06/11/18

Rifiuto per la maternità

Sull'autobus, di ritorno dallo studio della psicologa, c'era una coppia con una neonata di 3-4 mesi.
La bambina piangeva perché aveva fame. Non so perché la madre impiegasse tutte quelle energie per distrarla, invece di tirare fuori una tetta. Forse si si vergognava a farlo sull'autobus, o in realtà non allatta la bambina e non aveva portato con sé un biberon di latte. Sta di fatto che, a guardarli e sentire le inequivocabili urla della bambina, mi è sembrato un enorme spreco di energie quel passarsela di braccia in braccia, tentando di distrarla invitandola a guardare fuori da un finestrino che probabilmente lei non metteva nemmeno a fuoco. Aveva fame, era evidente. Devi procurarle ciò di cui si ciba invece di armare teatrini inutili che aumentano la sua frustrazione e il suo pianto.

Poco prima di scendere dall'autobus lasciandovi dentro la famigliola disperata, ho fatto questa riflessione.  Io non ci riuscirei più, e poco importa se ho mie amiche coetanee che stanno iniziando adesso o hanno iniziato da poco a figliare. Non è questione di età anagrafica in termini assoluti, ma di quello che c'è stato prima.

Non ho più le forze.
Continuo a vivere immersa nella maternità altrui, ad avere l'occhio e l'orecchio allenato all'interpretazione del pianto e dei malesseri dei figli degli altri, ma no, non ho più risorse per la maternità in prima persona, e a dire il vero, mi sto anche stancando di quella per conto terzi.

Mentre camminavo lungo la strada verso casa, ho pensato che vorrei scriverci un racconto su questo tema. Chissà.

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