29/03/19

Quelli che erano fratelli...

Ho aggiornato il repertorio musicale di canzoncine che canto coi/ai Bambini.
Abbiamo accantonato le sigle di Bia, Ufo robot, Mago Pancione, alcuni classici tipo Il coccodrillo come fa, e quelle stramberie di Raffaella Carrà.
Abbiamo eliminato del tutto YouTube, perché non mi serve ipnotizzarli davanti a un display (cosa che temo che facciano già abbastanza in famiglia) ma voglio educarli all'ascolto, e così mettiamo Cristina D'Avena su Spotify, e cantiamo a squarciagola Pollon, Piccoli problemi di cuore, Nanà, Papà Gambalunga ecc.

E poi cantiamo a memoria piccole parti di canzoni non esattamente per bambini, tipo Azzurro, La gatta, e la canzone "in inglese" "You are my sunshine".

Poi un giorno Bambina mi ha chiesto la canzone "di quei signori" ed io ci ho messo un po' a capire a cosa si riferisse. E per un attimo mi è venuta in mente la scena di "Non ci resta che piangere", quando Amanda Sandrelli chiede a Massimo Troisi di cantarle di nuovo la canzone di "quelli che erano fratelli".
Anche l'inno nazionale rientra nel mio repertorio strampalato di canzoni per bambini :-D

28/03/19

Figli (non) miei

Mi ero rassegnata a sorridere e ringraziare quando, per strada, gli sconosciuti mi fermano e mi fanno i complimenti per i Bambini, o battute molto divertenti e sempre nuove (!) tanto che mi sento spesso come Belmonte, il protagonista de "Un nome da torero", che risponde sempre "Davvero? Non lo sapevo", e mi sono persino ritrovata a spiegare all'inquilino del piano terra, che mi ha visto salire a casa con loro, che in realtà non sono figli miei, ma le mie figlie sono altre.
Poi ho deciso di stampare un po' di foto da appendere in casa, e mi sono accorta che il 90% delle fotografie degli ultimi due anni raffigurano i Bambini o me con i Bambini.

C'è qualquadra che non cosa.

27/03/19

Momenti di trascurabile felicità

Mi riferisco al nuovo film di Pif, ma ho letto entrambi i libri da cui è ispirato.
Faccio una premessa, anzi due.
La prima: io AMO Pif. Cioè lo AMO proprio, mi fa sangue da impazzire, lo so che ho gusti strani, ma tra i personaggi "famosi" con cui mi sono casualmente trovata vicina in momenti quotidiani (allo stesso ristorante, in libreria, per strada, in aeroporto ecc) Pif è l'unico che non ho mai avuto il coraggio di avvicinare perché in preda ad un'agitazione adolescenziale che mi avrebbe fatto fare pessima figura.
Seconda premessa: il film è girato a Palermo.

Ecco, fatte queste due premesse, mi sembra superfluo specificare che è il film più bello che abbia visto di recente.
Tra l'altro ci ho pure trovato in una piccola scena una delle più odiose delle mie colleghe universitarie. Due a zero per lei, porcatrottola.

26/03/19

Il risparmio di 50 metri

Una piaga che non manca di certo a Torino sono i poveracci che frugano nei cassonetti della spazzatura.
Al contrario della totale indifferenza degli autoctoni con cui questo fenomeno si verificava a Bagheria, qui a Torino assisto spesso alle farneticazioni di qualche "moralizzatore" ad alta voce, di quelli che imprecano dall'altro lato della strada, a distanza di sicurezza dai cassonetti, che mi ricordano molto i "leoni da tastiera" tanto appassionati sui social. Credo che nella maggior parte dei casi i "frugatori" nemmeno li ascoltano.

Ieri avevo una busta con un pigiama e un giubbotto di Angelica che non andranno più bene il prossimo inverno, dunque sono uscita a portarli al cassonetto della raccolta degli abiti, che sta abbastanza vicino a casa mia. Lungo il tragitto, però, ci sono, molto più vicini, i cassonetti dell'indifferenziata. Un ragazzo ci frugava dentro.
Passandoci accanto ho notato che vi aveva già recuperato un giubbotto. Tralascio il disappunto per chi getta nella spazzatura gli abiti ancora riqualificabili.
Insomma, ci passo accanto e vedo quel giubbotto sul suo cartellino. Faccio per passare avanti e mi rendo conto della distanza ancora da percorrere per il cassonetto degli abiti usati. Mi fermo, torno indietro, faccio il giro e mi metto accanto a lui. Era un africano, aveva una luce a led in fronte e un lungo ferro ad uncino in mano.
"Scusami" gli dico. Lui si ferma e mi guarda. Gli porgo la mia busta. "Sono vestiti invernali per una bambina"
La cosa che mi ha colpito di più è stato il fatto che lui ha preso la busta evitando accuratamente di toccarmi la mano, me ne sono accorta, c'è stato attentissimo.
Mi ha ringraziato ed io gli ho sorriso.
Mi ha risparmiato almeno 50 metri.

25/03/19

L'italiano difficile

"Io sono scendeto!"
Sceso.

"È stata lua!"
Lei.

"Io l'ho aprito!"
Aperto.

L'italiano è proprio una lingua difficile. E ancora più difficile è correggere i Bambini e me stessa.

"Lucy, voglio fare l'altalena."
"Va bene, ti siedo io."
"Mi siedi tu?"
"Sì, ehm... ti aiuto io a sederti."

22/03/19

Accabadora

di Michela Murgia.

Ho scoperto Michela Murgia e me ne sono innamorata. Non avevo mai letto nulla di suo e, per una casualità, ho ascoltato "Accabadora".
Mi è piaciuto moltissimo, sia la storia in sè che evoca tradizioni del passato abbastanza recente, sia la sua lettura. Quell'accento sardo leggermente accennato ha dato quel tocco in più alla narrazione. Io non sono un'appassionata sostenitrice degli audiolibri letti dagli autori: non credo che saper scrivere bene significhi anche saper leggere bene ad alta voce, ma in questo caso è stato proprio il punto vincente.

21/03/19

Il genio del male

"Bambina, cosa stai facendo?"

Non mi ha sentito arrivare alle sue spalle, mentre cercava di scassinare le chiusure di sicurezza della cassettiera coi loro vestiti. Mi dedica il suo tipico sguardo irritato: irritato non tanto dalla mia capacità di beccarla, quanto dalla sua insufficiente capacità di eludere la.mia sorveglianza. Il rapporto tra Bambina e me si basa su questo: fare cose proibite senza che io me ne accorga; purtroppo non ci riesce.

"Quindi?"
Non mi guarda.
"Bambina, i cassetti non si toccano"
"Bambino ha fatto la cacca"
"Bambino ha fatto la cacca? E che c'entra coi cassetti?
"Si, Bambino ha fatto la cacca"
La guardo. Ormai, più che se fossero figli miei, mi basta guardarli per capire cosa stanno pensando.
"Lucy, Bambino ha fatto la cacca. Vai. Senti la puzza?".

Quando mi chiedono chi sia il più monello dei due, la mia etica personale e professionale mi impone di scherzare rispondendo che sono due bambini veri, che fanno cose giuste e cose sbagliate, come tutti i bambini veri, senza che questo faccia di loro dei "monelli", e comunque ciascuno di loro ha la sua specializzazione per cui non ce n'è uno più bravo dell'altro, sono entrambi due pesti, ognuno nel proprio ambito di pertinenza.
Ma non lo penso veramente.
Bambino, in quanto maschio, è sicuramente il più "fisico" e violento, ma è un ingenuotto che si fa facilmente raggirare dalla promessa di un biscotto o da due coccole extra. Bambina è tutt'altra pasta: dal fisichino minuto, esile, magrolino che le fa avere la peggio in tutti i conflitti corpo a corpo con fratello gemello, sa essere così subdola e perfida che in realtà, più che monella è proprio un genio del male, anzichenò.

20/03/19

Le persone di riferimento

C'è il metallaro col chiodo in pelle nera, i capellacci lunghi e sciolti, barba e cuffie alle orecchie. Lo immagino studente universitario, ma non saprei dire di cosa.
C'è la signora in bici col casco giallo fluo, che mal si abbina al suo outfit da dirigente di un qualche ufficio della pubblica amministrazione.
C'è il ragazzino di prima, massimo seconda liceo, col bomber rosso e blu, e l'espressa pulita di chi studia tanto e bene.
C'è il ragazzo con gli occhiali, capelli neri e ricci, baffi e barbetta, con cappotto lungo e nero, e la valigetta di chi lavora disegnando.

Queste quattro persone sono i miei punti fermi lungo il tragitto da casa al lavoro. Lì incrocio quasi quotidianamente e quasi sempre negli stessi punti della strada.
Probabilmente abbiamo gli stessi orari, al punto che in base alle nostre intersezioni posso capire se sono in anticipo o in ritardo.
Sono sicura che anche loro mi notano, e mi annoverano tra le persone fisse dei loro tragitti giornalieri, magari definendomi: la ragazza con la sacca rosa, che cammina parlando sempre al cellulare.

19/03/19

Metodo Montessori


A parte che una delle poche e imprescindibili regole di casa Van Pelt è che il bagno dev'essere una zona "phone free" perché ci sono tanti altri posti migliori per cazzeggiare col telefono senza tenere necessariamente le terga sulla tazza, ché vengono le emorroidi... Ma a maggior ragione alle 7 del mattino, quando ci siamo anche angeAnge ed io che dibbdobb prepararci e uscire in 30 minuti... No, non si può proprio accettare.

Tra vent'anni dirà di me che ero la peggiore tra i bulli, ma le madri sono autorizzate ad esserlo.

18/03/19

Disillusione

La verità è che qualcuno mi ha cambiato la sceneggiatura proprio mentre stavamo già girando il film, e questo non è giusto, non vale, è un comportamento scorretto, perché io lo sapevo che sarebbe stato difficile vivere tutto questo, e lo è, è difficile esattamente quanto immaginavo, il problema è che nel mio film c'era anche un miglioramento professionale per me, dopo un comprensibile momento iniziale di incertezza e precarietà, e invece no, non è così, io mi aspettavo di avere maggiori occasioni di allacciare legami professionali, di conoscere persone cui dimostrare il mio valore, qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi a trovare una strada, ma non per arricchire, a me non importa nulla di farmi i soldi, basta che abbiamo il necessario e ci accontentiamo di poco, quello che sognavo era di trovare un'occasione di stabilità, di serenità, ma soprattutto di sentirmi riconosciuta da un punto di vista professionale, quale che sia la professionalità che mi si riconosce, perché in effetti potrei averne diverse, ma nessuna di queste mi viene soddisfacentemente riconosciuta, ed io ho già quarant'anni suonati e nonostante ho cresciuto due Bambini facendone due gioielli, gli ho dato l'anima e ne ho fatto due personcine meravigliose, sembra che l'unica cosa che sto facendo è la casalinga a casa di estranei, che più che ringraziarmi per come ho tirato su i loro figli, notano solo come bene gli cucino quelle cazzo di zucchine al padre e quanto male stiro le maglie di pura seta con le rughe alla madre.

Ecco. Per questo ho fatto una seduta da 59 minuti di psicoterapia in cui per 35 ho pianto e singhiozzato al punto di non riuscire nemmeno a parlare.

15/03/19

Chiamami con il tuo nome

Ho ascoltato l'audiolibro, non ho visto il film.
La tematica è forte, e trattata in modo molto netto e tagliente, pur senza mai scadere nel volgare. Ci sono scene intense, crude, al limite del ribrezzo, ma il lessico curato e garbato le rende sopportabili, per quanto impegnative.
Di sicuro è un grande saggio sul desiderio, ed è impossibile restare indifferenti se anche solo una volta nella vita ci si è innamorati. Ciò che colpisce è la precisione nella descrizione di stati d'animo generalmente difficili da esprimere con le parole.

14/03/19

La nudità

Nulla potrebbe metterti in imbarazzo più del mostrarti nuda ad estranei, che non siano medici, infermieri, ostetriche ecc. Tranne trovarti vestita di tutto punto dentro lo spogliatoio di una palestra dove tutte le astanti vanno in giro nudissime.

(Ad ogni modo, credo che sia maledettamente istruttivo vedere dal vivo il corpo nudo di altre persone normali. Ribalta totalmente l'immagine di sé più che anni e anni di psicoterapia)

13/03/19

Toco

"Lucy, era davvero bella la foto dei Bambini che mi hai mandato oggi. Davvero, fai delle fotografie proprio belle!"
"Beh, è perché il mio telefonino è toco"
"Non ho capito..."
"Ho un telefonino con una buona fotocamera"

Quando il dialetto ti farebbe risparmiare parole, rispetto all'italiano, ma non hai la platea adeguatamente istruita.

12/03/19

La festa del monello

Abbiamo ricevuto l'invito alla festa di compleanno di un compagno di Angelica, uno di quelli più agitati, dispettosi, accusati dai compagni per monellerie variegate.
Per un periodo è stato anche compagno di banco di Angelica, lei se n'è lamentata continuamente, ma se l'è tenuto senza protestare.
La settimana scorsa è arrivato l'invito, ovviamente pomeridiano in giorno lavorativo, ed io ho chiesto, come di consueto, a qualcuno dei genitori di accompagnarvi Angelica, ché io posso solo andarla a riprendere. Il vuoto.
Anche Angelica, in classe, ha chiesto ai vari compagni e sembrava che nessuno sarebbe andato alla festa.
Ho subodorato il boicottaggio "etico" di stoca##o. Ho scritto alla mamma del festeggiato e le ho chiesto se poteva prendere lei Angelica a scuola e portarla alla festa, e lei mi ha dato disponibilità.

Quando sono andata a riprenderla alla festa, Angelica mi è corsa incontro sorridente e poi è tornata dentro. Era l'unica "bianca" tra gli invitati, c'era l'intera colonna sudamericana di Torino Cenisia e soltanto un altro compagno di scuola, quello ancora più monello del festeggiato.

Andando via, Angelica mi ha detto di essersi divertita moltissimo, anche durante il tragitto insieme alla famiglia del festeggiato e di aver socializzato con tutti quei cugini peruviani. Ha mangiato due fette di torta ed era contenta di avergli regalato un giocattolo perché tutti gli altri gli avevano regalato vestiti.

I bambini sono bambini. Ci sono quelli che sembrano bambolotti e ci sono quelli agitati, quelli che ubbidiscono subito e quelli che hanno bisogno che si perda un po' di tempo in più per insegnare le norme del vivere in società, ma sono bambini.
Disertare la festa di compleanno di un bambino monello non lo farà diventare più docile, anzi gli scaverà ancora di più quella ferita di non-accoglienza da parte dei compagni.
Quando la smetteremo di confidare in un inesistente potere educativo della negazione?

11/03/19

La gita

Quando era piccola, insonne e insopportabile, aspettavo con ansia il giorno in cui Matilde sarebbe partita in gita scolastica.
Poi la vita ha preso uno strano e inaspettato corso, per cui pur continuando ad essere, a modo suo, insopportabile, si sono comunque verificate innumerevoli situazioni che l'hanno portata fuori casa, a dormire "altrove", per cui il momento tanto atteso della gita, come momento di tregua, in realtà lo abbiamo vissuto con una serenità, una consapevolezza e una padronanza nel gestire "il pernottamento" che ci ha fatto apparire, noi provincialotte e terrone, come donne di mondo che manco i figli maschi delle donne in carriera dell'operoso nord se la sono cavata altrettanto.

08/03/19

...e non è finita!

A volte assisto, mio malgrado, a scene imbarazzanti delle quali sono forzatamente testimone. Credo che succeda alla maggior parte delle persone che lavorano "al servizio" di altri, ma io non riesco ancora ad abituarmi. 
A cominciare dallo stato decoroso e igienico delle case, fino ad ascoltare telefonate urlate, battibecchi tra le coppie, ancora peggio, raccogliere le confidenze di uno solo degli adulti di riferimento. 
In genere mi limito ad osservare, o ascoltare, sforzandomi per me stessa di non giudicare (perché anche della mia casa si potrebbero trovare mille punti di debolezza igienica e decorosa) e soprattutto di non lasciarmi coinvolgere. Osservo, ascolto, al massimo annuisco per far capire che ascolto, ma non mi pronuncio mai e quando mi si chiede di esprimere la mia opinione (successo veramente) in diatribe tra nonni e cose simili, ribadisco che il mio lavoro è quello di accudire i Bambini e solo su quell'argomento, ma limitatamente al mio operato, sono disposta a discutere.

Purtroppo, ciò non toglie che io sia obbligata ad assistere a scene quotidiane di dubbio gusto, e spesso imbarazzanti.

Adesso ci starebbe bene il racconto dell'ultimo episodio, in ordine cronologico, cui ho assistito, quello la cui battutona, il coup de theatre, è il titolo di questo post, ma ci ho ripensato, perché anche su questo spazio virtuale e quasi anonimo voglio mantenere il mio riserbo professionale.

07/03/19

Il fantasma

I Bambini dormono. Mi metto anche io in standby. Inizio ad ascoltare l'audiolibro che ho iniziato nei giorni scorsi, ma lo sto trovando lento e noioso. Apro Spotify, scelgo Pollini che suona Chopin. Mi distendo sul divano, ho un po' di mal di testa, spero che i due mi lascino riposare almeno un'ora. Metto gli auricolari e chiudo gli occhi.
Inizia un notturno. Non è tra quelli che conosco a memoria, dunque ascolto con attenzione, provando a visualizzare le mani del pianista che si muovono sui tasti, ma qualcosa distoglie la mia attenzione. Ho sentito un rumore.
Metto in pausa, mi alzo, tolgo gli auricolari, vado in camera dei Bambini. Dormono.
Torno in soggiorno. Mi dico che sarà stato un rumore al piano di sopra. Rimetto auricolari e musica. Chiudo di nuovo gli occhi, ma nemmeno il tempo di riprendere l'ascolto che sento di nuovo un rumore. Mi metto a sedere e guardo nella direzione della cameretta. Nessun movimento, la porta è chiusa. Eppure lo sento. Sembra un respiro, un sospiro, un singulto. Abbasso il volume negli auricolari e mi muovo per casa, per scoprire da dove arriva, perché se riesco a sentirlo insieme alla musica dev'essere molto forte, e invece no, scompare.
Rimetto il volume alla stessa altezza di prima ed è allora che lo sento di nuovo. Ed è allora che capisco.
È Maurizio Pollini che sospira, mentre suona. Ed è cosi che lo vedo tutto, non soltanto le sue mani, e la poesia mi avvolge in pieno, nel doloroso ricordo di com'è faticoso suonare il pianoforte.

06/03/19

Tra 6 mesi

Tra esattamente 6 mesi sarò di nuovo disoccupata, con tutto il carico di angoscia che questa consapevolezza contiene.
Più di una volta mi sono soffermata a riflettere su quanto tempo potrò ancora andare avanti in questo modo, in questa altalena tra lavori che so fare bene ma che non mi gratificano e coscienza di non avere nulla in mano per potermi permettere di fare la schizzinosa e aspettare un lavoro meno faticoso, meno stressante, più remunerativo.
Più di dieci volte mi sono interrogata sulle decisioni prese e quelle che potrei ancora prendere.

Ho quarant'anni. Sono stanca di lavorare da pazza per restare comunque solo al di sopra della soglia di sopravvivenza.

05/03/19

Il vuoto

Me ne lamento sempre, ma devo ammettere di non essere ancora/più in grado di gestire il vuoto che aleggia nella mia vita quando le mie figlie non stanno con me.

04/03/19

Ventuno ore

Ancora una volta, una toccata e fuga a Palermo. Ventuno ore. Una notte, una colazione e un pranzo. Nessuna cena.

In ventuno ore ho accompagnato Gandalf dal meccanico guidando di nuovo su strade strette e a doppio senso, con pedoni senza marciapiedi e motorini da tutte le direzioni. Ho pianto davanti al mare e al suo profumo, con la vista su una lontana Bagheria che non mi ha vista nemmeno calpestare il suo suolo.
Ho rivisto i figli e la moglie di Gandalf, che non vedevo da quasi due anni.
Ho ricevuto addosso stelle filanti e coriandoli di cui mi sono liberata del tutto soltanto a casa a Torino.
Ho passeggiato lungo il salotto all'aperto di Palermo, godendo del sole e beandomi dell'odore di fritto e di pane che aleggia sempre per le strade della città.
Ho pranzato con pane e panelle e, da brava emigrata, ho comprato i cannoli da portare al nord.

Ventuno ore oniriche. Se non fosse per l'assenza delle mie figlie in casa, penserei di averlo sognato.

01/03/19

Due libri sulla vendetta

Il primo è "I nomi epiceni" di Amelie Nothomb, il secondo è "Questa notte mi ha aperto gli occhi" di Jonathan Coe.

Due vendette diverse, che nascono con tempi e modi molto diversi, ma che mi hanno molto fatto riflettere.

Io ne n sono proprio capace di concepire il concetto di vendetta. Sono molto più sensibile a quello di giustizia, ma da parte di un ordine costituito, non certo come azione privata.

I due romanzi in questione sono abbastanza brevi e scorrevoli. Il secondo, in particolare, è un esplicito omaggio al cantante Morrissey e magari, per ho amanti il genere, può essere piu piacevole.