05/10/25

Riflessioni sul compleanno

Ho assistito allo scambio delle promesse nuziali durante un rito civile di matrimonio. Non conosco nessuno dei due sposi, ma l'ho trovato estremamente emozionante, in particolare le parole che ha pronunciato lei.
"Comincio dall'unica promessa che non potrò mai mantenere, cioè quella di festeggiare il tuo compleanno come se fosse un giorno normale. Non potrò farlo perché non posso non festeggiare il giorno in cui tu sei nato".

Ecco, guarda caso si avvicina il mio compleanno e - onestamente ci penso già da un po', in realtà - ho fatto alcune riflessioni a riguardo, una delle quali si riallaccia alla frase della sposa.

Io ho sempre amato il mio compleanno, perché se c'era un giorno in cui la mia famiglia mi faceva sentire veramente amata era proprio quello. Abbiamo sempre organizzato feste in casa, con tutti i miei compagni di scuola, gli amici, i figli degli amici di famiglia, i vicini di casa. E addobbavamo il salotto di casa coi palloncini, e mia madre preparava i panini con il prosciutto e quelli con la nutella, e poi i vassoioni enormi di arancine, calzoni e pizzette. E la torta con la frutta e la crema. E i giochi, la musica, il karaoke, lo show delle barzellette. Il pomeriggio trascorreva veloce e divertente, pieno di risate e di regali.
Io adoravo il mio compleanno.

Poi, dopo la seconda o terza media, abbiamo smesso. Sono diventata un'adolescente cupa, sfigata, disadattata. Non avrei avuto nessun piacere ad invitare a casa quei compagni che mi mettevano a disagio a scuola. Forse facevamo una torta per merenda con i figli dei vicini di casa, o con qualche amico di famiglia, ma niente di che.

Ho ripreso a sentirmi davvero speciale, nel giorno del mio compleanno, quando ho iniziato la relazione con quell'uomo molto più grande di me. Lui sì che mi trattava da regina.
Ce ne andavamo in giro a Palermo tutto il giorno, andavamo a mangiare al ristorante, andavamo in giro per negozi e mi riempiva di regali. Se lo poteva permettere, e comprava il mio amore in questo modo. (Mi ha lasciato in eredità l'odio verso il ricevere i regali, infatti, E' più forte di me, ci vedo sempre una red flag, e detesto ricevere regali).
Poi, con Schroeder, il mio compleanno era un misto tra una giornata particolare e una giornata normale. Festeggiavamo l'anniversario di matrimonio due giorni prima, e il nostro onomastico il giorno prima. Il mio compleanno era l'ultimo di tre giorni di festa consecutivi, quindi non veniva considerato più di tanto. Eravamo già satolli di torte e di regali.
Il primo compleanno da separata l'ho festeggiato a Londra, poi tutti gli altri sono stati giorni quasi normali, lavorativi il più delle volte. Prima di trasferirmi a Torino, andavo a mangiare dai miei genitori, oppure da mia nonna, ma nulla di speciale. Soprattutto da quando ho iniziato la relazione con l'Ingegnere. Lui era proprio allergico ai festeggiamenti, suoi e degli altri. Non voleva proprio che si menzionasse il suo compleanno e le volte in cui ho provato a festeggiarglielo lui lo ha sempre sminuito quasi con fastidio, per lo meno i primi anni. Poi ha iniziato ad apprezzarlo, ma la sua incapacità di vivere con gioia e piacere, ha sempre reso goffi tutti i suoi tentativi di festeggiare e di festeggiarsi. Non c'era proprio portato, lui, per gli sprazzi di felicità. (Infatti è grazie a lui che adesso odio fare regali, non mi ritengo più capace di immaginare qualcosa di concreto e tangibile da regalare agli altri, ho sempre paura di comprare qualcosa che non piace).

E arriviamo, quindi, alla frase della sposa: "Non posso non festeggiare il giorno in cui sei nato", perché è stato quello il giorno più importante della sua vita, anche se all'epoca non era ancora nata.

Quella frase mi ha fatto tornare in mente una seduta di psicoterapia di coppia, fatta proprio con l'Ingegnere, qualche giorno dopo i nostri compleanni. Sì, perché il suo compleanno cade pochi giorni dopo il mio.
Quell'anno avevamo deciso di andare per il fine settimana in una città che avevamo sempre visto di passaggio, ma non avevamo mai visitato.
Il mio compleanno era stato il mercoledì, il suo era il sabato successivo, quindi tecnicamente in quel viaggio ricadeva il suo di compleanno, e non il mio.
Ricordo che, con grande orgoglio, lui disse alla psicologa che eravamo andati a Genova a festeggiare il suo compleanno. L'orgoglio derivava dal fatto che questa cosa dimostrava che stava cambiando, adesso si stava umanizzando e convertendo alle abitudini umane. Guardi, dottoressa, come sono stato bravo, adesso ho festeggiato il mio compleanno.
La dottoressa mi guardò (poveretta, mi guardava sempre... io ancora me li sogno i suoi sguardi commiseranti) e chiese cosa avessimo fatto, quindi, per festeggiare il mio di compleanno.
Niente.
L'ingegnere rispose che quel giorno lui aveva delle riunioni difficili al lavoro, e non aveva potuto né assentarsi, né uscire prima, quindi la torta, per spegnere le candeline dopo cena, me l'ero comprata io.
Mi viene da ridere.
Proprio mentre scrivo sto ricordando lo sguardo della dottoressa mentre mi chiede: "La torta se l'è comprata lei, Lucy?" e quello che non ha detto ad alta voce era sicuramente qualcosa del tipo "E le sembra normale tutto questo? Le sembra ancora sopportabile?". Io non me li dimenticherò mai quei suoi sguardi.
Credo che sia stata la seduta dove più di tutte non è riuscita a mascherare appieno il suo disappunto e a mantenersi neutra. Ci fece tutto un discorso su quanto sia importante festeggiare l'uno il compleanno dell'altro, in una coppia, esattamente per quei motivi che elencava la sposa.
"Io festeggio il giorno in cui sei nato, perché se tu non fossi nato io non avrei mai potuto incontrarti e amarti ed essere amata da te".
Sì, quella cosa che la torta me l'ero comprata io da sola, credo che l'abbia fatta sbarellare irrimediabilmente.
Ma il bello è che io non ci facevo caso. Non ci facevo più caso. 
Stavo così male, in quegli anni, che io stessa non ci trovavo nulla da festeggiare nel mio compleanno. Però ci siamo lasciati 5 mesi dopo.

Ecco perché il discorso della sposa mi ha colpito così tanto.
E fai bene, ragazza mia. Ma non perché è vero che il giorno più importante della tua vita è stato quando è nato tuo marito, quella è retorica da promesse nuziali, ma perché comunque glielo hai detto. Perché anche lui lo sa che non è vero, ma è bellissimo sentirsi dire: benedico il giorno in cui sei nato. Credo sia una dichiarazione d'amore meravigliosa.

Non li conosco e chissà che ne sarà di loro, ma fosse anche solo per l'emozione profonda che mi ha dato assistere al loro scambio di promesse, io tifo per loro, perché possano vivere insieme, in serenità, a lungo.

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