"Lucy, io voglio prendere le nuvole"
"Lucy, dov'è quello nero?"
"Bambina, le nuove non si possono prendere, sono troppo in alto"
"Lucy, dov'è quello nero?
"Sono troppo in alto?"
"Che cosa, nero?"
"Io le prendo, Lucy, le prendo con la scala"
"Lucy, quello nero dov'è?"
"Bambina, non si possono prendere nemmeno con la scala"
"Nemmeno con la scala lunga?"
"Bambino, ma che cosa è quello nero?"
"Nemmeno con la scala blu lunga di papà?"
"Quello nero, Lucy!"
"Bambina, non si può usare nemmeno la scala blu"
"Dov'è quello nero?"
"Quello nero è a casa!"
"Io le prendo con le mani"
"A casa tua?"
"Guarda, Lucy, con le mani"
"Sì, Bambino, è a casa mia"
"Ecco, guarda, prendo le nuvole"
"E perché è a casa tua?"
"Perché mi andava di portarmelo a casa mia"
"Io ho preso tutte le nuvole con le mani!"
"Serviva per Matilde e Angelica?"
"Brava, Bambina, ora mettile in tasca"
"Metto le nuvole in tasca"
"Sì, Bambino, quello nero serviva a Matilde e Angelica. Poi quando non serve più te lo riporto"
"Io ho le nuvole nelle tasche"
"Poi lo riporti? A quel signore?"
"Le tue tasche sono bellissime"
"Poi riporti a quel signore, Lucy?"
"A quale signore, Bambino?"
"Il signore di quello nero"
"Ah, sì, certo, poi lo riporto a quel signore, sì"
E così ce ne andiamo al parco, con le tasche piene di nuvole, la promessa di restituire quello nero al legittimo proprietario, e il cervello - il mio - che si va spappolando inesorabilmente, giorno dopo giorno.
(Prima che qualcuno lo chieda: non ho la più pallida idea di cosa sia "quello nero")
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