25/03/08

Il tailleur grigio

Ed ecco un altro romanzo di Camilleri che non mi ha entusiasmato. Già "Maruzza Musumeci" mi aveva lasciato senza retrogusto alcuno, ora quest'altro romanzo... che è ancora peggio.
Quanto meno la sirena aveva dalla sua l'idea nuova.
In questo romanzo, invece, Camilleri scrive una storia normalissima, a tratti banale e prevedibile, come la scriverei io. E non mi piace quando uno scrittore che amo scrive qualcosa "alla mia maniera", perché io ho bisogno di "idoli" inarrivabili, che mi spingano ad osare. Se fanno loro un passo indietro verso di me non c'è piacere.

La storia è banale e prevedibile dall'inizio alla fine. Un direttore di banca va in pensione, e invece di godersela, scopre di essere malato. E via verso un precipitare di eventi. Insipidi.
Non è ironico e dissacrante, come Montalbano, non è crudo e appassionato, come i romanzi storici (che rimangono i miei preferiti, "Il re di Girgenti" su tutti).
La protagonista viene definita (si autodefinisce) un deserto arido e sterile, e anche il romanzo è così.
Non un fremito dell'anima, non un sorriso, non un attimo di commozione.
L'ho letto solo per la curiosità di come andava a finire, e perché Camilleri è sempre Camilleri, ma a dire il vero non mi ha lasciato niente, nemmeno un pensiero.

Ho finito di leggerlo, ho spento la luce e mi sono addormentata.
Peccato.

1 commento:

tarta1 ha detto...

ho letto solo un libro di Camilleri .... prima o poi ne affronterò altri