30/11/16

Tra tre anni

"Quanti anni ha?"
"38"
"Sposata?"
"Separata"
"Figli?"
"Due"
"Da quanto tempo è separata?"
"Quasi tre anni"
"Ha un nuovo compagno?"
"Non ci sono ancora i presupposti per definirlo tale, ma... "
"È un partner fisso?"
"È una definizione orribile. Diciamo che sì, ho una relazione fissa"
"Lui ha figli?"
"No"
"Capisco. Alla luce di tutto questo, il mio consiglio, se vuole seguirlo, è quello di mettere la spirale con solo progestinico, della durata di tre anni. Potrei inserirle quella da cinque, ma nella sua situazione vedo più appropriata quella da tre. Lei pensa che farà un altro figlio prima dei prossimi tre anni?"
"Non credo proprio"
"Appunto. Tra tre anni, però, lei ne avrà 41 e dovrà comunque togliere la spirale. Io credo che quello sia il momento migliore per decidere se fare un figlio o inserirne un'altra, a questo punto di quella che dura 5 anni, in modo che al massimo gliene tocchi di inserirne giusto un'altra prima della menopausa".
"Già"
"Naturalmente possiamo comunque togliere anche questa in qualunque momento, qualora dovesse cambiare idea"
"Ne dubito, ma mi fa piacere saperlo"

E così è andata, ed è stato molto più rapido del previsto. Doloroso no, lo è stato esattamente come me l'aspettavo, però dovrei essermi tolta un pensiero per tre anni.
Perché sì, forse è vero che non tutto è perduto, e che magari nel mio futuro la mia tanto desiderata e sognata terza maternità ci sarà. Come mi ha detto una volta mia cognata, per dimostrare che è possibile, è possibile farla e soprattutto è possibile viverla in modo diverso dalle prime due, e sopravvivere lo stesso, e bene, e felici. Ma non ora, e nemmeno tra un anno, e quasi certamente nemmeno tra due.
Tra tre anni. Se mai nella mia vita ci sarà un'altra occasione di maternità, quasi certamente questa sarà tra tre anni.
Vedremo.

29/11/16

Raccomandazioni

Stamattina, mentre salutavo Matilde che si avviava verso la sua scuola, riflettevo sul fatto che io non sono una mamma da raccomandazioni.
Mia madre, ancora oggi, se prendo l'aereo mi dice "Stai attenta, mi raccomando", come se l'aereo lo guidassi io, e allo stesso modo "si raccomanda" ogni volta che ci salutiamo, ogni volta che sa che sto uscendo, viaggiando, guidando.
Ecco, io no. Io non ne sono capace.
Non mi è mai venuto, in questi primi due mesi di scuola, ora che Matilde va da sola, a piedi, per strada, di salutarla raccomandandole di stare attenta. Le auguro buona giornata, piuttosto. Buon lavoro. Buono studio. "Buon tutte cose", è la volutamente sgrammaticata frase con cui ci salutiamo. Mai "Stai attenta". Spesso ci aggiungo anche un "Ti voglio bene", un "Sei la mia ragazzina grande", ma mai "Stai attenta", mai.
Fondamentalmente perché io penso che lei stia attenta, a prescindere dal fatto che io glielo dica o meno. Non potrei lasciarla andare e tornare a scuola da sola se non fossi sicura della sua attenzione, prudenza, serietà, giudizio, assennatezza.
Da diversi anni è stata già istruita sul come nel mondo ci siano persone buone e persone cattive, e che non è semplice riconoscere le une dalle altre, dunque, nell'incertezza, non bisogna dare eccessiva confidenza a nessuno. E avvisarmi sempre se succede qualcosa che, a suo parere, esula dal naturale corso delle cose. Ché quel telefonino serve per queste situazioni, non solo per giocarci a Minecraft. E lei lo fa, serenamente e tranquillamente.
Si muove con sicurezza e disinvoltura per strada (mi è capitato di osservarla da lontano) e l'unica cosa che la mette in crisi è la possibilità di incontrare un piccione morto sul marciapiede. Lei sta attenta, anche se io non glielo dico.

Io non lo so quanto l'ansia invadente di mia madre abbia potuto influenzare la mia autostima durante l'età dello sviluppo. Non so nemmeno quanto io, con la mia assenza di raccomandazioni, stia influenzando la crescita di Matilde, per non so... Così, "a sentimento", io credo che un saluto "Mi raccomando, stai attenta" lasci addosso una sensazione che non ha nulla a che fare con il calore di un "Ciao amore, buona giornata! Ti voglio bene".

28/11/16

Non occorre specificare

* Allo studio medico, dove faccio da segretaria *

"Buonasera signora, mi scusi, le macchine posteggiate qui fuori sono vostre?"
"Sì"
"Intendo dire la BMW e la panda. Allora la mia macchina la posso posteggiare dietro di queste?"
"Si, certo, tanto di sicuro andrà via prima lei, perché una è la macchina del dottore e l'altra è la mia. E naturalmente non occorre specificare, tra le due, quale è quella del medico e quale quella della segretaria..."

Quando è andato via mi ha lasciato 3 euro di mancia.

25/11/16

La ragazza quarantenne

"Buongiorno, vorrei fare un regalo..."
"Certo, ha già qualche idea?"
"Mah, qualcosa di carino, ma non eccessivamente costoso... È giusto un pensierino. Ad esempio come completini intimo, su che cifre siamo?"
"Con la linea basic in pizzo, siamo sui 30 euro. Se vuole spendere meno, sono appena arrivate queste sottovesti..."
"No, la sottoveste no, mi sembra troppo classica... In fin dei conti si tratta di una ragazza... Ehm... Certo, non una ragazza come lei... Diciamo una ragazza come me, ecco... Una ragazza quarantenne..."

Lo sguardo carico di pietà della commessa è stato molto eloquente. Lei è una ragazza. Lei che ha 25 anni.
Però, mia cara venticinquenne... Ma ti pare che se io ti devo descrivere la mia amica ti dico "una signora"?! Lei non è una "signora", le mie amiche non sono "signore". Signora è mia madre, non io!
Oh.
E smettila di guardarmi così, che tra vent'anni pure tu ci arrivi.

24/11/16

Thursday is new Friday...

...but if itis'nt Sunday?

Devo ammettere che, tra i due lavori che svolgo, quello di baby-sitter è il più impegnativo e pesante, dunque arrivo al giovedì (che è l'ultimo giorno in cui vado) e mi sento già esausta. Ma questo è un fine settimana di secondo lavoro, e lavorerò con entrambi i medici, venerdì pomeriggio, sabato pomeriggio e domenica mattina.
E lunedì inizierò una nuova settimana.
Non è la prima volta che mi capita, e mi pagano e non me ne sto lamentando, mai lamentarsi, MAI, per il lavoro retribuito! Però... Ecco, un tantinello pesantuccia, sta vita, mi si sta presentando...

23/11/16

Io non c'ero, e se c'ero...

* Mentre leggo per loro ad alta voce "Harry Potter e il calice di fuoco" *

"Mamma, chi è Neville?"
[...]
"Mamma, chi è Sirius Black?"
[...]
"Mamma, chi è la professoressa Cooman"?
[...]
"Mamma, chi è Ginny?"
"Angelica, ma tu dove sei stata mentre io leggevo i precedenti tre libri di Harry Potter?!"
"Boh? Forse dormivo..."

21/11/16

Punto informazioni


In assenza dell'addetto alle informazioni, potete rivolgervi al suo sostituto. Sempre ammesso che lui si rivolga a voi.

(E tralascio il dettaglio che questa è una sala d'attesa di un grande ospedale di Palermo)

18/11/16

Chiamami

"...ma tu chiamami, chiamami quando vuoi. Io non credo di essere stata una suocera cattiva, o per lo meno, mi sembra che tra noi due non sia mai stato niente di spiacevole. Certo, ognuna con i suoi pregi e i suoi difetti, ma credimi, ti ho voluto bene come è forse più che una figlia".

E quando parole come queste ti vengono rivolte dentro la stanza di un ospedale, di fronte a una situazione difficile e inesorabilmente tragica, ma con una sincera e autentica serenità e senza nessuna traccia di ipocrisia, trattenere il pianto e i singhiozzi diventa impossibile.

17/11/16

Riesci?

Riesci a immaginare la mia faccia, la mia faccia, dico, riesci a immaginarla quando dopo aver assorbito bava, e vabbè, è acqua benedetta, aver pulito moccio di naso, e vabbè, povera stella, è raffreddata, aver pulito m*rda, aver ripulito rigurgiti di latte materno altrui, che va bene, già fa senso da solo, figurati a pensare che si tratta della secrezione della ghiandola mammaria di un'altra donna, perché la bambina è santa, è pura, è immacolata e innocente, senza alcun dubbio, ma se coi bambini lo schifo non esiste, già con gli adulti il discorso è ben diverso, ma dicevo della mia faccia, cioè riesci a immaginare la mia faccia, dopo tutto il materiale più o meno organico che mi viene colato addosso (o spruzzato, a seconda), la mia faccia, ecco, riesci a immaginarla dopo che mi viene sputacchiata addosso la pastina con l'omogeneizzato di carne?!

16/11/16

Prenderla alla larga

"Guarda, mamma, ho scoperto questo metodo: se le O le scrivo più larghe, ne devo scrivere di meno e finisco i compiti più in fretta"


15/11/16

Storia di un corpo

di Daniel Pennac.

Non l'ho letto, ma l'ho ascoltato in audiolibro, letto da Claudio Bisio. È stata un'esperienza notevole. Alla fine ho pianto, ma proprio con le lacrime vere, e non è cosa che mi capiti spesso. Ovviamente viene da chiedersi se e quanto abbia influito l'ascolto sull'emozione.
È un bel romanzo, bellissimo. Il diario di un corpo, nella sua crescita e sviluppo, e declino, fino alla morte.
Non sto facendo spoiler. Si viene a sapere della morte del protagonista a pagina 2.
Non è, infatti, un libro che si legge perché è avvincente e si vuole sapere come finisce, perché lo si sa dalla prima pagina il come è il quando finisce. Lo si legge per il gusto di leggerlo, per ritrovare quelle descrizioni dettagliate dei movimenti e delle reazioni del corpo che proviamo anche noi, in prima persona, ma alle quali non facciamo caso. Ogni argomento fa riflettere, fa pensare "È vero, è proprio così anche per me", oppure "No, a me succede l'opposto".
Bello, bellissimo.
Forse il migliore di Pennac degli ultimi anni.

14/11/16

Della pioggia

Della pioggia, che preferisco di gran lunga al vento, perché quest'ultimo solleva le polveri e i pollini, mi rende inquieta, allergica, e mi scompiglia i pensieri e le idee; della pioggia, dicevo, detesto il senso di bagnato e sporco che lascia addosso, ma ancora di più odio il fatto che disciolga tutte le cacche di cani per strada, facendo in modo che non solo ti bagni dall'alto e ti inzaccheri dal basso, ma poi quando provi a cambiarti devi pure toccarti le scarpe imbevute di M*rda sciolta nell'acqua piovana.

12/11/16

Scrivo di sabato

Scrivo di sabato, anche se non lo faccio più da anni, e lo faccio solo perché non ho scritto ieri, ma ieri è stata una giornata pesante e faticosa.
La verità è che sono stanca, che lavorare consecutivamente 10 giorni, senza fermarmi, senza tregua, cambiando repentinamente assetto, con anche il carico della cura e gestione pomeridiana delle attività delle bambine, aggravata da 2 visite mediche extra per loro ed una per me, mi ha indebolito il fisico e pure il chimico. Mi è mancato il sonno, il riposo, il senso di relax che non c'è niente che devo fare o pianificare per le prossime 3 ore.
E ieri mattina sono scoppiata, sono esplosa, carica di intolleranza e incapacità di ulteriore sopportazione o giustificazione.
Ma non è tanto l'aver urlato come se non ci fosse un domani e non erano neanche le 8 di mattina, quanto il fatto che mi sono sentita improvvisamente, miseramente, imprescindibilmente sola.
Mi sono scoperta sfornita di quell'arma che ha la maggior parte della altre mamme: "Dillo a papà e sbrigatevela insieme".
Se mai io l'avessi avuta, da quasi tre anni a questa parte di certo non ho alcun margine di delega delle incombenze non solo di tipo pratico ma soprattutto di ordine educativo all'altra metà della coppia di genitori. E ieri mattina ne ho, per la prima volta, avuto paura.
E sono fortunata, ché le mie figlie sono davvero due ragazzine tranquille e assennate, non mi mentono, non mi nascondono le cose e generalmente si comportano nei limiti della buona creanza a scuola e con gli altri. Non sono affatto ragazzine problematiche, disubbidienti, aggressive. Ma all'improvviso, ieri mattina, mi sono sentita disarmata davanti all'adolescenza di Matilde che incombe, e alle sue risposte già un po' più "indipendentiste" del solito. Come farò quando crescerà? Quando uscirà con gli amici, quando andrà alle feste, quando vorrà mettersi i tacchi e il rossetto per andare in discoteca. Io, da sola, come farò a reggere il peso della sua crescita, del suo desiderio di libertà, di sfida e opposizione per partito preso?
Sembrava che dovessero trascorrere secoli, e invece è domani. Al massimo dopodomani.
Non ce la faccio. Non ce la posso fare.
Poi, magari, ce la farò lo stesso. Ma ieri sono stata convinta che no, non ce la posso fare.
E ne scrivo oggi.

10/11/16

Paesaggio freddo

"Ecco, Mamma. In geografia stiamo studiando i paesaggi e, tra i vari esercizi, c'era quello di disegnare un esempio di paesaggio caldo e uno freddo. Che ne pensi?"


"Beh, Matilde, la spiaggia come paesaggio caldo è sicuramente calzante e appropriata, ma... Il paesaggio freddo? Sbaglio o quello è il profilo della Mole Antonelliana?"
"Beh, Mamma. Torino è il posto dove ho sentito più freddo in vita mia"

Come darle torto?

09/11/16

Mistero all'alba

La sveglia, puntuale e inesorabile, suona alle 5.50.
Il tempo di riprendere coscienza e conoscenza e mi alzo. Salgo in cucina, inizio a preparare la mia colazione e contemporaneamente il pranzo.
Ed è proprio mentre ammollo la bustina del tè nella tazza d'acqua bollente, che lo sento.
Sembra un bambino che piange.
Ogni traccia residua di sonno svanisce d'un colpo. Mi avvicino alle scale per capire se il pianto è di una delle mie figlie, ma no. Proviene da fuori, dalla strada.

Sono le 6.10. Che ci fa un bambino per strada a quest'ora? E perché piange?
Vorrei affacciarmi, ma piove. Il pianto cessa. Mi siedo a tavola e comincio a sorseggiare piano il tè.
Pochi minuti dopo, di nuovo.
Stavolta è un lamento più doloroso, non è un pianto a dirotto, non è un urlo di disperazione o di stizza o di capriccio. È un sommesso lamento di dolore, di sofferenza, un mugolio cantilenante mormorato dalla voce di un bambino.
Guardo fuori. Non piove più.
Una seconda voce si associa alla prima. Una voce più roca, che sembra articolare parole di senso compiuto, ma in una lingua sconosciuta.
Finisco il tè e mi affaccio, curiosa di scoprire cosa succede sotto casa mia alle prime luci dell'alba. Quali creature popolino e si lamentino la strada dove abito, e soprattutto quali atroci sofferenze spingano il bambino a piangere così, sommesso e rassegnato al dolore.
Mentre attraverso i pochi metri di larghezza della mia terrazza, mi chiedo cosa fare dopo averlo scoperto. Nel mio immaginario si accavallano immagini di profughi scampati a chissà quali atrocità, o bambini fuggiti da casa, da genitori o tutori orchi. Se è davvero così, che faccio? Chiamo subito i carabinieri, l'ambulanza...

Arrivo al parapetto della terrazza. Le due voci dialogano ancora in quella lingua incomprensibile. La prima voce soffre, la seconda è rabbiosa.

Sono due gatti. La femmina è in calore e il maschio la sta studiando per capire quanto.

Rientro in cucina e inizio ad affettare la cipolla e preparare il pranzo.

08/11/16

Pensa ai soldi

Dopo una mattina di bizze per il nasino chiuso e raffreddato, rifiuto totale della pappa, strilli per il cambio pannolino, un colpo di giocattolo in viso e il secondo rigurgito consecutivo che mi sporca non solo la maglia "da lavoro", ma anche i capelli, esco da quella casa e mi guardo disfatta allo specchio dell'ascensore.
Pensa ai soldi, mi dico. Lo fai per i soldi. Pensa ai soldi.
E domani sarò di nuovo lì, col sorriso sulle labbra e la migliore espressione del surrogato materno che riesco ad offrire ad una povera innocente di sei mesi.

07/11/16

E come diceva Totò...

Venerdì scorso:

"Mamma, a scuola ci hanno dato questa comunicazione sul massimo di assenze consentite durante l'anno per evitare di essere bocciati"
"Va bene, fammi vedere. 270 ore di assenza? In pratica 10 settimane scolastiche"
"Tienila tu"
"Ma no, che ci faccio? Buttala nel cestino della carta"

Lunedì:
"Mamma, hai presente quella comunicazione sulle assenze che hai buttato?"
"Sì"
"Ecco, andava controfirmata e restituita alla segreteria"
"..."
"Tranquilla mamma, me ne sono fatta dare un'altra copia dalla professoressa d'italiano"
"E che ti ha detto? Non ti ha chiesto come mai te ne serviva un'altra?"
"Sì, certo, me l'ha chiesto, ed io ho risposto che tu l'avevi buttata"

Brava, figlia mia, facciamoglielo capire subito che cosa se ne fa tua madre delle comunicazioni della scuola da controfirmare: tua madre ci si pulisce il...
!
'-_-

04/11/16

L'occhio lungo

E' fastidioso ma mi tocca.
Entro, saluto, spiego, rispondo, domando, ascolto. Poi mi alzo, mi sposto dietro il paravento e mi spoglio.
Una volta ogni due anni è buona norma fare il pap-test. Io mi sono sempre rivolta al consultorio, ma per tutta una serie di ragioni, stavolta ho deciso di andare da un ginecologo privato. Mai visto prima.

Con il solito stato d'animo che precede le visite ginecologiche, mi siedo sulla poltrona, convincendomi che non è la cosa più piacevole del mondo, ma nemmeno la più sgradevole. Lui arriva e mi invita a modificare la posizione.
"Te lo spiego io come si fa a non sentire fastidio durante un pap test. Solleva le ginocchia, qui ci devi appoggiare i piedi."
E così faccio, ossia appoggio i piedi e non le ginocchia, sopra i supporti di metallo.
Lui mi guarda e mi chiede: "Ma tu fai ginnastica?"
"Faccio yoga"
"Si vede. E' palese. Io ho l'occhio lungo per queste cose. Scommetto che qualche uomo che frequenti nemmeno se ne accorge, e magari nemmeno lo apprezza. Di sicuro gli uomini moderni vanno subito al sodo e non sanno nemmeno riconoscere queste cose, ma io lo vedo, l'ho capito subito. E' evidente che tu fai esercizio fisico, che ci tieni a mantenere in salute il tuo corpo. E invece questi uomini moderni non sanno nemmeno capire che cosa hanno tra le mani... "

Vista la situazione, suppongo che il nocciolo della questione fosse il modo (la facilità? l'estensione?) con la quale io ho assunto quella posizione ed ho allargato le gambe.
Mi ha fatto piacere, mi ha lusingato, mi ha gratificato. Questa vecchia pellaccia, a quanto pare, non è poi così male, ancora.
Però, stare lì in posizione ginecologica, a gambe aperte, mentre un baldanzoso sessantenne ti dice che ha l'occhio lungo, e complimentandosi per come le sai allargare bene le gambe tu... ecco, un tantinello a disagio mi ci ha fatto sentire! XD

03/11/16

Poche certezze nella vita

"Ciao Perfido! Ho appena ricevuto la tua cartolina, grazie"
"Lucy, io non ti ho mandato nessuna cartolina..."
"Non scherzare. Non ti sei firmato con nome e cognome, ma la grafia è inequivocabilmente la tua"
"Scusami, ma da dove e quando è stata spedita?"
"Il timbro è confuso, però proviene da quella località balneare in Emilia Romagna"
"Ah! Interessante! In effetti ci andavo spesso tempo fa. Solo che saranno almeno 4 anni che ho cambiato meta delle vacanze"
"Aspetta. Tu mi stai dicendo che quella dicitura "2016" nella data che tu hai scritto a mano, in realtà è 2010? Che quello non è un 6 scritto in modo approssimativo, bensì uno 0? Vuoi forse farmi credere che questa cartolina si è riposata chissà dove per più di 6 anni?!"
"Mandami la foto"
"Eccola"
"Oh, ecco! Me la ricordo benissimo. Te l'ho spedita verso la fine di settembre 2010"

Ci sono poche certezze nella vita.
L'efficienza del servizio postale non è tra queste.

02/11/16

Un modo nuovo

Ho scoperto un modo nuovo di leggere: ascoltare.
Ho scoperto gli audiolibri, tramite un servizio offerto dal più grande store online dell'universo mondo web.
Quando un amico me ne ha parlato, sono stata molto scettica, eppure tentata. Io non leggo più come una volta, non ce la faccio a leggere come vorrei, non ho il tempo, non ho lo spazio, non ho il modo, non ho le forze. Perseguo ancora nella tradizione della lettura ad alta voce per le mie figlie, prima di andare a dormire, e quando le saluto, e devo ancora lavare i piatti, e mi metto a letto che sono le 22... No, gli occhi mi si chiudono da soli, non ci riesco.
E durante il giorno, quando sto a casa, quando non lavoro e non devo occuparmi delle bambine, dei loro compiti e delle loro attività extra scolastiche, ci sono comunque pulizie da fare, pasti da preparare, coperte per il nipote da cucire ecc. Potrei avere la testa libera, ma le mani e gli occhi sono impegnati e non possono dedicarsi a un libro.
Ed ecco, dunque, gli audiolibri. E l'ascolto. E le ore e ore di lettura passiva accumulate stendendo la biancheria, impastando la pizza, cambiando le lenzuola, lavando i pavimenti e imbastendo esagoni per il quilt.
In 10 giorni ho accumulato 18 ore di lettura, che nemmeno per miracolo avrei potuto completare col metodo tradizionale.

Ho scoperto un nuovo modo di leggere. Ho scoperto una nuova droga.