Una volta ero brava a scrivere titoli. Addirittura quando scrissi il mio primo romanzetto, ero così fertile di titolismo da mettere un titolo ad ogni capitolo.
Gli altri romanzi - è storia - hanno visto i titoli assegnati da altri, nella fattispecie da Matilde, quando aveva circa un anno e mezzo.
Ho scritto un racconto, l'ho già revisionato abbastanza volte da non volerlo più leggere, perché ogni rilettura è lo spostamento dell'ordine di un soggetto e un verbo, oppure l'uso di un sinonimo, oppure l'aggiunta o la rimozione di una virgola. Insomma, ormai io non posso più farci molto per questo testo. Sono diventate 8 pagine, ma non hanno un titolo. Hanno un titolo provvisorio, che non mi piace nemmeno tanto.
E questa è una riflessione importante che mi viene da fare, perché il titolo è una sorta di "etichetta", e quel racconto così fortemente autobiografico un titolo non ce l'ha. Quasi come se io stessa non riuscissi ancora a definire me stessa.
Forse non sarà un grande prodotto editoriale, ma una bella spalmata di pomata terapeutica questo racconto me la sta dando.
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