"A caccia dell'orso" è uno degli albi illustrati più diffusi e famosi degli ultimi anni. È una storia adatta a una lettura drammatizzata e movimentata, fatta di suoni, onomatopee e gesti.
Ricordo che tre o quattro anni fa la proposi al corso di yoga baby e ingaggiai mio fratello a fare la parte dell'orso nell'inseguimento conclusivo. Gli dissi: "Mi raccomando, però! Non esagerare perché non deve piangere nessuno!", e lui "Peccato".
La storia è paradossale: c'è una famigliola che una mattina si sveglia, si accorge che è una bella giornata e decide di andare a caccia dell'orso, attraversando prati, paludi, boschi, tempeste ecc, finché non arriva fin dentro una grotta dove effettivamente c'è un orso. Ovviamente terrorizzati, corrono indietro riattraversando a ritroso tutti gli ambienti e le situazioni, arrivano a casa, sbattono la porta sul muso dell'orso che, nel frattempo, li insegue e si infilano tutti sotto le coperte e decidono di non muoversi da lì.
L'ultima pagina illustra l'orso che se ne torna alla sua grotta.
La prima considerazione che ho sempre fatto su questo albo è proprio l'ultima immagine. L'orso, da solo e con il capo leggermente chino. Sembra triste, deluso. E ogni volta che lo leggo c'è almeno un bambino che lo fa notare. Dopo il sollievo della penultima pagina, quando tutti quei mattacchioni si sono infilati sotto il piumone rosa, segue un "Poverino..." alla vista dell'orso che se ne va mesto verso la grotta.
In effetti, l'espressione dell'orso nella grotta è selvaggia, ma non esplicitamente aggressiva. Insegue la famigliola, ma non ha espressioni e posture eccessivamente feroci.
"Forse voleva solo giocare", mi ha detto una volta una bambina di 4 anni.
Non lo sappiamo.
La seconda considerazione che ho fatto su questo albo, in realtà non è tutta farina del mio sacco perché l'ho letta in un articolo di pedagogia che lo portava ad esempio, ma l'ho condivisa da subito.
La necessità di "attraversare" gli ostacoli, le situazioni, gli eventi della vita.
C'è un fiume e noi dobbiamo andare sull'altra sponda; non possiamo aggirarlo, non possiamo passare sopra, non possiamo passare sotto: dobbiamo attraversarlo.
Ecco, ogni volta che mi trovo in un momento critico o mi capita un evento spiacevole che mi lascia addosso emozioni che mi fanno stare male, me lo rileggo.
E mi dico che non ci posso passare sopra e non ci posso passare sotto: devo attraversarlo.
Da quando ho iniziato ad accettare questa verità, ossia che non serve fingere che qualcosa non sia accaduto o che non esista o "passarci sopra" seppellendolo con indifferenza, bensì ho cominciato a decidere di "attraversare" la mia vita (con tutto quel che ne consegue, i fili d'erba tra i capelli, il fango sotto le suole delle scarpe o i rumori sinistri del bosco) alla fine ho potuto guardare alla realtà con occhi diversi, con una visione più lucida e più consapevole.
E forse adesso prima di fuggire ottusamente dall'orso, mi soffermo un istante a osservarlo, per capire se davvero vuole sbranarmi o se, invece, vorrebbe solo giocare.
La vera verità, però, è che non si smette mai di crescere, di evolvere, di cambiare. Bisogna solo concedersi la possibilità di farlo.
E anche oggi vi ho elargito la mia perla di saggezza quotidiana. Ho fatto il mio dovere.
Ciao.
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