Lo scorso venerdì mattina, più o meno alle 8 del mattino, è morta la mia nonna paterna.
Se n'è andata serena e in pace, in salute e ragguardevole età di 97 anni.
Qualcuno mi ha chiesto come mi sono sentita. Beh... Triste, ovviamente.
Anche se è un dato di fatto che nessuno di noi è eterno, la nonna ci aveva abituati male, in proposito. L'avevamo vista cadere e rialzarsi come se nulla fosse in diverse occasioni, anche recenti. L'ultima proprio sei anni fa, quando è letteralmente caduta ma miracolosamente rimasta integra. Si è fatta una settimana a letto, ma anche da coricata faceva la bicicletta con le gambe, nel timore che le gambe non la reggessero più una volta passata la convalescenza.
Aveva superato tutto. Ma non era eterna.
Non posso dire di essere emotivamente scossa, perché non ho avuto legami affettivi forti con nessuno dei miei nonni. Non mi ricordo gesti affettuosi da parte di nessuno di loro, carezze, baci, coccole. Da questo punto di vista le mie figlie sono senza dubbio più fortunate.
Però era mia nonna, ed era nata nel 1918, e quando mi raccontava aneddoti della sua infanzia mi sbrava incredibile ascoltare quei ricordi di vita vera sullo sfondo di case piene di tecnologia wireless. Averla davanti ae e sentirle raccontare del viaggio in due giorni a dorso di mulo che l'aveva portata dalle Madonie alla città, e sentire in sottofondo i suoni di notifica di uno smartphone. Cose dell'altro mondo, per davvero, o di quell'altro ancora, per meglio dire.
Mi mancherà.
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