Non è difficilissima, ma è una di quegli asana che puoi fare solo se sei confidente nella tua forza, nel tuo equilibrio e nel tuo corpo in generale, perché c'è un momento in cui devi restare quasi sospeso sul vuoto, fidandoti solo di un piede e una mano, mentre aspetti che anche l'altro piede poggi per terra e ti dia stabilità.
Tradizionalmente, infatti, si fa la transizione da Adhomukhasvanasana, la posizione del cane a faccia in giù.
Siccome ho grande fiducia in me, nel mio corpo, nel mio equilibrio e nella mia forza, ho voluto provare a completare la sequenza con la transizione ulteriore a Urdvadhanurasana, il cosiddetto "ponte". Difficile, ma non impossibile: la parte più difficile è la rotazione della spalla e del braccio che poggia per permettere l'inarcamento completo della schiena e quindi di appoggiare anche l'altra mano.
L'ho fatto. L'ho proposto alle mie allieve e, con il mio supporto fisico (le reggevo con le mie mani mentre ruotavano ulteriormente) anche molte di loro sono riuscite a farlo.
Una di loro, però, mi guarda sconvolta e dice "Ma tu lo hai fatto da sola, reggendoti con le tue sole forze".
La guardo e le rispondo "Ma io mi faccio un cuBo così, Martina" arricchendo le parole con il gesto esplicativo.
E' vero che per certe cose il mio corpo è più predisposto, così come è alttrettanto vero che in altre cose sono molto più bloccata di certi miei allievi principianti. Siamo tutti diversi, ognuno ha il suo corpo.
Però è anche vero che io mi esercito quotidianamente, e conduco anche 2-3 lezioni al giorno. Mica pratico solo 1 o 2 volte la settimana.
Boh, finché reggo va bene.
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