Una piaga che non manca di certo a Torino sono i poveracci che frugano nei cassonetti della spazzatura.
Al contrario della totale indifferenza degli autoctoni con cui questo fenomeno si verificava a Bagheria, qui a Torino assisto spesso alle farneticazioni di qualche "moralizzatore" ad alta voce, di quelli che imprecano dall'altro lato della strada, a distanza di sicurezza dai cassonetti, che mi ricordano molto i "leoni da tastiera" tanto appassionati sui social. Credo che nella maggior parte dei casi i "frugatori" nemmeno li ascoltano.
Ieri avevo una busta con un pigiama e un giubbotto di Angelica che non andranno più bene il prossimo inverno, dunque sono uscita a portarli al cassonetto della raccolta degli abiti, che sta abbastanza vicino a casa mia. Lungo il tragitto, però, ci sono, molto più vicini, i cassonetti dell'indifferenziata. Un ragazzo ci frugava dentro.
Passandoci accanto ho notato che vi aveva già recuperato un giubbotto. Tralascio il disappunto per chi getta nella spazzatura gli abiti ancora riqualificabili.
Insomma, ci passo accanto e vedo quel giubbotto sul suo cartellino. Faccio per passare avanti e mi rendo conto della distanza ancora da percorrere per il cassonetto degli abiti usati. Mi fermo, torno indietro, faccio il giro e mi metto accanto a lui. Era un africano, aveva una luce a led in fronte e un lungo ferro ad uncino in mano.
"Scusami" gli dico. Lui si ferma e mi guarda. Gli porgo la mia busta. "Sono vestiti invernali per una bambina"
La cosa che mi ha colpito di più è stato il fatto che lui ha preso la busta evitando accuratamente di toccarmi la mano, me ne sono accorta, c'è stato attentissimo.
Mi ha ringraziato ed io gli ho sorriso.
Mi ha risparmiato almeno 50 metri.
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