04/03/19

Ventuno ore

Ancora una volta, una toccata e fuga a Palermo. Ventuno ore. Una notte, una colazione e un pranzo. Nessuna cena.

In ventuno ore ho accompagnato Gandalf dal meccanico guidando di nuovo su strade strette e a doppio senso, con pedoni senza marciapiedi e motorini da tutte le direzioni. Ho pianto davanti al mare e al suo profumo, con la vista su una lontana Bagheria che non mi ha vista nemmeno calpestare il suo suolo.
Ho rivisto i figli e la moglie di Gandalf, che non vedevo da quasi due anni.
Ho ricevuto addosso stelle filanti e coriandoli di cui mi sono liberata del tutto soltanto a casa a Torino.
Ho passeggiato lungo il salotto all'aperto di Palermo, godendo del sole e beandomi dell'odore di fritto e di pane che aleggia sempre per le strade della città.
Ho pranzato con pane e panelle e, da brava emigrata, ho comprato i cannoli da portare al nord.

Ventuno ore oniriche. Se non fosse per l'assenza delle mie figlie in casa, penserei di averlo sognato.

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