16/01/25

Dare un nome alle cose

Stamattina mi sono svegliata con la morsa dell'ansia alla bocca dello stomaco, e non mi capitava da diverso tempo.

Inizialmente non sono riuscita a capire che cosa l'avesse scatenata. Mi sentivo preoccupata per qualcosa. Preoccupazioni economiche? Quelle ci sono sempre. Preoccupazioni sulla salute? quelle ci sono sempre. Per non parlare della preoccupazione costante nei confronti delle mie figlie. 
Qualcosa era imploso, qualcosa di non ben definito, e mi stava corrodendo da dentro.

Allora ho preso in mano il mio diario cartaceo, ed ho iniziato a scrivere lasciando che la penna scorresse per tradurre in segni colorati i miei pensieri.
Ho sempre fatto una netta distinzione tra ciò che scrivo al pc e ciò che scrivo a mano. Al pc vengo colta dal narcisismo letterario e, complice il dispositivo che lo permette, leggo e rileggo e correggo ciò che scrivo. Quello che scrivo a mano, invece, no. Non lo rileggo nemmeno.

Da questo punto di vista, il diario che scrivo a mano ha un valore molto terapeutico, molto di più di questo blog, ad esempio.

Ho lasciato fluire i pensieri, quindi, e alla fine è venuto fuori, gli ho dato un nome.

Dare i nomi alle cose è importante. Ci permette di riconoscerle e soprattutto da loro la giusta dignità di esistere. Perché io credo che ogni cosa, anche lo schifo più schifoso, ha la sua dignità di esistere. Anche il male, anche la crudeltà, anche la cattiveria hanno dignità di esistere, perché solo riconoscendo la loro esistenza, e quindi dando loro la "dignità di esistere", possiamo agire per modularli, trasformarli, metabolizzarli, combatterli o quel che crediamo sia necessario fare.
Dunque è fondamentale che tutto, anche un disagio, anche un "mostro" che causi un attacco di ansia, abbia un nome e una sua dignità di esistere.

Il mio mostro si chiama "senso di colpa".

Da qualche giorno mi ritrovo, consciamente e inconsciamente, ad evitare il Capitano, a rimandare l'occasione di restare a dormire da lui, a rifiutare di incontrarlo adducendo scuse che non reggono molto.
La verità è che mi sento in colpa.
Mi sento in colpa perché sono felice e innamorata, innamorata e amata. Felice.

Mi sento in colpa nei confronti delle mie figlie, a lasciarle da sole in casa mentre io "vado a spassarmela" col mio fidanzato; ma forse mi sento in colpa nei confronti dell'Ingegnere più di tutto.

Mi sono resa conto di avere paura che lo scopra, che venga a sapere che ho un fidanzato. E non perché mi senta legata a lui, ma solo perché mi sento di avergli fatto tanto male in questi anni, tanto male nell'accanirmi a stare con lui, ma soprattutto a lasciarlo da solo. L'ho rivisto sabato scorso e mi ha fatto tanta pena. E' un uomo solo.
Lo so che non sono responsabile per lui, ma ci sto male.

Ecco, adesso gli abbiamo dato un nome e quasi un volto.
L'ansia poi è sfumata, e sono fiduciosa nel fatto che probabilmente non tornerà, non per questo stesso motivo, per lo meno. Ma sono altrettanto convinta che finché non scioglierò questo nodo del senso di colpa non riuscirò a godermi appieno questo nuovo amore e questa nuova vita.
Ma come si fa?

Nessun commento: