10/04/25

E' finita

Uno dei più importanti principi del buddismo è l'impermanenza degli oggetti, delle persone, delle situazioni. Anche nella filosofia tantrica che seguo io, uno dei principi fondamentali da seguire è quello del non-attaccamento. Accettare che niente e nessuno dura per sempre, tutto cambia, si trasforma, evolve; ogni cosa, persona, situazione arriva, si manifesta e poi finisce. E' una legge fondamentale dell'universo e va accettata. Stacci e basta.
Ammetto che sia difficile, ma non impossibile. Per quanto mi riguarda credo sia uno dei principi che riesco a seguire con più facilità... Poi non so se il mio non-attaccamento sia più il frutto di un dis-amore di fondo nei riguardi della vita in generale, ma affronto con poca tragicità le perdite o la fine delle cose.

In questi giorni ho preso coscienza della fine della mia amicizia con la mia Amica Palermitana, che andava avanti da 15 anni.

Mentirei se dicessi che non ho pianto, ma lo sto accettando.
E' stata un'amicizia molto piena, che è persino riuscita a sopravvivere alla distanza fisica, ma da un anno e mezzo circa aveva preso già una piega diversa.
Incomprensioni, equivoci e - forse - un po' di invecchiamento di entrambe ci ha portato a non capirci più. Nonostante per me lei sia sempre stata la "me al di fuori di me", la persona a cui raccontavo tutto, ma proprio tutto tutto tutto, perché anche solo parlandone con lei ad alta voce facevo chiarezza nel mio sentire e nel mio pensare. Sa di me le cose peggiori. Conosce tutti i miei segreti più orribili, tutte le sfaccettature dei miei lati oscuri, le mie incoerenze, le mie insicurezze, le mie doti e le mie capacità, ma non ci capiamo più.

Insieme a Gandalf, è stata una delle persone che mi hanno salvato la vita letteralmente quando mi sono separata da Schroeder... non mi sono buttata da un ponte solo perché lei mi ha trattenuta.

Nei lunghi anni di crisi con l'Ingegnere io cercavo scuse per uscire e fare lunghissime passeggiate parlandone con lei al telefono, ché magari a casa non ero mai sola e libera di esprimermi e parlare al telefono, e quanto mi faceva stare meglio.

Riflettendoci, però, secondo il principio del non-attaccamento io sono disposta ad accettare la fine di questo rapporto, appartiene al ciclo delle cose e delle situazioni, ciò che mi distrugge, però, è il simbolismo che c'è dietro.
Rosanna, per me, era casa mia ancora di più di quanto lo siano i miei genitori. Rosanna, per me, era il colore e il profumo del mare che ho lasciato, il calore del sole che ho lasciato, il cielo azzurro che ho lasciato.
L'idea di non avere più la sua presenza nella mia vita è un po' come se me ne stessi andando ancora una volta e questa volta definitivamente, da casa mia.
Credo sia questo il vero lutto che devo elaborare. Rosanna era la Sicilia, era la mia vera casa.

Oggi a Torino splende il sole, il cielo è azzurro e luminoso, il sole splende e probabilmente potrei anche accontentarmi di andare a osservare lo scorrere di un corso d'acqua come surrogato del mare, ma non è casa mia. Rosanna lo era, e ormai non vuole esserlo più.
Stacci.
Ok, ci sto, ma posso piangere almeno un poco?

08/04/25

Il Fa maggiore

Comprai la mia prima chitarra nel 1992, quando andavo in prima superiore, e avevo iniziato a prendere lezioni in gruppo con un maestro che nemmeno mi ricordo come l'ho recuperato: eravamo la mia amica ed io (insieme ad altri sconosciuti). Un pomeriggio sua madre ci aveva portate a Palermo da Ricordi (e per me era come se mi avesse portato a New York) e comprammo queste due chitarre classiche da 50 mila lire.
Quella chitarra esiste ancora a casa dei miei genitori, credo che abbia cambiato 3 set di corde in questi 30 e passa anni, però è ancora integra e lotta insieme a noi.
Le mie lezioni con quel maestro durarono decisamente meno. Era noioso.
Ha fatto in tempo ad insegnarmi il Do, il Sol, il Re e il Mi minore. Poi voleva insegnarci il Fa e da lì il barrè (prerogativa imprescindibile dell'accordo di Fa e - purtroppo - di moltissimi altri accordi). Io non ce la facevo, non lo capivo, mi facevo male all'indice e insomma ho mollato. 
Però gli altri accordi mi riuscivano abbastanza bene e con quelli io ho continuato a suonare solo ed esclusivamente "Piccola Katy" per 30 anni.
Nel 2018 ho iniziato a insegnare yoga ai bambini, e una delle sezioni in cui sono suddivise le lezioni standard è l'ascolto del kiirtan. Il Kiirtan è il mantra cantato, qualsiasi mantra. Quando viene intonato si chiama "mantra", quando viene cantato è "kiirtan". La differenza tra intonare e cantare ve la spiego in un altro post.
Comunque, c'è un kiirtan standard nella mia scuola di formazione, e a me è piaciuto sempre tanto. Il primo anno lo facevo solo ascoltare, poi ho convinto mio fratello a prestarmi la sua chitarra inutilizzata, e ho chiesto all'altro di tirarmi fuori gli accordi dal file mp3. Ovviamente dovevano essere solo quei 4 accordi perché non mi credevo capace di andare oltre.
Da allora sono andata avanti facendo lezione di yoga ai bambini e conquistandoli con la chitarra e il kiirtan cantato e suonato dal vivo.
Un paio di anni fa, mentre suonavo a casa dai miei, mio fratello si è complimentato per come fossi diventata più sciolta e veloce nel cambio degli accordi. Eh, certo, mi ero esercitata sempre e solo su quelli per almeno 4 anni...! E ci ha provato a farmi ampliare il mio repertorio, ed è stato così che ho imparato il La minore e il Mi. Se avessi imparato anche il Fa potevo cominciare a suonare qualcosa per davvero, qualche canzone di quelle belle, che la sera prendi la chitarra per accompagnarti e con gli amici cantate mezzi ubriachi ma felici.
Ecco, no.
Gli ho detto che il Fa era il mio trauma irrisolto e lui ha replicato che era giusto il momento di risolverlo, invece no. Io il barrè non lo sapevo e non lo volevo fare.

Sono passati altri anni durante i quali io ho imparato a suonare altri kiirtan ma sempre e solo con gli accordi che conoscevo. Mio fratello continuava ad apprezzare i miei miglioramenti e a rimpiangere di non riuscire a convincermi ad imparare il barrè.

Poi è arrivato il Capitano.
Con lui è iniziato tutto proprio con le lezioni di chitarra. Anche a lui ho detto chiaramente che il barrè è il mio tabù inviolabile e anche lui ha replicato "Vedremo...".
Mi ha insegnato molte cose, altri accordi, come il La e il Re minore, mi ha insegnato a usare il plettro, mi ha insegnato a variare il ritmo. Poi anche lui, a metà novembre, è arrivato al famigerato barrè. La prima volta che ci siamo baciati è stata proprio dopo che aveva provato ad insegnarmi il Fa# minore, posizionandomi lui stesso le dita sulle corde (qualche giorno dopo avrebbe commentato che già in quel momento si sentiva agitato per questo insolito contatto fisico tra di noi...). Ecco, ci siamo baciati, la storia è andata avanti, ma il barrè continuava ad essere il mio tabù.

Poi mi sono intestardita.
Poi ho deciso che dovevo ampliare il mio repertorio musicale, perché uno dei pochi momenti di autentica gioia e serenità era proprio quando suonavo con lui e ormai quelle poche canzoni alla mia portata le avevamo suonate tutte.
E così, da qualche settimana, ho deciso che mi sarei esercitata negli accordi con il barrè e ho iniziato l'assedio della fortezza del Fa.

Tutto questo per dire che ce l'ho fatta. So prendere quasi velocemente l'accordo di Fa, ma non ancora bene, non suona praticamente nulla, ma il primo passo, ossia il movimento e l'individuazione di quali dita devono posizionarsi dove, l'ho fatto. Come dire: il collegamento neuronale è stato lanciato: va rafforzato.

E' bello pensare che a volte basta solo l'esercizio e un po' di cocciutaggine per riuscire in qualcosa.

07/04/25

Dire di no

Ho bisogno di un favore, l'ho chiesto a Matilde e mi ha detto di no.
E' una cosa per me mediamente importante, non che non possa farlo da sola, ma avevo bisogno di una collaborazione e avevo ingenuamente dato per scontato che mia figlia acconsentisse. Invece ha detto di no. Ha detto di no persino quando le ho detto che l'avrei pagata.
E' una cosa che non ha voglia di fare, nemmeno per soldi, (soprattutto perché sono pochi - suppongo) e allora non lo farà.

All'inizio ci sono rimasta male. Poi però ci ho pensato: non è più rassicurante sapere che mia figlia è capace di dire di no quando le si propone qualcosa che non le piace, che trova sgradevole e/o sottopagato?
In fin dei conti sì. 

Resta il fatto che io avevo bisogno di aiuto e me la dovrò cavare da sola, però voglio vedere il lato buono della cosa e spero che la stessa assertività garbata con cui ha detto di no a me, spiegandomi serenamente i motivi del suo rifiuto, possa usarli un giorno anche in altri ambiti lavorativi e non.

Però resta il fatto che io avevo bisogno di aiuto...

06/04/25

Burnout

Stamattina mi sono svegliata ed ho capito di essere in burnout. Tranne per l'aggressività (che in effetti covo ma non esterno) ne ho tutti i sintomi.

A parte la psicoterapia e altri consigli pratici, uno dei suggerimenti che ho trovato in giro è quello di fare attività rilassanti tipo yoga o mindfulness.
Ho riso. Queste cose io le insegno e inizialmente mi veniva da commentare con la solita citazione di "Scary movie" ("Bisogna avvisare il presidente" - "E' lei il presidente!" - "Allora so già tutto") ma poi ho riflettuto.

Mi trovo in un vortice. Lo yoga e la meditazione li vivo come lavoro, e anche se mi sforzo di praticare da allieva 2 volte la settimana, non sempre ci riesco e comunque l'insegnante che è in me emerge sempre, volente o nolente. A volte è la mia insegnante stessa che mi chiede supporto negli aggiustamenti agli altri allievi ecc.
Non me lo godo più, non lo vivo più con la sola intenzione di riceverne benefici.
E' il mio lavoro e lo vivo come lavoro, anche se pratico da sola. Non sto solo negli asana: mentre mi creo le mie sequenze penso che potrei proporle agli allievi ecc.
E' un disastro, un vero disastro.