31/10/25

Ritornare a respirare

Ospite in casa del Capitano per sfuggire all'orda di adolescenti che bivacca in casa mia, ho steso il tappetino da yoga sul suo tappeto in sala ed ho praticato come non facevo da settimane. 
In silenzio.
Senza descrivere i movimenti, senza nominare gli asana, senza guidare la respirazione, ma respirando e basta.

E' stato fantastico.

30/10/25

Parte del tutto

Non so se è solo la stanchezza, il periodo un po' complicato, la vecchiaia o chi lo sa, ma stamattina, guardando fuori dal finestrino dell'autobus, ho visto gli altri autobus che viaggiavano sulle altre strade, o in direzione opposta alla mia, ed ho pensato a tutte quelle persone, tutte quelle vite, quei pensieri, quelle gioie, quelle preoccupazioni. E poi gli autisti.

Ho pensato che dentro ogni autobus pieno di gente che va a lavorare, c'è l'autista che, per lavoro, guida il mezzo di trasporto che permette loro di andare a farlo.
Mi sono vertiginosamente sentita parte di un ingranaggio, di un meccanismo. Parte di un tutto.
Mi sono emozionata.

28/10/25

Talè

Tra le mie skill in cucina c'è quella di saper fare volteggiare in aria la roba in padella per rigirarla. Sono una maestra del gioco di polso destro, ruoto lievemente, lascio leggermente ondeggiare per assicurarmi che sia tutto staccato e oplà! colpetto di polso e la cotoletta, la frittata, la crepe, il pancake si rigira in aria, facendo un mezzo giro, e atterra di nuovo in padella.

Una skill sempre molto ammirata dalle mie figlie.

Ieri sera ho chiesto ad Angelica di rigirare lei le cotolette di soia. 
Ha afferrato il manico della padella e oplà!
"Talè!" ha esclamato.

E' proprio figlia mia.

23/10/25

La rabbia

Ieri, durante l'ultimo incontro del micropercorso di counseling, l'ho sentita con tutta la sua ferocia. Ed ho altrettanto sentito tutta la fatica che faccio costantemente per domarla.

Ho capito due cose: la prima è che voglio affrontarla, perché risucchia davvero tutte le mie energie e potrei spenderle in modo più costruttivo oppure, semplicemente, conservarle; la seconda è che questa cosa mi mette addosso così tanta paura e disagio che non potrò occuparmene da remoto. Ho bisogno di trovare qualcuno che mi aiuti e mi supporti in presenza ed in un contesto sicuro e dedicato.
Mi mette a disagio parlarne ed affrontarla nella cucina di casa mia.

21/10/25

Lo spettacolo nella mia vita

Da bambina sognavo di lavorare nel mondo dello spettacolo. Mi piaceva cantare, ballare, recitare. Avrei voluto imparare a suonare uno strumento, ma non mi è stato permesso se non quando era ormai troppo tardi ed avevo già smesso di crederci.

Sto recuperando tutto adesso.
Ho ripreso a suonare la chitarra, e quando riporterò a casa la tastiera elettronica riprenderò anche con il pianoforte. Ho iniziato a seguire un corso di teatro. Ho preso alcune lezioni di canto.

Dal punto di vista professionale, lo yoga è assolutamente "il mio". Non mi immagino a poter/saper fare così bene un lavoro diverso, e nello yoga per bambini sono riuscita a fondere nuovi e vecchi amori.
Con loro io recito, drammatizzo, suono, canto, danzo. Non me n'ero mai resa conto prima d'ora, di quanto un passo alla volta io abbia inconsciamente portato le mie passioni e i miei sogni infranti nel mio lavoro, di quanto io li abbia mantenuto vivi e presenti, continuando inconsapevolmente a coltivarli ed esprimerli.
Gli albi illustrati io non li leggo, io li drammatizzo, li recito.
Le sequenze di asana non sono altro che una danza.
La musica e il canto dal vivo... non conosco nessun altra collega che lo faccia: tutte portano la musica da ascoltare, mai da produrre.

La mia vita è davvero uno spettacolo completo.

20/10/25

Cose da non dire ad un'insegnante di yoga #14

"Sono incinta".

Beh, no , non è affatto una "cosa da non dire", anzi!
E' stato l'evento più emozionante della giornata di ieri: questa confessione fatta tra le lacrime, quell'abbraccio che cercava rassicurazione, comprensione, accoglienza.

Il mio lavoro mi rende davvero una donna fortunata.

19/10/25

La guerra d'indipendenza

Sto seguendo un nuovo percorso di counseling, stavolta molto breve e mirato, ma - com'era prevedibile - si stanno scoperchiando tante di quelle situazioni irrisolte in 47 anni di vita, che non ne basterebbe una intera a sciogliere tutti quei nodi.
Tralasciando i "conti aperti" che ho ancora con mio marito (che ogni volta che li affronto mi sembra di aver finalmente trovato pace e invece no, non è ancora così) ho ancora certi "mostri" da affrontare che risalgono all'infanzia e all'adolescenza.
Non penso di riuscire veramente a "guarire", però ogni giorno mi rendo conto di quanto queste situazioni condizionino ancora oggi il mio sentire, la mia salute, il mio modo di vivere le relazioni e la vita in generale, quindi no, non sono disposta ad accettare di esserne passivamente succube e limitarmi a subirne gli effetti, voglio almeno dialogarci. Riconoscerle, dare loro un nome. Poi, magari, non ci riuscirò a risolverle, però scenderci a patti è già un traguardo, provare a stilare un tacito accordo di non belligeranza è già un risultato.

Mi sento continuamente in lotta contro me stessa - SONO continuamente in lotta contro me stessa. Ci sono miei atteggiamenti del passato che non riesco ad accettare. Non riesco a perdonarmi la remissività con cui ho permesso ad altri di scegliere al posto mio.
E' vero che sono stata educata e cresciuta con la paura, l'estrema ricerca di un'integrità assoluta, morale e fisica. Qualsiasi deviazione dal sentiero tracciato era motivo di scandalo, di vergogna, di delusione verso la mia famiglia... e in alcuni casi persino di "onta" verso tutta la famiglia, il "buon cognome" dei Van Pelt. In tutti gli ambiti: gli studi, l'amore, la condotta pubblica e privata, le attività ricreative...

Ad esempio, sono l'unica tra i miei cugini, da entrambe le parti, ad essere divorziata. E di cugini ne ho 11.
E infatti la prima volta che ho VERAMENTE preso una decisione, l'ho perseguita e l'ho difesa davanti a tutta la famiglia estesa, è stato proprio quando ho buttato fuori di casa mio marito.
Era l'inizio del 2014 (non il 1964) ma lo scandalo familiare c'è stato davvero. Cugini che mi scrivevano, zii che telefonavano ai miei genitori, e altre amenità che vorrei poter dimenticare, ma sono scritti troppo in profondità.

Quel senso di inadeguatezza, di "essere sbagliata", che mi ha accompagnato per tutta la vita, ha iniziato ad affievolirsi poco a poco solo da quando me ne sono andata ed ho trovato la mia definizione professionale.

"La tua guerra d'indipendenza l'hai già vinta" mi ha detto qualche giorno fa il Capitano, e lui di guerre e battaglie se ne intende, "Ti restano solo tutti i piccoli conflitti con la quotidianità".

Quella guerra, in effetti, l'ho vinta. Dovrei firmare una pace definitiva con quei mostri ormai battuti, per evitare di dare loro ancora il potere di influenzarmi oggi. Se provo a guardarli bene, magari mi rendo conto che sono ormai ridotti a vermiciattoli innocui; è nella mia testa che li immagino ancora come draghi super potenti.

17/10/25

Tipo Truman

Il tizio che viene a fare la manutenzione degli estintori in ludoteca (ne ho già parlato in passato) è un po' particolare. Non sono ancora riuscita a capire se DAVVERO ci prova con me o se - più banalmente - è molto solo.
Viene due volte l'anno, a norma di legge; solitamente ad aprile e a ottobre, e - vai a capire il perché - me lo sorbisco sempre e solo io.

Nel mese di aprile, probabilmente a causa del "risveglio della natura", è leggermente più audace, mi fa domande personali, mi condivide suoi aneddoti ecc. Quando viene a ottobre il copione è quasi sempre lo stesso: 
"Bene, Lucy! Allora grazie! Ci rivediamo ad aprile, quindi ti auguro buona serata, buon tutto, e a questo punto anche buon Natale!"
"Grazie, Tizio degli Estintori! Ma io ci aggiungerei anche la Pasqua, perché l'anno prossimo è proprio a inizio aprile, quindi quando ci rivedremo sicuramente sarà già passata!"
"Eh già, allora ci rivediamo che abbiamo già mangiato il panettone, la colomba e anche l'uovo di Pasqua!"

Mi fa sempre sorridere quest'uomo. Quando mai mi ricapita di incontrare qualcuno che a metà ottobre mi fa gli auguri persino di Pasqua?

16/10/25

Ho rivisto il mio ex

Ho rivisto il mio ex.
Puzzava di m*rda e p*iscio di gatto.
Detto così sembra grottesco. Lo è anche stato, ma è stato soprattutto molto comico.

Con l'Ingegnere non ci vedevamo dallo scorso giugno, quando ha accettato l'invito di Matilde ad assistere ai suoi esami di maturità. Poi c'era stato uno scambio di mail durante l'estate, quando gli ho detto del Capitano. Ho preferito dirglielo io.

In questo anno e mezzo da quando ci siamo lasciati, ci siamo scambiati solo qualche messaggio di aggiornamento sulla salute del gatto che avevamo in comune e che è rimasto a lui, gli auguri per Natale e per il compleanno, cose così.

Qualche giorno fa mi aveva raccontato che il gatto aveva il controllo veterinario. Sapevo che ormai lui si muove solo in taxi, io ero libera e mi sono offerta di accompagnarli: mi faceva anche piacere rivederlo, sia lui che il gatto.

Si è svolto tutto in modo molto organizzato e nel suo perfetto stile. Puntuale e preciso.
La conversazione durante il tragitto è stata semplice, piacevole, neutra. Fino a che non si è diffuso un "odorino" dentro la macchina. Viene da fuori? No, viene da dentro.
Ok, Elliot si era lasciato andare dentro il trasportino. 
Avrebbe potuto esplodere l'imbarazzo, invece è esplosa tutta la comicità della situazione.

Fermi nel parcheggio della clinica veterinaria, barricati dentro la macchina rigorosamente chiusa per scongiurare il rischio di fuga del gatto, come chirurgo e assistente, lui ha provato a ripulire il trasportino alla bell'e meglio mentre - ridendo convulsamente - io gli porgevo i fazzoletti.
Bene, sembrava che la parte peggiore fosse finita. 
Li ho aspettati in macchina mentre erano in visita, stavolta coi finestrini aperti. Dunque mi è arrivato il suo messaggio: "Ho due notizie, una buona e una cattiva. Quella buona è che Elliot sta bene, quella cattiva è che mentre lo tenevo fermo per fargli fare l'ecografia mi ha p*sciato addosso".

Lo sguardo tronfio e soddisfatto del gatto era un fantastico contrappunto a quello inca##ato e mortificato di lui. Io non ho smesso di ridere per tutto il tragitto di ritorno, nonostante la risata faccia respirare più a fondo, ma tanto stavamo coi finestrini aperti.

Sotto casa sua mi ha ringraziato. "Avremmo dovuto metterci in tiro per dimostrarci quanto stiamo bene da quando ci siamo lasciati, invece potrai dire che quando hai rivisto il tuo ex puzzava di m*rda e di p*scio di gatto".
"E tu potrai dire che la tua ex ti ha dato un passaggio in macchina nonostante tu fossi impresentabile".

Certe situazioni continuano a manifestarsi pur cambiando la loro sostanza.

15/10/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #13

"Ma quando cominciamo anche a fare le cose più difficili, quelle così  - si muove come il protagonista di Kung fu Panda - perché io ogni tanto li vedo, in qualche video, che quelli che fanno yoga fanno cose tipo la verticale sulla testa, oppure si piegano tutti indietro... li faremo anche noi? Oppure è un altro yoga?"

Ho respirato, ho sorriso. Ho risposto che sì, le faremo, ma non alla seconda lezione.

(Instagram è il vero nemico che sta snaturando lo yoga oltre ogni immaginazione)

14/10/25

Un dono

E' un'intesa speciale e inimmaginabile. Non andiamo sempre d'accordo, ma troviamo sempre un punto d'incontro che vada bene a entrambi. Siamo capaci di parlarci e ascoltarci. Non abbiamo paura l'uno dell'altro, ma accettiamo anche i nostri lati più bui e orribili. 
Ci offriamo presenza, conforto, punti di vista alternativi, sentimenti e occasioni per sorridere.
Siamo legati, ma liberi.

E' passato quasi un anno ed io non ricordo di essere mai stata così tanto bene in una relazione.

Un dono. 
Sono sempre più convita che il Capitano sia un dono che la vita ha voluto farmi.

13/10/25

Un altro nome

Io pratico la meditazione da circa 12 anni. 
Ho iniziato in modo molto saltuario e occasionale, poco strutturato, seguendo semplicemente le indicazioni date di volta in volta dall'insegnante di yoga che, in ogni caso, non ci proponeva la meditazione a tutte le lezioni.
Durante i ritiri c'era una maggiore presenza costante, ma si saltava da una tecnica all'altra. Mi è comunque servito molto per introdurmi a questa pratica. Alcune tecniche non le ho proprio capite e non mi hanno risuonato, mentre altre ho continuato a seguirle anche dopo.
La prima svolta è stata quando ho iniziato la mia formazione come insegnante di yoga per bambini. Ci hanno anche insegnato una tecnica da proporre ai bambini che io ho trovato molto "alla mia portata" e ho iniziato a farla abbastanza spesso.
La svolta decisiva è stata quando ho seguito la formazione solo di mindfulness e meditazione per bambini. Da quel momento sì che ho praticato quasi quotidianamente. Ho anche desiderato approfondire e crescere nella meditazione, ed è stato così che un anno e mezzo fa ho ricevuto l'iniziazione da una monaca e sono entrata a far parte di una comunità spirituale. Da allora pratico la meditazione almeno una volta al giorno, tutti i giorni, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nei giorni faticosi e nei giorni di vacanza.
Ho anche ricevuto il nome in sanscrito, che uso praticamente solo con i confratelli e le consorelle, ma che è importante che io lo dica, lo pensi, ne interiorizzi il significato.

E la storia potrebbe avere qui il suo lieto fine, se non fosse che - dopo l'entusiasmo iniziale - ho cominciato ad avere difficoltà (ma mai ripensamenti), a sentirmi frustrata e delusa dalla sensazione di staticità nella mia meditazione. Non che mi aspettassi di raggiungere l'Illuminazione in un mese (anche se secondo me è il miracolo in cui sperano tutti i praticanti), ma da quando ho cambiato tecnica, ricevendo il mio mantra personale su cui meditare, mi è sembrato di non fare passi avanti.
Ho chiesto aiuto e supporto, e mi è stato dato, ma in me non è cambiato nulla.
Fino a sabato scorso, quando ho avuto occasione di parlare con un'altra monaca che mi ha aggiustato svariati aspetti del mio approccio, uno dei quali davvero fondante, ed è cambiato tutto.
Alla fine del colloquio, mi ha anche detto che forse il nome che mi era stato adatto non era il più adatto a ciò di cui ho bisogno, e me ne ha suggerito un altro, che non suona bene come il primo, ma che ha un significato molto profondo e indubbiamente necessario per me.

E allora ho fatto questa riflessione.
Anche nella meditazione ho avuto la sensazione di faticare il doppio per ottenere la metà, come spesso mi è accaduto nella mia vita soprattutto professionale, però almeno in questo caso ho incontrato qualcuno che mi è stato di aiuto concreto e risolutivo. Non raggiungerò il Samadhi in questa vita, ma di sicuro la qualità della mia meditazione è migliorata tantissimo dopo gli aggiustamenti.

E poi il nome.
Io non so chi sono, mi sono sempre sentita tutto e il contrario di tutto, indefinita e indefinibile, con molteplici caratteristiche senza spiccare in nessuna di esse. E continuo ad essere così: sfuggente, mutevole, non classificabile, anche nel nome in sanscrito che mi rappresenta e mi guida.

Il primo nome ha a che fare con la bellezza, e quando l'ho ricevuto ci ho pianto su per un pomeriggio intero, perché essere definita con la parola "bellezza" per me è sempre stata una specie di utopia inimmaginabile. Ne avevo assolutamente bisogno, a un certo punto della mia vita. Mi ha aiutato a fare pace col mio passato, col bodyshaming che subivo da ragazzina, con il senso di inadeguatezza, di rifiuto da parte degli altri, mitigando anche quella sorta di accanita battaglia contro il mio aspetto fisico che ho perpetrato negli anni, soprattutto negli ultimi.
E' stato bello sentirmi definire simbolo di bellezza.

Il nuovo nome, invece, ha a che fare con l'apertura verso gli altri. E' ciò di cui ho assoluto bisogno adesso. Di donare per poter ricevere.

Tutto questo, dunque, è proprio "da me". L'indefinitezza, il cambiamento di rotta, la sensazione di aver sbagliato tutto per poi scoprire che anche l'errore ha avuto un senso, ha avuto un significato.

Boh, di sicuro non mi si può definire noiosa e monotona.

11/10/25

Diciotto e quarantasette

Diciotto sono gli anni che compie oggi questo blog. Diventa maggiorenne.
Possiamo aspettarci che smetta con gli eccessi d'umore adolescenziali, che metta la testa a posto, prenda la patente, inizi a capire cosa vuole essere nella vita. Bello, è proprio un bel traguardo.

Quarantasette sono gli anni che compio io oggi. 
Posso aspettarmi di cominciare ad avvertire i primi sintomi della menopausa, della compromissione di funzioni cognitive, acciacchi e dolori che inevitabilmente aumenteranno di numero e intensità.
Bello, tutto molto bello. Anche se, più che raggiungere un traguardo, io mi sento solo come se stessi varcando la soglia della vecchiaia :-D

10/10/25

Da insegnante

Pochi giorni fa parlavo con una collega delle nostre rispettive esperienze "da allieve", soprattutto da quando siamo anche noi diventate insegnanti.
Io, ad esempio, non ho mai avuto pregiudizi sull'età dei miei insegnanti di yoga. Mi è capitato spesso di praticare guidata da persone più giovani di me, e averne comunque tratto beneficio e insegnamento.

Alcune delle insegnanti di cui parlavamo le abbiamo anche "condivise", magari anche in momenti diversi, e su alcune avevamo opinioni simili, mentre su altre abbiamo vissuto esperienze diverse.
Ma alla fine funziona così: è l'allievo che sceglie il proprio insegnante in base al suo sentire, alla sintonia che sente o non sente.

E allora mi sono chiesta, a distanza di più di due anni da quando ho iniziato in modo ufficiale ad insegnare yoga anche agli adulti, cosa dicono di me i miei allievi. Non tanto quelli che ancora mi seguono, quanto quelli che non mi seguono più.
Troppo noiosa? Parlo troppo? Poco veloce?
Vorrei davvero saperlo.

09/10/25

21 anni fa

Oggi a Torino è una bella e tiepida giornata di sole. 21 anni fa lo era anche a Palermo, ed era il giorno del mio matrimonio.
In genere non ne parlo mai, non ne parlo più, non su questi lidi per lo meno; però dopo tutti questi anni dal suo inizio (e dalla sua fine) oggi voglio condividere una riflessione a riguardo.
Per molto tempo ho sostenuto di non essermi mai pentita di aver sposato mio marito, perché diversamente non sarebbero mai nate le mie (nostre) figlie; oggi mi sento di correggere questa falsa convinzione: ho maturato la consapevolezza di quanto fosse ipocrita e vagamente pericolosa quella frase, deresponsabilizzante nei miei riguardi e rischiosamente gravosa nei confronti delle ragazze. Come se fosse loro il peso di dare un senso e una ragione d'essere a ciò che è stato e che poi non è stato più.
Quindi no, non rimpiango di essermi sposata, né di essermi sposata con lui. Perché lo volevo. 21 anni fa io lo volevo. A prescindere da tutto ciò che c'è stato dopo. E non me ne sarei pentita nemmeno se non avessimo avuto figli.
Oggi io non sarei quella che sono, se 21 anni fa non mi fossi sposata con lui.
Certo, probabilmente molte cose sarebbero diverse, ma sarebbero anche migliori? Non è dato saperlo.
Negli ultimi 12 anni ho vissuto male questo giorno, con un grande senso di delusione e sconforto, rabbia che ho soffocato, tristezza che ho nascosto e confuso con frasi e convinzioni ipocrite.
Oggi no.
Oggi voglio prendere per mano quella ragazza felice e fermamente convinta di stare per iniziare la parte più bella della sua vita, portarla all'altare e farle una carezza.
No, non le direi nessuna frase "epica", solo una carezza. Dopo 21 anni me ne sarà grata.

07/10/25

Molto bello, sì

Dopo anni di psicoterapia, counseling e lavori introspettivi vari, è bello iniziare un nuovo percorso con un nuovo terapeuta e scoprire che finora ho solo scalfito appena la superficie di quel grande marasma che c'è dentro di me e di cui probabilmente non verrò mai a capo.

Perennemente in terapia, ecco come dovrei stare, mannaggia a me.

06/10/25

In anticipo

"Buongiorno, sono la maestra di yoga, ho appuntamento con la maestra Anna, ma sono in anticipo"
"Ah, va bene, vado ad avvisarla"

...

"Ciao Lucy!"
"Ciao Anna, sono arrivata un po' in anticipo..."
"Sì, ma di una settimana"
"..."
"..."
"Non dovevo venire oggi?"
"Eravamo d'accordo per lunedì 13"
"E oggi che giorno è?"

Questo per dire come sono messa prima ancora di iniziare a fare le lezioni in tutte le scuole.
A maggio non ci arrivo.

05/10/25

Riflessioni sul compleanno

Ho assistito allo scambio delle promesse nuziali durante un rito civile di matrimonio. Non conosco nessuno dei due sposi, ma l'ho trovato estremamente emozionante, in particolare le parole che ha pronunciato lei.
"Comincio dall'unica promessa che non potrò mai mantenere, cioè quella di festeggiare il tuo compleanno come se fosse un giorno normale. Non potrò farlo perché non posso non festeggiare il giorno in cui tu sei nato".

Ecco, guarda caso si avvicina il mio compleanno e - onestamente ci penso già da un po', in realtà - ho fatto alcune riflessioni a riguardo, una delle quali si riallaccia alla frase della sposa.

Io ho sempre amato il mio compleanno, perché se c'era un giorno in cui la mia famiglia mi faceva sentire veramente amata era proprio quello. Abbiamo sempre organizzato feste in casa, con tutti i miei compagni di scuola, gli amici, i figli degli amici di famiglia, i vicini di casa. E addobbavamo il salotto di casa coi palloncini, e mia madre preparava i panini con il prosciutto e quelli con la nutella, e poi i vassoioni enormi di arancine, calzoni e pizzette. E la torta con la frutta e la crema. E i giochi, la musica, il karaoke, lo show delle barzellette. Il pomeriggio trascorreva veloce e divertente, pieno di risate e di regali.
Io adoravo il mio compleanno.

Poi, dopo la seconda o terza media, abbiamo smesso. Sono diventata un'adolescente cupa, sfigata, disadattata. Non avrei avuto nessun piacere ad invitare a casa quei compagni che mi mettevano a disagio a scuola. Forse facevamo una torta per merenda con i figli dei vicini di casa, o con qualche amico di famiglia, ma niente di che.

Ho ripreso a sentirmi davvero speciale, nel giorno del mio compleanno, quando ho iniziato la relazione con quell'uomo molto più grande di me. Lui sì che mi trattava da regina.
Ce ne andavamo in giro a Palermo tutto il giorno, andavamo a mangiare al ristorante, andavamo in giro per negozi e mi riempiva di regali. Se lo poteva permettere, e comprava il mio amore in questo modo. (Mi ha lasciato in eredità l'odio verso il ricevere i regali, infatti, E' più forte di me, ci vedo sempre una red flag, e detesto ricevere regali).
Poi, con Schroeder, il mio compleanno era un misto tra una giornata particolare e una giornata normale. Festeggiavamo l'anniversario di matrimonio due giorni prima, e il nostro onomastico il giorno prima. Il mio compleanno era l'ultimo di tre giorni di festa consecutivi, quindi non veniva considerato più di tanto. Eravamo già satolli di torte e di regali.
Il primo compleanno da separata l'ho festeggiato a Londra, poi tutti gli altri sono stati giorni quasi normali, lavorativi il più delle volte. Prima di trasferirmi a Torino, andavo a mangiare dai miei genitori, oppure da mia nonna, ma nulla di speciale. Soprattutto da quando ho iniziato la relazione con l'Ingegnere. Lui era proprio allergico ai festeggiamenti, suoi e degli altri. Non voleva proprio che si menzionasse il suo compleanno e le volte in cui ho provato a festeggiarglielo lui lo ha sempre sminuito quasi con fastidio, per lo meno i primi anni. Poi ha iniziato ad apprezzarlo, ma la sua incapacità di vivere con gioia e piacere, ha sempre reso goffi tutti i suoi tentativi di festeggiare e di festeggiarsi. Non c'era proprio portato, lui, per gli sprazzi di felicità. (Infatti è grazie a lui che adesso odio fare regali, non mi ritengo più capace di immaginare qualcosa di concreto e tangibile da regalare agli altri, ho sempre paura di comprare qualcosa che non piace).

E arriviamo, quindi, alla frase della sposa: "Non posso non festeggiare il giorno in cui sei nato", perché è stato quello il giorno più importante della sua vita, anche se all'epoca non era ancora nata.

Quella frase mi ha fatto tornare in mente una seduta di psicoterapia di coppia, fatta proprio con l'Ingegnere, qualche giorno dopo i nostri compleanni. Sì, perché il suo compleanno cade pochi giorni dopo il mio.
Quell'anno avevamo deciso di andare per il fine settimana in una città che avevamo sempre visto di passaggio, ma non avevamo mai visitato.
Il mio compleanno era stato il mercoledì, il suo era il sabato successivo, quindi tecnicamente in quel viaggio ricadeva il suo di compleanno, e non il mio.
Ricordo che, con grande orgoglio, lui disse alla psicologa che eravamo andati a Genova a festeggiare il suo compleanno. L'orgoglio derivava dal fatto che questa cosa dimostrava che stava cambiando, adesso si stava umanizzando e convertendo alle abitudini umane. Guardi, dottoressa, come sono stato bravo, adesso ho festeggiato il mio compleanno.
La dottoressa mi guardò (poveretta, mi guardava sempre... io ancora me li sogno i suoi sguardi commiseranti) e chiese cosa avessimo fatto, quindi, per festeggiare il mio di compleanno.
Niente.
L'ingegnere rispose che quel giorno lui aveva delle riunioni difficili al lavoro, e non aveva potuto né assentarsi, né uscire prima, quindi la torta, per spegnere le candeline dopo cena, me l'ero comprata io.
Mi viene da ridere.
Proprio mentre scrivo sto ricordando lo sguardo della dottoressa mentre mi chiede: "La torta se l'è comprata lei, Lucy?" e quello che non ha detto ad alta voce era sicuramente qualcosa del tipo "E le sembra normale tutto questo? Le sembra ancora sopportabile?". Io non me li dimenticherò mai quei suoi sguardi.
Credo che sia stata la seduta dove più di tutte non è riuscita a mascherare appieno il suo disappunto e a mantenersi neutra. Ci fece tutto un discorso su quanto sia importante festeggiare l'uno il compleanno dell'altro, in una coppia, esattamente per quei motivi che elencava la sposa.
"Io festeggio il giorno in cui sei nato, perché se tu non fossi nato io non avrei mai potuto incontrarti e amarti ed essere amata da te".
Sì, quella cosa che la torta me l'ero comprata io da sola, credo che l'abbia fatta sbarellare irrimediabilmente.
Ma il bello è che io non ci facevo caso. Non ci facevo più caso. 
Stavo così male, in quegli anni, che io stessa non ci trovavo nulla da festeggiare nel mio compleanno. Però ci siamo lasciati 5 mesi dopo.

Ecco perché il discorso della sposa mi ha colpito così tanto.
E fai bene, ragazza mia. Ma non perché è vero che il giorno più importante della tua vita è stato quando è nato tuo marito, quella è retorica da promesse nuziali, ma perché comunque glielo hai detto. Perché anche lui lo sa che non è vero, ma è bellissimo sentirsi dire: benedico il giorno in cui sei nato. Credo sia una dichiarazione d'amore meravigliosa.

Non li conosco e chissà che ne sarà di loro, ma fosse anche solo per l'emozione profonda che mi ha dato assistere al loro scambio di promesse, io tifo per loro, perché possano vivere insieme, in serenità, a lungo.

03/10/25

Scritturabile come testimonial per documentari

"Ciao, io sono Manuel, il videomaker. Ti chiedo solo il permesso di microfonarti, poi tu fai esattamente quello che faresti se io non ci fossi. Io sarò solo un osservatore silenzioso. Alla fine ti farò una breve intervista e poi avremo finito".

Dallo scorso anno partecipo con lezioni di Yoga per bambini e per adolescenti a un progetto gestito da un'altra associazione, molto più grande e "scafata" della mia. Il progetto è mirato per bambini e ragazzi che soffrono di un certo disturbo neuropsicologico molto più diffuso di quel che sembra (ne ho incontrati parecchi nelle scuole, ma anche una bambina che veniva a fare yoga con me agli albori della mia carriera).
Pur non conoscendomi, mi hanno contattata perché probabilmente a Torino sono la più famosa insegnante di yoga per bambini. Non me lo spiego diversamente.

(Sto pensando alla categoria "La scrittrice di fame mondiale"... forse potrei aggiungere a questo blog la categoria "La famosissima e squattrinata insegnante di yoga per bambini", non so...)

Dicevo.
L'associazione che realizza questo progetto è molto più grande, strutturata e "scafata" della mia, quindi organizza un convegno di presentazione dei risultati, visto che i finanziamenti li ha ricevuti dalla Regione, dunque hanno incaricato un'azienda di produzione di contenuti per fare un vero e proprio documentario.
All'interno del documentario ci sarà una rassegna di tutte le attività del progetto, compresi i miei due corsi di yoga per bambini e di yoga per adolescenti.

Quindi oggi pomeriggio è arrivato Manuel, con un casco da moto e uno zaino pieno di strumenti per riprese audio e video, e ci ha filmati. Alla fine mi ha anche intervistata, e mi ha fatto i complimenti perché tra tutti i precedenti sono stata la più sintetica, precisa e centrata nel rispondere alle domande, spiegare cosa faccio e perché e raccontare l'esperienza.

Lo aggiungo al curriculum: se avete bisogno di un testimonial che racconti in un documentario quello che fate, il perché lo fate e alcuni aneddoti interessanti, io sono scritturabile.

02/10/25

Cose da non dire a un'insegnante di Yoga #12

"Tutto questo è bellissimo! Ma voi quindi vi esercitate così, tanto per, oppure poi vi esibite?"

Non riesco nemmeno a commentare, sappiate solo che sono morta dentro in quel preciso istante.

01/10/25

Come sprecare un'ora e mezza

"No, Lucy, dopo quella che si è lamentata perché il numero di cellulare che aveva indicato nel modulo per la creazione della sua scheda sul sito era stato effettivamente pubblicato sul sito sono uscita, non ce l'ho fatta più"

La mia collega si è arresa pochi minuti prima di me. Io ho resistito fino a quando è stato necessario specificare di contattare la scuola prima di presentarsi per l'attività, di essere puntuali e di rimettere in ordine l'eventuale materiale scolastico utilizzato.

Abbiamo partecipato al webinar online dedicato alle attività extracurriculari che le scuole possono richiedere e che vengono offerte dalle associazioni.
Io non ho ancora capito se siamo noi particolarmente brave oppure se davvero fuori c'è tutto un mondo che va a rotoli.