15/10/25

Cose da non dire a un'insegnante di yoga #13

"Ma quando cominciamo anche a fare le cose più difficili, quelle così  - si muove come il protagonista di Kung fu Panda - perché io ogni tanto li vedo, in qualche video, che quelli che fanno yoga fanno cose tipo la verticale sulla testa, oppure si piegano tutti indietro... li faremo anche noi? Oppure è un altro yoga?"

Ho respirato, ho sorriso. Ho risposto che sì, le faremo, ma non alla seconda lezione.

(Instagram è il vero nemico che sta snaturando lo yoga oltre ogni immaginazione)

14/10/25

Un dono

E' un'intesa speciale e inimmaginabile. Non andiamo sempre d'accordo, ma troviamo sempre un punto d'incontro che vada bene a entrambi. Siamo capaci di parlarci e ascoltarci. Non abbiamo paura l'uno dell'altro, ma accettiamo anche i nostri lati più bui e orribili. 
Ci offriamo presenza, conforto, punti di vista alternativi, sentimenti e occasioni per sorridere.
Siamo legati, ma liberi.

E' passato quasi un anno ed io non ricordo di essere mai stata così tanto bene in una relazione.

Un dono. 
Sono sempre più convita che il Capitano sia un dono che la vita ha voluto farmi.

13/10/25

Un altro nome

Io pratico la meditazione da circa 12 anni. 
Ho iniziato in modo molto saltuario e occasionale, poco strutturato, seguendo semplicemente le indicazioni date di volta in volta dall'insegnante di yoga che, in ogni caso, non ci proponeva la meditazione a tutte le lezioni.
Durante i ritiri c'era una maggiore presenza costante, ma si saltava da una tecnica all'altra. Mi è comunque servito molto per introdurmi a questa pratica. Alcune tecniche non le ho proprio capite e non mi hanno risuonato, mentre altre ho continuato a seguirle anche dopo.
La prima svolta è stata quando ho iniziato la mia formazione come insegnante di yoga per bambini. Ci hanno anche insegnato una tecnica da proporre ai bambini che io ho trovato molto "alla mia portata" e ho iniziato a farla abbastanza spesso.
La svolta decisiva è stata quando ho seguito la formazione solo di mindfulness e meditazione per bambini. Da quel momento sì che ho praticato quasi quotidianamente. Ho anche desiderato approfondire e crescere nella meditazione, ed è stato così che un anno e mezzo fa ho ricevuto l'iniziazione da una monaca e sono entrata a far parte di una comunità spirituale. Da allora pratico la meditazione almeno una volta al giorno, tutti i giorni, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nei giorni faticosi e nei giorni di vacanza.
Ho anche ricevuto il nome in sanscrito, che uso praticamente solo con i confratelli e le consorelle, ma che è importante che io lo dica, lo pensi, ne interiorizzi il significato.

E la storia potrebbe avere qui il suo lieto fine, se non fosse che - dopo l'entusiasmo iniziale - ho cominciato ad avere difficoltà (ma mai ripensamenti), a sentirmi frustrata e delusa dalla sensazione di staticità nella mia meditazione. Non che mi aspettassi di raggiungere l'Illuminazione in un mese (anche se secondo me è il miracolo in cui sperano tutti i praticanti), ma da quando ho cambiato tecnica, ricevendo il mio mantra personale su cui meditare, mi è sembrato di non fare passi avanti.
Ho chiesto aiuto e supporto, e mi è stato dato, ma in me non è cambiato nulla.
Fino a sabato scorso, quando ho avuto occasione di parlare con un'altra monaca che mi ha aggiustato svariati aspetti del mio approccio, uno dei quali davvero fondante, ed è cambiato tutto.
Alla fine del colloquio, mi ha anche detto che forse il nome che mi era stato adatto non era il più adatto a ciò di cui ho bisogno, e me ne ha suggerito un altro, che non suona bene come il primo, ma che ha un significato molto profondo e indubbiamente necessario per me.

E allora ho fatto questa riflessione.
Anche nella meditazione ho avuto la sensazione di faticare il doppio per ottenere la metà, come spesso mi è accaduto nella mia vita soprattutto professionale, però almeno in questo caso ho incontrato qualcuno che mi è stato di aiuto concreto e risolutivo. Non raggiungerò il Samadhi in questa vita, ma di sicuro la qualità della mia meditazione è migliorata tantissimo dopo gli aggiustamenti.

E poi il nome.
Io non so chi sono, mi sono sempre sentita tutto e il contrario di tutto, indefinita e indefinibile, con molteplici caratteristiche senza spiccare in nessuna di esse. E continuo ad essere così: sfuggente, mutevole, non classificabile, anche nel nome in sanscrito che mi rappresenta e mi guida.

Il primo nome ha a che fare con la bellezza, e quando l'ho ricevuto ci ho pianto su per un pomeriggio intero, perché essere definita con la parola "bellezza" per me è sempre stata una specie di utopia inimmaginabile. Ne avevo assolutamente bisogno, a un certo punto della mia vita. Mi ha aiutato a fare pace col mio passato, col bodyshaming che subivo da ragazzina, con il senso di inadeguatezza, di rifiuto da parte degli altri, mitigando anche quella sorta di accanita battaglia contro il mio aspetto fisico che ho perpetrato negli anni, soprattutto negli ultimi.
E' stato bello sentirmi definire simbolo di bellezza.

Il nuovo nome, invece, ha a che fare con l'apertura verso gli altri. E' ciò di cui ho assoluto bisogno adesso. Di donare per poter ricevere.

Tutto questo, dunque, è proprio "da me". L'indefinitezza, il cambiamento di rotta, la sensazione di aver sbagliato tutto per poi scoprire che anche l'errore ha avuto un senso, ha avuto un significato.

Boh, di sicuro non mi si può definire noiosa e monotona.

11/10/25

Diciotto e quarantasette

Diciotto sono gli anni che compie oggi questo blog. Diventa maggiorenne.
Possiamo aspettarci che smetta con gli eccessi d'umore adolescenziali, che metta la testa a posto, prenda la patente, inizi a capire cosa vuole essere nella vita. Bello, è proprio un bel traguardo.

Quarantasette sono gli anni che compio io oggi. 
Posso aspettarmi di cominciare ad avvertire i primi sintomi della menopausa, della compromissione di funzioni cognitive, acciacchi e dolori che inevitabilmente aumenteranno di numero e intensità.
Bello, tutto molto bello. Anche se, più che raggiungere un traguardo, io mi sento solo come se stessi varcando la soglia della vecchiaia :-D

10/10/25

Da insegnante

Pochi giorni fa parlavo con una collega delle nostre rispettive esperienze "da allieve", soprattutto da quando siamo anche noi diventate insegnanti.
Io, ad esempio, non ho mai avuto pregiudizi sull'età dei miei insegnanti di yoga. Mi è capitato spesso di praticare guidata da persone più giovani di me, e averne comunque tratto beneficio e insegnamento.

Alcune delle insegnanti di cui parlavamo le abbiamo anche "condivise", magari anche in momenti diversi, e su alcune avevamo opinioni simili, mentre su altre abbiamo vissuto esperienze diverse.
Ma alla fine funziona così: è l'allievo che sceglie il proprio insegnante in base al suo sentire, alla sintonia che sente o non sente.

E allora mi sono chiesta, a distanza di più di due anni da quando ho iniziato in modo ufficiale ad insegnare yoga anche agli adulti, cosa dicono di me i miei allievi. Non tanto quelli che ancora mi seguono, quanto quelli che non mi seguono più.
Troppo noiosa? Parlo troppo? Poco veloce?
Vorrei davvero saperlo.

09/10/25

21 anni fa

Oggi a Torino è una bella e tiepida giornata di sole. 21 anni fa lo era anche a Palermo, ed era il giorno del mio matrimonio.
In genere non ne parlo mai, non ne parlo più, non su questi lidi per lo meno; però dopo tutti questi anni dal suo inizio (e dalla sua fine) oggi voglio condividere una riflessione a riguardo.
Per molto tempo ho sostenuto di non essermi mai pentita di aver sposato mio marito, perché diversamente non sarebbero mai nate le mie (nostre) figlie; oggi mi sento di correggere questa falsa convinzione: ho maturato la consapevolezza di quanto fosse ipocrita e vagamente pericolosa quella frase, deresponsabilizzante nei miei riguardi e rischiosamente gravosa nei confronti delle ragazze. Come se fosse loro il peso di dare un senso e una ragione d'essere a ciò che è stato e che poi non è stato più.
Quindi no, non rimpiango di essermi sposata, né di essermi sposata con lui. Perché lo volevo. 21 anni fa io lo volevo. A prescindere da tutto ciò che c'è stato dopo. E non me ne sarei pentita nemmeno se non avessimo avuto figli.
Oggi io non sarei quella che sono, se 21 anni fa non mi fossi sposata con lui.
Certo, probabilmente molte cose sarebbero diverse, ma sarebbero anche migliori? Non è dato saperlo.
Negli ultimi 12 anni ho vissuto male questo giorno, con un grande senso di delusione e sconforto, rabbia che ho soffocato, tristezza che ho nascosto e confuso con frasi e convinzioni ipocrite.
Oggi no.
Oggi voglio prendere per mano quella ragazza felice e fermamente convinta di stare per iniziare la parte più bella della sua vita, portarla all'altare e farle una carezza.
No, non le direi nessuna frase "epica", solo una carezza. Dopo 21 anni me ne sarà grata.

07/10/25

Molto bello, sì

Dopo anni di psicoterapia, counseling e lavori introspettivi vari, è bello iniziare un nuovo percorso con un nuovo terapeuta e scoprire che finora ho solo scalfito appena la superficie di quel grande marasma che c'è dentro di me e di cui probabilmente non verrò mai a capo.

Perennemente in terapia, ecco come dovrei stare, mannaggia a me.

06/10/25

In anticipo

"Buongiorno, sono la maestra di yoga, ho appuntamento con la maestra Anna, ma sono in anticipo"
"Ah, va bene, vado ad avvisarla"

...

"Ciao Lucy!"
"Ciao Anna, sono arrivata un po' in anticipo..."
"Sì, ma di una settimana"
"..."
"..."
"Non dovevo venire oggi?"
"Eravamo d'accordo per lunedì 13"
"E oggi che giorno è?"

Questo per dire come sono messa prima ancora di iniziare a fare le lezioni in tutte le scuole.
A maggio non ci arrivo.

05/10/25

Riflessioni sul compleanno

Ho assistito allo scambio delle promesse nuziali durante un rito civile di matrimonio. Non conosco nessuno dei due sposi, ma l'ho trovato estremamente emozionante, in particolare le parole che ha pronunciato lei.
"Comincio dall'unica promessa che non potrò mai mantenere, cioè quella di festeggiare il tuo compleanno come se fosse un giorno normale. Non potrò farlo perché non posso non festeggiare il giorno in cui tu sei nato".

Ecco, guarda caso si avvicina il mio compleanno e - onestamente ci penso già da un po', in realtà - ho fatto alcune riflessioni a riguardo, una delle quali si riallaccia alla frase della sposa.

Io ho sempre amato il mio compleanno, perché se c'era un giorno in cui la mia famiglia mi faceva sentire veramente amata era proprio quello. Abbiamo sempre organizzato feste in casa, con tutti i miei compagni di scuola, gli amici, i figli degli amici di famiglia, i vicini di casa. E addobbavamo il salotto di casa coi palloncini, e mia madre preparava i panini con il prosciutto e quelli con la nutella, e poi i vassoioni enormi di arancine, calzoni e pizzette. E la torta con la frutta e la crema. E i giochi, la musica, il karaoke, lo show delle barzellette. Il pomeriggio trascorreva veloce e divertente, pieno di risate e di regali.
Io adoravo il mio compleanno.

Poi, dopo la seconda o terza media, abbiamo smesso. Sono diventata un'adolescente cupa, sfigata, disadattata. Non avrei avuto nessun piacere ad invitare a casa quei compagni che mi mettevano a disagio a scuola. Forse facevamo una torta per merenda con i figli dei vicini di casa, o con qualche amico di famiglia, ma niente di che.

Ho ripreso a sentirmi davvero speciale, nel giorno del mio compleanno, quando ho iniziato la relazione con quell'uomo molto più grande di me. Lui sì che mi trattava da regina.
Ce ne andavamo in giro a Palermo tutto il giorno, andavamo a mangiare al ristorante, andavamo in giro per negozi e mi riempiva di regali. Se lo poteva permettere, e comprava il mio amore in questo modo. (Mi ha lasciato in eredità l'odio verso il ricevere i regali, infatti, E' più forte di me, ci vedo sempre una red flag, e detesto ricevere regali).
Poi, con Schroeder, il mio compleanno era un misto tra una giornata particolare e una giornata normale. Festeggiavamo l'anniversario di matrimonio due giorni prima, e il nostro onomastico il giorno prima. Il mio compleanno era l'ultimo di tre giorni di festa consecutivi, quindi non veniva considerato più di tanto. Eravamo già satolli di torte e di regali.
Il primo compleanno da separata l'ho festeggiato a Londra, poi tutti gli altri sono stati giorni quasi normali, lavorativi il più delle volte. Prima di trasferirmi a Torino, andavo a mangiare dai miei genitori, oppure da mia nonna, ma nulla di speciale. Soprattutto da quando ho iniziato la relazione con l'Ingegnere. Lui era proprio allergico ai festeggiamenti, suoi e degli altri. Non voleva proprio che si menzionasse il suo compleanno e le volte in cui ho provato a festeggiarglielo lui lo ha sempre sminuito quasi con fastidio, per lo meno i primi anni. Poi ha iniziato ad apprezzarlo, ma la sua incapacità di vivere con gioia e piacere, ha sempre reso goffi tutti i suoi tentativi di festeggiare e di festeggiarsi. Non c'era proprio portato, lui, per gli sprazzi di felicità. (Infatti è grazie a lui che adesso odio fare regali, non mi ritengo più capace di immaginare qualcosa di concreto e tangibile da regalare agli altri, ho sempre paura di comprare qualcosa che non piace).

E arriviamo, quindi, alla frase della sposa: "Non posso non festeggiare il giorno in cui sei nato", perché è stato quello il giorno più importante della sua vita, anche se all'epoca non era ancora nata.

Quella frase mi ha fatto tornare in mente una seduta di psicoterapia di coppia, fatta proprio con l'Ingegnere, qualche giorno dopo i nostri compleanni. Sì, perché il suo compleanno cade pochi giorni dopo il mio.
Quell'anno avevamo deciso di andare per il fine settimana in una città che avevamo sempre visto di passaggio, ma non avevamo mai visitato.
Il mio compleanno era stato il mercoledì, il suo era il sabato successivo, quindi tecnicamente in quel viaggio ricadeva il suo di compleanno, e non il mio.
Ricordo che, con grande orgoglio, lui disse alla psicologa che eravamo andati a Genova a festeggiare il suo compleanno. L'orgoglio derivava dal fatto che questa cosa dimostrava che stava cambiando, adesso si stava umanizzando e convertendo alle abitudini umane. Guardi, dottoressa, come sono stato bravo, adesso ho festeggiato il mio compleanno.
La dottoressa mi guardò (poveretta, mi guardava sempre... io ancora me li sogno i suoi sguardi commiseranti) e chiese cosa avessimo fatto, quindi, per festeggiare il mio di compleanno.
Niente.
L'ingegnere rispose che quel giorno lui aveva delle riunioni difficili al lavoro, e non aveva potuto né assentarsi, né uscire prima, quindi la torta, per spegnere le candeline dopo cena, me l'ero comprata io.
Mi viene da ridere.
Proprio mentre scrivo sto ricordando lo sguardo della dottoressa mentre mi chiede: "La torta se l'è comprata lei, Lucy?" e quello che non ha detto ad alta voce era sicuramente qualcosa del tipo "E le sembra normale tutto questo? Le sembra ancora sopportabile?". Io non me li dimenticherò mai quei suoi sguardi.
Credo che sia stata la seduta dove più di tutte non è riuscita a mascherare appieno il suo disappunto e a mantenersi neutra. Ci fece tutto un discorso su quanto sia importante festeggiare l'uno il compleanno dell'altro, in una coppia, esattamente per quei motivi che elencava la sposa.
"Io festeggio il giorno in cui sei nato, perché se tu non fossi nato io non avrei mai potuto incontrarti e amarti ed essere amata da te".
Sì, quella cosa che la torta me l'ero comprata io da sola, credo che l'abbia fatta sbarellare irrimediabilmente.
Ma il bello è che io non ci facevo caso. Non ci facevo più caso. 
Stavo così male, in quegli anni, che io stessa non ci trovavo nulla da festeggiare nel mio compleanno. Però ci siamo lasciati 5 mesi dopo.

Ecco perché il discorso della sposa mi ha colpito così tanto.
E fai bene, ragazza mia. Ma non perché è vero che il giorno più importante della tua vita è stato quando è nato tuo marito, quella è retorica da promesse nuziali, ma perché comunque glielo hai detto. Perché anche lui lo sa che non è vero, ma è bellissimo sentirsi dire: benedico il giorno in cui sei nato. Credo sia una dichiarazione d'amore meravigliosa.

Non li conosco e chissà che ne sarà di loro, ma fosse anche solo per l'emozione profonda che mi ha dato assistere al loro scambio di promesse, io tifo per loro, perché possano vivere insieme, in serenità, a lungo.

03/10/25

Scritturabile come testimonial per documentari

"Ciao, io sono Manuel, il videomaker. Ti chiedo solo il permesso di microfonarti, poi tu fai esattamente quello che faresti se io non ci fossi. Io sarò solo un osservatore silenzioso. Alla fine ti farò una breve intervista e poi avremo finito".

Dallo scorso anno partecipo con lezioni di Yoga per bambini e per adolescenti a un progetto gestito da un'altra associazione, molto più grande e "scafata" della mia. Il progetto è mirato per bambini e ragazzi che soffrono di un certo disturbo neuropsicologico molto più diffuso di quel che sembra (ne ho incontrati parecchi nelle scuole, ma anche una bambina che veniva a fare yoga con me agli albori della mia carriera).
Pur non conoscendomi, mi hanno contattata perché probabilmente a Torino sono la più famosa insegnante di yoga per bambini. Non me lo spiego diversamente.

(Sto pensando alla categoria "La scrittrice di fame mondiale"... forse potrei aggiungere a questo blog la categoria "La famosissima e squattrinata insegnante di yoga per bambini", non so...)

Dicevo.
L'associazione che realizza questo progetto è molto più grande, strutturata e "scafata" della mia, quindi organizza un convegno di presentazione dei risultati, visto che i finanziamenti li ha ricevuti dalla Regione, dunque hanno incaricato un'azienda di produzione di contenuti per fare un vero e proprio documentario.
All'interno del documentario ci sarà una rassegna di tutte le attività del progetto, compresi i miei due corsi di yoga per bambini e di yoga per adolescenti.

Quindi oggi pomeriggio è arrivato Manuel, con un casco da moto e uno zaino pieno di strumenti per riprese audio e video, e ci ha filmati. Alla fine mi ha anche intervistata, e mi ha fatto i complimenti perché tra tutti i precedenti sono stata la più sintetica, precisa e centrata nel rispondere alle domande, spiegare cosa faccio e perché e raccontare l'esperienza.

Lo aggiungo al curriculum: se avete bisogno di un testimonial che racconti in un documentario quello che fate, il perché lo fate e alcuni aneddoti interessanti, io sono scritturabile.

02/10/25

Cose da non dire a un'insegnante di Yoga #12

"Tutto questo è bellissimo! Ma voi quindi vi esercitate così, tanto per, oppure poi vi esibite?"

Non riesco nemmeno a commentare, sappiate solo che sono morta dentro in quel preciso istante.

01/10/25

Come sprecare un'ora e mezza

"No, Lucy, dopo quella che si è lamentata perché il numero di cellulare che aveva indicato nel modulo per la creazione della sua scheda sul sito era stato effettivamente pubblicato sul sito sono uscita, non ce l'ho fatta più"

La mia collega si è arresa pochi minuti prima di me. Io ho resistito fino a quando è stato necessario specificare di contattare la scuola prima di presentarsi per l'attività, di essere puntuali e di rimettere in ordine l'eventuale materiale scolastico utilizzato.

Abbiamo partecipato al webinar online dedicato alle attività extracurriculari che le scuole possono richiedere e che vengono offerte dalle associazioni.
Io non ho ancora capito se siamo noi particolarmente brave oppure se davvero fuori c'è tutto un mondo che va a rotoli.

29/09/25

Dentro

Ho iniziato ufficialmente la gestione totale del centro yoga che ho iniziato a frequentare da allieva. Ho ricevuto il passaggio di consegne, ho tenuto le prime due lezioni.

Non era la prima volta, ovviamente. Già lo scorso anno avevo un'intera classe, ma non avevo mai avuto un intero centro. Ho conosciuto allievi che non avevo mai incontrato perché seguivano lezioni diverse da quelle che seguivo e tenevo io.

Ci sono dentro. Speriamo che non mi buttino fuori.

27/09/25

La migliore

Ho ricominciato a lavorare con le famiglie.
Quasi non mi ricordavo più come si fa. Ero tesa e nervosa, mi tremava lievemente la voce, ho dovuto sbirciare un paio di volte la scaletta perché non me la ricordavo a memoria.
Poi ho letto gli albi illustrati che avevo portato, e mi sono rilassata, mi sono ritrovata, perché in effetti quello della lettura è sempre stato il momento in cui mi sono sentita più capace e competente.

Poi una bambina di 4 anni si è alzata ed è andata a toccare senza permesso le mie cose, la chitarra, il Meddy Teddy, mi ha scombinato le pagine del quaderno delle lezioni e si è messa a picchiare ripetutamente sulla campana tibetana.
Io non l'ho uccisa, e sono riuscita a non uccidere nemmeno sua madre che, con un'invidiabile nonchalance, si disinteressava completamente a quello che faceva.

Sono la migliore insegnante di yoga per bambini e famiglie sulla faccia della terra.

26/09/25

Una speranza

La psicologa di Angelica è incinta.

Quando ce l'ha detto ho pensato che se lei, che probabilmente ha visto e sentito un ampio campionario di problematiche, criticità, comportamenti disfunzionali e casini vari che investono le famiglie - tutte le famiglie - ed ha comunque deciso di provarci pure lei, ecco, forse significa che c'è sempre una speranza.

25/09/25

La sindrome dell'impostore

In tutti i millemila percorsi di psicoterapia, counseling ecc che ho seguito in vita mia (e - li ho contanti - sono davvero tanti: quattro terapie individuali, una terapia di coppia, un percorso di counseling) una cosa che ho capito è che il primo passo verso la "trasformazione" (ché "guarire" non si può, non si può mai) è dare alle cose il proprio nome. 

La "sindrome dell'impostore" è quando pensi di non meritarti le cose che hai, quando vivi e dai il meglio di te sottostimandolo, credi di occupare un posto troppo in alto per quello che sei e che fai, e stai con la sensazione costante che prima o poi qualcuno se ne accorgerà. E poi saranno ca##i.

Ecco, io la sindrome dell'impostore non ce l'ho sul piano professionale, ché so benissimo che mi sono guadagnata e meritata ogni millimetro del percorso che ho fatto e che continuo a fare, studiando e sperimentando, sbagliando e correggendomi, provando e riprovando.
Sono una brava insegnante di yoga per bambini e anche per gli adulti, ho una formazione completa e varia che continuo a potenziare e ampliare.
Sono brava a gestire burocraticamente piccole strutture culturali e ricreative, so gestire i rapporti con le istituzioni, coi privati, coi fornitori e con i clienti. Persino con i condòmini ostili.

E' il mio cuore che non funziona più.

La sindrome dell'impostore io ce l'ho sul piano personale e sentimentale. Non penso di meritare l'amore che ricevo. Perché, nonostante io abbia una buona stima di me, non mi amo. Mi piaccio, ma non mi amo. In pratica mi friendzono da sola.
E nella teoria lo so che finché non sarò io la prima ad amarmi sarà impossibile riuscire a percepire l'amore degli altri, ma la teoria è una cosa, la pratica è un'altra.

Penso di non meritare l'amore che ricevo. E questa cosa mi sta avvelenando l'anima.

24/09/25

Tanto poi ricrescono

E' quello che mi dico ogni volta che mi taglio i capelli e non vengono esattamente come avrei voluto, ossia quasi sempre.

Tanto poi crescono.
Ed è vero che crescono, e forse a me crescono anche più velocemente che ad altre, ma non sempre è sufficiente dirselo per crederci veramente, e stamattina guardandomi allo specchio è stata dura resistere alla tentazione di provare ad aggiustarli io. Se non l'ho fatto è solo perché ho un'altra frase che mi accompagna costantemente, e a questa invece credo fermamente: statti ferma che fai danno.

23/09/25

Dichiarazione di stima

"Perché non è che tu sei l'unica insegnante di yoga che conosco... ma sei l'unica a cui mi sento di affidare il mio centro".

La mia collega, insegnante di yoga nel centro che frequento da allieva, dopo avermi progressivamente chiesto dapprima di sostituirla saltuariamente, quindi dopo avermi affidato un corso, dal mese prossimo mi affida tutto il centro per intero, perché alcune vicissitudini personale la portano a scegliere tra il chiuderlo o affidarlo a qualcun altro.
E a scelto me.

Non ho un "centro yoga tutto mio", ma ci lavorerò tutti i pomeriggi, mi gestirò le iscrizioni, i pagamenti, le presenze.
Credo sia un grande passo avanti sul mio piano professionale, e ne sono felice soprattutto per quella enorme dimostrazione di stima che ho ricevuto.
 Credo che festeggerò, appena mi passa il panico.

22/09/25

La vita dentro e fuori

Ci sono voluti due giorni interi per riprendere il filo della mia vita al di fuori dell'ashram che mi ha ospitato.
L'esperienza è stata grandiosa, anche se molto intensa e stancante. 
Da oggi ho ripreso ufficialmente a lavorare, al momento solo in backoffice.
Mentre ero lì ero convintissima che, una volta tornata a casa, mi sarebbe mancata quella vita così pacifica e a contatto con la natura, pur con la fatica, ma che sento molto vicina al mio concetto ideale di "vita".
Svegliarsi alle 4.50 per la meditazione, e poi il bagno al mare (che loro chiamano "oceano"), e poi l'altra meditazione, e il lavoro nell'orto e nel giardino, e il servizio di pulizia e riordino, e ancora la meditazione, e la musica condivisa, e le passeggiate, e i gatti da coccolare e le stelle da osservare... E le persone. Persone con cui ho trovato molta sintonia (con alcuni di più, con alcuni di meno), e la sensazione di sentirmi "nel mio posto".
Quando la macchina che ci ha accompagnato in stazione si è accesa, mi è scesa una lacrima.

Tornando a casa, però, al caotico mondo "fuori", dopo un viaggio che manco Ulisse verso Itaca... alla fermata del bus nel bronx di Torino a notte fonda, le prime braccia che mi hanno accolto sono state quelle del Capitano che è venuto a prendermi, e proprio lì, in quell'abbraccio avvolgente, ho sentito che sì, la vita in ashram è stupenda, ma anche qui nel mondo esterno ho una vita stupenda, e mi sono resa conto solo in quell'istante di quanto mi sia davvero mancata mentre non c'ero.
Quando ho rivisto e riabbracciato le mie figlie, ho capito che ho bisogno di loro almeno quanto loro ne hanno ancora di me.

Alla gattina ho portato una ghianda raccolta nel bosco. Chissà quanti profumi nuovi ci ha potuto trovare sopra. Ci ha giocato per tutta la notte.

Mi sono sentita davvero grata per quello che ho. Per quello che ho a casa, soprattutto, e anche per quello che ho potuto vivere al di fuori di essa.

19/09/25

Il ritorno

Il progetto è finito, con grande successo di pubblico e di critica. 

Iniziamo il lungo rientro verso casa.

18/09/25

In ashram danese 7/7

Lungo uno dei corridoi c'è questo murales particolare. Ci sono diversi murales dentro l'ashram, ma questo è proprio particolare, sa vagamente di Kung-fu Panda. Non so chi lo abbia fatto, se qualche ospite occasionale della struttura o uno dei residenti.
Di sicuro chi ha messo lì il cuscino preferito di Satya, uno dei due gatti del luogo, è stato proprio un genio.


 

17/09/25

In ashram danese 6/7

...e di cibo buono!


 

16/09/25

In ashram danese 5/7

 Questo luogo è pieno di bellezza.






15/09/25

In ashram danese 4/7

 

Oggi ho tenuto una lezione di hatha yoga per i miei colleghi di corso. Ovviamente in inglese.
E' andata bene: avevo studiato.


14/09/25

In ashram danese 3/7

 Oggi il bagno al mare lo abbiamo fatto al pomeriggio, perché siamo andati tutti insieme approfittando delle previsioni meteo favorevoli.

Sì, da queste parti, quando il cielo è di questo colore, le previsioni meteo sono favorevoli quindi è il momento buono per andare al mare.



13/09/25

In ashram danese 2/7

 

C'è uno stagno qui fuori dall'ashram. Stamattina ho fatto due passi dopo colazione, prima di iniziare le attività, e avvicinandomi allo specchio d'acqua per fare questa foto ho probabilmente disturbato un airone cenerino che si è alzati in volo proprio davanti a me.
Non ho fatto in tempo a riprenderlo o a fotografarlo. E' stato un dono della natura che potrò solo conservare nella memoria.


12/09/25

In ashram danese 1/7

Mi trovo in Danimarca da due giorni e ci resterò per altri 6. Non sono qui in vacanza, ma per una formazione "non convenzionale". Si chiama proprio così, il certificato che ci daranno alla fine è di "Unconventional education". 
Semplificando al massimo: la mia scuola di formazione di yoga per bambini partecipa a un progetto di Erasmus+. Ecco.

Sono qui da appena 24 ore ed ho già:
- fatto due ore in bici di passeggiata rilassante che in realtà è stata una corsa contro la pioggia (che alla fine abbiamo preso lo stesso), pedalando a fatica su una bici con le marce che non funzionano benissimo, con discese ma soprattutto salite infinite e attraversando un bosco fittissimo di faggi, che sembrava che da un momento all'altro avremmo potuto scorgere il lupo che adescava cappuccetto rosso.
- ritrovato l'energia potente del kiirtan e della meditazione di gruppo in presenza
- spiegato a un'austriaca la differenza tra "arancina" e "arancino", in inglese ma stando a lei in modo comprensibile
- fatto il bagno al mare, prima dell'alba e totalmente nuda, con 10° fuori dall'acqua e chissà quanti dentro, insieme ad altre 4 donne nude (3 delle quali fanno quotidianamente questa pratica)
- raccolto delle bellissime ossidiane, che va a finire che ci sono più ossidiane sulle spiagge del mare del nord che non a Lipari

E siamo solo al primo giorno.

10/09/25

Manco da una settimana

Sono stati giorni pieni. 
Pieni di lavoro, pieni di cose da fare, pensare, pianificare, organizzare.

E non è che non avrei avuto cose da scrivere, tutt'altro. Mi sono successe un paio di cose anche abbastanza "forti"; episodi che mi hanno turbato non poco e che non ho avuto possibilità di metabolizzare come avrei voluto.

Mi manca Rosanna. Mi manca quell'alter ego che era la mia Amica Palermitana.
Certe cose non riesco a scriverle qui. Non mi è nemmeno sufficiente scriverle sul diario cartaceo dove scrivo le peggio nefandezze. Ho bisogno di un confronto, di un interlocutore.
Ci sono cose che vanno dette ad alta voce per essere elaborate.

A volte penso che vorrei tornare in terapia, ma non credo che potrò permettermelo in tempi brevi. E poi, forse, non è proprio di una terapia che ho bisogno. Avrei solo bisogno di un'amica, di qualcuno con cui sentirmi libera di parlare senza essere giudicata.
E lei no, non era più disposta a farlo. A non giudicarmi, intendo.

Che poi chissà perché conosco centinaia di persone ma non mi sento di confidarmi e aprirmi con nessuna...

03/09/25

Il professor Biondino

Lo chiameremo Il Biondino: è un bambino di quasi 5 anni che frequenta il nostro centro estivo; aveva già frequentato lo scorso anno, facendoci vedere i sorci verdi, ma proprio di tutte le sfumature di verde, ed è tornato anche quest'anno. E' cresciuto, ma è rimasto uguale.
Dal basso della mia ignoranza credo che abbia delle capacità cognitive almeno il triplo più sviluppate dei suoi coetanei, e ci scommetterei qualunque cosa che riuscirebbe a far mangiare la polvere anche a molti bambini di 7-8 anni. Ha una proprietà di linguaggio impressionante, un lessico sconvolgente, una capacità di riassumere e raccontare con dovizia di particolari non soltanto le esperienze che ha fatto (quello è quasi facile), ma soprattutto storie che gli sono state raccontate o documentari che ha visto. E anche nella produzione narrativa, quando deve inventare una storia, approfondisce la psicologia e lo stato d'animo dei suoi personaggi in un modo che secondo me risulterebbe difficile persino a molti adulti. A 4 anni.
Però ha una disregolazione emotiva preoccupante. Non è nemmeno il classico bambino che dà di matto quando si arrabbia, no, anche quello era facile. Lui colpisce con precisione e crudeltà, con ragionata cattiveria nell'intento di fare male laddove fa più male col (suo) minore sforzo possibile. Una specie di torturatore dell'Inquisizione. A 4 anni.
Gli ho visto fare cose a un bambolotto (per fortuna) che mi hanno fatto pensare che potesse essere il caso di dire ai genitori che se stanno pensando a un fratellino o sorellina forse è meglio che desistano.

Come è consuetudine nella nostra coppia di fatto, la mia collega ed io, i bambini "impegnativi" me li smazzo sempre io, sia perché sono fisicamente quella più forte, sia perché credo di essere quella che ha un minimo (ma proprio minimo) di competenza teorica in più.
In soli 2 giorni l'ho dovuto contenere fisicamente 7 volte per allontanarlo dal bambino vittima di turno dei suoi pizzicotti sulle palpebre, o dei suoi calci sulle orecchie, o sul cui viso si siede chiudendo la bocca con le chiappette e le narici con le dita. A 4 anni.

Ma andiamo a noi.

Al parco giochi la prima volta che intervengo per contenerlo e portarlo via dal gruppo è perché ha dato un calcio in fronte alla bambina che spingeva l'altalena, perché gli aveva detto che se lui continuava a chiamarla "Topina" lei non lo spingeva più.
Tralascio la conversazione che ne è scaturita a riguardo, è una perla che serberò per me, ma gli prometto che lo lascerò tornare tra gli altri a giocare solo se mi promette a sua volta che non picchierà più nessuno. Lui promette, ma io pretendo la famigerata Promessa Col Mignolino, lo spauracchio degli spergiuri, la Promessa che se non la mantieni ti cade il dito mignolo.
Lui è la prima volta che ne sente parlare, ma accetta. Conoscendolo gli racconto che il bidello della scuola dove andavo io da piccola aveva una mano dove gli mancavano due dita, proprio perché da bambino aveva fatto due promesse che non aveva mantenuto. Io ce l'avevo davvero un bidello con una mano mutilata, ma era un reduce di guerra e gli era scoppiata una granata in mano, ma vabbè.
Lui si incuriosisce e mi chiede di mostrargli una foto. Gli rispondo che non sono sicura di avercela, si tratta di cose di tanti anni fa, di sicuro non ce l'ho lì al parco giochi, forse l'ho nel computer, poi magari quando torniamo in ludoteca la cerco. A questo punto avrei già dovuto accorgermi dell'errore, ma quando si ha a che fare con bambini e con esseri umani in generale non si è mai "arrivati", c'è sempre una nuova lezione da imparare, un nuovo errore da non ripetere ecc.

Passano 20 minuti e Il Biondino picchia una bambina che stava dietro di lui in fila per arrampicarsi su un gioco. Lo vado a recuperare e lo allontano dal gruppo e mentre lo tengo in braccio (scalciante) noto che improvvisamente si ferma e si guarda le mani. Mi siedo sulla panchina tenendolo in braccio e vedo che si sta contando le dita. "Sono ancora tutte!" mi dice trionfante.
A questo punto rincaro la dose: "Guarda che non cade subito il mignolo. Il bidello della mia scuola ci raccontava che quando non aveva mantenuto la promessa, subito non gli succedeva niente, ma poi l'indomani mattina si svegliava che gli mancava un dito".
Il Biondino accusa il colpo con malcelata preoccupazione, ma insiste sulla foto, vuole vedere questa storpiatura della realtà; io insisto su come non sia affatto gentile picchiare gli altri e insomma - a farla breve - lo accompagno a chiedere scusa, lo reinserisco nel gruppo e fine.

Arrivati in ludoteca, ogni 5 minuti viene a chiedermi se ho trovato la foto del bidello. 
Ogni 4 minuti io mi sbatto la testa al muro chiedendomi come diamine mi sia venuto in mente di raccontare una cosa del genere proprio a lui, perché era prevedibile che non me l'avrebbe lasciata passare.

Apro il computer, vado su chatgpt e gli chiedo di crearmi l'immagine di un uomo anziano con una mano integra ed una con solo 3 dita. Non ho voluto cercare su google perché ero sicura che avrei trovato solo roba vera, drammatica, cruenta e splatter, e ci mancava solo questo.

L'intelligenza artificiale, però, è pure lui meno sveglio del Biondino stesso e mi fa l'immagine di un vecchio con 4 dita. Apro photoshop e l'altro dito glielo cancello io.


Il Biondino se l'è bevuta. Gli ho detto che il mio bidello si chiamava "il signor Salvatore". Lui vuole anche perché io gli racconti in che modo ha perso le dita, vuole sapere quali erano le promesse che non aveva mantenuto, ma a questo punto io - avendo imparato la lezione - gli dico che non ce l'ha mai voluto raccontare.

Quando si ha a che fare con bambini non si è mai "arrivati", c'è sempre una nuova lezione da imparare, un nuovo errore da non ripetere e i migliori trainer sono proprio loro: i bambini. Per tutti gli anni a venire potrò dire che per me Il Biondino è stato una specie di professore di un master specialistico.

02/09/25

Otto anni fa

Otto anni fa lasciavo la mia casa per costruirne una nuova.

A sentire il dolore residuo sembrano passati otto giorni. 
A guardare tutto quello che ho fatto e disfatto, costruito, demolito, reinventato e ricostruito sembrano passati ottant'anni.

Fa e farà ancora malissimo, ma non tornerei sui miei passi nemmeno per un istante. Non ho mai rimpianto quella decisione, neanche nei momenti più difficili.
E' la mia vita, ed è fatta anche di momenti difficili e di scelte dolorose, come le vite di tutti.


01/09/25

La puntura del mirtillo

Per tutta una serie di collegamenti, mi ritrovo a parlare coi bambini del centro estivo del sangue che fuoriesce dalle nostre ferite, sbucciature, graffi, punture di insetti grattati con troppa forza ecc.
Di solito, quando parliamo di malanni o infortuni, il passo da "centro per l'infanzia" ad "RSA" è brevissimo, tutti si tirano su pantaloni e maniche per mostrare croste e cicatrici, lividi e tutti i segni di dove si sono fatti male.
Si avvicina Alice, 5 anni, tira su la manica della maglietta e mostra la parte alta del braccio mostrando un microscopico puntino e dicendo "Maestra a me il sangue è uscito da qui".
- Cos'era? Una puntura di zanzara?
"No, è stato il mirtillo"
- Il mirtillo?

Si avvicina Luna, di 4 anni, sbracciandosi pure lei e mostrando il braccio: "Sì, anche a me il mirtillo mi ha fatto uscire il sangue! E' stata la puntura"

Ci rifletto. Penso alle spine dei rovi, ma che io sappia le piante di mirtillo non hanno spine. Mi dico che forse si riferiscono alle more, ma prima ancora che possa indagare meglio Alice spiega: "Sì, esatto. La puntura del mirtillo che mi ha fatto la dottoressa"

Ok, tutto chiaro. Il vaccino MPR. Magari lo ribattezziamo "Mirtillo - Patatine - Rosellina" :-D

31/08/25

Lucy goes to the mountain

Cieli azzurri, aria fresca, immersione nella natura, cibo buono, acqua che scorre, vita che fluisce e qualche parentesi di yoga.
E piedi a mollo a qualsiasi fiumiciattolo nei paraggi.

Sono una creatura del mare che ha capito il modo con cui interfacciarsi con la montagna. Ho messo da parte la paura e la diffidenza che mi avevano accompagnato finora, trasformandoli in cauto timore reverenziale; ciò che ho ricevuto in cambio è stata una delle esperienze migliori degli ultimi tempi, in cui mi sono sentita libera ma protetta, forte ma minuscola, in pace con me stessa e tanto, tanto grata.



25/08/25

Il dolore

Io soffro di dolori vari e costanti che, tra fasi acute e fasi latenti, mi accompagnano ormai da alcuni anni.
I miei dolori sono sempre stati eclettici e variegati, hanno investito un po' tutte le parti del mio corpo, specialmente le articolazioni, ma la loro area preferita è quella che va dalla mano destra alla spalla e al collo.
Sindrome (borderline non operabile) di tunnel carpale; rizoartrosi, epicondilite, episodi infiammatori acuti con edema, infiammazione della cuffia dei rotatori, contrattura del trapezio, più probabilmente qualcos'altro che non ricordo.

Nessuno ha mai capito che ca##o ho, nessun medico, di medicina tradizionale e non. Sono tante piccole cose che si sommano, si condizionano a vicenda e soprattutto provando ad aggiustarne una se ne sfascia un'altra, come mi è probabilmente successo trattando la rizoartrosi e finendo per innescare l'infiammazione di alcuni muscoli della spalla perché ho inconsciamente smesso di usarne altri.

Io ritengo di poterci convivere. Mi sono ormai rassegnata già da un po'. Non ho nulla di sufficientemente grave tale da richiedere un intervento medico vero e proprio, quindi va bene, lo accetto e basta.

C'è una cosa, però, che ho capito di non tollerare, ed è proprio il dolore in sé.
Sono disposta ad accettare di non poter più fare certe cose, di dovermi esercitare con costanza per tenere attivi quei muscoli che mi aiutano a mantenere stabili le articolazioni lasse, sono disposta ad indossare tutori durante il giorno e durante la notte, sono disposta a stare attenta, ad essere cauta, a concentrarmi prima di fare certi movimenti per essere sicura di farli in sicurezza, ma il dolore non lo sopporto proprio più.
Non sono più disposta a sopportare le fasi acute di questa cosa che non si capisce che cosa è.
Il dolore fisico mi annebbia proprio la mente, condiziona i miei pensieri, le mie decisioni, la mia meditazione.
Mi sono accorta che invece di ripetere in mente il mantra che mi è stato assegnato, me ne sto lì a sentire il dolore.

Ecco, avessi la possibilità di esprimere un desiderio, chiederei di non sentire dolore.

21/08/25

Sempre coi papà

Non voglio entrare nel merito dell'influenza che possono avere certi discorsi, certe frasi, certi concetti espressi dai genitori in presenza dei loro figli, perché purtroppo l'influenza c'è anche quando non vengono esplicitamente espressi, e vabbè, tutti abbiamo diritto ad andare in terapia per colpa dei nostri genitori prima o poi.
Ma la vera domanda che mi faccio è: ma se sei venuto a prendere tua figlia al centro estivo, e lei è già pronta per andarsene, scarpe ai piedi e zainetto sulle spalle, perché ti attardi a raccontare alla maestra (cioè io - povera me) la storia della tua vita e di quanto avresti voluto fare un certo tipo di studi e invece ti sei lasciato condizionare dai tuoi genitori e quindi vorresti che tuo figlio più grande facesse un certo tipo di studi non rendendoti conto di come tu stia esattamente replicando per tuo figlio quello che hai dovuto subire tu dai tuoi genitori? Va bene tutto, io ascolto e annuisco, ma perché lo racconti a me che aspetto che tu ti levi di torno per poter chiudere e tornarmene a casa? 
Perché?!

Non succede con tutti i papà, ma quando succede è con un papà.
Da tre giorni apro questa pagina, convinta di scrivere qualcosa, qualcosa di simpatico, accattivante, che faccia sorridere, e poi resto qui a fissare il post vuoto, chiudo e rimando a momenti migliori. 
Poi magari durante la giornata mi viene qualche idea, o mi succede qualcosa di vagamente simpatico e mi riprometto di scriverlo, ma poi me lo dimentico.

Quindi oggi scrivo questo post finto per dire che non ho argomenti su cui scrivere un post.
Come la so impiattare io la fuffa, nessun altro.

18/08/25

La fede

Non saprei se è perché è quella che non ne ha un ricordo "suo", ma solo per racconti o fotografie, o se è solo per sua indole, ma Angelica è stata da sempre quella più curiosa sul matrimonio con suo padre, sulla fine ecc.
Parlando e chiacchierando d'altro, siamo andate a menzionare la fede nuziale. Quando ha saputo che io la mia ancora la conservo, è rimasta sconvolta. Come se le avessi detto che conservo il Graal dentro il cassetto delle mutande.
L'ha voluta vedere, ci abbiamo ragionato su insieme: sulla misura (che ormai per me è troppo larga perché da allora sono dimagrita parecchio), sull'incisione al suo interno, sul peso (facendo anche un calcolo veloce e ignorantissimo su quanto ci potremmo ricavare vendendola) ecc.

Non so quando Schroeder abbia smesso di indossare la sua, non ricordo se lo avesse già fatto prima di andarsene di casa. Proprio perché ero dimagrita e rischiavo di perderla, io avevo smesso di indossarla già da un po', ma ricordo perfettamente che avevo ripreso a metterla proprio qualche mese prima che succedesse quel che è successo. Forse per me era stato un gesto scaramantico di cui non ero consapevole, chissà.

Alla fine l'abbiamo rimessa al suo posto. Bene rifugio casomai le cose dovessero mettersi male (ma non troppo male, ché mica pesa mezzo chilo)

16/08/25

A ferragosto io scrivo

Probabilmente è perché c'è una strana congiuntura astrale o forse è colpa della sinergia tra la proporzione tra dì e notte, la temperatura, il pensiero dell'imminente ritorno ai doveri di sempre (che siano scolastici o lavorativi, anche se questa cosa la avvertivo anche quando non studiavo già più e non lavoravo ancora, quindi propendo per una spiegazione "esterna" più che interna), sta di fatto che a ferragosto io scrivo.
Esattamente a ferragosto del 1996 ho iniziato a scrivere "Ballerina scalza".
Esattamente a ferragosto del 1998 ho iniziato a buttar giù la prima bozza di quella porcata colossale e incompiuta che sarebbe diventata "Buongiorno Luna". E tipicamente a ferragosto o giù di lì mi son messa a lavorare sulle tutte le sue millemila revisioni.
A volte ci penso.
Quanta fatica inutile, quanto accanimento, quanta ostinazione a scrivere e riscrivere una cosa che evidentemente non aveva nessuna ragione di esistere, ché altrimenti non sarebbero state necessarie tutte quelle revisioni e riscritture. Con lo stesso tempo e impegno ci scrivevo 5 romanzetti decenti, forse.

Vabbè, ma siccome - appunto - c'è probabilmente una forza magica che mi tiene in suo potere in quel giorno lì, io ieri - ferragosto - ho ripreso in mano un racconto che avevo iniziato qualche mese fa e che non ero ancora riuscita a terminare nonostante avessi già chiaro in testa cosa doveva succedere. Me ne frego dello spoiler, tanto vi vedo che ogni giorno siete all'incirca una ventina di lettori che chissà chi siete e - ma pure voi siete strani, eh - perché vi ostinate a continuare a leggere questi miei sproloqui, ma mi sto perdendo... Il racconto, dicevo.
In primavera mi ero fermata al momento in cui avrei dovuto costruire la morte accidentale di un bambino. Ok, lo so, è una cosa molto crudele, ma non sono sicura che sia quello il vero motivo per cui non sono riuscita a scriverla. E' che proprio tutto il progetto fa acqua da tutte le parti.
Non per niente il racconto era arrivato a 13 pagine (perché ad allungare il brodo con roba inutile io sono bravissima). L'ho tagliato bruttamente fino ad arrivare a 9. Troppe scene inutili, troppi discorsi inutili.
Però la scena del bambino non sono ancora riuscita a scriverla.

Questo progetto era una trilogia di racconti (due dei quali li ho già scritti e terminati) che dovevano diventare una specie di romanzetto breve perché tutti e tre i racconti sono legati tra loro. Ma niente da fare, non ci riesco ancora.

Il ferragosto mi scatena la scintilla della creatività letteraria, ma poi mi scontro con la mia incapacità.
Chissà che cos'è davvero che mi triggera così.

15/08/25

Le confluenze

Stamattina mi sono fatta una pedalata rinvigorente tra le 7.30 e le 11 del mattino, prima dell'ora del caldo.
Ho seguito il corso del fiume Dora per tornare nel punto esatto dove affluisce nel Po. C'ero già stata qualche anno fa, ma lo avevo fatto seguendo il Po.
La Dora mi sta simpatica, l'ho già detto, mi ci rivedo molto, le somiglio un pochino soprattutto nel suo repentino passare da un flusso rapido e turbolento ad uno pacato e disteso.
Chissà cosa pensa, la Dora, quando dopo mille peripezie si tuffa nel corso largo e lento del Po. Lo fa quasi con l'inganno, proprio dopo una curva, quasi a volerlo cogliere di sorpresa.
Chissà se vorrebbe un "effetto sorpresa" conflittuale, cogliere l'altro alla sprovvista per potersi trovare in vantaggio, oppure se è una sorpresa del tipo che gli arriva alle spalle, gli chiude gli occhi e gli chiede "Ci sono?" all'orecchio, baciandogli subito dopo il collo per farsi indovinare.
A me quel luogo è sempre sembrato magico, l'emblema della pace, del compromesso, dell'accettazione reciproca tra entità diverse e legate tra loro.



13/08/25

Una luna di miele

 E' durata solo 24 ore o forse anche solo 22, ma è proprio quel che è stato.

Un giorno (quasi) intero da passare insieme a raccontarci le cose che non c'eravamo raccontati, a darci le carezze che non c'eravamo dati, a ridere delle risate che non avevamo potuto fare insieme.

Dopo più di due settimane lontani, il Capitano ed io siamo stati di nuovo insieme. 

Ci siamo ricaricati per poter affrontare altri 11 giorni (i prossimi) in cui staremo lontani geograficamente.

Una luna di miele breve, senz'altro, ma davvero dolce e confortante.

10/08/25

Si riparte

Stasera si riparte.
Da un paio d'anni in qua è diventato più difficile e doloroso, non so perché.

09/08/25

E' passato un anno

Non me n'ero neanche accorta. Con il post di ieri, abbiamo fatto un anno intero di nuovo di blog attivo. 
Bisogna festeggiare.

Magari il prossimo anno.

ADDENDUM DI RETTIFICA: Non è vero, ho visto meglio e il primo post, l'anno scorso, l'ho scritto il 14 agosto. Mi sembrava strano, anche perché so perfettamente il perché quel giorno ho voluto ricominciare a scrivere qui. Vabbè, a ulteriore dimostrazione di quanto io sia ormai rinco%ionita totale.

08/08/25

La nuova adepta

E' iniziato quasi per scherzo, o almeno io la vedevo così. 
Il secondo o terzo giorno di permanenza in Sicilia, chiacchierando con i miei genitori e i miei zii, lancio la sfida a mia zia di raggiungermi l'indomani mattina alle 6 per fare yoga insieme.
L'ha fatto, ma alle 6 è dura per me che ho il corpo allenato, figuriamoci per una donna di 67 anni in sovrappeso che l'ultima volta che si è mossa è stato durante il saggio ginnico della quinta elementare.
Mi ha chiesto di rifarlo nel pomeriggio.

E da allora l'ha continuato a fare. In due settimane 4 lezioni, che sono molte di più di quanto fanno alcuni miei allievi. E me l'ha chiesto lei.
E stamattina mi ha persino "fatto un regalo".

E' ovvio che il contesto non è dei migliori, anzi, è tra i peggiori nel campionario dei contesti in cui non è possibile praticare yoga: gente che passa e spassa (ci mettiamo in soggiorno perché lo spazio è qui), gente che le telefona, il marito che viene a sedersi e guardare ecc...
Però l'ha fatto e soprattutto io ho notato un progresso, non tanto nella mobilità, quanto nell'entrare nella lezione. La prima volta mi chiedeva tutto, qualsiasi cosa, commentava ogni indicazione, non chiudeva gli occhi e non è riuscita a fare il rilassamento perché si muoveva in continuazione.
Alla quarta lezione era stesa in Shavasana ad occhi chiusi, in silenzio, ad ascoltare la sua respirazione diaframmatica (dopo aver finalmente scoperto dove si trova, cosa è e come si usa).

Andandosene ha commentato con suo marito che io le ho detto che è stata brava. Lì ho capito.

Terza di quattro figli, reietta tra le femmine. Bistrattata e sottostimata dai genitori davanti a tutti, persino davanti a me da bambina.
Ha passato una vita intera a sentirsi dire "Cretina", finalmente qualcuno - io - le diceva che è brava.
Mi ha fatto molta tenerezza.


07/08/25

L'estetista Diggiù

Per alcuni anni, ho avuto sempre la stessa estetista, cugina della mamma di una compagna di mia figlia. Simpatica, brava e onesta, come può essere onesta una che lavora in nero in casa sua. Ma di che parlamo? Il 95% delle estetiste lavorano in nero in casa propria, e alcune lo fanno anche nei ritagli di tempo libero dal lavoro in regola in un centro estetico. E' la consuetudine.

Per un paio d'anni dopo essermi trasferita a Torino ho continuato ad andare sempre da lei, a Bagheria, perché prima del covid riuscivamo a tornare giù abbastanza spesso e mi faceva piacere mantenere con lei il rapporto personale e professionale. Come sempre, per fare una ceretta, ci metteva 60-75 minuti. Perché il tempo di scioglimento della cera è quello che è, ma lei lavorava molto "alla bagherese": con calma, con le chiacchiere, le confidenze, il dibattito anche su argomenti di un certo peso - e non sono sarcastica - perché la relazione con la cliente va creata e nutrita. Insomma, quando andavo da lei sapevo benissimo che era mezzo pomeriggio.

Poi la pandemia, non siamo più scese per più di 6 mesi consecutivi e, subito dopo, con la mia situazione lavorativa non riuscivo più a garantire un viaggio ogni 6-8 settimane, per cui mi sono trovata anche un'estetista a Torino.
Brava, simpatica e onesta esattamente come di cui sopra. Originaria della Puglia, ma ormai da sufficiente tempo al nord tale da averne assimilato l'ottimizzazione dei tempi.
Ricordo lo shock la prima volta che sono andata, a constatare che mi aveva fatto la ceretta in 45 minuti. Assurdo. Che ci facevo, adesso, con quel tempo libero?
Per almeno 5 anni è stata la mia estetista, e quindi anche quella delle mie figlie.

Poi ho cambiato casa, da Torino ovest mi sono trasferita a Torino Nord e, se l'estetista che si trovava a Torino sud-ovest valeva ancora la pena il viaggio, dalla casa nuova proprio no. Ci sono andata una volta: 1 ora per andare, 45 minuti di ceretta, 1 ora per tornare. 
No, con tutto l'affetto e la stima del mondo, no.

Mi sono trovata un'estetista brava, simpatica e onesta sempre in quel modo che ormai sappiamo bene a meno di 1 km da casa. Del nord in tutti i sensi: ceretta completa in 40 minuti. E' diventata la nostra nuova estetista, mia e delle ragazze.

Ma il mese di luglio, per me, è sempre un mese complicato perché lavorando al centro estivo sono occupata tutti i giorni tutto il giorno, e avendo il fidanzato fuori dalle mura domestiche (dovendo quindi cercare anche di incastrare i nostri incontri senza poterci affidare al senso di sicurezza del "tanto non si scappa" che dà la convivenza) è stato impossibile prendere appuntamento con lei prima di partire per le vacanze in Sicilia.
Quindi l'idea geniale! Ricontatto l'estetista di Bagheria.
Baci, abbracci, come stai e sei sempre uguale, ma quanto è cresciuta tua figlia, ma pure la tua ormai è una donna ecc.
Ieri pomeriggio, quindi, ho trascorso l'intero pomeriggio a riassaporare la lentezza del gesto, la calma che tanto che altro hai da fare? Lo scambio di confidenze, aggiornamenti sulle reciproche vite, pettegolezzi e condivisione di punti di vista.

Magari non sempre, però ho pensato che ogni estate potrei pure pensare di tornarci dall'estetista Diggiù. Che sì, l'efficienza, ma è anche piacevole farsi fare una ceretta e scoprire che alla fine è passata un'ora e mezza.

06/08/25

Ancora ci penso

"E quinni te so' rimasto solo io?! Mecojoni...!"
Così Gandalf ha commentato la notizia della fine dell'amicizia con l'Amica Palermitana.

Sì, Gandalf e lei erano gli unici due amici che mi sono rimasti in Sicilia.
L'amicizia con l'Amica Palermitana era durata quasi 15 anni, in effetti si era già incrinata da almeno 2 anni, ma la risoluzione definitiva, bilaterale e - da parte mia ben chiara - è avvenuta solo questa primavera, poco prima di Pasqua.
Lei si è improvvisamente resa conto che non aveva più voglia di ascoltarmi; io ho capito che non avevo più voglia di sentirmi in dovere di ascoltarla. 
Mi dispiace, certo. Mi manca un po'. Ma forse il più grande torto che le ho fatto in questi anni è stato quello di andare contro il mio sentire intimo solo per avere la possibilità di continuare a mantenere quel legame; mi sono sentita in dovere di ascoltarla sempre, mi sono sforzata di farlo anche quando ho dovuto mettere da parte i miei bisogni per lei, ma non è stata colpa sua, non me l'ha mai chiesto. Io lo facevo per non perderla, perché lei per me, persino più della mia famiglia, rappresentava la mia Terra.
Parla con un accento palermitano molto forte, ed ascoltarla per me era come stare ancora lì. Vive praticamente in riva al mare e quasi ogni giorno mi mandava foto dalle sue passeggiate col cane. Mi mandava i video delle onde che si frangevano sugli scogli, del sole che tramontava all'orizzonte. L'unica cosa che non mi poteva mandare era il profumo, e quello me lo descriveva a parole.
Perderla, per me, è una specie di lutto doppio. Ancora oggi, quando ci penso, mi si riempiono gli occhi di lacrime.

In questi ultimi giorni in cui sono qui, a soli 50 km da lei, la penso, l'ho pensata. Un paio di volte, andando in città, sono passata dalle parti del suo studio professionale, ma no, non l'ho chiamata né lo farò.
Non ora. 

"Sì, Gandalf, a parte la mia famiglia, qui mi sei rimasto solo tu, sei contento?"
"Finché nun me rompo er ca##o pur'io de stà appresso alle pazzie tue!"
"Non lo farai"
"Nun ce scommetterei. NNamose, va'. La pizza la pago io, tu offrime er gelato".

05/08/25

La maggiorparte della mia vita

Qualche giorno fa ricorreva l'anniversario del primo bacio con Schroeder. 23 anni.
Calcolando che al momento attuale ne ho 46, possiamo dire che, da adesso in poi, avrò passato la maggiorparte della mia vita ad avere a che fare con lui invece che no.

Qualche giorno fa ho avuto una serata rilassata con Angelica, e abbiamo parlato delle anime gemelle. Ecco, io non penso che esistano anime "gemelle" in senso assoluto, ma sicuramente anime "sorelle" che si cercano e si ritrovano nel corso del tempo, poi le loro caratteristiche intrinseche fanno sì che il loro incontro possa dare o non dare frutti, durare una vita o durare un istante.
E' fuor di dubbio che Schroeder ed io siamo anime "sorelle", che probabilmente c'eravamo già incontrate in qualche altra vita e che forse ci rincontreremo in qualcuna delle prossime. In questa vita era necessario il nostro incontro per mettere al mondo le nostre figlie, esattamente così come sono, e dare loro la possibilità di affrontare i loro rispettivi percorsi e di incontrare e/o rincontrare le rispettive anime "sorelle" e compiere il destino d'altri ecc ecc.

Vista in questa ottica, credo che qualsiasi esistenza trovi una ragione d'essere.

(PS: in effetti la categoria che parla di Schroeder continua a chiamarsi "mio marito" nonostante non lo sia più da 11 anni, ma anche questa è un'eredità che non posso rinnegare, e non credo nemmeno di poterla modificare. Al massimo potrei aggiungere un'altra categoria, ma mi sembra ridicolo e forse anche fuorviante. Tra l'altro io continuo sempre a chiamarlo "mio marito" anche se non lo è più per davvero, in tutti i sensi; è curioso: conosco alcune persone che parlano subito di ex moglie o ex marito fin dal giorno dopo che si separano. Persino parlando del mio, anche quando per la legge eravamo ancora coniugati (e dopo la separazione lo siamo stati per altri 8 anni prima di divorziare) in molti mi parlavano del mio ex marito o persino dei miei ex suoceri. Boh, sarà un effetto del senso di indissolubilità del vincolo della genitorialità - non certo di quello del matrimonio - che mi fa percepire sempre e comunque un legame con lui)

04/08/25

Un anno fa

Un anno fa eri una gattina spaurita, che era stata recuperata da una zona trafficata di Torino dove rischiavi quotidianamente la vita sfrecciando tra macchine a tir. 
La prima notte hai provato a scappare in tutti i modi, ma dopo aver capito che ti trovavi in un luogo dove nessuno ti avrebbe infastidito o messo i difficoltà, avevi cibo, acqua, comodità e coccole a volontà, è passato poco da quando ti sei sistemata stanziale e ci hai considerate le tue umane da accudire e proteggere.
Dovevi restare con noi tre settimane, invece abbiamo lasciato che tu ci adottassi.


Da piccola e timorosa, sei diventata la padrona di tutto, della casa di città, della casa di campagna, dei nostri letti, mobili, vestiti, anime e cuori.


Miao anche a te, Ellie. E' passato un anno da quando sei entrata nelle nostre vite e lo abbiamo scelto come data del tuo compleanno. Oggi fai 2 anni. Miao.

 

02/08/25

Antidoto alla mediocrità

La Sicilia è quel luogo dove ci sono città rovinate dall'abusivismo edilizio, abitanti che se ne fregano del codice della strada, del codice civile, del codice del buon senso, amministratori che utilizzano i loro poteri solo per agevolare i propri interessi e tanta - troppa - gente che subisce passivamente una condanna alla mediocrità senza rendersene conto.
Poi, però, ti affacci su una strada provinciale e vedi questo.


E allora pensi che è davvero difficile immaginare che non esista un Dio, e che forse questi acquerelli li dipinge proprio per accendere di meraviglia la mediocrità di chi ci è condannato. Forse non tutti, ma magari qualcuno di loro se ne accorge, e allora ne sarà comunque valsa la pena di crearli questi scorci di bellezza libera e aperta a tutti. Magari nessuno di loro lo ammette, ma è proprio questo che rende loro più sopportabile la mediocrità.
 

01/08/25

L'autodelusione

Credo che una grande differenza tra il mio modo di ragionare e quello della media delle persone che conosco stia nel fatto che io ho interiorizzato in modo abbastanza stabile la consapevolezza del non avere controllo e/o potere sul comportamento degli altri.
E' molto difficile che io resti delusa dal comportamento di qualcuno. Posso esserne arrabbiata, addolorata, preoccupata, infastidita e tutto quello che vogliamo, ma delusa no. E non perché "non mi aspetto niente" da loro in termini disprezzanti, ma proprio perché "non mi aspetto niente", perché non ha senso che io abbia aspettative sul comportamento di altri. L'unico comportamento che posso davvero guidare, controllare, correggere è il mio.

E' per questo che ho scoperto una cosa che mi ha molto addolorato, ma non riesco a sentirmi arrabbiata o delusa. L'unico rammarico che provo è verso di me, perché non l'avevo capito prima, perché ero convinta che se mai fosse successo me ne sarei accorta e invece non è stato così.

Cosa ho imparato: a non dare per scontato la mia capacità di capire gli altri. A volte, come tutti, non capisco un ca##o nemmeno io. 

31/07/25

Me la sono cercata

Da un po' di tempo mi è tornato il pallino della musica, e per me è inevitabile tuffarmi con corpo, anima e mente in qualcosa che amo: è proprio nella mia natura, non esistono mezze misure, attività condotte in modo tiepido e moderato. Se una cosa mi piace, diventa pervasiva.

Riguardo la musica, la mia difficoltà maggiore sta in una mancanza di vero talento naturale (o forse nell'averlo soffocato fino a farlo sparire) che riesco male a sopperire con quelle conoscenze tecniche di "dottrina musicale" date dagli studi di teoria fatti in gioventù.
Quando suono con il Capitano e ci ritroviamo a commentare la sequenza di alcuni accordi, a lui semplicemente "suona bene" all'orecchio (talento naturale), io invece me ne esco con discorsi del tipo "Beh, è ovvio perché il Sol è la quinta del Do, per cui se ci vogliamo mettere il Re dobbiamo per forza metterci il La" (dottrina parruccona di chi la musica la fa sulla carta - come è stato insegnato a me). 

Il mio obiettivo principale, un anno fa, era migliorare la mia capacità di suonare la chitarra per poter anche suonare ai ritiri spirituali che faccio una volta l'anno, e in effetti ci sono riuscita (anche se ci sono ancora ampissimi margini di miglioramento), però il nuovo cruccio che ho è quello di recuperare gli accordi dei Kiirtan che non so suonare, dei quali ho solo le registrazioni live, quindi nemmeno in alta definizione.

Ho provato a rivolgermi all'intelligenza artificiale. Mi avrebbe fatto comodo che mi scrivesse le note su pentagramma e non lo sa fare. O meglio: dice che lo fa e poi mi ha generato immagini incomprensibili che tutto sono fuorché un pentagramma.
Dice che mi crea il midi (che posso poi importare su un software che lo trascriverebbe in pentagramma) ma no, improvvisamente si rende conto che le hanno disattivato gli strumenti per generare midi.
Dice che mi scrive la trascrizione testuale e lo fa, in modo disordinato e incompleto.
Insomma: mi sono stancata non tanto del fatto che NON possa fare determinate cose, ma soprattutto del fatto che prima me le propone come alternative e poi, quando io le dico di farlo, mi dice che non le può fare oppure mi fa delle c@c@te senza senso.
Quindi stamattina ho voluto essere chiara.


Ecco... in effetti me la sono proprio cercata! :-D 


30/07/25

Asana all'alba


Secondo me non riuscirò mai a trovare a Torino un background meraviglioso come questi, per le mie pratiche mattutine.

29/07/25

Intrattenimento alternativo

 


Eppure, come avevo già detto, dopo 30 anni sto scoprendo il piacere di tradurre dal latino. E' proprio vero che, a volte, bisogna solo dare tempo al tempo e che certe cose siamo costretti ad affrontarle quando non siamo pronti né predisposti.

28/07/25

Paincajanya

 


La meditazione delle 5 del mattino (ma la foto l'ho scattata alle 5.40, quando avevo finito)

27/07/25

Pomelia


Ci ho provato per ben tre volte in questi anni e tutte e tre le volte le piante di pomelia che ho portato a Torino non sono sopravvissute. L'ultima l'avevo persino tenuta dentro casa, eppure in primavera si è seccata.

 

26/07/25

Fico vuoto


Le formiche sono arrivate prima di me.

25/07/25

Ustica


 

24/07/25

La partenza

Una battuta vecchia come il cucco dice che quando torni in Sicilia piangi tre volte, la prima quando arrivi, la seconda quando riparti, la terza quando ti pesi sulla bilancia.
Ok, è una battuta, ma per me è ancora oggi, a distanza di 8 anni, una ferita ancora viva che si riapre, al punto che quella cosa della bilancia è solo una scemenza che poi riesco a recuperare in un paio di settimane, ma il dolore, quello no, non se ne va.

Stasera partirò per tornare in Sicilia, piango già da tre giorni alla sola idea di dovermene, poi, andare di nuovo.

23/07/25

Sempre

"Devo dirti una cosa... è una cosa un po' stupida ma voglio dirtela lo stesso"
"Ti ascolto"
"Ogni volta che io ti scrivo qualcosa, mi firmo con "Tutta tua, solo tua". Penso spesso che vorrei aggiungerci anche "Sempre tua", ma ormai la parola "Sempre"... boh, non me la sento più... però la penso. E' solo che non mi sento più capace di dirla o di scriverla. Ecco, e anche questo è un momento in cui la penso, mentre ce ne stiamo qui abbracciati stretti, ma non ci riesco a dirtela, anche se lo vorrei, anche se la sto pensando. Perché questo momento è proprio uno di quelli che mi fa desiderare che possa durare per sempre. Ma proprio per sempre-sempre, proprio per tutta l'eternità, per tutte le future vite. Che poi... chissà, magari è già così e noi non lo sappiamo. Magari stiamo così bene insieme proprio perché siamo legati nell'eternità, e ci siamo semplicemente ritrovati in questa vita dopo esserci già amati in quelle precedenti".

E la conferma mi è data dal fatto che lui non pensa che io sia strana in questi miei pensieri, ragionamenti e riflessioni.

22/07/25

Il lavoro che amo di meno

Quello con il centro estivo è il lavoro che amo di meno. Non mi sento gratificata e riconosciuta per la professionista che ormai ho deciso di essere, ossia l'insegnante di yoga.
Alla fine ricopro un ruolo che si piazza a metà tra la mamma, la maestra e l'addetta alle pulizie.

Lo so fare, e lo so fare bene. I bambini e le bambine stanno con piacere con noi, le famiglie sono contente, abbiamo sempre feedback positivi e non per niente, nonostante siamo abbastanza costose, quasi sempre ci riportano i figli negli anni successivi fino al superamento del limite di età, e talvolta vorrebbero poterlo fare anche oltre.

Però non mi piace. Mi diverto, e - paradossalmente - mi riposo perché tra le 8.30 e le 16.30 non mi devo scapicollare da nessun altra parte, non faccio la trottola da un capo all'altro della città. Al massimo portiamo i bambini al parco giochi o al museo.

Ciò che non amo affatto è sentirmi l'alternativa alla famiglia. Per quanto il più delle volte i bambini non vogliano andare via a fine giornata, spesso fanno fatica anche ad arrivare. Ci sono e ce ne sono stati in passato che salutavano tranquillamente i genitori e se ne andavano subito a giocare, ma il più delle volte lo fanno con un sottile dolore nascosto, quasi soffocato; hanno solo 4 anni e sanno già che devono ingoiare la loro tristezza.
Poi, per fortuna raramente, capita la scenata.
Stamattina è successo, e tra me e la mia collega sono sempre io quella che ha questa mansione (perché fisicamente sono più forte e contenitiva: strappare letteralmente una bambina aggrappata con tutte le sue energie alle gambe della madre che non riusciva a divincolarsi ed era più isterica della figlia.
Perché nemmeno ai genitori piace del tutto l'idea di dover lasciare i propri figli, penso.

Ecco, quando questo capita io mi chiedo se veramente tra i miei ricordi voglio che ci siano tutti i corpicini scalcianti che ho ormai imparato ad avvolgere e disinnescare, contenere, confortare con il mio di corpo. Se veramente voglio tornarmene a casa indossando una maglietta che è stata intrisa di lacrime e moccio disperato di una bambina che voleva solo restare con la sua mamma.

Quello con il centro estivo è il lavoro che amo di meno. E' quello che mi strazia di più.

21/07/25

La non mia vicina

Arrivo davanti al cancelletto, vedo un giovane uomo che fa la spola dalla macchina trasportando buste della spesa; una giovane donna tiene per mano un bambinetto biondo e mi precede.
Ne avevo già il sospetto, perché avevo riconosciuto la sua voce dopo averla sentita urlare diverse volte attraverso la parete, ma quando li ho visti entrare dal portoncino ne ho avuto la conferma: i vicini di casa del Capitano.
L'ascensore è già al piano terra, faccio finta di nulla e resto indietro per dare loro la possibilità di prenderlo prima di me, ma lui ci dice di salire prima noi tre. Cavaliere, lui. Bistrattato di sicuro vocalmente da lei, e forse non solo vocalmente a sentire certe cose che lei gli ha urlato in passato a un volume di voce che per cui era impossibile non sentirle. E che gli ha fatto, sul pianerottolo delle scale.

Continuo a fingere di non capire, entro in ascensore con lei e il bambino e chiedo a che piano vanno.
Oh, che combinazione, lo stesso a cui vado io.
A quel punto lei mi fa: "Ah, allora abitiamo accanto e non ci siamo mai incontrate"
"Io non abito qui"
"Ah, siccome ho conosciuto il Capitano, ho visto qualche volta anche i suoi figli..."
"..."
"...non ho ancora conosciuto la moglie".

Io ho continuato a sorridere cordialmente in silenzio, senza aggiungere altro, senza qualificarmi ecc.
Non lo so se si è resa conto del discorso sconclusionato che ha fatto, ma d'altro canto da una che una sera d'inverno ha buttato letteralmente fuori dalla porta di casa il marito/compagno urlandogli addosso le peggiori parole, il tatto e la delicatezza è una delle ultime cose che ci si potrebbe aspettare.

18/07/25

Lividi

Nell'immaginario collettivo, lo yoga è tutto relax, peace & love, condito da contorsionismo estremo e un po' di spirito new age fricchettone.
No, lo yoga *può* anche essere così, o solo con una o alcune delle precedenti peculiarità, o anche tutte, perché no? E' estremamente soggettivo in base - principalmente - all'insegnante, al metodo e allo stile praticato.

Io ho praticato davvero quasi tutti gli stili: alcuni li ho odiati e tuttora me ne tengo alla larga, altri mi hanno risuonato così tanto e così bene al punto da aver approfondito la loro pratica fino a diventarne insegnante. I "miei" stili sono sicuramente hatha e aerial (oltre al balyayoga, per bambini, che è il mio ineluttabile imprinting da insegnante), anche se comincio a voler approfondire Yin (per il quale ho anche fatto un workshop di formazione, ma che non sono ancora riuscita pienamente a inserire nelle mie lezioni) e Nidra, che ho praticato per anni e vorrei approfondire per la formazione professionale.

Hatha e aerial sono due pratiche estremamente diverse, eppure io le amo entrambe. Certo, aerial è molto "contaminato" come yoga, ma il mio modo di declinarlo non è altro che una lezione che si svolge per metà sul tappetino, faticando con il corpo ma soprattutto con la mente, per poi passare al tessuto, che è la parte più divertente, giocosa, acrobatica e che lavora su emozioni difficilmente lavorabili con il solo hatha: ci vorrebbe molto più tempo.

In 4 anni di pratica di yoga aereo ho lavorato sulla mia paura, sulla mia mania di controllo e sulla mia autostima almeno il triplo più velocemente di quanto non abbia fatto il 12 anni di yoga sul tappetino.
L'unico problema sono i lividi che, inevitabilmente, compaiono il giorno dopo, dovuti allo strofinio del tessuto sulla pelle, a volte anche alla pressione o alle strozzature... ovviamente sono tutti segni di errori, di prese sbagliate, di mancata forza delle braccia... ma credo sia una delle caratteristiche che accomuna noi delle "discipline aeree". E se ci fanno persino i meme sull'argomento, vuol dire che succede a tutti.



Nell'immaginario collettivo, lo yoga è tutto relax, peace & love, condito da contorsionismo estremo e un po' di spirito new age fricchettone. E lividi. Tanti lividi.