Tralasciando i "conti aperti" che ho ancora con mio marito (che ogni volta che li affronto mi sembra di aver finalmente trovato pace e invece no, non è ancora così) ho ancora certi "mostri" da affrontare che risalgono all'infanzia e all'adolescenza.
Non penso di riuscire veramente a "guarire", però ogni giorno mi rendo conto di quanto queste situazioni condizionino ancora oggi il mio sentire, la mia salute, il mio modo di vivere le relazioni e la vita in generale, quindi no, non sono disposta ad accettare di esserne passivamente succube e limitarmi a subirne gli effetti, voglio almeno dialogarci. Riconoscerle, dare loro un nome. Poi, magari, non ci riuscirò a risolverle, però scenderci a patti è già un traguardo, provare a stilare un tacito accordo di non belligeranza è già un risultato.
Mi sento continuamente in lotta contro me stessa - SONO continuamente in lotta contro me stessa. Ci sono miei atteggiamenti del passato che non riesco ad accettare. Non riesco a perdonarmi la remissività con cui ho permesso ad altri di scegliere al posto mio.
E' vero che sono stata educata e cresciuta con la paura, l'estrema ricerca di un'integrità assoluta, morale e fisica. Qualsiasi deviazione dal sentiero tracciato era motivo di scandalo, di vergogna, di delusione verso la mia famiglia... e in alcuni casi persino di "onta" verso tutta la famiglia, il "buon cognome" dei Van Pelt. In tutti gli ambiti: gli studi, l'amore, la condotta pubblica e privata, le attività ricreative...
Ad esempio, sono l'unica tra i miei cugini, da entrambe le parti, ad essere divorziata. E di cugini ne ho 11.
E infatti la prima volta che ho VERAMENTE preso una decisione, l'ho perseguita e l'ho difesa davanti a tutta la famiglia estesa, è stato proprio quando ho buttato fuori di casa mio marito.
Era l'inizio del 2014 (non il 1964) ma lo scandalo familiare c'è stato davvero. Cugini che mi scrivevano, zii che telefonavano ai miei genitori, e altre amenità che vorrei poter dimenticare, ma sono scritti troppo in profondità.
Quel senso di inadeguatezza, di "essere sbagliata", che mi ha accompagnato per tutta la vita, ha iniziato ad affievolirsi poco a poco solo da quando me ne sono andata ed ho trovato la mia definizione professionale.
"La tua guerra d'indipendenza l'hai già vinta" mi ha detto qualche giorno fa il Capitano, e lui di guerre e battaglie se ne intende, "Ti restano solo tutti i piccoli conflitti con la quotidianità".
Quella guerra, in effetti, l'ho vinta. Dovrei firmare una pace definitiva con quei mostri ormai battuti, per evitare di dare loro ancora il potere di influenzarmi oggi. Se provo a guardarli bene, magari mi rendo conto che sono ormai ridotti a vermiciattoli innocui; è nella mia testa che li immagino ancora come draghi super potenti.
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