28/11/17

La pentola della buonanima

Non so se sia universalmente nota la storiella di quel tale che, rimasto vedovo, si risposa con una ragazza e, in modo molto signorile - non c'è che dire, le fa notare continuamente come la zuppa di legumi che preparava la buonanima della moglie fosse più gustosa della sua e, dopo che la povera ragazza si fa in 4 per preparare la zuppa più buona, alla fine si scopre che la zuppa della buonanima in realtà era bruciacchiata e rappresa, ed era questo a renderla saporita.
Ecco. A Torino ho comprato una pentola a pressione nuova che è probabilmente quella che usava la buonanima, perché non sono ancora riuscita a capire, e men che meno a evitare, che i legumi si bruciacchino e rapprendano.

27/11/17

Meno cinque

Oggi ho subìto l'estrazione di un dente, un molare dalla vita travagliata che ha iniziato a darmi problemi 6 anni fa e che il mio dentista storico ha cercato di salvare in tre diverse occasioni, l'ultima delle quali tre anni fa, incapsulandolo. Da 5 mesi aveva ripreso a darmi fastidio, col culmine un mese e mezzo fa, e con un crescendo di fastidi che mi hanno convinto a cercare un dentista a Torino. Su Google.

Adesso che sono a casa mi rendo conto che ho sviluppato una grande capacità di fidarmi e affidarmi ai perfetti sconosciuti. Sono una che si fida.
Questo dentista è il più vicino a casa, e questo è stato l'unico metro di giudizio. Ho preso appuntamento per venerdì scorso, sono andata, lo studio fantascientifico, lui un bonazzo dagli occhi azzurri, bene: piglio e mi faccio togliere un dente. Senza altri pareri, senza rifletterci più di tanto, senza nemmeno parlarne con qualcuno della famiglia. Piglio e vado. Ero esasperata dal fastidio e dal dolore per il dente ormai distrutto letteralmente, ma forse non abbastanza da non poter aspettare.

Vabbè, ormai è andata. Via il dente, via il dolore.
È il quinto dente che tolgo in vita mia. Dice: vuole che innestiamo un po' di osso sintetico così tra sei mesi può fare un impianto?
No, grazie. Quando li avrò tolti tutti mi metto la dentiera come mia nonna.

24/11/17

Checklist #3

Andare e tornare dall'ikea in 55 minuti precisi casa-casa, portando finalmente a casa l'ultimo pezzo d'arredo necessario in casa: fatto.

23/11/17

Checklist #2

Arrivare sulla soglia di casa e scoprire che manca lo zerbino davanti alla porta e inveire contro i condomini incivili e ladri soprattutto il napoletano del primo piano che sicuramente è stato lui a rubarsi lo zerbino che si sa che i meridionali sono tutti delinquenti, per poi scoprire dal nome sul campanello di essere salita al terzo piano invece che al secondo e allora salutare fischiettando lo zerbino al suo posto: fatto.

22/11/17

Checklist #1

C@c@re in casa d'altri con due bambini di 13 mesi non figli miei come spettatori: fatto.

21/11/17

Non lo capirò mai

Ammetto che sono una che Facebook lo usa poco in prima persona, ne detesto alcune funzioni che sono, purtroppo, abusate da altri, e su quasi 10 anni di iscrizione gli ultimi 7 li ho fatti con la bacheca chiusa, tuttavia io non riesco a spiegarmi - ma non lo capisco proprio - il senso (non-buon senso?), il (pessimo) gusto, la necessità (davvero imprescindibile?) di fare le condoglianze sulla bacheca pubblica dei parenti del morto, con tanto di sfondi a tema o immagini evocative.

E anche in questo caso, dice che quella strana sono io.

20/11/17

Dietro le foglie


Il contrasto cromatico tra l'azzurro del cielo e il rosso dorato delle foglie è uno degli spettacoli più belli che mi sta regalando questo primo autunno a Torino.

17/11/17

Il telefono di carta

Frughi nelle tasche del grembiule di tua figlia piccola prima di lavarlo e, insieme a fazzoletti nuovi e fazzoletti usati, ci trovi questo:


"Sì mamma, è il mio telefonino finto. Io e la mia compagna Kim nell'intervallo giochiamo a farci i selfie per finta"

16/11/17

Inaspettatamente

Non solo la fatica fisica e mentale, l'impregno, l'ansia, gli sforzi, i mal di schiena e le notti d'insonnia.
Questo trasferimento sta comportando anche un inaspettato carico di complicanze burocratiche che forse, fooooooooooooooooooorse, solo dopo due mesi e mezzo sono riuscita a concludere. (Oddio, ancora mi tocca scegliere il medico di base... ma è quasi mezzanotte e lo faccio domani)

15/11/17

Come se non bastasse

Casomai badare a due gemelli di 13 mesi non fosse abbastanza per meritare lo stipendio, per fortuna c'è anche la gatta che, approfittando di un mio momento di distrazione, si è infilata in casa ed è disposta a uscirne solo aver letteralmente lottato con le unghie e con i denti contro i miei piedi.


(Chiaramente la gatta mi odia perché non le permetto di entrare e, quando lo fa, la butto fuori senza troppe gentilezze. Mi morde e mi graffia ogni volta che ci riesce, ma fortunatamente al momento non ha mai fatto del male ai bambini in mia presenza)

14/11/17

Meno quarantacinque

Al comune di Torino hanno accettato la richiesta di cambio di residenza per me e le mie figlie. Tra 45 giorni sarà effettivo: verosimilmente, intorno a capodanno. Anno nuovo vita nuova in tutti i sensi.
Tra 45 giorni non sarò più cittadina siciliana. Avverto un certo nodo in gola, e non so il perché.

13/11/17

Mi fa ridere

Questa era la battuta di Jessica Rabbit, quando Ed Valiant le chiede cosa mai ci abbia trovato di interessante in un coniglio, al punto di sposarlo.
Ecco. È un po' la stessa cosa che sento io.
Dopo aver ospitato in casa mia a Torino il caro vecchio (ex) Schroeder, posso dire, senza il timore di essere fraintesa, che nonostante tutto, le arrabbiature, le incomprensioni, i comportamenti inspiegabili e tutto il resto, lui mi fa ancora ridere. La nostra affinità intellettiva, durata per 11 intensi anni, non è cambiata di una sola virgola dopo quasi 4 di separazione. Lui fa battute che mi fanno ridere. Lui fa battute che solo io capisco, perché attingono a quel substrato culturale che ci lega, ci accomuna e ci ha tenuto uniti.

Io ammetto che in certe situazioni ho ancora difficoltà a relazionarmi con lui; più di una volta ho pensato che da quel momento in poi avrei lasciato che se la sbrigassero gli avvocati tra di loro, conservando con lui solo la doverosa ed educata cortesia che è corretto che io abbia nei confronti di chi è il padre delle mie figlie. Ma poi lui fa una battuta che solo io capisco, e va a finire che rido, che rido di cuore e anche un po' con nostalgia.

Credo che finché ci rimane questa capacità di ridere insieme, siamo ancora salvi.

10/11/17

Nonna moderna

"Ciao mamma di Angelica. Grazie per avermi invitato a fare merenda a casa vostra"
"Ciao compagna di Angelica. Grazie a te per avere accettato l'invito."
"Angelica mi ha detto che per merenda hai preparato la torta al cioccolato e i pop corn"
"Esatto. Ti piacciono?"
"Sì. Ma quindi tu hai il forno a microonde"
"Ho un forno a microonde, sì. Credi che possa esserti utile mentre fai merenda a casa nostra?"
"No, a me no. Però adesso capisco come hai fatto i pop corn"
"Per fare i pop corn non ho usato il forno a microonde"
"Davvero?! E come li hai fatti?!"
"In padella"
"In padella?! Tu fai i pop corn in padella?!"
"Certo. La tua mamma come li fa?"
"La mia mamma non li fa. Me li compra nel sacchetto già pronti. La mia nonna, invece, li fa a casa nel forno a microonde"
"La tua nonna è più moderna di me. Io li faccio all'antica, in padella"
"E mi fai vedere come si fa?"
"Ci mancherebbe altro. Avvicinati pure"
"Oooooooooooh, ma è divertente! Più divertente di vedere la bustina che si gonfia dentro il microonde! Lo dirò alla nonna!"

Purché, alla fine, la nonna non dia la colpa a me...! :-D

09/11/17

Quando sarai mamma

Premessa: non ce l'ho coi miei genitori (non più), ma solo perché sono passati molti anni e tre differenti percorsi di psicoterapia che mi hanno aiutato a "masticare e digerire" la mia vita in gioventù.
Da figlia, ho sentito più spesso rivolgermi critiche e rimproveri che lodi e segni di stima. Tutt'ora è così (checché possa sembrare a chi conosce superficialmente me e la mia famiglia di origine): mia madre mi tratta ancora come un'inetta, con l'unica differenza che adesso io le rispondo, lei va sulla difensiva, io m'incazzo, lei si offende, litighiamo e mi tiene il broncio. Storia ormai vista.
Grazie ai percorsi seguiti sono finalmente riuscita a lasciarmi scivolare addosso le liti con mia madre, non sono più capace di assorbire e basta, esprimo il mio parere, magari anche in modo forte, talvolta, lo ammetto, ma non sto più zitta e basta, ché non sono più un'adolescente disadattata.

Per queste e altre ragioni, mi sono sempre ripromessa che mai, MAI, avrei usato parole offensive con le mie figlie. Mai, nemmeno per sbaglio, le ho apostrofate etichettandole con "Monella!", o "Stupida!" a seconda dell'età.
Perché mia madre mi diceva spesso che ero stupida, e mio padre mi minacciava di prendermi una maestra privata di sostegno, e - capirete - sono cose che segnano, e magari loro lo facevano con buone intenzioni educative, o nell'idea che offendendomi mi sarei sentita spronata.
No. Ero etichettata, e con quell'etichetta ho finito per costruirmi addosso il mio vestito, e credere che fosse davvero così.
Questo è uno dei più pesanti motivi del fallimento della mia vita, da un punto di vista scolastico, lavorativo, professionale ecc. La disistima mostratami dai miei genitori è diventata la mia scarsa autostima. Da lì a ridurmi a fare la moglie e mamma è stato tutto in discesa.

Dunque mai, MAI, parole etichettatrici con le mie figlie. Neanche in positivo, eh? Neanche "Brava!". Perché tu sei quello che sei, non sei quello che sai o non sai fare. Quando portano bei voti dico loro "Complimenti, sono fiera di te" o cose del genere. Quando si comportano male dico loro "Hai fatto una cosa sbagliata", cioè, è il comportamento ad essere etichettato, non loro in quanto persone.

Va beh. Questo excursus sul mio stile educativo doveva essere breve, ma si sta dilungando. Vado a dunque.

Da tre settimane Matilde frequenta un corso di informatica che si svolge nella succursale della sua scuola media, in orario immediatamente extra scolastico. Nel concreto lei deve uscire da scuola al consueto orario, andare in succursale, pranzare alla mensa della succursale, frequentare il corso, tornare a casa. La succursale è un po' più lontana da casa, ma dell'ordine di altri 500 mt, e comunque il percorso è abbastanza lineare, a forma di L, e con svariati punti di riferimento lungo il tragitto, un ospedale e un grande ipermercato, che rendono la strada ben trafficata e popolata.

Mentre io sono al lavoro, con uno dei due bambini che si sta addormentando e l'altro che aveva appena sporcato il pannolino, mi squilla il telefono.
E' Matilde che mi avvisa che ha finito il corso e si sta avviando verso casa. Perfetto, benissimo, ci vediamo più tardi, quando Angelica torna da scuola fate merenda, a dopo, ciao. Dopo appena 5 minuti mi telefona di nuovo.
"Mamma"
"Che succede?"
"Non so dove mi trovo"

Ora, io ho un bambino di 13 mesi che dorme e l'altra che si dimena sul fasciatoio perché vuole ravanare dentro le sue pieghe mentre io cerco di metterle il pannolino pulito. Non è esattamente il genere di comunicazione che avrei mai sperato che mi arrivasse.

"Stai tranquilla. Non puoi esserti allontanata di molto. Cosa vedi intorno a te? Riesci a leggere il nome di qualche strada?"
"Sì, sono sulla strada principale ma non riconosco questi palazzi"
"Allora torna indietro, ripercorri esattamente la stessa strada che hai fatto, sullo stesso marciapiede, vedrai che prima o poi troverai un punto di riferimento che già conosci"

E così ha fatto. In pratica invece di girare all'angolo della L ha proseguito dritto, continuando a percorrere la strada col nome giusto ma perdendosi l'incrocio cardine.

Una volta chiusa la telefonata io sono esplosa in un pianto a dirotto che quasi quasi la bambina mi prestava il suo ciuccio per consolarmi. Ho vissuto due minuti di panico perché non potevo allontanarmi e raggiungerla, e lì porcoca##o mi è crollato addosso tutto il peso di essere una mamma sola e lavoratrice.

Arrivata a casa mi sono complimentata con lei per come ha saputo gestire l'inconveniente, le ho detto che ha fatto proprio la cosa migliore, si è fermata e mi ha telefonato, poi è tornata indietro fino a quando non si è nuovamente raccapezzata e allora è arrivata a casa, ma niente, l'unica cosa che lei è stata capace di notare è stato lo sbaglio, il fatto di essersi persa.
"Ti sei persa, ma poi ti sei ritrovata! Non ti sei né scoraggiata, né messa a piangere o che so io! Hai avuto un problema e l'hai risolto"
Niente, non è riuscita a cogliere la sua bravura, la sua capacità, e persiste ancora a buttarsi giù, a dire di sé che non sa fare niente e altre amenità.

Mia madre, in una situazione analoga, avrebbe detto: "Resta ferma dove sei che ora viene papà a prenderti" e non mi avrebbe mai più fatto tornare a casa da sola, non per le immediate volte successive e, quando la necessità lo avrebbe di nuovo reso inevitabile, mi avrebbe anche denigrato con un "Torna da sola, però non ti devi perdere di nuovo come l'altra volta!", come sei io avessi voluto farlo apposta, aggiungendo anche un po' di senso di colpa oltre a quello di inettitudine (storia realmente accaduta, anche se in contesti leggermente diversi).

Ecco. Questa è la mia crisi esistenziale di oggi.
Credevo che avrei cresciuto figlie sicure di sé, autonome, capaci, indipendenti e consapevoli delle proprie capacità. Credevo che avrebbe funzionato come in un'equazione matematica: se mi comporto come penso che avrebbero dovuto fare i miei, loro cresceranno come avrei voluto crescere io. Invece no.

Spesso mi dicevano: "Quando anche tu sarai mamma capirai".
Ebbene, adesso capisco; capisco non tanto le loro singole scelte o linee educative, bensì quanto sia dannatamente difficile essere genitori.

08/11/17

Operazione preliminare

Innanzitutto occorre specificare che io mi trovo a metà nella catena alimentare del mondo del lavoro, ossia sono contemporaneamente dipendente e datrice di lavoro, ovviamente di persone diverse.
Ora: è la mia opinione, lo ammetto; è il mio modo di usare lo strumento, lo so; è una dimostrazione di buon senso secondo quello che è il mio concetto di buon senso, ne sono consapevole; tuttavia non riesco a fare a meno di meravigliarmi quando uno degli altri anelli della catena (ossia chi mi paga per la mia prestazione professionale o chi io pago per la sua prestazione professionale) mi richiedono l'amicizia su quel gran castigodiddio che è Facebook, senza - si badi bene: SENZA - eseguire quella che secondo me è un'operazione preliminare obbligatoria allo scambio di amicizia, cioè selezionare le restrizioni.
E se non si può fare preliminarmente, lo fai nell'immediato. O l'amicizia non me la richiedi proprio.
Perché io mi chiedo: tu ti rendi conto che il rapporto che ci lega, a me e a te, è professionale, vero? Non siamo amiche, non siamo compagne, non siamo commilitoni.
Ecco, una volta appurata questa cosa... ma non ci pensi, quando pubblichi le tue foto, che anche io le posso vedere? Io, che ho con te un rapporto professionale, e a cui tu - TU - hai richiesto l'amicizia.
E andando al contrario: ma che ca##o richiedi l'amicizia col tuo profilo Facebook privato ad una persona con cui hai un rapporto professionale, sapendo bene quale genere di utilizzo fai e hai fatto del profilo in passato, quale è il tuo genere di post?!

Boh? Poi sono io quella strana.

07/11/17

E le bambine?

La domanda è un grande classico. È la seconda cosa che mi chiedono tutti, ma è la prima a cui danno davvero ascolto.

Le bambine stanno bene, si sono ambientate e, finora, non si lamentano del freddo. A scuola vanno bene, non ci sono stati cambiamenti nella rendita didattica: la materia in cui Matilde ha i voti peggiori è l'educazione motoria e Angelica ha preso l'abitudine di rifilare gli spinaci della mensa ad una sua compagna che ne va pazza e che, inspiegabilmente, si siede sempre accanto a lei quando ci sono gli spinaci per contorno.
Mi sembra che tutto proceda esattamente per come ci aspettavamo.

Se poi, incidentalmente, a qualcuno interessa sapere come sto io, potremmo avere modo di parlarne in futuro.

06/11/17

Una cosa bella

"Sai, mamma, una cosa bella della scuola di Torino è che l'acqua dei rubinetti è potabile, quindi se mi finisce la bottiglietta, chiedo di andare in bagno e vado a riempirla"

Già. Se penso che alla scuola di Bagheria, quando comunicai che Matilde avrebbe messo un apparecchietto mobile per i denti e che avrebbe avuto bisogno di andare in bagno più volte per sciacquarlo, mi consigliarono di farglielo sciacquare con l'acqua della propria bottiglietta perché, dovendolo mettere in bocca, loro non erano sicuri che sarebbe stato opportuno usare l'acqua dei rubinetti, sì, è proprio una cosa bella di questa nuova scuola di Torino.

04/11/17

Soddisfazioni

Dopo un mese intero di ferma (settembre) e un mese intero di ripresa lenta, graduale e non sempre soddisfacente di pratica yoga, stamattina sono riuscita a assumere, pur per pochi secondi, le asana avanzate che padroneggiavo a fine agosto.
La vecchia pellaccia va solo curata, educata, accompagnata, accettata nei suoi limiti ed esercitata, poi ti da le sue soddisfazioni.

02/11/17

Masterchef baby

Angelica ha una nuova fissazione: un canale youtube dove si mostrano vari "trucchetti" per i piccoli inconvenienti quotidiani (life hacks, credo che si chiamino) e un altro dove vengono realizzati lavoretti creativi in circa 5 minuti (5 minutes craft, se non ricordo male).
Il problema è che adesso se ne va in giro ad "atturrare" (termine tecnico) la gente spiegando questi trucchetti o questi lavoretti usando parole come "si prende una cosa così, tipo quella di là, però più stretta" ecc. Il risvolto positivo, invece, è che sta sviluppando un "senso del craft" (che ahimè conosco bene) che, associato alla sua innata spiccata manualità, tira fuori certe perle come queste.



Ed ecco che una parca cena a base di banalissimi spinaci saltati e purè di patate, viene arricchita da "carote temperate" e abilmente disposte a roselline.
Sono curiosa di scoprire a cosa porterà questa passione rivelata. Nel dubbio nascondo ben bene la pistola per la colla a caldo, ché non si sa mai.