10/01/25

Reperti archeologici di scrittura

 Io ho sempre scritto.

Nella mia vita ho scritto diari, racconti, romanzi, canzoni, poesie, blog, articoli giornalistici e lettere d'amore.
Alcune di quelle cose le scrivo ancora, altre ho ricominciato a scriverle in tempi recenti, altre ancora non le scrivo più.
Dentro l'ultimo scatolone che ho portato pochi giorni fa a casa, e che ha sancito la definitiva conclusione del trasferimento da Bagheria a Torino iniziato nella primavera del 2017, ho ritrovato un vecchio quaderno scritto a mano dove avevo ricopiato 7 racconti scritti dal 1999 al 2002.
Tralascio la qualità letteraria dei racconti, tralascio persino l'ordine e la pulizia della grafia di allora. Ciò che mi ha colpito, riaprendolo a distanza di più di vent'anni, è stata proprio la consapevolezza che quelle parole sono state scritte in un tempo così lontano da sembrare addirittura che possa essere appartenuto solo ad altri.
Ho riletto il primo racconto, datato 26 marzo 1999, e ripenso a quanti avvenimenti individuali e universali non erano ancora accaduti mentre io - IO! - scrivevo quelle parole.
Non so, mi colpisce. Perché un conto è quando vai a visitare un museo e trovi reperti antichi... ben diverso è quando i reperti che rinvieni li hai creati tu.
Quelle parole le ho scritte io in un tempo in cui non ero ancora io, la "io" di oggi.
Ecco, questa cosa mi ha dato un senso di vertigine. Probabilmente c'è qualcosa che posso imparare da tutto ciò, ma non l'ho ancora capito.
(Il racconto in questione è ingenuo ma delicato, autobiografico non nella trama, ma senz'altro nelle riflessioni dei personaggi. Per dovere di completezza, si intitola "Stanotte non puoi morire", che è la frase che pronuncia il protagonista chiudendo il libro "Madame Bovary" e interrompendo la lettura sulla scena di Emma con la mano dentro il barattolo di arsenico. È proprio da me)

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