, lui piange: intervengo a voce.
"Ragazzi, che succede?"
Sento i passi. Arriva lui piagnucolante e mi si arrampica addosso. Lo prendo in braccio.
Bambina lo segue a ruota correndo "Bambino si è fatto male!"
Lui sbotta "Non mi sono fatto male! È lei che mi ha dato botte!"
La guardo. Sorride.

A volte provo a immaginarli da adulti e lui lo vedo ragioniere granitico e noioso, mentre lei... Lei farà la camionista, o l'amministratrice delegata dell'azienda dove lui farà il ragioniere.

19/09/19

La maestra

Quando incroci per strada una signora che ti guarda, ti sorride e ti saluta, e tu ricambi lo sguardo, il sorriso e il saluto, per educazione, mentre in realtà ti chiedi chi sia, e dopo qualche secondo capisci che non l'hai riconosciuta solo perché l'hai vista troppo fuori contesto, ma sai benissimo che quella signora è una delle due maestre di Bambina, ecco, è proprio in quel momento che ti domandi se il fatto che *lei* ti abbia riconosciuto per strada e fuori contesto non potrebbe essere un messaggio nascosto da parte dell'universo che tu non riesci o non vuoi interpretare.

18/09/19

Alla fine me l'ha detto

La mia psicologa mi ha, infine, dato la sua interpretazione sul perché il mio matrimonio, costruito su quel tipo di relazione, era destinato a morire, o comunque a trascinarsi nell'inerzia.
Ci sono voluti quasi due anni di terapia, fiumi di lacrime, sforzi immani, ma nel momento in cui, per la prima volta, sono riuscita a parlare di Schroeder senza sentire rabbia è stato come raggiungere un'estasi di pace. È andata. È finita. È stato tutto metabolizzato, elaborato, trasformato. Sono cresciuta io.
Ma la soddisfazione più grande sta nel fatto di sentirmi finalmente serena, leggera e capace.

17/09/19

Il pranzo

"E allora, Bambino! Com'è andata a te a scuola?"
"Bene"
"Oggi hai anche pranzato con i tuoi compagni e la maestra. Cos'hai mangiato?"
"No, non ho pranzato"
"Come sarebbe che non hai pranzato? La maestra ma ha detto che hai mangiato tutto"
"Ho mangiato tutto ma non ho pranzato"
"Scusami, cosa hai mangiato?"
"La pasta con il pesto e la frittata"
"Eh, quindi hai pranzato"
"No, non era il pranzo"
"E che cos'era?"
"La merenda"

Porzioni inferiori alle aspettative? :-D

16/09/19

La cosa più difficile

La cosa più difficile non è stata arrivare a scuola e trovare Angelica in lacrime, con il blocchetto di ghiaccio sulla schiena.
La cosa più difficile non è stata mantenere la calma mentre la ragazza del post scuola era nel panico a metà tra lo spavento per la caduta pazzesca di Angelica e il terrore per il modo in cui avrei potuto reagire io.
La cosa più difficile non è stata ascoltare la dinamica della caduta, raccontata con enfasi da una compagna che ha deciso di riassumere la scena in "L'ho vista volare da lassù, ed è arrivata a terra come una palla, nel senso che ha proprio fatto due o tre rimbalzi"
La cosa più difficile non è stata portare Angelica a casa, continuare a porre altro ghiaccio sulla gamba e sulla schiena, mentre lei ancora piangeva disperata.
La cosa più difficile non è stata decidere di portarla in ospedale.
La cosa più difficile non è stata la trafila a triage, l'attesa in pediatria, la decisione del ricovero in osservazione per la notte, le radiografie.
La cosa più difficile non è stata dormire accanto a lei su un letto del reparto di pediatria, sentendola respirare serena.
La cosa più difficile non è stato passare la notte sveglia per le urla di dolore e i pianti di un bambino qualche stanza più in là.
La cosa più difficile non è stata rifare le visite col pediatra, col radiologo, con l'ortopedico l'indomani mattina.
La cosa più difficile non è stata nemmeno riportare a Angelica a casa con una diagnosi di nessuna frattura, ma solo qualche contusione e la prescrizione di un gel antidolorifico e una settimana senza giochi movimentati né acrobazie.

La cosa più difficile è stata convincerla a togliersi il braccialetto identificativo del triage prima di andare a scuola, ché non è davvero una medaglia al valore da ostentare. Il compromesso raggiunto è che lo userà come segnalibro sul diario.

13/09/19

Non è mai troppo tardi


A Torino c'è questa cosa fantastica, l'Università Popolare, che con la semplice iscrizione da accesso a tutti i corsi nei limiti del personale dono di ubiquità dello studente.
Poi c'è lei, la nostra beneamata Lucy Van Pelt, che non ha mai avuto la ventura di studiare inglese in modo razionale e organizzato e, nonostante le sue doti comunicative l'abbiano fatta più volte andare e tornare dall'estero, bisogna ammettere che ha un inglese pessimo e che quella screanzata di quella skillatissima figlia maggiore la prende in giro per la grammatica, per la pronuncia e per le "licenze" che si concede.
È il momento di dire basta.
Lucy ha saputo che sarà disoccupata (=libera*) un pomeriggio a settimana.
Lucy ha deciso che dedicherà quel pomeriggio a un'altra attività lavorativa, ché non si campa di aria, ma facendo in modo da liberarsi in tempo per seguire un corso d'inglese per principianti.
Lucy ha deciso di prendere in mano la sua conoscenza dell'inglese e usarla (a fine corso) per sculacciare sua figlia.
Lucy non si arrende all'ignoranza e alla screanzatitudine degli adolescenti.
Sii come Lucy.

*: è più forte di me, non riesco a vivere come "liberi" i giorni in cui non lavoro, perché per me un giorno in cui non lavoro è un giorno nel quale non vengo pagata.

12/09/19

Comodo

Comodo, abitare accanto alla scuola di tua figlia.
Simpaticamente fastidioso il vociare dei bambini che giocano in cortile dopo pranzo. Emozionante, sentire una voce che ti chiama mentre metti in ordine il balcone, ed è proprio lei, tua figlia, che ti ha vista e ti saluta.
Divertente il fatto che tutti gli altri bambini, incuriositi, si avvicinino.
Imbarazzante stare lì al balcone a salutare 450 bambini di scuola elementare, mentre tua figlia ti indica a tutti entusiasta "È mia madre! È mia madre, lì al balcone! Quella è mia madre!".

11/09/19

I peggiori sono gli italiani

Mi ritrovo a sbrigare una commissione in un ufficio di pubblica amministrazione. Trattandosi della richiesta di un beneficio tradizionalmente legato alla fascia di reddito, l'utenza è al 90% straniera. L'ufficio apre al pubblico alle 8.30 ma la gente inizia il turno molto prima. Il primo che arriva inizia a scrivere su un foglio il proprio nome e così via, man mano che arrivano altri nottambuli e poi i mattinieri. Alle 8.30 l'ufficio apre, due impiegati si posizionano sulla porta, uno legge l'elenco dal foglio, l'altro distribuisce i numeri ufficiali del turno, poi segue la pianificazione in base alle fasce orarie, ossia dalle 8.30 alle 9 si prevede di servire i primi 10 numeri, dalle 9 alle 10 dall'11 al 25, dalle 10 alle 11 dal 26 al 44 e così via, in modo che l'utenza abbia una linea di massima per capire cosa altro può fare nel frattempo invece che affollare inutilmente la sala d'attesa.
Il 90% sono stranieri, dicevo, e tra le donne, senza veli ci sono soltanto io e le africane.
Arrivo alle 7.35 e prendo il numero 60. Per capire. Fino a quando l'ufficio apre, alle 8.30, si sono segnati 120 utenti.

Prima che aprisse l'ufficio c'è stato un piccolo screzio tra una signorona piemontese che, ad alta voce e senza pudore, si chiede "Ma il primo che è arrivato non ce l'ha una casa? Quando è venuto, alle due di notte?", e il primo dell'elenco che le ha replicato che no, non ce l'ha una casa perché vive insieme ad altri 6 connazionali, ma non ha dormito lì, è solo arrivato alle 5.
La signora finge che la sua sia stata una battuta ma non so come è finita perché mi sono vergognata per lei e mi sono allontanata.

Durante la mattinata, quando sono tornata nella fascia oraria auspicabile per il mio numero, ho assistito ad altri tre "incidenti".
Durante la mattina arrivano altri avventori a chiedere il turno, ma dopo 130 numeri non ne danno più, se ne riparla l'indomani. Sono entrati almeno 8 a chiedere durante la mia permanenza e i peggiori, i più maleducati e arroganti, sono stati gli italiani. Nessuno di loro ha accettato di non poter avere il turno oggi, di doversi "addirittura" presentare domani molto presto, alle 7 almeno, per avere speranza di prendere il turno. Neri, gialli, beige e bordò ringraziavano ugualmente l'impiegato delle informazioni e se ne andavano, gli italiani inveivano contro di lui, contro quest'ufficio dimmerda, che ti dicono che ti danno aiuto e poi pretendono che tu ti vieni a mettere a turno alle 7 di mattina!

Io non la capirò mai questa arroganza italica che pretende che tutto sia dovuto, facile, comodo e gratis.

En passant: l'impiegato che da le informazioni è un signore africano molto educato e distinto, probabilmente collocato a quello sportello proprio per la provenienza maggiore dell'utenza. L'ho visto con ragazzi che parlavano pochissimo italiano e aiutarli a compilare il modulo per la richiesta, o dare informazioni in una lingua che probabilmente è africana. Ed è stato paziente e gentile anche con me, che sono bianca e colta e che teoricamente avrei potuto capire da sola se la documentazione che avevo portato era corretta. Per dire.

10/09/19

Fine

Ho finito di lavorare full time con i Bambini. Domani inizieranno la scuola dell'infanzia e a partire dalla settimana prossima dovrò soltanto andarli a prendere e portare a casa in attesa dei genitori.
Certo, da un punto di vista remunerativo, il full time con loro mi ha permesso di sopravvivere nei due anni trascorsi, ma è stato molto pesante e travolgente. Ho fatto di tutto, per loro e per la casa, ché una volta che ci sono stata dentro per 10 ore e mezza al giorno sarebbe stato ridicolo non dare una mano dove possibile, ho preso i bambini che mangiavano solo omogeneizzati e semolino e avevano a stento iniziato a gattonare e li ho portati alla soglia della scuola dell'infanzia.
Posso prendermi in giro quanto voglio dicendo che ho accettato di restare con loro nel pomeriggio perché sono un compromesso comodo di distanza e retribuzione, ché oramai ci conosciamo, loro sanno quali sono le regole su cui non prescindo ed io conosco tutti i loro punti deboli e di forza, ma la verità è che mi sono affezionata a loro.

09/09/19

Il segnale

Capisci che è il primo giorno di scuola quando ti arrivano notifiche a ripetizione su WhatsApp, vai a vedere cosa diamine è successo e a chi, e semplicemente constati che è passato un anno dalla volta precedente che avevi silenziato il gruppo della classe di tua figlia.

06/09/19

Il navigatore di riserva

"Mamma, perché non usi il navigatore?"
"Perché se mi perdo e mi ritrovo, imparo le strade. Se seguo il navigatore non imparo nulla"
"Va bene, ho capito. Il navigatore lo uso io, qui dal sedile posteriore, e se sbagli strada ti avverto"

Bello sentire la fiducia incondizionata di mia figlia di 9 anni.

05/09/19

Sto crescendo

Matilde è uscita con i compagni della scuola media per rivedersi e salutarsi prima dell'inizio della scuola, quando ognuno di loro andrà in un liceo diverso.
"E quindi? Com'è andata? Come li hai trovati? Sono cambiati in questi due mesi?"
"No, veramente no. Anzi a dire il vero io li ho trovati esattamente identici a come li ho lasciati il 30 giugno, invece loro mi hanno detto che sono cresciuta e sono più alta. In effetti, hai presente che alla mia Compagna Del Cuore arrivavo alla spalla? Ecco, adesso le arrivo quasi all'orecchio"
"Te l'avevo detto che loro erano tutte spilungone solo perché erano già maturate, ma che da adesso in poi si fermeranno o quasi nella crescita"
"Già. E sai cosa significa questo, mamma?"
"Cosa significa?"
"Che c'è speranza di crescere anche per me".

(Al momento è ossessionata dalla statura. Da quando ha scoperto le formule del bersaglio genetico, non si rassegna all'idea che da adulta sarà più bassa di me anche nelle più ottimistiche previsioni)

04/09/19

Come trent'anni fa

Negli ultimi tempi sono andata al lavoro in bici. Non mi fa risparmiare tempo, perché il percorso è così breve (stando a Maps sono 1,3 km) che tra semafori e quant'altro, impiego solo 5-6 minuti in meno rispetto all'andare a piedi. Mi piace farlo più per avere l'illusione di muovermi di più, che per altri motivi. Andare in bici mi sembra più "ginnico" dell'andare a piedi anche se a passo spedito.
Ieri, per tutta una serie di motivi, Angelica era con me al lavoro dunque, andandocene insieme, ho portato la bici spingendola a mano.
Dopo il primo isolato l'ho fatta sedere in sella e l'ho spinta. È stato per lei divertente, ma per gli attraversamenti dei semafori la facevo scendere. A quel punto, l'idea.
La mia bici è una city bike, col telaio dalla forma morbida e dolce, nonché fornito di portapacchi piatto posteriore, esattamente come la bici che avevamo da bambini, quando potevamo portare dietro anche un altro passeggero.
Dapprima l'ho solo fatta sedere dietro, continuando a spingere a mano, poi ho provato e sono salita in sella.
È stato romanticissimo portare mia figlia dietro, sentire che con le mani si teneva ai miei fianchi mentre io pedalavo. Mi è sembrato di tornare indietro di trent'anni, quando dietro portavo mio fratello.

03/09/19

Lo sguardo della psicologa

Alcune volte, durante le sedute di psicoterapia, ho difficoltà ad esprimere a parole quello che sento. Spesso mi viene in mente un colore, oppure una sola parola, e da lì partiamo insieme a razionalizzare, a spiegare cosa sto provando. Altre volte invece no, mi sento immersa in una nebbia lattiginosa che mi impedisce persino di muovermi, e sono le sensazioni alle quali non so dare un nome. 
Quando lo dico alla dottoressa, la osservo sempre. Alcune volte capisco dal suo sguardo che lei sa perfettamente come si chiama quella cosa che io non riesco a riconoscere in modo razionale, ma non me lo dice perché il suo lavoro non consiste nel farmi spoiler delle mie paturnie, ma aspettare e guidarmi perché io le riconosca. Per me è molto rassicurante, perché va bene che non so o non capisco cosa mi crea dolore o disagio, ma sapere che nel mondo qualcuno lo sa mi fa stare più tranquilla, e mi rende fiduciosa.  
Altre volte, invece, e sono le peggiori, la vedo smarrita, e non capisco se è perché non si aspettava un tale risvolto nella trama, oppure se perché nemmeno lei capisce di cosa si tratta. Ed è solo questi casi che mi offre aiuto, mi porge ipotesi di interpretazioni per avere conferma o smentita.
Ieri è stata una seduta di quest'ultima tipologia, solo che l'ho dovuta smentire fortemente perché non trovavo affatto verosimile la sua interpretazione.
Quando va così, esco dallo studio con una sensazione di incompletezza, e me la trascino per giorni e giorni.

02/09/19

Due domande

"Mamma devo farti due domande"
"Sentiamo"
"Ma lo shampoo devo farlo ogni due giorni o ogni tre?"
"Matilde puoi farlo ogni volta che ne senti il bisogno, trovando il giusto compromesso tra il decoro personale e l'ecosostenibilità"
"Ok. Ora la seconda domanda"
"Vai"
"Ma quelli nati a dicembre, a Hogwarts ci vanno al settembre precedente oppure l'anno successivo?"

Qualcuno sa come funziona l'ordinamento scolastico a Hogwarts?
#noncelapossofare